Monday 31 March 2014 15:40:34

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Società in house: ai fini del controllo analogo il consiglio di amministrazione della Società affidataria “in house” non deve avere rilevanti poteri gestionali e tutte le decisioni più importanti devono sempre essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente pubblico affidante

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza attenzionata, richiamando propri precedenti giurisprudenziali, ha chiarito come il controllo analogo è un controllo non di matrice civilistica, assimilabile al controllo esercitato da un maggioranza assembleare, bensì è un controllo di tipo amministrativo, paragonabile ad un controllo di tipo gerarchico. Infatti, la società in house, lungi dall’essere qualificabile nella sostanza come ente di diritto privato è, in realtà, come recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, assimilabile ad un ente pubblico (cfr. le pronunce citate della Corte di Cassazione, ordinanze 5 aprile 2013, n. 8352, 3 maggio 2013, n. 10299 e sentenza SS.UU. 25 novembre 2013, n. 26283); dunque, i rapporti con l’ente pubblico non possono che essere qualificabili come rapporti pubblicistici, come appena evidenziato, risolvendosi quindi il controllo analogo come controllo di tipo amministrativo, e, in specifico, un controllo di tipo gerarchico. Pertanto, deve essere posto l’accento sulla particolare intensità del controllo: i controlli in presenza dei quali si verifica il fenomeno dell’in house possono essere analizzati prendendo in prestito le coordinate previste per gli analoghi controlli effettuati sugli organi tradizionali dalle pubbliche amministrazioni. I controlli devono essere al tempo stesso sugli organi, e quindi strutturali, e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti (cfr. già la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418): sugli organi nel senso che l’ente locale deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; sulla gestione nella misura in cui l’ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche il potere di autorizzare o di annullare quantomeno tutti gli atti più significativi della società, come il bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più qualificanti della gestione che non si risolvano in meri atti ordinari e burocratici (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762). In linea di principio, come è noto, il regime civilistico dei poteri del socio non soddisfa quel parametro di intensità e di cogenza che è invece necessario perché vi sia una vera e propria mortificazione dell’autonomia manageriale, che sola giustifica l’affidamento in house: si pensi al periodo che intercorre tra la revoca di un amministratore e la nomina di uno nuovo, ove il controllo societario non garantisce la sindacabilità di atti medio tempore adottati e potenzialmente lesivi. A questi fini è allora necessario che accanto alle prerogative sociali, e quindi ai poteri che l’ente locale esercita come socio secondo le regole civilistiche, vi siano anche intensi e significativi poteri pubblicistici concernenti gli atti più significativi che contrastino con le direttive e con gli indirizzi impartiti dallo stesso ente locale (Consiglio di Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5; sez. VI, 3 marzo 2007, n. 1514). Anche la Corte di Giustizia con la citata sentenza Parking Brixen del 13 novembre 2005, n. 458, si è espressa in merito al rapporto tra il controllo analogo e la totalità del pacchetto sociale (sulla cui necessità si era già espressa con le pronunce del 11 gennaio 2005, C-26/03 e del 21 luglio 2005, C-231/03). In questa pronuncia si chiarisce come nel caso in cui il c.d.a. conservi una autonomia di spesa (fino a 5.000.000 € nel caso di specie) anche a fronte della totalità dell’azionariato pubblico, resta ferma la possibilità di effettuare operazioni aventi grande importanza economica ed amministrativa, senza convocare l’assemblea e senza l’approvazione o l’autorizzazione preventiva; ciò rende evidente che residua un’autonomia manageriale non contrastata sufficientemente dalla totalità del pacchetto azionario. Quindi, occorre chiarire che è necessario che il consiglio di amministrazione della Società affidataria “in house” non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità dei soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, che sono invece caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (cfr. la fondamentale sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082). Risulta, quindi, indispensabile che tutte le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale * del 2013, proposto da:

Innovapuglia S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Sticchi Damiani in Roma, via Bocca di Leone, 78;

 

contro

 

Megatrend Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Botti in Roma, via Monte Santo, 25;

Regione Puglia;

 



 

sul ricorso numero di registro generale 5101 del 2013, proposto da:

Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Dugato, con domicilio eletto presso l’avv. Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92;

