Saturday 26 April 2014 14:43:38

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Appalti: si del Consiglio di Stato alla revisione prezzi nonostante l’indisponibilità dei costi standardizzati determinati dall’Osservatorio dei contratti pubblici

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 23.4.2014

Nel giudizio in esame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato affronta la problematica relativa alla possibilità o meno di riconoscere la revisione prezzi nonostante l’indisponibilità dei costi standardizzati determinati dall’Osservatorio dei contratti pubblici ai sensi degli artt. 115 nonché 7 (comma 4, lett. c), e comma 5) del Codice. La Sezione non dubita che le imprese interessate, dinanzi alla mancata attuazione in sede amministrativa delle previsioni dell’art. 7 cit., e stante la necessità della determinazione dei costi standardizzati posti dall’art. 115 a base dell’istruttoria per la revisione periodica del prezzo del singolo appalto, possano attivare il rimedio previsto dall’art. 31 C.P.A. (come deciso dalla Sez. VI di questo Consiglio con la sentenza 27 novembre 2012, n. 5997). Ritiene, però, che fintanto che i detti costi standardizzati non siano stati resi disponibili, e conformemente alla consolidata giurisprudenza formatasi sotto l’impero del precedente art. 6 della legge 24/12/1993, n. 537, che aveva delineato un meccanismo operativo rimasto parimenti inattuato, l’istituto della revisione prezzi debba comunque trovare per quanto possibile riconoscimento, attesa la logica imperativa e cogente che lo connota. La Regione nei propri appelli si è diffusa sulla specificità di contenuto della vigente disciplina in tema di revisione e sulle sue differenze rispetto a quella anteriore. La Sezione non ritiene, tuttavia, che le differenze così evidenziate possano giustificare una soluzione opposta a quella che la giurisprudenza in modo compatto ha già dato, sotto il precedente regime, all’analogo problema generato dall’indisponibilità dei dati sulla cui base la legge avrebbe voluto impostate le istruttorie per l’applicazione delle clausole revisionali. Le discipline legislative in rilievo presentano tra loro una innegabile affinità. L’art. 115, comma 1, del Codice è sovrapponibile all’art. 6, comma 4, della legge n. 537/1993; e una sostanziale corrispondenza esiste tra le rilevazioni ed elaborazioni richieste all’ISTAT prima dall’art. 6, comma 6, legge n. 537, ed oggi dall’art. 7, comma 5, del Codice. Vero è, poi, che non trova riscontro nella disciplina previgente il comma 4, lett. c), dell’art. 7 del Codice, anch’esso richiamato dall’art. 115, che prevede da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali. Al di là delle variazioni normative di dettaglio pur puntualmente segnalate, però, rimane sostanzialmente immutata la struttura del conflitto di interessi determinato dalla descritta situazione di inerzia amministrativa. Come pure resta immutata l’esigenza di una soluzione che possa coniugare con equilibrio le esigenze della finanza pubblica e quelle imprenditoriali che costituiscono lo sfondo della problematica in esame. La risposta caldeggiata dalla Regione appellante, quindi, di un disconoscimento di qualsivoglia adeguamento dei prezzi contrattuali finché non siano stati resi disponibili i dati, oggi occorrenti, dei costi standardizzati ex art. 7 cit. si presenta, anche sotto la nuova legge, incompatibile con il dato normativo di principio rappresentato dalla necessità di accordare una revisione periodica del prezzo per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture; e parimenti risulta incompatibile con la ratio che lo assiste. Senza dire che, come hanno fatto incisivamente notare le difese delle appellate, non è giuridicamente sostenibile che un preciso obbligo normativo e contrattuale a tutela del sinallagma e dell’equilibrio economico dell’appalto possa essere posto nel nulla dal fatto omissivo di un terzo quale l’Osservatorio dei contratti pubblici. Giova allora ricordare, a questo punto, le consolidate acquisizioni interpretative maturate nel quadro della precedente normativa, delle quali va riconosciuta l’attualità anche nell’odierno contesto normativo. “… i due periodi del comma 4 dell’art. 6 della L. n. 537/1993 enunciano altrettanti principi di estrema chiarezza: il primo impone la revisione periodica del prezzo di tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica e continuativa, il secondo stabilisce che l’entità di tale revisione deve scaturire dagli esiti di un’apposita istruttoria condotta dall’amministrazione. Orbene, è vero che il successivo comma 6 individua all’uopo alcuni parametri statistici ai quali ancorare le valutazioni amministrative in materia, ma emerge con altrettanta evidenza che siffatto “modello istruttorio” è stato disciplinato dal Legislatore soltanto al fine di “orientare” (così è l’incipit del comma) l’operato della parte pubblica. Ne consegue che la carenza delle rilevazioni statistiche semestrali contemplate dal comma 6 non impedisce l’applicazione del precedente comma 4, rimanendo inalterato il potere-dovere dell’amministrazione di svolgere comunque un’istruttoria che – anche in assenza dei criteri predeterminati dall’art. 6 – deve comunque svolgersi nel rispetto del generale limite interno di ragionevolezza.” (Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461) “Poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6, commi 4 e 6, cit. non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su basesemestrale, la lacuna, per giurisprudenza costante, è stata colmata mediante il ricorso al cosiddetto “indice F.O.I.” (… ). Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, l’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale. In tal modo, si rispetta la ratio dell’art. 6 cit. consistente nel coniugare l’esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica, con quella, parimenti generale, di garantire nel tempo la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni dedotte nel programma obbligatorio. L’istituto della revisione è infatti preordinato, nell’attuale disciplina, alla tutela dell’esigenza dell’amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenutala stipulazione del contratto. Solo in via mediata l’istituto tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni. Laddove, pertanto, l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici” (Sez. V, 17 febbraio 2010, n. 935; 1° ottobre 2010, n. 7254; 19 giugno 2009, n. 4079; 20 agosto 2008, n. 3994; 9 giugno 2008, n. 2786; 14 dicembre 2006, n. 7461; 16 giugno 2003, n. 3373; 8 maggio 2002 n. 2461; 13 dicembre 2002 n. 4801). L’appellante, ravvisando un contrasto di giurisprudenza sul tema dell’applicabilità “in supplenza” di indici diversi da quelli previsti dall’art. 7 del Codice, ha richiesto infine di investire della questione l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. La Sezione, però, per quanto esposto non ravvisa l’esistenza dei presupposti che dovrebbero giustificare l’invocata rimessione della problematica alla detta Adunanza ai sensi dell’art. 99 C.P.A.. La giurisprudenza che è stata richiamata nel precedente fa chiarezza anche sul thema decidendum che residua, quello dell’indice che dovrà essere utilizzato nello specifico come base ai fini del computo revisionale. La questione è sollevata con l’appello incidentale proposto dalla ELITALIANA avverso la sentenza n. 405, nella parte in cui questa ha stabilito che la revisione dovesse essere operata in applicazione dell’indice ISTAT FOI. Con l’appello incidentale si adduce, infatti, che in luogo di quest’ultimo avrebbe dovuto applicarsi l’indice settoriale -richiamato ab origine dalle società- c.d. “NIC” - tipologia 0733, che lo stesso Tribunale aveva reputato applicabile all’appalto con la sua sentenza n. 673. La questione si impone, però, a parti invertite, anche nel parallelo giudizio d’appello incentrato sulla sentenza n. 673, basata appunto sull’indice settoriale ISTAT “NIC”, giudizio in cui è stavolta la Regione, con un motivo subordinato, a sollevare la problematica dell’indice da applicare. E, in una prospettiva esattamente opposta a quella di ELITALIANA, a dedurre l’inapplicabilità dell’indice NIC, cui andrebbe preferito l’indice FOI. Né può dubitarsi dell’esistenza di uno specifico motivo d’appello regionale sul punto. Alla pag. 2 dell’appello in discorso la Regione ricorda di avere già contestato in sede di opposizione l’indice ISTAT applicato dal decreto ingiuntivo concesso dal T.A.R. (cfr. infatti l’atto di opposizione alla pag. 5 sub b)); alla pag. 6 dà atto della diversità di esito delle due sentenze del T.A.R. sul punto dell’indice applicato; infine, alla pag. 7 dell’appello la Regione richiede, in subordine, la riforma della sentenza del T.A.R. n. 673 “anche solo –in via gradata- in punto di applicazione dell’indice FOI.” : richiesta che dalla Sezione non può essere letta se non alla luce delle precisazioni svolte nelle precedenti pagine dello stesso atto. Il Collegio, con riferimento all’indice che dovrebbe fungere nella specie da base del computo revisionale, non può che concludere, alla luce dell’uniforme giurisprudenza sopra richiamata e delle considerazioni già ricordate, nel senso della necessità di principio di fare applicazione dell’indice F.O.I.. Criterio oggettivo che permette di conferire un principio di salvaguardia al sinallagma contrattuale e, nello stesso tempo, preservare gli equilibri della finanza pubblica. Il tutto, però, salva la verifica da condurre in concreto attraverso la specifica istruttoria di competenza cui la singola Amministrazione committente non può sottrarsi. In forza della medesima giurisprudenza richiamata, infatti, giova ricordarlo, l’utilizzazione del suddetto indice “non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale”; e, “laddove … l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici”. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale * del 2013, proposto dalla Regione Calabria, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Naimo, con domicilio eletto presso Graziano Pungì in Roma, via Ottaviano 9; 

