Sunday 13 October 2013 09:33:02

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Liquidazione degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato: il parere del Consiglio dell'Ordine è vincolante per il giudice in sede di emissione del decreto ingiuntivo, ma non nel successivo giudizio di opposizione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha richiamato nella sentenza in esame il principio sancito dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. II, 17 aprile 2013, n. 9366, secondo cui “Il parere del Consiglio dell’Ordine, in materia di liquidazione degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato, è vincolante per il giudice in sede di emissione del decreto ingiuntivo, ma non nella eventuale fase di opposizione, nella quale il giudice può motivatamente disattendere tale parere”; analogamente, Cass., sez. II, 27 settembre 2011, n. 19750, per la quale “la sola parcella corredata dal parere del consiglio dell’ordine, sulla base della quale il professionista abbia ottenuto il decreto ingiuntivo contro il cliente, se è vincolante per il giudice nella fase monitoria, non lo è nel giudizio di opposizione perché il parere attesta la conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in essa indicate, né è vincolante per il giudice della opposizione in ordine alla liquidazione degli onorari, per cui la presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude né inverte l’onere probatorio che incombe sul professionista creditore, sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite, sia quanto agli importi richiesti”; ed ancora si veda già Cass., sez II, 7 maggio 1997, n. 3972, ove è già operato il consueto rilievo che il parere espresso dal Consiglio dell’Ordine in materia di liquidazione degli onorari vincola il giudice ai soli fini della pronuncia di ingiunzione (art. 633 – 636 cod. proc. civ.), nel senso che integra la prova scritta monitoria ma non fa scattare l’art. 642 cod. proc. civ., cioè non anche nel successivo giudizio, a contraddittorio pieno, ove il parere diviene privo di valenza probatoria.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2011, proposto da:

Vittorio Pofferi, rappresentato e difeso dagli avv. Antonino Galletti, Filippo Manca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonino Galletti in Roma, via Lucrezio Caro, 63;

 

contro

 

Ordine degli Avvocati di Siena, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Gian Domenico Comporti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

Massimo Bosi, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Pisillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

 



 

sul ricorso numero di registro generale 8344 del 2012, proposto da:

Vittorio Pofferi, rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Vallefuoco, Antonino Galletti, Filippo Manca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Vallefuoco in Roma, viale Regina Margherita, 294;

 

contro

 

Ordine degli Avvocati di Siena, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Gian Domenico Comporti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II,18;

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

nei confronti di

Massimo Bosi, rappresentato e difeso dagli avv. Eleuterio Zuena, Fabio Pisillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Eleuterio Zuena in Roma, via Carlo Poma, 4; 

per la riforma

quanto al ricorso n. 3860 del 2011:

della sentenza breve del T.a.r. Toscana - Firenze: Sezione I n. 721/2011, resa tra le parti, concernente pareri di congruità resi dall’Ordine degli avvocati di Siena;

quanto al ricorso n. 8344 del 2012:

della sentenza breve del T.a.r. Toscana - Firenze: Sezione I n. 1794/2012, resa tra le parti, concernente un parere di congruità in relazione alla notula emessa per il pagamento di prestazioni professionali forensi.

 

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in entrambi i giudizi di Ordine degli Avvocati di Siena e di Massimo Bosi e nel secondo di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2013 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti gli avvocati Manca, Galletti, Pisillo per sè e per delega di Comporti e dello Stato Varone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

Vengono appellate le sentenze del Tar Toscana, sez. I, del 21 aprile 2011, n. 721 e 8 novembre 2012, n. 1794 entrambe dichiarative dell’inammissibilità di due successivi ricorsi proposti dal sig. Vittorio Pifferi contro l’Ordine degli Avvocati di Siena e il suo passato avvocato, Massimo Bosi (quale controinteressato), per l’annullamento di pareri di congruità, posti a presupposto, ex art. 633 e seguenti cod. proc. civ., per il rilascio di decreto ingiuntivo dal locale Presidente del Tribunale (non però con immediata concessione di provvisoria esecutività inaudita altera parte ex art. 642, essendosi solo fatto riferimento, ad apposizione monitoria pendente con contraddittorio, all’art. 648 cod. proc. civ.).

I vizi dedotti, in un’unica articolata censura nei due appelli, dei quali va qui disposta la riunione in considerazione della connessione soggettiva e della comunanza delle questioni controverse, non sono stati esaminati nel merito in prime cure, in accoglimento delle pregiudiziali di rito dei due resistenti, in particolare quanto al ravvisato difetto di interesse stante la pendenza di un ordinario giudizio civile in cui l’onere probatorio spetta all’opposto–attore in senso sostanziale, ossia all’avvocato che fa valere il suo credito, senza che i pareri di congruità possano più giovargli in alcun modo giuridicamente rilevante.