 

contro

Megatrend Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Botti in Roma, via Monte Santo, 25; 

nei confronti di

Innovapuglia Spa; 

per la riforma

quanto al ricorso n. 4553 del 2013 e al ricorso n. 5101 del 2013:

della sentenza del TAR Puglia – Bari, Sezione I n. 458/2013

 

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Megatrend Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Ernesto Sticchi Damiani e Fulvio Mastroviti Anna Lagonegro, su delega dell'avv. Marco Dugato e Fulvio Mastroviti;

 

 

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Bari, Sez. I, con la sentenza 2 aprile 2013, n. 458, ha accolto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto da Megatrend s.r.l., ricorrente in primo grado, per l’annullamento della deliberazione della Giunta regionale n. 516 del 7.4.2009 con cui la Regione Puglia, in relazione alla costruzione del Sistema Informativo Pugliese dell’Ambiente (SIPA), ha deciso “di affidare ad InnovaPuglia s.p.a., nel rispetto della convenzione generale, in corso di approvazione, le attività di seguito indicate: 1. monitoraggio; 2 supporto tecnico specialistico alla direzione lavori; 3. assistenza per l’attività di trasferimento delle competenze”, nonché dell’atto di Giunta regionale n. 751 del 7.5.2009 con cui la Regione Puglia ha deliberato di approvare lo schema di convenzione con InnovaPuglia s.p.a.

Il TAR ha, invece, respinto la domanda di condanna della Regione Puglia al risarcimento del danno ingiusto.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, in via preliminare che l’eccezione della controinteressata InnovaPuglia, di difetto di interesse e legittimazione della società ricorrente per omessa impugnazione della nota regionale prot. n. 17596-2008, con cui la Regione Puglia, nel comunicare a Megatrend l’intenzione di procedere attraverso avviso pubblico alla individuazione del soggetto cui affidare il ruolo di management del progetto, sostanzialmente risolveva ogni rapporto con la ricorrente, e della DRG n. 751-2009 (che ha individuato e specificato il servizio affidato ad InnovaPuglia ed approvato la convenzione generale da stipularsi con la stessa società) era infondata in quanto la società ricorrente, operando nel settore di cui al servizio affidato in via diretta ad InnovaPuglia con la delibera impugnata (DGR n. 516/2009), ha interesse non tanto alla conservazione della posizione di vantaggio connessa all’originario affidamento, bensì ad ottenere il differente risultato di poter concorrere per la nuova aggiudicazione del servizio mediante l’annullamento della decisione di provvedere alla gestione in house delle attività di monitoraggio.

Comunque, ha aggiunto in proposito il TAR, tale atto è stato impugnato dal momento della sua conoscenza con motivi aggiunti.

Inoltre, ha ancora osservato il TAR, la circostanza dell’indizione, da parte della società InnovaPuglia, di una procedura ristretta per l’affidamento dei servizi di supporto nell’analisi dei processi, progettazione e monitoraggio, sviluppo e manutenzione, assistenza, in ambito ICT, procedura, cui Megatrend ha partecipato per il lotto n. 1, non esclude l’interesse della stessa ricorrente all’annullamento della deliberazione n. 516/2009 di affidamento in via diretta del servizio per cui è causa alla controinteressata, poiché l’oggetto della procedura citata è estremamente contenuto e delimitato rispetto al ben più ampio oggetto dell’affidamento in house di cui alla DGR n. 516-2009 impugnata.

Nel merito, per il TAR, InnovaPuglia s.p.a. non è una società in house in quanto difetta del requisito del controllo analogo, poiché il proprio statuto (artt. 8 e 11) prevede la possibilità di libera alienazione di quote sociali/azioni a terzi (che, peraltro, non è escluso possano essere soggetti privati); contempla penetranti poteri dell’organo amministrativo (art. 19); e, ai sensi dell’art. 13, punto 3, dello statuto, l’Assemblea dei soci nomina e revoca l’Amministratore unico ovvero i componenti del Consiglio di Amministrazione ed il Presidente del Consiglio di Amministrazione: in forza del combinato disposto di cui agli artt. 8 e 11 dello statuto, se dovessero entrare a far parte della compagine sociale soggetti privati, gli stessi sarebbero chiamati a concorrere alla nomina/revoca dell’organo amministrativo della società.