contro

Elitaliana S.p.a., in proprio e quale mandataria di R.t.i. con Inaer Aviation Italia S.p.a. ed Elilombarda s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, viale Liegi 35 B; 



sul ricorso numero di registro generale* del 2013, proposto dalla Regione Calabria, rappresentata, difesa e domiciliata come sopra; 

contro

Inaer Aviation S.p.a., in proprio e quale mandante di R.t.i. con Elitaliana S.p.a. ed Elilombarda S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Filippo Martinez e Davide Moscuzza, con domicilio eletto presso Francesco Saverio Marini in Roma, via dei Monti Parioli 48; 

per la riforma

quanto al ricorso n.* del 2013:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Catanzaro, sezione II, n. 405/2013, resa tra le parti, concernente revisione prezzo del servizio di elisoccorso;

quanto al ricorso n.* del 2013:

della sentenza del T.a.r. Calabria – Catanzaro, sezione II, n. 673/2013, resa tra le parti, concernente decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di somme a titolo di revisione prezzo per il servizio di elisoccorso.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Elitaliana S.p.a., in proprio e quale mandataria del predetto R.t.i., nonché di Inaer Aviation S.p.a., mandante del R.t.i. medesimo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° aprile 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avv.ti Graziano Pungì su delega di Giuseppe Naimo, Roberto Colagrande, ed infine Ulisse Corea su delega di Filippo Martinez;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

 

 

Con ricorso notificato in data 11.8.2011 e ritualmente depositato dinanzi al T.A.R per la Calabria la Elitaliana s.p.a. (di seguito, la ELITALIANA) esponeva:

- di avere ottenuto l’aggiudicazione di una regolare gara d’appalto quale mandataria di un RTI avente quali mandanti le società Inaer Aviation Italia S.p.A. ed Edilombarda s.r.l.;

- di avere conseguentemente stipulato con la Regione Calabria il contratto rep. n. 3607 del 28.7.2009, per l’espletamento del servizio di soccorso sanitario con elicotteri (cosiddetto “elisoccorso”) per la durata di anni sei a decorrere dal 1°.8.2009 (e quindi fino al 31.7.2015), presso i siti operativi di Lamezia Terme, Locri, Cosenza e Crotone, per il prezzo globale di €. 58.395.846,00, in conformità all’offerta economica proposta;

- di avere poco dopo richiesto, trattandosi di un contratto ad esecuzione continuativa, la revisione del prezzo contrattuale, a decorrere dal 366° giorno di vigenza, e cioè dal 1°.8.2010, mediante l’applicazione dei coefficienti di rivalutazione monetaria pubblicati dall’ISTAT per la tipologia “trasporti aerei”, in relazione all’importo delle fatture relative alle prestazioni eseguite;

- che la Regione Calabria, al riguardo, dopo la nota n. 7343 del 16.3.2011, con cui comunicava di aver richiesto una consulenza giuridica sulla problematica, emetteva atto di diniego prot. n. 9778 del 28.4.2011, motivato sostanzialmente sulla carenza, nel contratto d’appalto, di qualsiasi clausola di adeguamento dell’importo contrattuale.

Tanto premesso, la ELITALIANA domandava al Tribunale adìto il riconoscimento del proprio diritto alla revisione del prezzo in relazione al servizio di elisoccorso svolto in esecuzione del contratto.

La Regione Calabria, costituitasi in giudizio in resistenza al ricorso, ne eccepiva l’irricevibilità per omessa impugnativa nei termini decadenziali della suddetta nota di diniego del 28.4.2011, e, nel merito, ne deduceva l’infondatezza.

Coevamente, il medesimo T.A.R. veniva adìto anche dalla società Inear Aviation Italia S.p.A. (di seguito, la INAER), mandante dello stesso RTI appaltatore, la quale con ricorso ex art. 118 C.P.A. domandava che venisse ingiunto alla Regione il pagamento della somma complessiva di euro 146.692,26, oltre interessi moratori, in conformità alle proprie fatture recanti gli ammontari ad essa dovuti in forza del contratto a titolo di adeguamento dei corrispettivi contrattuali.

Il Tribunale con decreto ingiuntivo n. 1173/2001 provvedeva in conformità alla domanda dell’INAER, intimando alla Regione il pagamento della somma richiesta con gli interessi e le spese del giudizio.

