Sunday 19 January 2014 19:37:59
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI
Nel giudizio in esame l'appellante, tra l'altro, impugna la sentenza di primo grado che ha respinto il secondo motivo di ricorso, fondato sulla non operatività dell’art. 46 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che collega alla comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo, ai soli fini cautelari, la temporanea immodificabilità degli immobili interessati dal procedimento. L’appellante assume che, trattandosi della posa di pontili galleggianti amovibili, la Soprintendenza non aveva ragione di impedirla (sia pure ai fini cautelari), e che questa misura cautelare era sproporzionata e non adeguata, se collegata al semplice avviodel procedimento di vincolo. Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata la censura in quanto, avuto riguardo alle consistenti dimensioni dello specchio acqueo oggetto di concessione demaniale e alle non irrilevanti opere di infrastrutturazione (non riconducibili soltanto alla posa dei pontili galleggianti) funzionali per lo stazionamento delle unità di diporto, stima che la misura cautelare delle immodificabilità dei luoghi, disposta in applicazione dell’art. 46 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non appaia eccessiva né sproporzionata alle finalità proprie del regime vincolistico in corso di adozione. L’effetto ex lege della comunicazione, infatti, è quello (art. 46, comma 4) della “temporanea immodificabilità dell’immobile limitatamente agli aspetti cui si riferiscono le prescrizioni contenute nella comunicazione stessa”; si tratta di un effetto proprio dell’avvio di questo particolare procedimento per la tutela indiretta, che è voluto dalla legge e che comunque, precisa il Collegio nella specie, è ben ragionevole, tenuto conto della esigenze di salvaguardare, nelle more, le visuali (da mare e da terra) del muro borbonico e di Castel dell’Ovo (oggetto entrambi di tutela diretta), che sarebbero state compromesse, sia dall’apposizione dei pontili galleggianti sia soprattutto dagli altri interventi connessi alla gestione dei pontili medesimi (ivi compreso il conseguente stazionamento di flottiglia da diporto). Da questo consegue ad avviso del Collegio che è ragionevole e non sproporzionata la prescrizione precauzionale di non attivare l’esercizio della concessione imposta dalla Soprintendenza con il suindicato atto in primo grado gravato. Per visualizzare la sentenza per esteso cliccare su "Accedi al Provvedimento".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale *del 2009, proposto da:
Società Consortile Operatori Approdi Nautici Lungomare di Napoli s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Felice Laudadio, con domicilio eletto presso lo stesso difensore in Roma, via Alessandro III, 6;
contro
Autorità Portuale di Napoli, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Del Mese, con domicilio eletto presso la Segreteria della sesta sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
Comune di Napoli, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Dardo, Anna Pulcini, Giuseppe Tarallo, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici e del patrimonio storico artistico e etnoantropologico di Napoli e Provincia, Soprintendenza ai beni ambientali di Napoli, Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Provincia di Napoli, Capitaneria di Porto di Napoli, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Campania, Ministero della Difesa, Consorzio Ormeggiatori Storici Lungomare di Santa Lucia, Centro Nautico Santa Lucia, Associazione Italia Nostra Onlus, Marina di Sant'Antonio s.r.l., non costituiti in questo grado;
Buglione Davide, Cacciatore Riccardo, Coppola Enzo, Frezziero Paola, Marigliano Francesco, Michelino Michele, Scognamiglio Rosario, Scognamillo Antonio, Vitiello Luigi, non costituiti nel presente grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VII n. 9615/2008, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione demaniale marittima e avvio del procedimento di tutela indiretta