Il TAR non ha, invece, accolto la domanda risarcitoria, sfornita di supporto probatorio.

L’appellante InnovaPuglia s.p.a. contestava la sentenza del TAR deducendo:

- Improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso e dei motivi aggiunti proposti da Megatrend in primo grado, erroneamente non dichiarati dalla sentenza appellata;

- In subordine, inammissibilità e improcedibilità sotto altri profili del ricorso e dei motivi aggiunti proposti da Megatrend in primo grado;

- Erroneità della sentenza nelle parti in cui ha rigettato le eccezioni di rito proposte in primo grado da InnovaPuglia s.p.a. circa l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’impugnazione di Megatrend;

- Erroneità della sentenza nel merito, nelle parti in cui ha ritenuto illegittimo l’affidamento in house perché lo statuto di InnovaPuglia s.p.a. non conterrebbe una clausola di incedibilità delle azioni a soggetti privati;

- In subordine, erroneità della sentenza nelle parti in cui accenna ai poteri e alle modalità di investitura del consiglio di amministrazione di InnovaPuglia s.p.a.

Con l’appello in esame, chiedeva la riforma della sentenza appellata.

Si costituiva la parte appellata Megatrend s.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza del TAR che ha respinto la domanda di risarcimento del danno, assumendo che in giudizio essa fosse “rimasta sfornita di supporto probatorio”.

Megatrend, inoltre, riproponeva con memoria ex art. 101, comma 2, c.p.a. tutti i motivi di impugnativa formulati con il ricorso introduttivo e con il successivo atto di motivi aggiunti, dichiarati assorbiti dal TAR.

Si costituiva anche l’Amministrazione appellata chiedendo la riforma della sentenza appellata, impugnando altresì la sentenza medesima con separato appello, ove si deduceva:

- la mancata legittimazione ad impugnare della società ricorrente in primo grado;

- la sussistenza in capo ad InnovaPuglia dei requisiti necessari per un corretto rapporto in house con la Regione;

All’udienza pubblica del 28 gennaio 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente è necessario disporre la riunione degli appelli come sopra in epigrafe, in quanto proposti contro la medesima sentenza ex art. 96, comma 1, c.p.a.

Sempre in via preliminare devono respingersi le eccezioni relative alla contestata sussistenza delle condizioni dell’azione e dell’appello.

Infatti, l’impugnazione, da parte dell’appellata Megatrend, della deliberazione della G.R. n. 516 del 7 aprile 2009, recante l’affidamento diretto in favore di InnovaPuglia del servizio di monitoraggio e supporto tecnico ai fini della realizzazione del SIPA, non soltanto ha l’evidente finalità di tutelare l’interesse specifico della stessa ad ottenere l’affidamento del particolare servizio oggetto della deliberazione mediante gara pubblica, ma rivela lo scopo di contestare la qualificazione di InnovaPuglia alla stregua di società “in house”, da cui deriva chiaramente la chiusura del mercato concorrenziale nel settore dei servizi informativi di interesse regionale, i quali saranno riservati a favore di detta società e con compromissione della attività di impresa esercitata da Megatrend s.r.l.” (cfr. le pagg. 38 e 39 del ricorso introduttivo di primo grado).

Infatti, a tutela di tale sopravvenuto e più ampio interesse, l’appellata Megatrend, in primo grado, ha proposto motivi aggiunti per l’annullamento della deliberazione regionale n. 751-2009.

Pertanto, non è nemmeno fondata la prospettazione dell’appellante InnovaPuglia secondo cui la pronuncia di annullamento riguardi solo la parte della deliberazione n. 751-2009 concernente l’affidamento delle attività di supporto alla realizzazione del SIPA regionale, atteso che tale limitazione non solo contrasta con il tenore letterale della sentenza medesima, che non contiene siffatta limitazione, ma deve essere letta in connessione con l’interesse azionato, come sopra evidenziato.

