Thursday 12 June 2014 16:14:54

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Le SS.UU. della Cassazione ritengono che gli incarichi temporanei non incidano sulla base di calcolo dell’indennità di buonuscita

ARAN Agenzia per la Rappresentaza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Nel regime dell’indennità di buonuscita spettante, ai sensi degli artt.3 e 38 d.P.R.1032/1973, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente.

 

Testo del Provvedimento

Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza 4 maggio 2014, n. 10413
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. I sig. Buscaino Leonardo e Rinaldi Michele, dipendenti del Ministero delle finanze, Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette - trasformato in Agenzia delle Dogane con il d.lgs. n. 300 del 1999 - adivano il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro, domandando l'accertamento del proprio diritto a vedersi determinare l'indennità di buonuscita sulla base della retribuzione dirigenziale percepita al momento della risoluzione del rapporto, con la condanna dell'Agenzia delle dogane e dell'INPDAP al pagamento delle relative differenze.
Il Buscaino, dipendente del Ministero delle finanze fin dal  marzo 1968, da ultimo inquadrato nella IX qualifica funzionale, posizione economica C3 Super. esponeva in punto di  fatto che a decorrere dal 1 marzo 2002 gli era stato affidato l'incarico provvisorio" di responsabile della direzione della circoscrizione doganale di Milano. In relazione a tale funzione di reggenza di ufficio di livello dirigenziale non generale, gli veniva attribuita - ai sensi degli artt. 14 e 24 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate (approvato con delibera del Comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000, pubblicato in G.U. n. 36 del 13 febbraio 2001) - dapprima la retribuzione di posizione dirigenziale di secondo livello, con esclusione di ogni altro trattamento accessorio nonché dei compensi per lavoro straordinario, e poi, fino alla data del collocamento a riposo con decorrenza 24 aprile 2004, il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia, unitamente al trattamento accessorio di prima fascia e la retribuzione di risultato, a titolo di retribuzione di posizione.
Il Rinaldi, anch'egli dipendente del Ministero delle finanze fin dall'ottobre 1966, da ultimo inquadrato nella IX qualifica funzionale, posizione economica C3. esponeva che con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia. gli veniva conferito dapprima l'incarico cli "assistente di direzione" presso la direzione regionale per la Lombardia. a decorrere dal giugno 2001. e successivamente, a decorrere dal novembre 2002 e fino al collocamento a riposo avvenuto in data 1° ottobre 2004, l'incarico dirigenziale per lo svolgimento delle funzioni di "audit interno" presso la direzione regionale delle dogane di Milano per la Regione Lombardia. In relazione a tali funzioni, gli veniva attribuito - ai sensi dei cit. artt. 14 e 24 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia - il trattamento economico dei dirigenti di seconda fascia. unitamente al trattamento accessorio di prima fascia e la retribuzione di risultato, a titolo di retribuzione di posizione.
Entrambi i ricorrenti lamentavano che l'Agenzia delle dogane aveva determinato l'indennità di buonuscita prendendo. come base d i calcolo, la retribuzione corrispondente alla funzione di Direttore tributario, IX qualifica funzionale, posizione economica C3, in luogo dell'ultimo stipendio effettivamente percepito per lo svolgimento dell'incarico dirigenziale.
2.    L'adito Tribunale di Milano respingeva le domande, ritenendo che i trattamenti  economici   dirigenziali   potessero   incidere   sul   calcolo   dell'indennità di buonuscita solo in favore dei dirigenti di ruolo, ossia in possesso della qualifica dirigenziale, e non in favore dei funzionari chiamati a ricoprire una posizione dirigenziale vacante e, solo per questo, in godimento della retribuzione di posizione per effetto dello svolgimento di mansioni superiori a quelle del rispettivo inquadramento.