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità portuale di Napoli e del Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2013, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Pugliano, per delega dell'avvocato Felice Laudadio, l’avvocato Chiara Pesce per delega dell'avvocato Del Mese e l'avvocato Ivan Marrone per delega dell'avvocato Anna Pulcini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La società consortile Operatori Approdi Nautici Lungomare di Napoli a r.l. impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania 30 luglio 2008 n. 9615 che in parte ha respinto, in parte ha dichiarato inammissibili ed in parte improcedibili, previa riunione, i ricorsi di primo grado r.g. n. 2796/05, r.g. n. 6360/05, r.g. n. 5200/05 e r.g. n.1621/06 avverso gli atti (meglio descritti ed indicati nell’epigrafe della impugnata sentenza) con i quali, sostanzialmente: 1) la competente Soprintendenza partenopea ha apposto un vincolo di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, relativamente a Castel dell’Ovo ed al muro frangiflutti del lungomare di Napoli da Largo Sermoneta fino alla radice esterna del Molosiglio; 2) in conseguenza del suddetto atto, l’Autorità portuale di Napoli ha invitato il Consorzio ricorrente a sospendere immediatamente i lavori per l’installazione dei pontili galleggianti per l’ormeggio di unità da diporto, avviati dallo stesso Consorzio in forza del titolo concessorio demaniale n. 41 del 2005; 3) sempre in ragione dell’intervenuto vincolo sull’area già oggetto di concessione, l’Autorità portuale di Napoli ha avviato il procedimento finalizzato alla revoca del titolo concessorio, revoca poi intervenuta con il provvedimento n. 177 del 2006, anch’esso oggetto di impugnazione; 4) la medesima Autorità portuale ha respinto la richiesta di indennizzo avanzata dall’odierno appellante, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990; 5) l’Autorità portuale, con avviso pubblico 26 giugno 2006 n. 828, ha avviato una procedura ad evidenza pubblica per il rilascio di tre distinte concessioni demaniali, una delle quali (relativa allo specchio acqueo antistante Largo Sermoneta) è stata assentita in favore dell’odierno consorzio appellante.
L’appellante reitera in questo grado i motivi di censura disattesi in primo grado, deducendo specifiche censure alla impugnata sentenza, di cui chiede la riforma ed il conseguente accoglimento del ricorso di primo grado.
Si è costituita in giudizio l’Autorità portuale di Napoli nonché il Comune di Napoli per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 12 novembre 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è infondato e va respinto.
Il Consorzio ricorrente, come concessionario di un vasto specchio acqueo antistante il lungomare di Napoli per la posa di pontili galleggianti funzionali alla gestione di punti di approdo per le unità da diporto, all’esito di una licitazione privata a tal fine indetta dall’Autorità portuale di Napoli, con il ricorso di primo grado ha contestato la legittimità del vincolo indiretto apposto dalla locale Soprintendenza sul tratto di mare oggetto di concessione e del susseguente decreto di revoca, adottato dalla Autorità portuale di Napoli, della concessione assentita in suo favore.
Il Consorzio ha anche chiesto, con il ricorso di primo grado, di essere indennizzato, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, del pregiudizio patrimoniale subito a causa della revoca della concessione. Esso ha impugnato altresì i successivi atti dell’Autorità portuale con i quali, rideterminato il perimetro degli specchi acquei da affidare in concessione, la stessa ha indetto ulteriore licitazione privata per la loro assegnazione.
3.- Il giudice di primo grado ha respinto le censure del ricorso n. 2796/05, dove formava oggetto di impugnativa, in via principale, la nota 7 febbraio 2005 della Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico di Napoli e provincia recante l’informativa al Consorzio appellante della comunicazione d’avvio agli enti interessati del procedimento di imposizione del vincolo indiretto relativamente a Castel dell’Ovo e al muro Frangiflutti del lungomare di Napoli, da largo Sermoneta fino alla radice esterna del Molosiglio.
Il giudice ha evidenziato come il Consorzio appellante non fosse ricompreso, all’epoca della comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo, tra i soggetti che l’art. 46 (Procedimento per la tutela indiretta) del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede quali destinatari necessari di detta comunicazione. Inoltre, il Consorzio aveva ricevuto aliunde la notizia dell’avvio del procedimento, come risulta dalla nota della Soprintendenza 7 febbraio 2005 n. 2821 nonché di quella dell’Autorità portuale del successivo 8 febbraio 2005: sicché l’effetto partecipativo utile, al di là del profilo formale dell’onere della comunicazione, doveva intendersi comunque perfezionato in favore dell’odierno Consorzio appellante.