Di conseguenza, l’intervenuta adozione della deliberazione G.R. n. 2232 del 31 ottobre 2012 con cui la regione Puglia ha confermato l’affidamento in favore di InnovaPuglia dell’attività di monitoraggio e supporto tecnico nel completamento delle attività del progetto SIPA e la mancata impugnazione di siffatta delibera da parte dell’appellata Megatrend, non determina il venir meno dell’interesse di quest’ultima alla indizione di apposite procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento di tutti i servizi informatici di interesse regionale.

Conclusivamente, il primo motivo di appello di InnovaPuglia è infondato.

Parimenti infondato è il secondo motivo d’appello di InnovaPuglia, poiché la mancata impugnazione delle deliberazioni che nel tempo hanno confermato l’affidamento in house providing a InnovaPuglia dei medesimi servizi di cui alle schede da INP001/2009 a FNPO13/2009 della deliberazione di G.R. 751/2009, così come la mancata impugnazione della DGR n. 2232/2012, sono irrilevanti, atteso che si tratta di meri atti di esecuzione della DGR n. 751-2009 impugnata.

Anche il terzo motivo di appello di InnovaPuglia, con cui si ripropongono le eccezioni di rito già formulate in primo grado, tese a sostenere il sopravvenuto difetto di interesse dell’appellata Megatrend, è infondato per le medesime ragioni sopra evidenziate.

Per le medesime ragioni i pertinenti motivi di appello, concernenti le preliminari questioni di rito, proposti dalla Regione Puglia devono parimenti essere respinti in quanto infondati.

Nel merito il Collegio deve ritenere inaccoglibili i motivi sub nn. 4 e 5 di InnovaPuglia (nonché i pertinenti motivi di merito proposti dalla Regione Puglia), con specifico riferimento all’insussistenza nel caso di specie del requisito del controllo analogo che giustifica l’affidamento diretto in oggetto, benché per argomentazioni diverse da quelle esposte dal TAR nella sentenza impugnata.

Infatti, dall’esame analitico dello statuto sociale emerge con certezza che InnovaPuglia s.p.a. non possiede il requisito, prescritto dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, per configurare il controllo analogo da parte della Regione socia (cfr. la fondamentale sentenza della Corte di Giustizia 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal, nonché la sentenza 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle e la sentenza 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen; quindi, le sentenze del Consiglio di Stato n. 7636-04, 962-06, 1513-07, Ad. Plenaria 1-08, 2765-09, 5808-09, 7092-10 ed 1447-11; le pronunce della Corte di Cassazione, ordinanze 5 aprile 2013, n. 8352, 3 maggio 2013, n. 10299 e sentenza SS.UU. 25 novembre 2013, n. 26283; nonché le sentenze della Corte costituzionale, da ultimo, 20 marzo 2013, n. 46 e 28 marzo 2013, n. 50).

In specifico, come è noto, il controllo analogo a quello esercitato sui servizi dell’ente affidante deve essere configurato in termini diversi e più intensi rispetto ai consueti controlli societari, quale attività di controllo forte che si traduce in un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività riferita a tutti gli atti di gestione ordinaria e agli aspetti che l’ente concedente ritiene opportuni di quella ordinaria.

Giova ancora ricordare come già la giurisprudenza Europea abbia ammesso la possibilità che il capitale sociale faccia capo ad una pluralità di soci, purché si tratti sempre di enti pubblici (si vedano le sentenze della Corte di giustizia 10 settembre 2009, n. 573/07, Sea, e 13 novembre 2008, n. 324/07, Coditel Brabant), e come nel medesimo senso si sia espresso, del tutto persuasivamente, anche questo Consiglio di Stato (si vedano, tre le altre, le pronunce n. 7092-10 ed 8970-09).

Inoltre, occorrerà pur sempre, comunque, che lo statuto inibisca in modo assoluto la possibilità di cessione a privati delle partecipazioni societarie di cui gli enti pubblici siano titolari.

Nel caso di specie, cominciando dall’esame delle clausole statutarie da cui il TAR ha ricavato l’insussistenza del requisito del controllo analogo, deve rilevarsi che al momento dell’affidamento in house (aprile/maggio del 2009) non vi era alcuna partecipazione di soggetti privati al capitale di InnovaPuglia, essendo unico socio la Regione Puglia e che lo statuto di InnovaPuglia, nella sua versione originaria (da ultimo, ulteriormente rafforzata nel senso di vietare qualsiasi altra partecipazione), non prevedeva alcun obbligo di apertura del capitale a soggetti privati, in quanto consentiva la partecipazione solo della Regione, di Enti locali e di società pubbliche ubicate in Puglia, escludendo così soggetti privati.

