Friday 01 August 2014 21:22:24

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Accesso ai documenti tributari: l'inaccessibilità agli atti e' temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 31.7.2014

Il principio di inaccessibilità degli atti del procedimento tributario di cui all’art. 24 della L. 241/90 riformulato dalla L. 15/2005 – deve essere interpretato alla luce delle modifiche della L. 27 luglio 2000, n. 212 “Statuto dei diritti del contribuente” per cui: -- il ruolo del soggetto passivo dell’obbligazione nell’ambito dell’accertamento tributario è infatti passato da una posizione di mera soggezione passiva ad un ruolo di attiva partecipazione; -- vi è stata una progressiva valorizzazione dei canoni di collaborazione e di contraddittorio fra le parti del rapporto tributario, In tale quadro dunque, l'inaccessibilità agli atti che concernono il contribuente deve essere temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo. Né possono rinvenirsi elementi interpretativi di senso contrario nella diversità testuale tra l'art. 24 nella sua formulazione originaria, che stabiliva che non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'art. 13, tra i quali erano contemplati anche quelli tributari, e quella introdotta per effetto della sostituzione operata dall'art. 16 comma 1 lett. b), l. 11 febbraio 2005 n. 15, tenuto conto che la ratio della modifica è da ricercarsi nell'esigenza di armonizzare dal punto di vista lessicale i due articoli (Consiglio di Stato sez. IV 28/03/2012 n. 1816; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21 ottobre 2008, n. 5144, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13 gennaio 2010, n. 53). Una volta concluso il procedimento di accertamento, il diritto di accesso non può essere ulteriormente differito di talché la parte pubblica deve, su istanza della parte privata interessata, rendere disponibili tutti gli atti di riferimento dato che, di norma, deve riconoscersi in capo al contribuente un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario che lo vede coinvolto. Diversamente opinando, risulterebbe difficile comprendere come la parte privata possa altrimenti far fronte alla necessità di difendersi concretamente in altra sede giudiziaria se non le venisse consentito di accedere agli atti tributari che la riguardano. In linea di principio quindi, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. b) della L. 241/90, il diritto di accesso è esperibile da parte del contribuente,o di qualsiasi altro titolare di un interesse qualificato anche nei procedimenti di natura tributaria, ancorché la disciplina fiscale – cui rinvia espressamente la legge in materia di procedimento amministrativo – nulla disponga al riguardo. Quanto poi all’asserita non suscettibilità dei documenti de quibus di essere oggetto di accesso si ricorda che i requisiti d’interesse richiesti dalla legge per legittimare l’accesso agli atti sussistono implicitamente, e senza necessità di dimostrazione, in tutti i casi in cui il soggetto richiedente è direttamente interessato dal provvedimento amministrativo adottato. Infatti,fatte salve le ipotesi tassative di attività segretate, coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti (ex art. 10, l. n. 241/1990), o che per legge debbono intervenirvi (ex art. 7, 1° comma, l. n. 241), ovvero comunque tutti i soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento (ex art. 9, l. n. 241) hanno diritto di accedere ai documenti amministrativi. Nel caso in questione, sia la nota prot. 54071 del 7 dicembre 2012 della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate, sia la presupposta richiesta di parere dalla Direzione Provinciale di Treviso sull’ipotesi di definizione degli accertamenti emessi nei confronti della società, erano relative ad un procedimento di accertamento con adesione che si è concluso infruttuosamente, per decorrenza dei termini. Dunque si deve ritenere sussistenti nel caso di specie un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza degli atti e delle determinazioni che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a rinunciare alla conclusione del procedimento di adesione avviato da parte contribuente, se ed in quanto tali atti esistono. Infatti se l’Ente non aveva alcun dovere di concludere necessariamente con un provvedimento formale, il procedimento di accertamento con adesione ma ben poteva semplicemente far spirare i termini per la conclusione, ciò non toglie il suo dovere di ostensione dei relativi atti istruttori sulla cui base aveva ritenuto che non vi erano i presupposti per raggiungere una composizione bonaria della vertenza. Infine deve anche respingersi l’argomentazione per cui il parere richiesto fosse un “parere legale” in senso tecnico del termine e come tale dovesse essere escluso dall’accesso in quanto era stato formato nell’ambito dell’iter procedimentale. Come è noto, sono coperti da segreto professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) solo i “pareri legali” che attengono al diritto di difesa in un procedimento giurisdizionale: come è confermato anche dagli artt. 2 e 5 del DPCM 26.1.1996, n. 200. Quindi, se è vero che in virtù del principio di salvaguardia della strategia processuale della parte, questa non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, è anche vero che questo principio non vale con riferimento ai pareri legali interni richiesti nell’ambito dell’attività istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento amministrativo (si veda sul punto Consiglio di Stato, sez. VI, del 30.09.2010 n. 7237). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *del 2014, proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Jesse Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Pafundi, Alfredo Bianchini, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 00033/2014, resa tra le parti, concernente accesso ai documenti relativi a imposte dovute per gli anni 2004-2010