Il Consorzio qui torna a sostenere che l’adozione del provvedimento dell’Autorità portuale n. 7 del 24 gennaio 2005, che lo individuava, all’esito della licitazione privata indetta per la scelta del destinatario della concessione demaniale, quale soggetto cui affidare lo specchio acqueo antistante il lungomare di Napoli, era titolo sufficiente a legittimarlo alla partecipazione del procedimento di apposizione del vincolo indiretto e a qualificarlo pertanto tra i destinatari necessari della comunicazione d’avvio del procedimento, secondo l’art. 46 del Codice dei beni culturali e del paesaggio in combinato disposto con l’art. 7 della legge n. 241 del 7 agosto 1990. L’appellante si duole poi della mancata disponibilità della relazione tecnica allegata alla proposta di vincolo che, in una alla mancata comunicazione d’avvio del procedimento, gli avrebbe impedito di avvalersi dello strumento del ricorso amministrativo (ai sensi dell’art. 16 del Codice), con la consequenziale impossibilità di dedurre censure anche di merito all’iniziativa della Soprintendenza.
Le censure non meritano condivisione.
Come già delibato da questa Sezione con l’ordinanza cautelare 4 agosto 2005, n. 3821, il Consorzio appellante non rientrava in nessuna delle categorie di soggetti nominate dall’art. 46 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 quali destinatari necessari dell’onere di comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo indiretto (e degli atti relativi come la relazione tecnica che è di base alla proposta di vincolo). All’epoca dell’invio della predetta comunicazione d’avvio (febbraio 2005) il Consorzio non era infatti né proprietario o titolare di diritti reali sullo specchio acqueo, né possessore o detentore titolato dei beni demaniali oggetto di vincolo; la concessione demaniale n. 41 risulta, infatti, rilasciata in favore del Consorzio soltanto il successivo 29 giugno 2005, di guisa che non era ricompreso tra i soggetti destinatari necessari della comunicazione. Non è titolo a tal fine idoneo l’esito (avvenuto con delibera dell’Autorità portuale n. 7 del 24 gennaio 2005) della selettiva procedura di individuazione del Consorzio quale soggetto cui concessionario degli spazi demaniali. Infatti, un tale atto solo segnava l’inizio di un procedimento volto a verificare la sussistenza delle condizioni per il rilascio della nuova concessione demaniale (ovvero la persistenza, rispetto a quanto assentito con delibera del 20 marzo 2001, degli assensi e delle autorizzazioni di tutte le autorità coinvolte rispetto alla gestione del tratto demaniale oggetto di affidamento, in primo luogo, della stessa Soprintendenza per il paesaggio odiernamente appellata). Non è dubbio, infatti , che con il citato atto del 24 gennaio 2005 l’Autorità portuale si era limitata a riattivare, come dice lo stesso atto, “ l’istruttoria che aveva portato al rilascio della concessione n. 26/2002 e relativa al posizionamento di pontili, passerelle di accesso, barriere frangiflutti e baracche destinate ad ormeggio di natanti da diporto conto terzi negli specchi acquei antistanti alla Rotonda Nazario Sauro, alla via Caracciolo, Mergellina e Largo Sermoneta a favore della società Consortile Operatori Approdi Nautici Lungomare di Napoli in quanto, da un lato, risultano cessate ad opera del consorzio richiedente le cause che avevano a suo tempo determinato la dichiarazione di decadenza dal titolo concessorio e, dall’altro, non sussiste concorrenza in quanto le istanze presentate dai soggetti concorrenti devono essere rigettate per le motivazioni sopra indicate”; il tutto con l’espressa previsione finale “che, una volta rilasciata la concessione, l’esercizio della stessa restava subordinato alla verifica da parte del concessionario sulla vigenza delle restanti autorizzazioni amministrative a suo tempo rilasciate da altre amministrazioni” e nell’ancora espressa statuizione di doversi inserire nell’atto concessorio “specifica causa di decadenza nell’ipotesi di mancata produzione da parte del concessionario delle richiamate autorizzazioni supportate da esplicita conferma da parte delle amministrazioni competenti della loro validità …”.
Appare evidente, dal tenore letterale dell’atto e dal carattere preparatorio al rilascio della concessione demaniale (rilasciata soltanto il successivo 29 giugno 2005) che il Consorzio appellante non aveva titolo per pretendere di ricevere la comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo indiretto.
