Saturday 19 October 2013 13:24:30
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
nota del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Notoriamente le istanze dei cittadini sono dirette a cambiare nomi ridicoli o vergognosi, nel caso di specie invece la vicenda giudiziaria attiene alla domanda che non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, ma diretta ad aggiungere ad esso un nome diverso che viene utilizzato nella vita di relazione e nell’esercizio della attività professionale. Il Consiglio di Stato nel risolvere la questione ha dapprima richiamato le seguenti norme: - l’art. 6 cod. civ., che nell’ esprimere di massima il favor per la certezza e la stabilità del nome - nel binomio comprensivo del prenome e del cognome - nell’evidente intento di salvaguardare l'interesse pubblico alla certezza di status ed all’agevole individuazione delle persone, al comma terzo consente “aggiunte e rettifiche al nome nei casi e con le formalità” previste dalla legge ordinaria; - l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 - recante la disciplina della materia de qua - che nell’esemplificare le ipotesi in cui il nome può essere cambiato “anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale” non recepisce un criterio di tassatività dei casi in cui l’istanza di mutamento delle generalità può formare oggetto di favorevole assenso (cfr. Cons. St., sez. I, n. 515 del 17 marzo 2004). Su tale quadro normativa il Collegio ne fa derivare che la domanda che si propone ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 può essere sostenuta anche da intenti soggettivi ed atipici, purché meritevoli di tutela e non contrastanti con il pubblico interesse alla stabilità ed alla certezza degli elementi identificativi della persona e del suo status giuridico e sociale. Nella specie, la domanda avanzata dall'istante non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, in quanto diretta ad aggiungere ad esso un altro nome e cognome, così che riceve attenuazione l’interesse primario cui nel provvedimento negativo impugnato l’ Amministrazione dà rilievo, di garantire la continuità ed immutabilità nel tempo degli estremi anagrafici identificativi della persona (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 63 del 25 gennaio 1999; n. 615 del 3 giugno 1997). Peraltro le verifiche effettuate dal Comando provinciale dei Carabinieri hanno dato atto del connubio fra la persona del ricorrente ed il nome con il quale si vuole integrare le generalità anagrafiche, nell’ ambito della comunità di appartenenza e nello stesso contesto lavorativo, legato al mondo dello spettacolo e della comunicazione, così che il nuovo nomen viene a qualificarsi come concorrente, con quello anagrafico, agli effetti della corretta identificazione della persona. In tal senso per il Collegio i motivi posti a sostegno della domanda prodotta non si configurano futili, né avulsi da esigenze concrete, e non si presentano, quindi, recessivi a fronte della motivazione del provvedimento impugnato che - pur espressione della sfera di discrezionalità che nella materia residua in capo all’ Amministrazione - si attesta sulla prevalenza in astratto del principio di immutabilità delle risultanze anagrafiche, in un quadro normativo che, tuttavia,l consente di derogare alla tendenziale stabilità del cognome (che peraltro nella specie non riceve vulnus non determinandosi l’ablazione di quello per filiazione naturale) per ragioni che, come innanzi precisato, l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 non seleziona con carattere di tassatività.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale ******+ del 2013, proposto dal Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Varese, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Carmelo Vaccalluzzo, non coatituitosi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 00673/2013, resa tra le parti, concernente diniego alla richiesta di anteposizione altro nome e cognome al nome e cognome originali
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2013 il consigliere Bruno Rosario Polito e udito l’ avvocato dello Stato Ferrante;
Dato avviso alle parti presenti in udienza ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto:
- che i provvedimenti di rigetto delle domande avanzate dall’odierno appellato in prima istanza ed ai fini del riesame - intese ad anteporre al proprio cognome risultante dai registri anagrafici quello di AndreaVitali - traggono fondamento da considerazioni volte a privilegiare il principio di immutabilità del cognome che compete alla persona per norma di legge, in raffronto alle ragioni giustificative rappresentate dell’ interessato, inerenti alla continuità dell’uso del nome diverso nella vita di relazione e nell’esercizio della propria attività professionale;
- che, invero, l’art. 6 cod. civ., nell’ esprimere di massima il favor per la certezza e la stabilità del nome - nel binomio comprensivo del prenome e del cognome - nell’evidente intento di salvaguardare l'interesse pubblico alla certezza di status ed all’agevole individuazione delle persone, al comma terzo consente “aggiunte e rettifiche al nome nei casi e con le formalità” previste dalla legge ordinaria;
- che l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 - recante la disciplina della materia de qua - nell’esemplificare le ipotesi in cui il nome può essere cambiato “anche perché ridicolo o vergognoso o perché rivela l’origine naturale” non recepisce un criterio di tassatività dei casi in cui l’istanza di mutamento delle generalità può formare oggetto di favorevole assenso (cfr. Cons. St., sez. I, n. 515 del 17 marzo 2004);
- che, in conseguenza, la domanda che si propone ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 può essere sostenuta anche da intenti soggettivi ed atipici, purché meritevoli di tutela e non contrastanti con il pubblico interesse alla stabilità ed alla certezza degli elementi identificativi della persona e del suo status giuridico e sociale;
- che, nella specie, la domanda avanzata dal sig. Vacaluzzo non si presenta sostitutiva del nome attribuito per filiazione naturale, in quanto diretta ad aggiungere ad esso quello di AndreaVitali, così che riceve attenuazione l’interesse primario cui nel provvedimento negativo impugnato l’ Amministrazione dà rilievo, di garantire la continuità ed immutabilità nel tempo degli estremi anagrafici identificativi della persona (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 63 del 25 gennaio 1999; n. 615 del 3 giugno 1997);
- che le verifiche effettuate dal Comando provinciale dei Carabinieri di Varese danno atto del connubio fra la persona del ricorrente ed il nome con il quale si vuole integrare le generalità anagrafiche, nell’ ambito della comunità di appartenenza e nello stesso contesto lavorativo, legato al mondo dello spettacolo e della comunicazione, così che il nuovo nomen viene a qualificarsi come concorrente, con quello anagrafico, agli effetti della corretta identificazione della persona;
- che i motivi posti a sostegno della domanda prodotta dal Vacaluzzo non si configurano futili, né avulsi da esigenze concrete, e non si presentano, quindi, recessivi a fronte della motivazione del provvedimento impugnato che - pur espressione della sfera di discrezionalità che nella materia residua in capo all’ Amministrazione - si attesta sulla prevalenza in astratto del principio di immutabilità delle risultanze anagrafiche, in un quadro normativo che, tuttavia,l consente di derogare alla tendenziale stabilità del cognome (che peraltro nella specie non riceve vulnus non determinandosi l’ablazione di quello per filiazione naturale) per ragioni che, come innanzi precisato, l’art. 89 del d.P.R. n. 396 del 2000 non seleziona con carattere di tassatività;
- che per le ragioni che precedono l’appello va respinto e va, per l’effetto, confermata la sentenza impugnata, mentre nessuna determinazione va adottata in ordine alle spese ed onorari del giudizio non essendosi costituita la parte intimata;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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