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Jesse Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2014 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Alfredo Bianchini e Bianchini in dichiarata sostituzione dell'avvocato Gabriele Pafundi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Riprendendo quanto puntualmente riepilogato dal T.A.R., si deve premettere che:

-- la società ricorrente in data 2 marzo 2012 aveva ricevuto un processo verbale di constatazione (P.V.C.) da parte della Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Tributaria di Treviso, avente ad oggetto avvisi di accertamento riportanti tassazioni e sanzioni per un valore superiore a 53 milioni di euro;

-- la sua istanza per accertamento “con adesione” era stata seguita da accordo solo per le annualità dal 2004-2006 e 2008-2009, mentre per le restanti annualità l’Ufficio si era riservato di svolgere ulteriori accertamenti;

-- decorsi infruttuosamente i termini di legge per la definizione dell’accordo, in data 4 aprile 2013 la società aveva formulato una prima richiesta di accesso agli atti della predetta procedura di accertamento con adesione cui era seguita, in data 3 giugno 2013, un’ulteriore istanza di accesso agli atti, il cui diniego è stato impugnato davanti al Tar Veneto.

Con la sentenza in epigrafe impugnata il TAR Veneto:

-- in parte ha accolto il ricorso proposto dalla Jesse Spa volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità del diniego dell’Agenzia delle Entrate all’accesso relativi al predetto contenzioso tributario per le annualità dal 2004 al 2010; ed ha condannato l’Agenzia all’esibizione rispettivamente sia della nota prot. 54071 del 7 dicembre 2012 della DR del Veneto e sia della richiesta dalla DP di Treviso di parere sul contenzioso tributario pendente sull’ipotesi di definizione degli accertamenti emessi nei confronti della società.

-- in parte ha respinto la richiesta di accesso agli eventuali atti istruttori dell’A.E. relativi alla medesima procedura di adesione; ed alla richiesta di conferma, qualora non vi fossero verbali del contraddittorio, delle proposte discusse e degli accordi raggiunti erano quelli del 30 ottobre 2012 e 28 novembre 2012.

La sentenza di prime cure impugnata è affidata alle considerazioni per cui:

- “… non costituisce ostacolo all’accessibilità degli atti la loro afferenza ad un procedimento tributario, dato che si tratta di un procedimento già concluso e, secondo una lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, deve ritenersi consentita l’accessibilità degli atti connessi al procedimento tributario quando vengono meno le esigenze di segretezza con l’adozione del procedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta”;

-“… gli atti sopra menzionati” non “dovrebbero ritenersi sottratti all’accesso in quanto costituenti pareri legali strumentali alle difese da attuare in giudizio, in quanto, … si tratta in realtà di valutazioni compiute prima dell’instaurarsi della fase contenziosa, oggettivamente e direttamente correlate al procedimento amministrativo avviato a seguito della domanda di accertamento con adesione non concluso con l’ente per l’inutile spirare dei termini, che devono pertanto essere qualificati come atti dell’istruttoria procedimentale condizionanti le scelte dell’Amministrazione.”.