Dinanzi allo stesso T.A.R. ricorreva quindi in opposizione a tale decreto la Regione Calabria, deducendo i seguenti motivi:

- difetto di legittimazione ad agire: l’appalto in questione era stato aggiudicato ad un RTI, con la conseguenza che la INAER, quale mandante, sarebbe stata priva di legittimazione ad agire, per aver conferito, tramite mandato con rappresentanza, legittimazione piena ed esclusiva alla propria mandataria capogruppo;

- decadenza dalla pretesa : la pretesa azionata dall’opposta avrebbe dovuto essere disattesa per l’omessa impugnativa della determinazione regionale sfavorevole assunta sull’analoga domanda proposta da ELITALIANA;

- sul merito : posto che l’art. 115 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che l’istruttoria ai fini revisionali va svolta sui costi standard e correlativi indici ISTAT (ex art. 7, commi 4, lett c.), e 5 del Codice), ma i costi medesimi non sono stati ancora stabiliti, nella carenza dei dati valorizzati dal Codice la pretesa della società sarebbe stata infondata, non essendo utilizzabili ai fini del computo revisionale dati diversi da quelli indicati dalla legge.

Resisteva al ricorso regionale in opposizione la INAER, che contestava le argomentazioni avversarie chiedendo: in via principale, il rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo; in via subordinata, ove fosse stata cioè ritenuta dovuta una somma diversa, la condanna della Regione al pagamento della somma così determinata.

I due giudizi trovavano definizione in senso favorevole alle società appaltatrici con le sentenze del T.A.R. per la Calabria nn. 405 e 673/2013, con le quali, nell’ordine, veniva accolto il ricorso di ELITALIANA, e respinta l’opposizione regionale al decreto ingiuntivo ottenuto da INAER (dando il Tribunale atto che la pretesa azionata da quest’ultima aveva riguardato unicamente le sue fatture, onde non sarebbe esistita duplicazione rispetto alla parallela iniziativa processuale della mandataria capogruppo).

Lo scrutinio favorevole della pretesa revisionale delle società interessate, compiuto dalle due decisioni in termini similari, si differenziava peraltro, nei due casi, con riferimento all’indice ISTAT dal T.A.R. reputato applicabile. La sentenza n. 405 all’uopo si richiamava, infatti, all'indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (d’ora in poi, indice FOI), laddove la sentenza n. 673 del Giudice locale aveva preferito ad esso il più specifico indice ISTAT invocato dalla società opposta, l’indice “NIC” della tipologia 0733, relativo al settore del trasporto aereo passeggeri.

Avverso le citate sentenze la Regione proponeva indi i due appelli in epigrafe.

Con tali impugnative l’Amministrazione riproponeva la propria tesi di fondo per cui, poiché l’art. 115 del Codice imponeva di avere riguardo, ai fini revisionali, ai costi standardizzati determinati annualmente dall’Osservatorio dei contratti pubblici avvalendosi dei dati forniti dall’ISTAT, giusta l’art. 7, commi 4, lett c.), e 5 dello stesso Codice, ma tali costi non erano stati stabiliti, nella carenza degli elementi valorizzati dal Codice la pretesa della società sarebbe stata inaccoglibile, non essendo possibile utilizzare ai fini del conteggio revisionale dei dati diversi da quelli prescritti dalla legge.

L’appellante, ravvisando un contrasto di giurisprudenza sul punto dell’applicabilità di indici diversi da quelli previsti dall’art. 7 del Codice, richiedeva inoltre a questa Sezione di rimettere la questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 99 C.P.A..

La Regione con il proprio appello avverso la sentenza n. 673 articolava anche un ulteriore mezzo, riproponendo il proprio precedente motivo d’opposizione imperniato sul difetto di legittimazione ad agire in giudizio della INAER. E a tale proposito sollecitava anche la Sezione a valutare la possibile rimessione alla Corte di Giustizia di un’apposita questione pregiudiziale comunitaria.

Agli appelli della Regione resistevano ELITALIANA e INAER, entrambe deducendo l’infondatezza delle critiche avversarie.

La ELITALIANA proponeva, inoltre, un appello incidentale autonomo, impugnando la stessa sentenza di T.A.R. n. 405 nella parte in cui questa aveva stabilito che la revisione dovesse essere effettuata in applicazione dell’indice ISTAT FOI piuttosto che dell’indice ISTAT settoriale “NIC” - tipologia 0733 pur da essa società invocato, indice che lo stesso Tribunale aveva reputato, invece, applicabile nella sua sentenza n. 673.

La Regione, ribadite le proprie tesi, deduceva l’infondatezza del gravame incidentale avversario chiedendone il rigetto, ed insisteva per l’accoglimento dei propri appelli.

Le rispettive tesi delle parti costituite trovavano indi più approfondita illustrazione e sviluppo in successivi scritti, anche di reciproca replica.

Alla pubblica udienza del 1° aprile 2014 i due appelli sono stati infine trattenuti in decisione.