Le sentenze si sottraggono ad ogni fondata censura e la carenza di interesse al sindacato giurisdizionale amministrativo deve, da questo Consiglio, venire riaffermata, poiché la astratta riconoscibilità della giurisdizione amministrativa non basta a risolvere in senso opposto la diversa questione dell’attuale interesse al ricorso. Questo potrebbe, nella descritta situazione processuale civile, venire riconosciuto solo se si potesse prescindere da un univoco, ed invero condividibile, indirizzo giurisprudenziale, costituente saldo diritto vivente, che relega il rilievo dei pareri di congruità alla sola fase stricto sensu monitoria ed anteriore al contraddittorio e al giusto riparto degli oneri probatori quali radicati dalla opposizione ex art. 645 cod. proc. civ., atteso anche (per quanto occorrere mai possa) il dato pacifico che l’ingiunzione, - che l’opinamento rese possibile (rectius: ha reso ottenibile per importi superiori ai minimi tariffari olimvincolanti)-, non fu ottenuta in forma esecutiva e risulta, in sede di opposizione e a condizione soltanto che il relativo giudizio non sia lasciato estinguere (art. 653 cod. proc. civ.), del tutto irrilevante.

Ed infatti, anche la eventuale concessione dell’esecutività (qui poi avvenuta, ex art. 648) non fa leva in alcun modo sul tipo di prova scritta, di matrice amministrativa (laddove il parere di congruità costituisce, del resto, un aggravamento, rispetto ad altri creditori per prestazioni eseguite, della formazione della prova scritta, che è onere del professionista acquisire), che rileva in sede di rilascio, ma poggia integralmente sul tipo di eccezioni e di allegazioni contenute nell’atto di opposizione monitoria del cliente, che produce le già descritte conseguenze anche quanto al riparto degli oneri probatori e che può argomentare con piena latitudine sia la esistenza sia il valore della lite, sia il pregio degli atti di assistenza compiuti dal professionista ai fini di collocarne la remunerazione fra i minimi e i massimi tariffari (senza che, si ribadisce, l’opinamento possa e debba influire o preorientare il libero convincimento del giudice civile).

Basti leggere, a tali riguardi, Cass., sez. II, 17 aprile 2013, n. 9366, secondo cui “Il parere del Consiglio dell’Ordine, in materia di liquidazione degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato, è vincolante per il giudice in sede di emissione del decreto ingiuntivo, ma non nella eventuale fase di opposizione, nella quale il giudice può motivatamente disattendere tale parere”; analogamente, Cass., sez. II, 27 settembre 2011, n. 19750, per la quale “la sola parcella corredata dal parere del consiglio dell’ordine, sulla base della quale il professionista abbia ottenuto il decreto ingiuntivo contro il cliente, se è vincolante per il giudice nella fase monitoria, non lo è nel giudizio di opposizione perché il parere attesta la conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in essa indicate, né è vincolante per il giudice della opposizione in ordine alla liquidazione degli onorari, per cui la presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude né inverte l’onere probatorio che incombe sul professionista creditore, sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite, sia quanto agli importi richiesti”; ed ancora si veda già Cass., sez II, 7 maggio 1997, n. 3972, ove è già operato il consueto rilievo che il parere espresso dal Consiglio dell’Ordine in materia di liquidazione degli onorari vincola il giudice ai soli fini della pronuncia di ingiunzione (art. 633 – 636 cod. proc. civ.), nel senso che integra la prova scritta monitoria ma non fa scattare l’art. 642 cod. proc. civ., cioè non anche nel successivo giudizio, a contraddittorio pieno, ove il parere diviene privo di valenza probatoria.

Per queste ragioni, le pur ampie argomentazioni degli atti di appello in ordine a risalenti liti di notevole valore economico, ed al relativo più corretto valore ai fini tariffari, non spostano le conclusioni delle due decisioni di prime cure, gli appelli riuniti avverso le quali vanno respinti per l’assenza di interesse attuale, di specifico giuridico rilievo, sia all’epoca dell’azione sia ancora attualmente.

Si ravvisano, in considerazione delle particolarità e della semplicità del caso posto con i due appelli riuniti, giustificati motivi di compensazione tra le parti degli oneri del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti nn. 3860 del 2011 e 8344 del 2012, li respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Silvia La Guardia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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