L’insussistenza della detta qualità in capo al Consorzio rende prive di presupposti le ulteriori questioni prospettate dall’appellante, sia riguardo ai contenuti che l’assolvimento di quell’onere implicava (con riferimento alla mancata acquisizione della relazione a base della proposta di vincolo), sia in relazione alle prerogative che il Consorzio avrebbe potuto esercitare, ove fosse stato destinatario della comunicazione (in particolare, il riferimento è alla mancata attivazione del ricorso amministrativo di cui all’art. 16 del Codice).
Osserva poi il Collegio che il fatto della conoscenza aliunde dell’iniziativa del vincolo indiretto, per quanto dimostrativo nell’assenza di lesioni sostanziali all’interessato, è comunque ulteriore e non necessario, rispetto a quanto testé rilevato , ai fini che interessano il presente giudizio e la lamentata violazione di legge,
Per quanto appena detto, questa parte della sentenza di primo grado resiste all’appello e merita di essere confermata.
4.- Con un secondo ordine di statuizioni, la sentenza di primo grado ha respinto il secondo motivo di ricorso, fondato sulla non operatività dell’art. 46 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che collega alla comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo, ai soli fini cautelari, la temporanea immodificabilità degli immobili interessati dal procedimento.
L’appellante assume che, trattandosi della posa di pontili galleggianti amovibili, la Soprintendenza non aveva ragione di impedirla (sia pure ai fini cautelari), e che questa misura cautelare era sproporzionata e non adeguata, se collegata al semplice avviodel procedimento di vincolo.
La censura non appare fondata.
Il Collegio, avuto riguardo alle consistenti dimensioni dello specchio acqueo oggetto di concessione demaniale e alle non irrilevanti opere di infrastrutturazione (non riconducibili soltanto alla posa dei pontili galleggianti) funzionali per lo stazionamento delle unità di diporto, stima che la misura cautelare delle immodificabilità dei luoghi, disposta in applicazione dell’art. 46 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, non appaia eccessiva né sproporzionata alle finalità proprie del regime vincolistico in corso di adozione. L’effetto ex lege della comunicazione, infatti, è quello (art. 46, comma 4) della “temporanea immodificabilità dell’immobile limitatamente agli aspetti cui si riferiscono le prescrizioni contenute nella comunicazione stessa”; si tratta di un effetto proprio dell’avvio di questo particolare procedimento per la tutela indiretta, che è voluto dalla legge e che comunque, nella specie, è ben ragionevole, tenuto conto della esigenze di salvaguardare, nelle more, le visuali (da mare e da terra) del muro borbonico e di Castel dell’Ovo (oggetto entrambi di tutela diretta), che sarebbero state compromesse, sia dall’apposizione dei pontili galleggianti sia soprattutto dagli altri interventi connessi alla gestione dei pontili medesimi (ivi compreso il conseguente stazionamento di flottiglia da diporto). Da questo consegue che è ragionevole e non sproporzionata la prescrizione precauzionale di non attivare l’esercizio della concessione imposta dalla Soprintendenza con il suindicato atto in primo grado gravato.
5.- Sorte non diversa va riservata ai restanti profili di gravame articolati nel ricorso di primo grado r.g. n. 2796/05, e qui riproposti, con cui il Consorzio appellante, lamentando l’omesso esame in prime cure di tali profili di doglianza, assume che la misura cautelare dell’art. 46, comma 4, d.lgs 22 gennaio 2004, n. 42 non avrebbe potuto applicarsi in difetto della presupposta comunicazione d’avvio del procedimento.
Vale ribadire che le ragioni della mancata comunicazione d’avvio risiedono nel rilevato difetto di qualità in capo al Consorzio. D’altra parte la nota della Soprintendenza n. 19726 dell’8 luglio 2005, con cui si richiamano gli effetti inibitori ricollegati all’avvio del procedimento di vincolo sugli immobili coinvolti, non ha come destinatario il Consorzio qui ricorrente ma l’Autorità portuale, che a sua volta ha comunicato al Consorzio (con nota n. 4892 del medesimo 8 luglio 2005) l’impossibilità di dar corso a quei lavori in ragione del procedimento vincolistico.