3.    La Corte di appello di Milano, sezione lavoro, con sentenza 1 1 marzo 201O n. 159, rigettava l'appello, rilevando che la  strutturale  transitorietà  dell'affidamento  di funzioni dirigenziali a funzionari non dirigenti, ai sensi dell'art. 26 del Regolamento dell'Agenzia delle dogane, rende del tutto differenti i ruoli dei dirigenti  nominati  a seguito di procedura concorsuale (disciplinata dall'art.  14 del  Regolamento  citato)  e quelli dei funzionari chiamati  provvisoriamente  a coprire posizioni  dirigenziali  vacanti. con conseguente necessità di riferirsi. ai fini  della  liquidazione  dell'indennità  di buonuscita. al trattamento stipendiale attribuito al personale nella originaria qualifica di appartenenza.
4.    Avverso tale sentenza hanno proposto un unico ricorso per cassazione sia Rinaldi Michele sia gli eredi di Buscaino Leonardo. nelle more deceduto, articolando un duplice motivo.
Nessuna delle parti intimate ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
La causa, inizialmente chiamata innanzi alla Sezione Lavoro di questa Corte. è stata rimessa alle Sezioni Unite a seguito di ordinanza interlocutoria della Sezione Lavoro in ragione di un contrasto di giurisprudenza sul punto.
I ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria ex art. 378 cod. proc. civ.


MOTIVI  DELLA  DECISIONE


1. Il ricorso è articolato in due motivi.
Lamentano innanzi tutto i ricorrenti  la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, in relazione all'art. 360. primo comma. n. 3. cod. proc. civ.. Assumono i ricorrenti che. ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973, l'indennità di buonuscita di ogni dipendente statale è determinata  in ragione dell'ultimo  stipendio, paga  o retribuzione  integralmente  percepiti. la cui determinazione è fissata su base annua e con l'inclusione di determinati assegni specificati dalla legge, senza alcuna distinzione in  conseguenza  del  titolo  in  virtù  del quale è corrisposta l'ultima  retribuzione.  Da  ciò  l'asserita  irrilevanza  della corrispondenza o meno all'inquadramento del lavoratore. dell'ultima retribuzione effettivamente percepita. Secondo i ricorrenti, la corretta interpretazione ed applicazione della citata disciplina impone la determinazione dell'indennità di buonuscita in ragione dell'ultima  retribuzione  percepita,  nella  specie  corrispondente  agli  incarichi  dirigenziali in atto al momento  della cessazione  del rapporto  e svolti in base a contratti  individuali di lavoro a termine stipulati ai sensi dell'art. 26 del Regolamento di amministrazione dell'Ente, in forza dei quali ai funzionari incaricati dello  svolgimento  di  funzioni dirigenziali  è stato attribuito  lo stesso trattamento  economico  dei dirigenti.
Con il secondo motivo lamentano i ricorrenti violazione e falsa applicazione dell'art. 1230 cod. civ.. in relazione all'art. 360. primo comma. n. 3. cod. proc.  civ.. Assumono i ricorrenti che, se anche si volesse considerare necessaria la corrispondenza tra la retribuzione percepita e la qualifica del lavoratore. tale condizione sarebbe integrata nel caso di specie, essendo stati stipulati dall'Amministrazione contratti individuali di lavoro a termine "con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti", con conseguente novazione oggettiva del rapporto in virtù della quale il funzionario incaricato temporaneamente riveste la qualifica dirigenziale. ricevendone il relativo trattamento economico, con conseguente temporanea equiparazione funzionale e retributiva tra dirigenti di ruolo e funzionari incaricati ed applicazione della medesi ma disciplina anche ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita.
2.    Il ricorso, i cui due motivi possono essere trattati congiuntamente, è infondato.
3.    E' pacifico in causa che gli originari ricorrenti. che hanno instaurato un rapporto di pubblico impiego rispettivamente nel marzo 1968 (il Buscaino)  e nell'ottobre del 1966 (il Rinaldi), beneficiano, ratione temporis, dell'indennità di buonuscita come trattamento di fine servizio.