1 La Sezione deve preliminarmente disporre la riunione degli appelli, giusta richiesta dell’Amministrazione appellante, stante la loro evidente connessione oggettiva e soggettiva, dal momento che nei due giudizi viene in rilievo l’applicazione dell’istituto revisionale al medesimo contratto d’appalto.

2 Con gli appelli principali in epigrafe vengono sottoposte alla Sezione, in definitiva, due questioni (avendo la Regione Calabria ritenuto di non riproporre in sede di appello le rimanenti eccezioni da essa già sollevate in primo grado, ma disattese dal Giudice locale).

Quella, di rito, concernente il supposto difetto di legittimazione ad agire della mandante INAER.

Quella, di merito, attinente alla riconoscibilità –o meno- della revisione prezzi nonostante l’indisponibilità dei costi standardizzati determinati dall’Osservatorio dei contratti pubblici ai sensi degli artt. 115 nonché 7 (commi 4, lett. c), e 5) del Codice.

Vi è poi l’ulteriore problematica di merito, logicamente subordinata, che riguarda l’identificazione del preciso indice da utilizzare in concreto a fini revisionali ove il relativo istituto si riveli applicabile: problematica sollevata tanto dalla Regione nell’ambito del suo appello avverso la sentenza n. 673 quanto, nel parallelo giudizio, mediante l’appello incidentale della ELITALIANA.

3 Il tema da cui occorre partire è quello dell’eccepito difetto di legittimazione della INAER.

3a In prime cure la Regione aveva opposto che tale società, quale mandante del proprio RTI, sarebbe stata priva di legittimazione ad agire, avendo conferito, tramite mandato con rappresentanza, legittimazione piena ed esclusiva alla propria capogruppo.

3b Il rilievo, respinto dal T.A.R., viene in questa sede riproposto.

L’appellante ricorda, infatti, di avere già eccepito in sede di opposizione al decreto ingiuntivo il difetto di legittimazione ad agire della INAER per avere questa rilasciato apposito mandato alla capogruppo ELITALIANA, e richiama la giurisprudenza di legittimità che esclude la legittimazione attiva della mandante ove si tratti di agire in giudizio azionando pretese patrimoniali inerenti all’esecuzione del contratto (pagg. 2-3 dell’appello).

La Regione, quindi, con il proprio motivo fa inequivocabilmente riferimento alla previsione dell’art. 37, comma 16, del Codice dei contratti pubblici, che attribuisce al mandatario “la rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto …”.

3c Si tratta però di un mezzo che nello specifico va giudicato inammissibile, giusta l’obiezione dell’INAER, in quanto l’eccezione con esso coltivata, ponendosi in contraddizione con il contegno precedentemente assunto dalla Regione, confligge con il divieto di abuso del diritto nel processo.

3d Come la detta appellata ha dedotto senza ricevere contestazioni ex adverso, invero, sin dall’avvio delle attività contrattuali le fatture concernenti le relative prestazioni erano state sempre emesse da ciascuna società del raggruppamento in via autonoma per la parte di servizio rispettivamente disimpegnata, senza che ciò desse mai adito a contestazioni da parte della Regione: e da quest’ultima tali fatture erano state direttamente e senz’altro pagate.

Lo stesso meccanismo era stato poi seguito, a partire dal secondo anno di vita del contratto, con riferimento all’importo della revisione prezzi richiesta, ciascuna società avendo proceduto all’emissione di fatture che l’Amministrazione aveva contestato solo nel merito, negando cioè la sussistenza del diritto alla revisione.

E’ su questa base che la INAER aveva quindi proposto il proprio successivo ricorso per decreto ingiuntivo al T.A.R.: essa aveva agito proprio sulla scorta delle fatture precedentemente emesse, laddove ELITALIANA aveva parallelamente azionato quelle sue proprie.

In sede processuale, tuttavia, inopinatamente la Regione, in contraddizione con il proprio precedente contegno cui le controparti avevano fatto riferimento, ha contestato la facoltà fino ad allora da essa riconosciuta a ciascuna di dette imprese.

3e Si può ritenere, di conseguenza, che siffatta eccezione, ponendosi in contraddizione con il contegno precedentemente tenuto dalla Regione, confligga con il divieto di abuso del diritto nel processo.

E’ incontestato, infatti, che per tutto il periodo precedente la Regione avesse sempre accettato le fatture emesse da ogni singola impresa, e, per parte sua, curato il diretto pagamento delle fatture così emesse: condotta con la quale l’Amministrazione aveva univocamente dimostrato di non avere interesse, nei propri rapporti con il RTI appaltatore, ad avere quell’interlocutore unico, nella persona della mandataria capogruppo, che la legge le avrebbe pur permesso di mantenere.