Non vi è, pertanto, irragionevolezza o contraddittorietà tra questi atti, posto che l’Autorità portuale, destinataria dell’originaria comunicazione d’avvio del procedimento di vincolo, è stata poi avvertita degli effetti legali della comunicazione affinché potesse conformarvi i rapporti con i soggetti terzi (nella specie con il Consorzio ricorrente, estraneo ad una diretta interlocuzione con la Soprintendenza in ordine all’insorgenza del vincolo ed ai suoi effetti inibitori). Per vero, solo in risposta alla domanda di chiarimenti del Consorzio sulla perdurante vigenza dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata in occasione della concessione demaniale del 2002 (poi oggetto di decadenza sanzionatoria) e quindi al di fuori del procedimento di vincolo e delle conseguenze correlate dall’art. 46 del Codice alla semplice comunicazione d’avvio, la Soprintendenza ha fatto riferimento alla difficoltà di dar corso ai lavori per l’esercizio della concessione, in ragione dell’avvio del procedimento di vincolo indiretto.
Ma si tratta di profili diversi, l’uno attinente l’autorizzazione paesaggistica, l’altro riguardante il procedimento di vincolo e gli aventi diritto alle sue comunicazioni (tra le quali mai è stato compreso il Consorzio).
Ancora, non hanno ragione le ulteriori questioni, afferenti la diversa qualità - sempre ai fini partecipativi del procedimento di vincolo indiretto - rivendicata dal Consorzio a causa del precedente titolo demaniale, rilasciatogli dal Comune con delibera dirigenziale n. 26 del 2002: dalla quale deriverebbe, secondo il Consorzio, che ogni atto successivo (ivi comprese le citate note della Soprintendenza e dell’Autorità portuale, implicanti revoca implicita del titolo) andava adottato con previa comunicazione d’avvio del procedimento al Consorzio e al Comune di Napoli.
La tesi non può essere condivisa: infatti è fondata sul falso presupposto della continuità tra la precedente vicenda concessoria (conclusa con un provvedimento di decadenza, inutilmente impugnato dal Consorzio in sede giurisdizionale) e il procedimento per la concessione dello specchio acqueo antistante il lungomare di Napoli, culminato con l’atto n. 41 del 29 giugno 2005.
Si tratta infatti di procedimenti non solo distinti ma anche disgiunti dal richiamato provvedimento risolutorio definitivo per inadempienze del concessionario, e da un nuovo procedimento avviato per l’assegnazione degli spazi demaniali. Si tratta in particolare di procedimenti distinti, che non possono essere confusi né per l’identità della cosa immobile che ne forma oggetto, né per le mere reciproche menzioni effettuate negli atti (per mera comodità o per semplice rinvio).
6.- Quanto all’ulteriore motivo d’appello che riguarda la declaratoria di inammissibilità (per il carattere endoprocedimentale dell’atto), della censura di primo grado, relativa ai contenuti della prescrizione imposta con il richiamo all’art. 46 del Codice, il Collegio osserva: 1) in disparte la inammissibilità, la censura è in ogni caso infondata nel merito, alla luce di quanto già rilevato a proposito della congruità e ragionevolezza della prescrizione interdittiva imposta; 2) sul piano processuale, il giudice di primo grado non si è sottratto all’esame del tema introdotto con detto motivo di ricorso, sia pur nell’ambito dell’esame del ricorso r.g. n. 1621/06.
7.-Nel ricorso di primo grado r.g.n. 4360/05 formava oggetto di impugnativa la nota n. 732 del 4 marzo 2005, con la quale il Comune si limitava a precisare che “fermo quanto specificato nella nota n. 352 del 1 febbraio 2005 (ossia, la validità quinquennale dell’autorizzazione paesaggistica, ndr) si ritiene che codesto Consorzio, in presenza dell’avviato procedimento per l’apposizione del vincolo ai sensi dell’ex art. 21 del d.l.vo n. 42/2004, debba munirsi del nulla osta della Soprintendenza ai sensi del succitato articolo”.
Il Tribunale amministrativo ha rilevato l’inammissibilità del ricorso in ragione per difetto di lesività dell’atto, in quanto emanato dall’amministrazione comunale “terza rispetto a quella che aveva attivato, nell’ambito delle proprie attribuzioni, il procedimento comportante le riferite conseguenze preclusive ex lege, ed in quanto priva comunque di valenza provvedimentale/autoritativa, limitandosi ad un “si ritiene che…”.
