Friday 13 January 2012 07:19:11

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Il Comune può impugnare il provvedimento adottato, in sua vece, dal commissario ad acta

Consiglio di Stato

La giurisprudenza che sostiene che il Commissario ad acta non può essere considerato organo dotato di propria autonoma soggettività fa discendere da tale premessa l'impossibilità di riconoscere al Comune la legittimazione al ricorso avverso un provvedimento che, essendo stato assunto in sua sostituzione e a causa della sua inerzia, deve ritenersi a lui imputabile (Cons.Stato, Sez. IV, 8 giugno 2000 n.3280; T.A.R. Napoli, 21 aprile 1997 n.1023). La tesi che invece riconosce al Comune la possibilità di insorgere contro gli atti del sostituto e che è assolutamente prevalente nella giurisprudenza del Giudice di appello (Consiglio Stato, Sez. IV, 6 aprile 2000 n.1982; Sez. V, 6 ottobre 1999 n.1332, Sez. IV, 8 luglio 1995 n.1034) parte da una premessa di più ampio respiro, e cioè dalla necessità di distinguere il caso in cui il commissario viene nominato per sostituirsi nell'esercizio di una competenza generale (in luogo di un organo di cui difetti radicalmente il funzionamento), dal caso in cui egli viene incaricato di provvedere all'adozione di uno specifico atto (su impulso di un organo avente funzione di vigilanza). Nella prima ipotesi, quando cioè il commissario è nominato per consentire lo svolgimento delle funzioni dell'Ente locale, senza l'indicazione degli specifici atti che deve emanare, il provvedimento da lui adottato va qualificato come atto di un organo comunale, sia pure straordinario, che può anche essere rimosso dallo stesso Ente locale nella via dell'autotutela; quando invece (come nel caso all'esame della Sezione) egli è nominato per l'adozione di un atto specifico, le determinazioni del commissario possono essere impugnate dall'Ente locale innanzi al Giudice amministrativo, atteso che la relazione che si stabilisce fra il commissario ed il Comune sostituito è di natura intersoggettiva, e non interorganica. Pertanto nei confronti dei terzi l'atto del commissario può essere considerato alla stessa stregua di un atto comunale, ma nei confronti del Comune "l'atto rimane espressione di un potere esercitato da un centro di competenze autonomo ed il Comune è legittimato ad impugnarlo, contestandone la legittimità" (Consiglio Stato, Sez. V, 6 ottobre 1999, n.1332). In caso contrario sussisterebbe una vera e propria compressione del principio costituzionale di libera determinazione delle autonomie locali, che potrebbe determinarsi se si negasse al Comune la possibilità di ricorrere giurisdizionalmente avverso il provvedimento adottato dal suo sostituto (Cons.Stato, IV Sez., 6 aprile 2000 n.1982): così "si aprirebbe una lacuna, in violazione del principio di legalità e del buon andamento, e verrebbe indebolita l'eventualità di un sindacato di legittimità su quelle scelte e su quelle particolari modalità dell'intervento commissariale che attengono ai limiti legislativi della sua azione e che incidono sulle permanenti competenze comunali" (Consiglio Stato, Sez. V, n.1332 del 1999, cit.). Il Collegio, pur nella consapevolezza che ciascuna delle due tesi principali proposte in giurisprudenza è sorretta da valide argomentazioni logico giuridiche, è dell'avviso che debba essere preferita quella che riconosce al Comune la possibilità di insorgere avverso il provvedimento adottato, in sua vece, dal commissario. E ciò non solo per la necessità, responsabilmente evidenziata dal giudice di appello, di assicurare all'Ente locale la difesa delle proprie competenze istituzionali e la tutela degli interessi generali che ad esso fanno capo, ma anche perché in effetti manca sia nella legislazione statale che in quella regionale un'espressa previsione normativa che autorizza a concludere per la totale identificazione delle competenze commissariali con quelle comunali (Consiglio Stato, Sez. V, n.1332 del 1999, cit.). Il Comune come ente titolare delle potestà amministrative di competenza sul proprio territorio, è comunque portatore dell'interesse giuridicamente qualificato al corretto esercizio di detta potestà e a contrastare i provvedimenti ritenuti illegittimi quando, come nella specie, ne fosse stato in concreto spogliato con provvisorio trasferimento, per il singolo caso, al commissario ad acta. Ciò in quanto la relazione che si è instaurata tra il Comune ed il commissario ad acta, nominato per l'adozione di uno specifico atto, deve ritenersi di natura intersoggettiva, perché il Commissario esercita poteri autonomi, aventi gli stessi effetti verso i terzi di quelli dell'ente sostituito, per provvedere in vece di questo e per superare la paralisi dell'azione amministrativa, e non interoganica (Consiglio Stato, Sez. V, n. 1034 del 1995 e n. 1332 del 1999, cit.), sicché il Comune se non può rimuoverli in autotutela, come tenuto nell’ipotesi in cui avesse esso stesso esercitato il potere e che ne ravvisasse la necessità del ritiro, quanto meno deve ritenersi che debba essere legittimato ad impugnare con incidente di esecuzione i provvedimenti commissariali ritenuti illegittimi.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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