4.    L'indennità  di  buonuscita  per  i  dipendenti  civi li  e militari  dello  Stato    è prevista dagli artt. 3 e 38 d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato. L'art. 3 stabilisce che gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale civile e  militare  dello  Stato, che cessino  dal  servizio,  conseguono,  dopo  almeno un  anno di iscrizione al Fondo, il diritto alla indennità di buonuscita che è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all'art. 38 quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo II I. Per la determinazione della base contributiva si considerano «l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retri buzione integralmente percepiti»; a ciò si aggiungono «gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva» ossia i trattamenti retributivi accessori ed integrativi dei quali sia prevista l'inclusione nella suddetta base contributiva. Questo criterio è poi specificato nell'art.  38 che definisce la base  contributiva  come costituita dall'80 per cento dello «stipendio, paga o retribuzione annui», nonché di assegni specificamente individuati ed elencati: l' indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti: l'assegno perequativo per gli impiegati civili, di ruolo e non di ruolo, e per gli operai dello Stato: ed altre indennità previste per particolari settori del pubblico impiego.
Quindi risulta testualmente dalla lettera delle due citate disposizioni (artt. 3 e 38) il carattere tassativo degli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell'indennità di anzianità e che sono quelli inquadrabili nella nozione di "stipendio" oppure in quella di uno degli assegni dell'elenco del cit. art. 38.
5.    Tale prescritto carattere tassativo degli emolumenti computabili non contrasta con la natura retributiva di trattamenti eccedenti lo "stipendio" e comunque non inquadrabili in alcuno degli assegni di cui all'art. 38 cit.. Ciò emerge innanzi tutto dalla fondamentale sentenza n. 243 del 1993 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di quelle norme disciplinanti i trattamenti di fine servizio. nella parte in cui non prevedevano meccanismi legislativi d i computo dell'indennità integrativa speciale (contemplata dalla legge 27 maggio 1959, n. 324), al pari di quanto già previsto per i dipendenti degli enti locali ( ex art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 289). La Corte da una parte ha riconosciuto la progressivamente affermatasi natura retributiva dei vari trattamenti di fine servizio nel pubblico impiego, quali l'indennità di buonuscita e l'indennità premio di servizio, parlando a tal proposito di <matura di retribuzione differita con funzione previdenziale»; d'altra parte dalla pacifica natura retributiva dell'indennità integrativa speciale, introdotta con la legge n. 324 del 1959 a favore di tutti i dipendenti pubblici, la Corte non fa affatto discendere la sua computabilità nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita da cui la prima era esclusa in quanto non prevista nel cit. art. 38. Anzi la Corte muove proprio da tale esclusione per valutarne la compatibilità con i parametri evocati dai giudici rimettenti sotto profili tutt'affatto diversi: quello del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma,  Cost.), perché  in alcuni settori del pubblico impiego (quale quello dei dipendenti degli enti locali ) l'indennità integrativa speciale era invece computabile; quello della retribuzione proporzionata e sufficiente (art. 36 Cost.) perché per le fasce retributive più basse. per le quali l'indennità integrativa speciale era diventata una parte cospicua del trattamento retributivo complessivo, l'indennità di buonuscita si era progressivamente  "svalutata" nel tempo. Quindi la computabilità dell'indennità integrativa speciale nell'indennità di buonuscita, affermata dalla Corte peraltro non già con una pronuncia autoapplicativa di incostituzionalità, bensì con una pronuncia c.d. di meccanismo che  lasciava  ampio spazio al legislatore per modulare in concreto tale computabilità, non discende affatto dalla comune natura retributiva delle due indennità, bensì da discrasie progressivamente aggravatesi nel tempo fino dalla rottura del principio di eguaglianza e a quello della retribuzione proporzionata e sufficiente.
Come è noto, a seguito di tale pronuncia fu emanata la legge 29 gennaio 1994, n. 87, che previde - in continuità quindi con il canone di tassatività di cui all'art. 38 cit. - l'espressa inclusione dell'indennità integrativa speciale nella base di computo dell'indennità di buonuscita.