Dunque, non vi sono elementi, tratti dall’anzidetta clausola di cedibilità, che possano far pensare ad un indebolimento o, addirittura, all’esclusione del controllo analogo (cfr., da ultimo, sul punto, le sentenze della Corte di Giustizia UE 10 settembre 2011, C-573-07 e 17 agosto 2008, C-135-05).

Se questa è l’unica conclusione possibile sulla base dell’analisi testuale e letterale dello statuto di InnovaPuglia, cade anche il passaggio motivazionale del TAR, secondo cui, ai sensi dell’art. 13, punto 3, dello statuto, ove si dispone che l’Assemblea dei soci nomina e revoca l’Amministratore unico ovvero i componenti del Consiglio di Amministrazione ed il Presidente del Consiglio di Amministrazione, in combinato disposto con l’art. 8, ove entrassero a far parte della compagine sociale soggetti privati, gli stessi sarebbero chiamati a concorrere alla nomina o revoca dell’organo amministrativo della società.

Infatti, una volta chiarito che i soggetti privati non possono in nessun modo essere ammessi a partecipare ad Innova Puglia (a maggior ragione dopo la modifica dello statuto di Innova Puglia), tale argomentazione rimane priva di fondamento.

Tuttavia, a conferma del fatto che non possa comunque riconoscersi il requisito del controllo analogo, milita un argomento diverso e più ampio, legato al concetto stesso di controllo analogo, valorizzando, quindi, quanto affermato dal TAR medesimo che ha osservato che lo Statuto di InnovaPuglia “contempla penetranti poteri dell’organo amministrativo (art. 19)”, in tal modo individuando un’ulteriore carenza dei requisiti del controllo analogo.

Infatti, come ha chiarito la giurisprudenza già richiamata, il controllo analogo è un controllo non di matrice civilistica, assimilabile al controllo esercitato da un maggioranza assembleare, bensì è un controllo di tipo amministrativo, paragonabile ad un controllo di tipo gerarchico.

Infatti, la società in house, lungi dall’essere qualificabile nella sostanza come ente di diritto privato è, in realtà, come recentemente affermato dalla Corte di Cassazione, assimilabile ad un ente pubblico (cfr. le pronunce citate della Corte di Cassazione, ordinanze 5 aprile 2013, n. 8352, 3 maggio 2013, n. 10299 e sentenza SS.UU. 25 novembre 2013, n. 26283); dunque, i rapporti con l’ente pubblico non possono che essere qualificabili come rapporti pubblicistici, come appena evidenziato, risolvendosi quindi il controllo analogo come controllo di tipo amministrativo, e, in specifico, un controllo di tipo gerarchico.

Pertanto, deve essere posto l’accento sulla particolare intensità del controllo: i controlli in presenza dei quali si verifica il fenomeno dell’in house possono essere analizzati prendendo in prestito le coordinate previste per gli analoghi controlli effettuati sugli organi tradizionali dalle pubbliche amministrazioni.

I controlli devono essere al tempo stesso sugli organi, e quindi strutturali, e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti (cfr. già la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418): sugli organi nel senso che l’ente locale deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; sulla gestione nella misura in cui l’ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche il potere di autorizzare o di annullare quantomeno tutti gli atti più significativi della società, come il bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più qualificanti della gestione che non si risolvano in meri atti ordinari e burocratici (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762).

In linea di principio, come è noto, il regime civilistico dei poteri del socio non soddisfa quel parametro di intensità e di cogenza che è invece necessario perché vi sia una vera e propria mortificazione dell’autonomia manageriale, che sola giustifica l’affidamento in house: si pensi al periodo che intercorre tra la revoca di un amministratore e la nomina di uno nuovo, ove il controllo societario non garantisce la sindacabilità di atti medio tempore adottati e potenzialmente lesivi.