Va notato, inoltre, come proprio una simile condotta della committente pubblica avesse indotto le due società qui appellate ad agire in giudizio separatamente, ciascuna per la parte di rispettiva competenza nei rapporti interni (piuttosto che mediante un'unica azione esperita dalla mandataria per l’intero).

Nell’introduzione del presente mezzo d’appello è dunque possibile riscontrare, alla luce della condotta complessivamente tenuta dalla stessa Regione, un esercizio improprio, sul piano funzionale e modale, del potere discrezionale della parte di scegliere le più convenienti strategie di difesa. E segnatamente è dato rinvenire sia l’estremo del “venire contra factum proprium”, in aderenza al quale le controparti avevano invece impostato la loro iniziativa processuale, sia l’estremo dell’irragionevole sacrificio in tal modo loro cagionato (sacrificio di particolare spessore una volta che la lite sia pervenuta al secondo grado di giudizio), sia, infine, quello della violazione dello stesso canone generale di buona fede: condizione complessiva che giustifica la qualificazione della stessa eccezione in chiave di abuso del processo e pertanto in termini di inammissibilità (cfr. C.d.S., Sez. V, 7 febbraio 2012, n. 656; IV, 2 marzo 2012, n. 1209; VI, 8 febbraio 2013, n. 703; 7 febbraio 2014, n. 585).

4 Tanto premesso, occorre ora venire alla problematica centrale di causa, quella relativa alla possibilità o meno di riconoscere la revisione prezzi nonostante l’indisponibilità dei costi standardizzati determinati dall’Osservatorio dei contratti pubblici ai sensi degli artt. 115 nonché 7 (comma 4, lett. c), e comma 5) del Codice.

4a Assume la Regione appellante che le previsioni dei connessi artt. 115 e 7 sarebbero, nel loro testo e nell’intenzione legislativa ad esse sottesa, del tutto univoche. I dati richiamati dall’art. 7, per espresso dettato legislativo, sarebbero “basilari” ai fini della revisione, la quale in loro difetto non potrebbe essere accordata.

Nella carenza degli elementi valorizzati dal Codice, cioè, non sarebbe data la possibilità di utilizzare ai fini del computo revisionale dati diversi da quelli prescritti dalla legge (in particolare, dei meri indici ISTAT). Il primo Giudice avrebbe effettuato, perciò, un’applicazione parziale ed arbitraria della normativa invocata dalle società interessate.

Dalla Regione viene rimarcato, in particolare, che l’art. 7 del Codice, pur richiamandosi anche a degli indici ISTAT, se ne avvale in un ambito valutativo estremamente più articolato, sì che questi costituirebbero solo una frazione, e nemmeno la principale, sulla base della quale dovrebbe fondarsi l’istruttoria occorrente ai fini dell’istituto revisionale. Istruttoria resa ulteriormente più complessa (e diversificata da quella prevista dal regime previgente, tanto da connotarsi come infungibile) a seguito dell’introduzione nell’art. 7 del nuovo comma 5 bis, che impone di tenere conto, al fine di determinare i costi standardizzati, anche del costo del lavoro, come apprezzato dal Ministero competente.

Da tutto ciò la conclusione dell’appellante che le società avversarie avrebbero dovuto preventivamente agire con il rito del silenzio-rifiuto contro le Amministrazioni deputate all’attuazione dell’art. 7 cit., dopo di ciò soltanto potendosi pretendere dalla Regione l’attività istruttoria utile ai fini revisionali.

4b Queste deduzioni, per quanto suggestivamente formulate, non possono trovare adesione.

La Sezione non dubita che le imprese interessate, dinanzi alla mancata attuazione in sede amministrativa delle previsioni dell’art. 7 cit., e stante la necessità della determinazione dei costi standardizzati posti dall’art. 115 a base dell’istruttoria per la revisione periodica del prezzo del singolo appalto, possano attivare il rimedio previsto dall’art. 31 C.P.A. (come deciso dalla Sez. VI di questo Consiglio con la sentenza 27 novembre 2012, n. 5997).

Ritiene, però, che fintanto che i detti costi standardizzati non siano stati resi disponibili, e conformemente alla consolidata giurisprudenza formatasi sotto l’impero del precedente art. 6 della legge 24/12/1993, n. 537, che aveva delineato un meccanismo operativo rimasto parimenti inattuato, l’istituto della revisione prezzi debba comunque trovare per quanto possibile riconoscimento, attesa la logica imperativa e cogente che lo connota.

4c La Regione nei propri appelli si è diffusa sulla specificità di contenuto della vigente disciplina in tema di revisione e sulle sue differenze rispetto a quella anteriore.