 
Ma la tassatività dell'elencazione dell'art. 38 risulta  anche  da  un'altra  pronuncia della Corte costituzionale. la sentenza n. 278 del 1995. che dichiarò non fondata la questione di  legittimità costituzionale proprio degli artt. 3 e 38 cit.,  sollevata.  in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.,  nella  parte  in  cui  non  consentivano  di  comprendere una determina indennità - la c.d. indennità operativa per il personale militare i n special i situazioni di impiego  - nella base di computo  dell'indennità  di  buonuscita.  Ha affermato la Corte in termini di grande  chiarezza: «[...] come non è sufficiente addurre la natura retributiva di un trattamento economico aggiuntivo per  ritenere  costituzionalmente illegittima la non pensionabilità, così, reciprocamente. il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento in quanto pensionabile debba essere anche necessariamente  incluso  nella  buonuscita».
6.    In piena sintonia con la giurisprudenza costituzionale si è espressa quella di legittimità.
Con riferimento al trattamento di fine rapporto dei dipendenti della società Poste Italiane spa, già appartenenti  al comparto del personale dello Stato prima della "privatizzazione" del rapporto di impiego. questa Corte (Cass.. sez. lav.. 23 luglio 2004.
n. 16596) ha affermato che. all'atto della cessazione dal servizio. essi hanno d iritto al trattamento di fine rapporto, liquidato secondo i criteri di cui all'art. 2120 e.e.. limitatamente al periodo del rapporto di lavoro successivo alla trasformazione dell’ente Poste Italiane in società per azioni. ai sensi dell'art. 2. 27° comma. l. 23 dicembre 1996
n. 662; per il periodo anteriore hanno invece diritto all'indennità di buonuscita liquidata secondo le norme dettate per i dipendenti dello Stato e. in applicazione dell’art. 3 d.P.R.
n. 1032 del 1973, la base contributiva cui tale indennità deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dall'art. 38 medesimo d.P.R. n. 1032/73, la cui elencazione ha carattere tassativo. o da  leggi speciali,  restando,   pertanto,   esclusa   ogni   possibilità   d i   interpretare   le   locuzioni
«stipendio», «paga» o «retribuzione» nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e  con vincolo di corrispettività con la  prestazione lavorativa. come il compenso annuale di fine esercizio. il compenso annuale di incentivazione o la quattordicesima mensilità.
Sul carattere tassativo dell'elencazione degli emolumenti indicati dall'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 si è espressa questa Corte anche successivamente: cfr. ex plurimi.\' Cass., sez. lav.. 25 ottobre 201 1, n. 22125: 16 febbraio 2012 n. 2259: 18 gennaio 2012 n. 709. In particolare in quest'ultima pronuncia si sottolinea come. in ogni caso, la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base. con esclusione di altre indennità. conduce comunque ad un trattamento più favorevole rispetto al trattamento d i fine rapporto spettante ai dipendenti privati. giacché i dipendenti pubblici ai quali trova applicazione l'art. 38 cit.. hanno il vantaggio di moltiplicare l'ultimo stipendio per il numero degli anni di servizio prestati. in luogo del sistema del trattamento di  fine rapporto, che si compone della somma di accantonamenti annuali. che riproducono. non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera. ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno (conf. Cass.. sez. lav.. 9 maggio 2008. n. 11605).
Analogo principio è stato affermato con riferimento all'indennità prem10 di servizio. Cass., sez.  un., 29 aprile 1997, n. 3673. ha ritenuto che la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura. a norma dell’art. 4 I. 8 marzo 1968 n. 152, l'indennità premio di servizio. è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 1 1. quinto comma. legge cit.. la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione «stipendio o salario» richiede un 'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menz10ne. come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura: conseguentemente non può assumere rilievo. ai fini della determinazione d i tale indennità, un assegno ad personam. anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto lo stesso non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non può considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione.
Queste Sezioni Unite si sono espresse in termini analoghi anche con riferimento al trattamento di fine servizio dei dipendenti degli enti pubblici non economici previsto dalla legge 20 marzo 1975, n. 70; il personale del c.d. parastato rispetto al quale la giurisprudenza della Corte, in un primo momento. aveva ritenuto la computabilità delle voci retributive fisse e continuative ulteriori rispetto allo stipendio in senso stretto: cfr.