L’appellante non censura la declaratoria di inammissibilità, ma si duole per quanto osservato dal giudice in aggiunta, cioè: “[…] ciò nella precisazione che le doglianze proposte nel suo seno costituiscono comunque la mera riproduzione di quelle già contenute nel primo gravame e già innanzi ritenute infondate”.
Osserva il Collegio che la censura, rivolta non avverso un capo decisorio ma contro un obiter dictum, sfornito di portata decisionale, è inammissibile.
In ogni caso valgono le osservazioni già svolte a conferma della condivisibilità della sentenza di primo grado riguardo alla infondatezza delle censure svolte dall’odierno appellante nel primo ricorso esaminato (r.g. n.2796/05).
8.- Con il ricorso di primo grado r.g. n. 5200/05 era stata impugnata la nota dell’Autorità portuale n. 4892 del 8 luglio 2005, che avvertiva il Consorzio che l’avvio del procedimento di vincolo comportava effetto inibitorio sulla concessione demaniale medio tempore rilasciata e sulla possibilità di avviare i lavori di installazione dei pontili galleggianti, per come era stato rappresentato dalla Soprintendenza fin dalla comunicazione d’avvio del procedimento di apposizione del vincolo agli enti interessati (tra i quali appunto l’Autorità portuale).
L’appellante contesta questo rigetto, oltre che per tutte le ragioni già evidenziate nel primo ricorso esaminato (r.g. n.2796/05) anche negando che l’omissione della comunicazione d’avvio resterebbe senza conseguenze giuridiche in presenza di un provvedimento a contenuto vincolato (quale appunto l’effetto sospensivo ex lege correlato alle le iniziative comportanti modifiche a beni sottoposti a procedimento di vincolo indiretto).
Quanto alla prima parte di questo mezzo di impugnazione, il Collegio ribadisce le considerazioni già fatte circa il difetto di qualità per considerare il Consorzio come destinatario necessario della comunicazione,e circa le ragioni degli effetti cautelari dell’art. 46, comma 4.
9.- Con il quarto e ultimo ricorso di primo grado (r.g. n.1621/06), l’odierno appellante deduceva l’illegittimità del decreto del Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Campania 23 settembre 2005 n. 171, di apposizione del vincolo indiretto “sulla fascia a mare nel Comune di Napoli che va da Largo Sermoneta al Molosiglio per una profondità di mt 100”, per omessa notifica, ai sensi dell’art. 47 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, nei confronti di esso Consorzio, direttamente inciso dal provvedimento impositivo in quanto titolare della (sopravvenuta) concessione demaniale n. 41 del 2005.
Il giudice di primo grado ha sostanzialmente rilevato che nessuna conseguenza invalidante sull’atto avrebbe potuto riverberare la sua mancata notifica al Consorzio, atteso che questo si era comunque difeso in sede procedimentale e processuale, sicché non ne era stato conculcato alcun diritto defensionale.
L’appellante ribadisce il carattere necessario, ai fini della stessa legittimità del vincolo, della notifica ai proprietari, possessori o detentori dell’immobile cui le prescrizioni vincolistiche si riferiscono.
Tale censura non merita condivisione.
Come si è detto, l’odierno consorzio appellante era dal 29 giugno 2005 titolare della concessione demaniale n. 41. Tuttavia, tale concessione, solo dopo pochi giorni dalla sua adozione, era stata in pratica paralizzata negli effetti dalla nota dell’Autorità portuale del 7 luglio 2005, che, richiamando la comunicazione di pari data della Soprintendenza, comunicava al Consorzio gli effetti inibitori e, in prospettiva, interdittivi che l’adottando decreto di vincolo avrebbe potuto avere sulle facoltà nascenti dal titolo concessorio.
In tal situazione, a ragione il giudice di primo grado negato che l’assimilazione del consorzio ai soggetti cui va notificato il decreto di vincolo ai sensi del richiamato art. 47.
Invero, l’obbligo di notifica dell’art. 47 del Codice si configura in rapporto ai soggetti che, in virtù di un diritto reale o obbligatorio, vengano a trovarsi con la cosa immobiletoccata dal provvedimento di vincolo in una relazione giuridica stabile, meritevole di tutela ai fini del diritto alla partecipazione di conoscenza di ogni atto interferente. Non pare al Collegio che tale situazione fosse presente per l’odierno appellante, stante la dichiarata cedevolezza “originaria” del titolo concessorio (non a caso di lì a poco revocato ) in ragione dell’approssimarsi del completamento del procedimento di vincolo (culminato nel provvedimento costitutivo del 23 settembre 2005).