La Sezione non ritiene, tuttavia, che le differenze così evidenziate possano giustificare una soluzione opposta a quella che la giurisprudenza in modo compatto ha già dato, sotto il precedente regime, all’analogo problema generato dall’indisponibilità dei dati sulla cui base la legge avrebbe voluto impostate le istruttorie per l’applicazione delle clausole revisionali.

Le discipline legislative in rilievo presentano tra loro una innegabile affinità. L’art. 115, comma 1, del Codice è sovrapponibile all’art. 6, comma 4, della legge n. 537/1993; e una sostanziale corrispondenza esiste tra le rilevazioni ed elaborazioni richieste all’ISTAT prima dall’art. 6, comma 6, legge n. 537, ed oggi dall’art. 7, comma 5, del Codice.

Vero è, poi, che non trova riscontro nella disciplina previgente il comma 4, lett. c), dell’art. 7 del Codice, anch’esso richiamato dall’art. 115, che prevede da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura in relazione a specifiche aree territoriali.

Al di là delle variazioni normative di dettaglio pur puntualmente segnalate, però, rimane sostanzialmente immutata la struttura del conflitto di interessi determinato dalla descritta situazione di inerzia amministrativa. Come pure resta immutata l’esigenza di una soluzione che possa coniugare con equilibrio le esigenze della finanza pubblica e quelle imprenditoriali che costituiscono lo sfondo della problematica in esame.

La risposta caldeggiata dalla Regione appellante, quindi, di un disconoscimento di qualsivoglia adeguamento dei prezzi contrattuali finché non siano stati resi disponibili i dati, oggi occorrenti, dei costi standardizzati ex art. 7 cit. si presenta, anche sotto la nuova legge, incompatibile con il dato normativo di principio rappresentato dalla necessità di accordare una revisione periodica del prezzo per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture; e parimenti risulta incompatibile con laratio che lo assiste.

Senza dire che, come hanno fatto incisivamente notare le difese delle appellate, non è giuridicamente sostenibile che un preciso obbligo normativo e contrattuale a tutela del sinallagma e dell’equilibrio economico dell’appalto possa essere posto nel nulla dal fatto omissivo di un terzo quale l’Osservatorio dei contratti pubblici.

4d Giova allora ricordare, a questo punto, le consolidate acquisizioni interpretative maturate nel quadro della precedente normativa, delle quali va riconosciuta l’attualità anche nell’odierno contesto normativo.

… i due periodi del comma 4 dell’art. 6 della L. n. 537/1993 enunciano altrettanti principi di estrema chiarezza: il primo impone la revisione periodica del prezzo di tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica e continuativa, il secondo stabilisce che l’entità di tale revisione deve scaturire dagli esiti di un’apposita istruttoria condotta dall’amministrazione.

Orbene, è vero che il successivo comma 6 individua all’uopo alcuni parametri statistici ai quali ancorare le valutazioni amministrative in materia, ma emerge con altrettanta evidenza che siffatto “modello istruttorio” è stato disciplinato dal Legislatore soltanto al fine di “orientare” (così è l’incipit del comma) l’operato della parte pubblica. Ne consegue che la carenza delle rilevazioni statistiche semestrali contemplate dal comma 6 non impedisce l’applicazione del precedente comma 4, rimanendo inalterato il potere-dovere dell’amministrazione di svolgere comunque un’istruttoria che – anche in assenza dei criteri predeterminati dall’art. 6 – deve comunque svolgersi nel rispetto del generale limite interno di ragionevolezza.” (Sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461)

Poiché la disciplina legale dettata dall’art. 6, commi 4 e 6, cit. non è mai stata attuata nella parte in cui prevede l’elaborazione, da parte dell’ISTAT, di particolari indici concernenti il miglior prezzo di mercato desunto dal complesso delle aggiudicazioni di appalti di beni e servizi, rilevate su basesemestrale, la lacuna, per giurisprudenza costante, è stata colmata mediante il ricorso al cosiddetto “indice F.O.I.” (… ).

Secondo tale indirizzo giurisprudenziale, l’utilizzo di quest’ultimo parametro non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale.

In tal modo, si rispetta la ratio dell’art. 6 cit. consistente nel coniugare l’esigenza di interesse generale di contenere la spesa pubblica, con quella, parimenti generale, di garantire nel tempo la corretta e puntuale erogazione delle prestazioni dedotte nel programma obbligatorio.

L’istituto della revisione è infatti preordinato, nell’attuale disciplina, alla tutela dell’esigenza dell’amministrazione di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenutala stipulazione del contratto.

Solo in via mediata l’istituto tutela l’interesse dell’impresa a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verifichino durante l’arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standard qualitativi delle prestazioni.