Cass., sez. un., 25 marzo 201O, n. 7154; 25 marzo 2010, n. 7158; conf. Cass.. sez. lav.. 12 maggio 2010, n. 11478; 25 febbraio 201 L n. 4749. In particolare Cass.. sez. un .. 25 marzo 2010, n. 7154, cit., ha affermato che in tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, l'art. 13 l. 20 marzo 1975 n. 70. di riordinamento di tali enti e del rapporto d i lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 e.e.).  non  derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un• indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare. a totale suo carico. periodi diversi da quelli di effettivo servizio; il riferimento quale base d i calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie. l'indennità di funzione ex art. 15, 2 comma. I. n. 88 del 1989. il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l'indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell' Inps) e devono ritenersi abrogate o illegittime. e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello del l'lnps. prevedenti. ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.
Anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato è nel senso di ritenere soggetta ad una vera e propria riserva di legge l'individuazione. con il carattere della tassatività. degli elementi che compongono la base di calcolo dell'indennità di buonuscita (Cons. Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6736;   4 aprile 201 1. n. 2075; 12 giugno 2009. n. 3717; sez. VI, 18 aprile 2009, n. 3049; 28 gennaio 2009, n. 482). 7.    La prospettiva non muta se si considera l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica che pur comporta per l'Amministrazione l'obbligo di un trattamento retributivo con finalità compensative e di riequilibrio.
Nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato, posto che il  prestatore  di lavoro deve essere adibito alle mansioni  per  le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'àmbito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi , ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive (art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001. e prima ancora art. 56 del d.lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del d.lgs n. 80 del I998 e modificato dall'art. 15 del d.lgs n. 387 del 1998), l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. E' tuttavia possibile che per obiettive esigenze d i servizio il prestatore di lavoro sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore in particolare nel caso di vacanza di posto in organico qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti: è questa l'ipotesi della reggenza che appunto è connotata da temporaneità.
In tale evenienza per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto ad un  trattamento  retributivo  che  sia  compensativo  dell'esercizio   temporaneo   delle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore ( ex plurimi.\• Cass.. sez. lav .. 25 ottobre 2003, n. 16078), stante in particolare che il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni  superiori,  originariamente  previsto  dall'art.  56,  sesto comma, cl.lgs. n. 29 del 1993 nella sua  originaria  formulazione,  è  stato  soppresso dall'art. 15 d.lgs. n. 387 del 1998;  trattamento  retributivo  che  peraltro  non necessariamente deve essere cli misura tale eia elevare lo "stipendio" della qualifica di appartenenza  all'esatto  trattamento  economico   corrispondente   alla   qualifica   superiore cui sono riferibili le mansioni svolte essendo sufficiente che  vi  sia  un  compenso aggiuntivo rispetto alla retribuzione della qualifica di appartenenza (Cass., sez. lav.. 25 ottobre 2003, n. 16078). In proposto queste Sezioni Unite  (Cass.,  sez. un..  16 febbraio 2011, n. 3814) - proprio in riferimento alla fattispecie della  reggenza.  da  parte  di personale appartenente alla IX qualifica C3. del pubblico ufficio sprovvisto. temporaneamente, del dirigente titolare - hanno sottolineato  la  straordinarietà  e temporanei tà dell'incarico e, al fine dell'attribuzione del  trattamento  retributivo differenziale,  hanno  distinto  secondo  che  la reggenza  sia contenuta,  o no.  nei  limiti  di tempo previsti dalla contrattazione collettiva di comparto. Per i dipendenti di  nona qualifica funzionale (istituita dall'art. 2 d.l. n. 9 del 1986, conv. in 1. n. 78 ciel 1986) l'iniziale  reggenza  dell'ufficio,  limitatamente  al  tempo  necessario  per  la  copertura  del posto vacante (fissato, all'epoca, dall'art. 24 del c.c.n.l. del 16 febbraio 1999 Comparto Ministeri in sei mesi prorogabili, a certe condizioni, a dodici; in precedenza cfr. art. 20 d.P.R.  8 maggio 1987, n. 266), rientrava  già nelle mansioni della qualifica spettante.