L'appello dell’Agenzia delle Entrate è affidato alla denuncia dell’erroneità della decisione di prime cure per l’asserita carenza di interesse della società a conoscere i documenti richiesti e per la pretesa non riconducibilità dei documenti richiesti nell’alveo di quelli suscettibili di accesso.

Si è costituita in giudizio la Jesse Spa che, dopo aver riepilogato le vicende precedenti e riproposto le argomentazioni introdotte in primo grado, nel merito ha sottolineato:

-- che la propria istanza di accesso agli atti è indiscutibilmente volta alla tutela di posizioni giuridiche soggettive tutelabili;

--che sussiste un interesse concreto ed attuale ad ottenere i documenti richiesti;

-- che non spetta comunque all’Amministrazione valutare l’utilità o meno della documentazione richiesta; che tale considerazione spetta esclusivamente all’interessato che agisce;

-- che gli atti de quibus sono rilevanti all’esterno in quanto hanno condizionato il comportamento dell’A.E. e contribuito all’infruttuosa definizione del procedimento di accertamento con adesione avviato dalla società;

-- che seppur si dovesse riconoscere natura endoprocedimentale a tali atti, questi sarebbero comunque ostensibili trattandosi di atti afferenti ad un procedimento tributario concluso e che quindi non più coperti da segreto.

Chiamata alla Camera di Consiglio, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello deve essere respinto.

I due motivi di gravame, che attengono ad un unico nucleo sostanzialmente unitario, possono essere scrutinati unitariamente.

Per l’Amministrazione appellante non sussisterebbe, in linea di principio, alcun tipo di interesse in capo all’appellata che avrebbe potuto giustificare l’ostensione, accordata dal TAR, dei due documenti in questione, dal momento che il procedimento di accertamento con adesione avviato dalla contribuente si sarebbe estinto per effetto del semplice decorso dei termini per la sua conclusione. In conseguenza non sussisterebbe alcuna utilità per la società riconducibile alla conoscenza di tali atti.

In secondo luogo secondo la tesi dell’Agenzia delle Entrate, i documenti dei quali era stata concessa l’esibizione sarebbero sottratti all’accesso ex se in quanto si tratterebbe di meri pareri legali strumentali all’esercizio del diritto di difesa dell’Amministrazione.

Le doglianze vanno complessivamente respinte.

Quanto all’interesse, non vi sono dubbi sul piano processuale che la Jesse aveva un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza dei documenti proprio perché la decisione di non far luogo ad alcun accordo per la definizione del contenzioso costituiva un effetto anche degli atti per cui il TAR aveva ammesso l’accesso.

Il principio di inaccessibilità degli atti del procedimento tributario di cui all’art. 24 della L. 241/90 riformulato dalla L. 15/2005 – deve infatti essere interpretato alla luce delle modifiche della L. 27 luglio 2000, n. 212 “Statuto dei diritti del contribuente” per cui:

-- il ruolo del soggetto passivo dell’obbligazione nell’ambito dell’accertamento tributario è infatti passato da una posizione di mera soggezione passiva ad un ruolo di attiva partecipazione;

-- vi è stata una progressiva valorizzazione dei canoni di collaborazione e di contraddittorio fra le parti del rapporto tributario,

In tale quadro dunque, l'inaccessibilità agli atti che concernono il contribuente deve essere temporalmente limitato alla fase di pendenza del procedimento tributario, non emergendo esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione dell’accertamento definitivo dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali che conducono alla quantificazione del tributo.

Né possono rinvenirsi elementi interpretativi di senso contrario nella diversità testuale tra l'art. 24 nella sua formulazione originaria, che stabiliva che non è comunque ammesso l'accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all'art. 13, tra i quali erano contemplati anche quelli tributari, e quella introdotta per effetto della sostituzione operata dall'art. 16 comma 1 lett. b), l. 11 febbraio 2005 n. 15, tenuto conto che la ratio della modifica è da ricercarsi nell'esigenza di armonizzare dal punto di vista lessicale i due articoli (Consiglio di Stato sez. IV 28/03/2012 n. 1816; Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21 ottobre 2008, n. 5144, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13 gennaio 2010, n. 53).