A questi fini è allora necessario che accanto alle prerogative sociali, e quindi ai poteri che l’ente locale esercita come socio secondo le regole civilistiche, vi siano anche intensi e significativi poteri pubblicistici concernenti gli atti più significativi che contrastino con le direttive e con gli indirizzi impartiti dallo stesso ente locale (Consiglio di Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n. 5; sez. VI, 3 marzo 2007, n. 1514).

Anche la Corte di Giustizia con la citata sentenza Parking Brixen del 13 novembre 2005, n. 458, si è espressa in merito al rapporto tra il controllo analogo e la totalità del pacchetto sociale (sulla cui necessità si era già espressa con le pronunce del 11 gennaio 2005, C-26/03 e del 21 luglio 2005, C-231/03).

In questa pronuncia si chiarisce come nel caso in cui il c.d.a. conservi una autonomia di spesa (fino a 5.000.000 € nel caso di specie) anche a fronte della totalità dell’azionariato pubblico, resta ferma la possibilità di effettuare operazioni aventi grande importanza economica ed amministrativa, senza convocare l’assemblea e senza l’approvazione o l’autorizzazione preventiva; ciò rende evidente che residua un’autonomia manageriale non contrastata sufficientemente dalla totalità del pacchetto azionario.

Quindi, occorre chiarire che è necessario che il consiglio di amministrazione della Società affidataria “in house” non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità dei soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, che sono invece caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (cfr. la fondamentale sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082).

Risulta, quindi, indispensabile che tutte le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante.

Nel caso di specie, né dall’art. 8, né dall’art. 13, come deducono gli appellanti, si possono evincere controlli di tipo gerarchico come quelli appena descritti.

Così come la norma statutaria, rubricata “Attività di direzione e controllo esercitate dalla Regione Puglia” elenca una serie di atti sui quali la Regione Puglia esercita il controllo preventivo, che pur avendo evidente valore strategico per le politiche aziendali della società, non esauriscono né comprimono del tutto i poteri dell’organo di amministrazione, limitandolo alle sole operazioni ordinarie e burocratiche, come appena detto.

Neutro è, invece, dal punto di vista della configurazione del controllo analogo, l’art. 18 dello statuto di Innova Puglia che stabilisce, per quanto riguarda l’organo di amministrazione che “la Società è amministrata da un Amministratore Unico o da un Consiglio di Amministrazione composto da tre a cinque membri, eletti dall’Assemblea, anche tra non soci, su indicazione della Regione Puglia”; così come è neutro la composizione del predetto Consiglio di Amministrazione.

Parimenti è irrilevante, per le medesime finalità, la deliberazione della Giunta Regionale n. 8 del 13 gennaio 2009, in atti, anche se adottata nel gennaio 2009 prima che venissero adottate le deliberazioni di affidamento in house n. 516 del 7 aprile 2009 e n. 751 del 7 maggio 2009, che pur chiarendo che la Regione intende “esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce a chi detiene la maggioranza del capitale sociale. In particolare, tali maggiori poteri si devono tradurre in un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici, che sulle decisioni importanti della società”.

Infatti, tale ultimo intendimento, per essere positivamente apprezzato, deve tradursi in pertinenti clausole statutarie che comprimano del tutto, nel senso sopra precisato, i poteri dell’organo di amministrazione, affidandoli direttamente agli organi regionali competenti, cosa che nella specie, come detto, non si è verificata.

Gli appelli, pertanto, devono respingersi anche nel merito.

Possono, invece, rigettarsi gli ulteriori motivi di ricorso assorbiti dal TAR e riproposti dall’appellata Megatrend con memoria ex art. 101, comma 2, c.p.a.

Infatti:

- l’art. 2 della L.R. n. 13-2000 non stabilisce affatto una modalità specifica di affidamento dei servizi, limitandosi a un mero rinvio al Complemento di programmazione del POR 2000-2006;

- il citato Complemento di programmazione, approvato con deliberazione di G.R. n. 1697-2000, si limita a riferirsi genericamente all’evidenza pubblica ma certamente non può interpretarsi come preclusivo del ricorso ad altri modelli procedimentali e a moduli organizzatori coerenti con il diritto comunitario e perfettamente alternativi ad esso (peraltro affermatisi in pieno solo dopo il 2000, quindi dopo l’approvazione del citato atto programmatorio);