Per le agenzie fiscali, dopo la loro istituzione (ex art. 57 d.lgs. n. 300 del 1999), la possibilità del ricorso alla reggenza è stata prevista in termini più ampi dalla normativa regolamentare interna con attribuzione ai funzionari reggenti. chiamati "provvisoriamente" a ricoprire l'incarico, dello stesso trattamento economico dei dirigenti (art. 24 del Regolamento di amministrazione adottato con deliberazione n. 4 del 30 novembre 2000 dal Comitato direttivo, in G.U. n. 36 del 13 febbraio 2001 ); si tratta di incarichi espletati in via temporanea da funzionari non dirigenti  fino all'attuazione delle procedure di accesso alla dirigenza.
8.    Questi principi (sopra sub  5 e 6) trovano quindi applicazione anche nella fattispecie della reggenza, ossia dello svolgimento di mansioni corrispondenti alla superiore qualifica di dirigente in attesa dell'espletamento delle procedure selettive di reclutamento del personale di livello dirigenziale. Anche in tale fattispecie infatti l'intrinseca temporaneità dell'incarico dirigenziale come reggente, affidato al dipendente sprovvisto della qualifica di dirigente, comporta che l'incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di "stipendio" che è invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza. Ciò appunto perché - si ribadisce - il termine "stipendio" quale base di calcolo dell'indennità di buonuscita deve essere inteso come trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza, con esclusione di altri emolumenti, seppur erogati con continuità e a scadenza fissa, ove non rientranti nell'elencazione  dell'art. 38 del d.P.R. 1032 cit. che individua le altre indennità, indicate tassativamente, da computare anch'esse, al pari dello "stipendio",  in tale base di calcolo. Cfr. anche, sempre in materia di pubblico impiego seppur non statale, Cass., sez. lav., 20 giugno 2003, n. 990 L che - i n linea di continuità con Cass., sez. un., 29 aprile 1997, n. 3673, cit. - ha affermato che la retribuzione alla quale, per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma dell'art.
4 I. 8 marzo 1968 n. 152, l'indennità premio di servizio. è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dal!' art. 1 L quinto comma, della legge medesima, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione «stipendio o salario» richiede un'interpretazione restrittiva. Se poi il necessano riconoscimento di un "compenso aggiuntivo" per l'esercizio di mansioni superiori alla qualifica di appartenenza. come nel caso della reggenza, si ingloba nel trattamento retributivo, non per ciò solo acquista carattere di stabilità.
Pertanto questa Corte (Cass.. sez. lav.. 11 giugno 2008. n. 15498). con riferimento alla fattispecie di un funzionario della IX qualifica funzionale che aveva svolto mansioni vicarie di dirigente. ha affermato che nel rapporto di lavoro c.d. privatizzato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni. poiché l'esercizio di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore nella superiore qualifica, la base retributiva dell'indennità di buonuscita, che è normativamente costituita dalla retribuzione corrispondente all'ultima qualifica legittimamente rivestita dall'interessato all'atto della cessazione del servizio, non è da riferire alla retribuzione corrispondente alla superiore qualifica, bensì a quella corrispondente all'inferiore qualifica di appartenenza.
Questo principio ha visto un momento di discontinuità in Cass.. sez. lav .. 13 giugno 20 l 2, n. 9646,   che ha invece ritenuto che ai fini della buonuscita  si debba considerare   il     trattamento   economico   corrisposto   per l’incarico   svolto  a  titolo
di reggenza affermando in particolare che nell'ipotesi di reggenza conferita per un posto vacante di dirigente per il periodo necessario all'espletamento delle procedure di selezione per la copertura del posto stesso con attribuzione del relativo trattamento economico, se la reggenza prosegue per un periodo eccessivamente lungo e nel frattempo il dipendente matura i requisiti per il collocamento a riposo. nel computo dell'indennità di buonuscita non si può non tenere conto. come ultimo trattamento economico percepito, di quello corrisposto per il suddetto incarico dirigenziale. anche se a titolo  di reggenza.