Una volta concluso il procedimento di accertamento, il diritto di accesso non può essere ulteriormente differito di talché la parte pubblica deve, su istanza della parte privata interessata, rendere disponibili tutti gli atti di riferimento dato che, di norma, deve riconoscersi in capo al contribuente un interesse giuridicamente rilevante ad accedere agli atti relativi al procedimento tributario che lo vede coinvolto. Diversamente opinando, risulterebbe difficile comprendere come la parte privata possa altrimenti far fronte alla necessità di difendersi concretamente in altra sede giudiziaria se non le venisse consentito di accedere agli atti tributari che la riguardano.

In linea di principio quindi, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. b) della L. 241/90, il diritto di accesso è esperibile da parte del contribuente,o di qualsiasi altro titolare di un interesse qualificato anche nei procedimenti di natura tributaria, ancorché la disciplina fiscale – cui rinvia espressamente la legge in materia di procedimento amministrativo – nulla disponga al riguardo.

Quanto poi all’asserita non suscettibilità dei documenti de quibus di essere oggetto di accesso si ricorda che i requisiti d’interesse richiesti dalla legge per legittimare l’accesso agli atti sussistono implicitamente, e senza necessità di dimostrazione, in tutti i casi in cui il soggetto richiedente è direttamente interessato dal provvedimento amministrativo adottato. Infatti,fatte salve le ipotesi tassative di attività segretate, coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti (ex art. 10, l. n. 241/1990), o che per legge debbono intervenirvi (ex art. 7, 1° comma, l. n. 241), ovvero comunque tutti i soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento (ex art. 9, l. n. 241) hanno diritto di accedere ai documenti amministrativi.

Nel caso in questione, sia la nota prot. 54071 del 7 dicembre 2012 della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate, sia la presupposta richiesta di parere dalla Direzione Provinciale di Treviso sull’ipotesi di definizione degli accertamenti emessi nei confronti della società, erano relative ad un procedimento di accertamento con adesione che si è concluso infruttuosamente, per decorrenza dei termini.

Dunque si deve ritenere sussistenti, in capo alla Jesse spa, un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza degli atti e delle determinazioni che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a rinunciare alla conclusione del procedimento di adesione avviato da parte contribuente, se ed in quanto tali atti esistono.

Infatti se l’Ente non aveva alcun dovere di concludere necessariamente con un provvedimento formale, il procedimento di accertamento con adesione ma ben poteva semplicemente far spirare i termini per la conclusione, ciò non toglie il suo dovere di ostensione dei relativi atti istruttori sulla cui base aveva ritenuto che non vi erano i presupposti per raggiungere una composizione bonaria della vertenza.

Infine deve anche respingersi l’argomentazione per cui il parere richiesto fosse un “parere legale” in senso tecnico del termine e come tale dovesse essere escluso dall’accesso in quanto era stato formato nell’ambito dell’iter procedimentale.

Come è noto, sono coperti da segreto professionale (artt. 622 c.p. e 200 c.p.p.) solo i “pareri legali” che attengono al diritto di difesa in un procedimento giurisdizionale: come è confermato anche dagli artt. 2 e 5 del DPCM 26.1.1996, n. 200. Quindi, se è vero che in virtù del principio di salvaguardia della strategia processuale della parte, questa non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, è anche vero che questo principio non vale con riferimento ai pareri legali interni richiesti nell’ambito dell’attività istruttoria prodromica all’adozione del provvedimento amministrativo (si veda sul punto Consiglio di Stato, sez. VI, del 30.09.2010 n. 7237).

In conclusione l’appello è dunque infondato e deve essere respinto.

Le spese possono essere compensate in relazione alla natura delle questioni.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. respinge l’appello di cui in epigrafe;

___ 2. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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