- la violazione dell’art. 23-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, è insussistente, applicandosi al settore dei servizi pubblici locali, ad integrazione dell’art. 113 del TUEL, e non dei servizi strumentali, come nella specie (cfr. per l’esatta nozione Corte Costituzionale 1° agosto 2008, n. 326);

- il fatto che ad una deliberazione amministrativa di affidamento di un dato servizio segua la stipula di una convenzione tra le parti è del tutto fisiologico e non certamente illegittimo; peraltro, nella deliberazione di G.R. n. 516-2009 è specificamente indicato l’impegno di spesa, pari ad € 100.000,00 ed è specificamente individuato l’oggetto dell’affidamento che consiste nel monitoraggio, supporto tecnico-specialistico alla direzione lavori, assistenza per le attività di trasferimento delle competenze, con ciò confermando la determinatezza dell’oggetto dell’affidamento;

- non esiste alcun punto della deliberazione n. 516-2009 che affermi l’identità o la coincidenza tra i servizi relativi al SIPA e i servizi precedentemente affidati a Tecnopolis in ordine alla RUPAR, al SIT e al catasto; essa, in realtà motiva circa l’opportunità e la convenienza dell’affidamento in house in favore di InnovaPuglia dei servizi digitali attinenti al SIPA, mettendo legittimamente in luce le “interrelazioni” tra il SIPA e il SIT e traendone ragionevolmente la conclusione per cui dall’unificazione della gestione in house dei medesimi deriverebbero evidenti benefici al fine di massimizzare tali interrelazioni. Si tratta di una motivazione analoga a quella poi ripresa nella successiva deliberazione n. 751-2009 nel giustificare sul piano tecnico la conferma dell’affidamento in house in favore di InnovaPuglia dei servizi digitali attinenti al SIPA;

- l’assenza, nelle motivazioni dei provvedimenti regionali impugnati, di una valutazione di economicità ed efficienza dell’opzione organizzativa relativa all’in house providing in luogo dell’esternalizzazione non può basarsi sul dedotto vizio ex art. 23-bis del D.L. n. 112-2008 che, come detto, è inapplicabile nella specie;

- le contestazioni relative alla non congruità del costo, stimato dalla Regione in Euro 100.000,00, per l’affidamento sono afferenti ad una valutazione di merito tecnico inammissibile, se non dedotte sotto il profilo di una macroscopica illogicità, nella specie non riconoscibile.

Pertanto, come detto, l’appello principale di InnovaPuglia e l’appello della Regione Puglia devono essere respinti in quanto infondati.

L’appello incidentale, con il quale viene riproposta la pretesa risarcitoria di Megatrend connessa al ristoro delle attività che sono state sottratte alle ordinarie dinamiche concorrenziali, in termini di perdita di chance concorrenziali, disattesa dal TAR, deve essere parimenti respinto, condividendosi le argomentazioni del TAR, quanto ad assenza di prova specifica del danno.

Infatti, come ha chiarito anche di recente questo Consiglio, quando si chiede il risarcimento da perdita di chance, si fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascurabile di conseguire il risultato utile, con la conseguenza che l'istanza non può essere accolta ove il danneggiato non dimostri, anche in via presuntiva, ma con serietà ed adeguatezza, l'esistenza dei concreti presupposti per la realizzazione del risultato sperato; va quindi dedotta una probabilità di successo maggiore del 50%, statisticamente valutabile con giudizio prognostico ex ante, in base agli elementi di fatto forniti dal danneggiato, e alla mancanza di tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., atteso che l'applicazione di tale norma richiede che risulti provata o comunque incontestata l'esistenza di un danno risarcibile ed è diretta a far fronte all'impossibilità di provare l'ammontare preciso del danno (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 4 settembre 2013, n. 4408).

Nel caso di specie, non essendovi alcuna dimostrazione di una probabilità di successo maggiore del 50%, da parte dell’appellante incidentale, di poter ottenere i servizi che sono stati illegittimamente chiusi alle dinamiche concorrenziali, la relativa domanda risarcitoria non può essere accolta.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), previa riunione degli appelli come in epigrafe indicati, definitivamente pronunciando sull’appello principale di InnovaPuglia e sull’appello della Regione Puglia, li respinge.

Respinge l’appello incidentale.

Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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