Ma da ultimo l'orientamento prevalente è stato ulteriormente ribadito da Cass.. sez. lav., 2 luglio 2013, n. 16506, che, ponendosi in critico confronto (ed in consapevole contrasto) con Cass. n. 9646 del 2012, ha in particolare evidenziato che il rapportare la liquidazione dell'indennità di buonuscita alla retribuzione da ulti mo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea. anziché alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita. è una soluzione che si traduce in un sostanziale  aggiramento del disposto  dell'art.  52 d.lgs. n.  165 del 2001. di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme previste dalla citata normativa.
E' vero che l'indennità di buonuscita dei  dipendenti  statali  ha  funzione retributiva unitamente ad una finalità previdenziale - cfr. Corte cost. n. 87 del 2003 che parla di «natura di retribuzione differita. ma anche (quanto  meno.  funzione) previdenziale ed assistenziale» - ma non di meno la sua base di calcolo, quale normativamente definita dagli artt. 1 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973. è insensibile a trattamenti economici solo contingenti perché riferibili allo svolgimento di mansioni superiori in posizione di reggenza. Del resto anche nell'ipotesi di conferimento di incarichi dirigenziali temporanei non in regime di reggenza l 'art.  19 d.lgs.  n.  165 del 2001, come novellato, ha stabilito che «ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, [...]. l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni». E si è sottolineato a tal proposito che il legislatore ha voluto evitare che il conferimento di un incarico direttivo possa determinare un trattamento di fine rapporto correlato quantitativamente alla maggiore retribuzione percepita dal soggetto incaricato quando l'incarico sia di durata inferiore a tre anni (Corte cost. n. 119 del 2012). Ciò è ancor più vero per gli incarichi dirigenziali affidati a chi dirigente non è. che sono intrinsecamente  connotati dalla contingenza e precarietà  della figura della reggenza.
9.    Né l'esercizio di fatto di mansioni superiori alla qualifica di appartenenza. anche nella forma della reggenza, può comportare la stabilizzazione nella superiore qualifica nella forma della novazione del rapporto per fatti concludenti stante l'espressa deroga all'art. 2103 e.e. per cui nel lavoro pubblico contrattualizzato l'e                                      sercizio temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il diritto all'assegnazione definitiva delle stesse con il riconoscimento della superiore qualifica; prescrizione prevista dall'art. 57 d.lgs. n. 29 del 1993 e successivamente ribadita da ultimo nell'art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001 secondo cui l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di direzione. La novazione del rapporto in ragione del pur prolungato esercizio delle mansioni dirigenziali in posizioni di reggenza contrasterebbe anche con il principio del necessario concorso o procedura selettiva comparativa per l'accesso alla dirigenza pubblica (art. 28 d.lgs. n. 150 del 2001 ; ex plurimi.\• C. cost. n. 9 del 201 O).
10. In conclusione va ribadito che nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita del dipendente che da ultimo abbia svolto le superiori mansioni di dirigente in situazione di reggenza, non possono comprendersi emolumenti diversi da quelli previsti dal combinato disposto dei più volte citati artt. 3 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973 non potendo in particolare interpretarsi le locuzioni "stipendio", "paga" o "retribuzione". nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal dipendente in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione, ma dovendo esse essere riferite al trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza.
Pertanto il ricorso va rigettato con  l'affermazione ex art. 384, primo comma. c.p.c., del seguente principio di diritto: Nel regime dell'indennità di buonuscita .\spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 d.P. R. 1032 del 1973 al pubblico dipendente. che non abbia conseguito la qual( fica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001. Lo stipendio da considerare come base di calcolo dell'indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all'esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qual( fica di dirigente.
Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.


                                                                                                                                                                                           
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; compensa tra le parti  le spese di questo giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2013

 
Il Consigliere estensore                                                      Il Presidente
Giovanni Amoroso                                                           Fabrizio Miani Canevari

 

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