Laddove, pertanto, l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici” (Sez. V, 17 febbraio 2010, n. 935; 1° ottobre 2010, n. 7254; 19 giugno 2009, n. 4079; 20 agosto 2008, n. 3994; 9 giugno 2008, n. 2786; 14 dicembre 2006, n. 7461; 16 giugno 2003, n. 3373; 8 maggio 2002 n. 2461; 13 dicembre 2002 n. 4801).

4e L’appellante, ravvisando un contrasto di giurisprudenza sul tema dell’applicabilità “in supplenza” di indici diversi da quelli previsti dall’art. 7 del Codice, ha richiesto infine di investire della questione l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. La Sezione, però, per quanto esposto non ravvisa l’esistenza dei presupposti che dovrebbero giustificare l’invocata rimessione della problematica alla detta Adunanza ai sensi dell’art. 99 C.P.A..

5 La giurisprudenza che è stata richiamata nel precedente paragrafo 4d fa chiarezza anche sul thema decidendum che residua, quello dell’indice che dovrà essere utilizzato nello specifico come base ai fini del computo revisionale.

5a La questione è sollevata con l’appello incidentale proposto dalla ELITALIANA avverso la sentenza n. 405, nella parte in cui questa ha stabilito che la revisione dovesse essere operata in applicazione dell’indice ISTAT FOI.

Con l’appello incidentale si adduce, infatti, che in luogo di quest’ultimo avrebbe dovuto applicarsi l’indice settoriale -richiamato ab origine dalle società- c.d. “NIC” - tipologia 0733, che lo stesso Tribunale aveva reputato applicabile all’appalto con la sua sentenza n. 673.

5b La questione si impone, però, a parti invertite, anche nel parallelo giudizio d’appello incentrato sulla sentenza n. 673, basata appunto sull’indice settoriale ISTAT “NIC”, giudizio in cui è stavolta la Regione, con un motivo subordinato, a sollevare la problematica dell’indice da applicare. E, in una prospettiva esattamente opposta a quella di ELITALIANA, a dedurre l’inapplicabilità dell’indice NIC, cui andrebbe preferito l’indice FOI.

Né può dubitarsi dell’esistenza di uno specifico motivo d’appello regionale sul punto. Alla pag. 2 dell’appello in discorso la Regione ricorda di avere già contestato in sede di opposizione l’indice ISTAT applicato dal decreto ingiuntivo concesso dal T.A.R. (cfr. infatti l’atto di opposizione alla pag. 5 sub b)); alla pag. 6 dà atto della diversità di esito delle due sentenze del T.A.R. sul punto dell’indice applicato; infine, alla pag. 7 dell’appello la Regione richiede, in subordine, la riforma della sentenza del T.A.R. n. 673 “anche solo –in via gradata- in punto di applicazione dell’indice FOI.” : richiesta che dalla Sezione non può essere letta se non alla luce delle precisazioni svolte nelle precedenti pagine dello stesso atto.

5c Orbene, il Collegio, con riferimento all’indice che dovrebbe fungere nella specie da base del computo revisionale, non può che concludere, alla luce dell’uniforme giurisprudenza sopra richiamata e delle considerazioni già ricordate, nel senso della necessità di principio di fare applicazione dell’indice F.O.I.. Criterio oggettivo che permette di conferire un principio di salvaguardia al sinallagma contrattuale e, nello stesso tempo, preservare gli equilibri della finanza pubblica.

Il tutto, però, salva la verifica da condurre in concreto attraverso la specifica istruttoria di competenza cui la singola Amministrazione committente non può sottrarsi.

In forza della medesima giurisprudenza richiamata, infatti, giova ricordarlo, l’utilizzazione del suddetto indice “non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale”; e, “laddove … l’impresa dimostri, durante l’istruttoria, l’esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all’indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici”.

6 In conclusione, mentre l’appello della Regione Calabria avverso la sentenza n. 405 deve essere integralmente respinto, così come l’appello incidentale proposto contro la stessa decisione, l’appello regionale contro la sentenza n. 673 deve trovare, invece, un parziale accoglimento, sotto il profilo subordinato attinente alla necessità di utilizzare l’indice F.O.I. in luogo dell’indice N.I.C..

Atteso l’esito di soccombenza sostanzialmente reciproca le spese processuali possono essere equitativamente compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), riuniti gli appelli in epigrafe, definitivamente decidendo sui medesimi così dispone:

- accoglie l’appello n. 5781/2013 Reg. Gen. per quanto di ragione, e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso in opposizione di primo grado della Regione Calabria sotto il limitato profilo della necessità di applicare ai fini della revisione prezzi il diverso indice ISTAT di cui in motivazione;

- respinge l’appello n. 5780/2013 Reg. Gen., e rigetta anche il relativo appello incidentale.

Compensa tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 1° aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Fulvio Rocco, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/04/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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