In ogni caso, quand’anche il Consorzio fosse da ricomprendere tra i soggetti cui era dovuta la notifica, dalla sua omissione non potrebbero riconnettersi effetti invalidanti sugli atti aventi portata lesiva per le ragioni dell’odierno appellante. E’ ben vero, infatti, che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, innovando rispetto al testo unico dei beni culturali e ambientali (d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490), ha prevede l’obbligo della notifica (art.47) del vincolo indiretto ai proprietari, possessori o detentori degli immobili incisi dal provvedimento. Tuttavia, ferme le incertezze sulla natura recettizia o meno di tale atto, ui non è in predicato l’efficacia immediata del vincolo in confronto del Consorzio perché a quest’ultimo (estraneo a giusto titolo al procedimento di apposizione delle prescrizioni di tutela indiretta sui beni culturali di Castel dell’Ovo e del Muro Borbonico frangiflutti) da subito era stato inibito, sul piano sostanziale, di esercitare le facoltà nascenti dalla concessione demaniale in suo favore. La sua “detenzione” era perciò, ai fini per cui è evocata dall’art. 47 del Codice (che sono quelli inerenti le trasformazioni che il vincolo culturale indiretto può condizionare o vietare) priva di portata effettiva: sicché non era idonea a creare l’attualità della qualità necessaria per reclamare come necessaria la notifica di cui al comma 1.
Vero è piuttosto che il Consorzio è leso in via diretta soltanto dal provvedimento di revoca della concessione demaniale, che è stato adottato a causa della sopravvenuta presenza del vincolo, il quale ha effetto lesivo mediato e indiretto se si ha riguardo alla situazione giuridica di cui era titolare il Consorzio. Il vincolo, in sostanza, non ha mai dispiegato una efficacia diretta in danno del Consorzio (caso nel quale avrebbe avuto ragione di porsi la questione della mancata notifica in suo confronto) ma ha soltanto dato occasione al successivo provvedimento col quale l’Autorità portuale ha disposto verso il Consorzio il ritiro del titolo demaniale per sopravvenuta incompatibilità del suo contenuto con le prescrizioni di tutela indiretta.
Alla luce dei rilievi che precedono sono pertanto infondate le censure d’appello articolate
in ordine alla violazione dell’art. 47 d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 e alle conseguenze invalidanti che tale violazione avrebbe avuto sui successivi atti autonomamente impugnati da parte del Consorzio.
9.1 -Quanto alle censure sulla congruenza del vincolo indiretto, in relazione alla asserita sua eccessiva estensione ed alla compatibilità delle prescrizioni di tutela con le opere di posizionamento dei pontili galleggianti, il Collegio richiama le condivisibili osservazioni del giudice di prime cure riguardo, da un lato, ai limiti del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche dell’Amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali e, dall’altro, alla congruenza e ragionevolezza delle prescrizioni dettate a tutela di importanti beni culturali, quali Castel dell’Ovo ed il Muro borbonico, oggetto da decenni di tutela vincolistica diretta.
Anche le considerazioni del Consorzio appellante a proposito della modesta altezza dei pontili rispetto all’altezza del muro frangiflutti, tale da non rappresentare ostacolo alla libera visuale del muro sia dal mare che da terra, oltre a risultare per alcuni profili inammissibili, riguardando il merito di ragionevoli scelte tecniche, appaiono superabili sulla base della considerazione – già svolta in occasione dell’esame di altra censura – che non sarebbe il nudo pontile a frapporsi nel cono di visuale sul muro borbonico, quanto piuttosto la stessa flottiglia da diporto che sui pontili abbia ad attraccare (si pensi agli alberi delle barche a vela o alle unità a motore molto alte di murata).
9.2- Destituita di fondamento anche la censura afferente il coinvolgimento, nel procedimento di apposizione del vincolo indiretto, del Comitato tecnico scientifico previsto dall’art. 16 del d.P.R. 10 giugno 2004, n. 173 (Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali).
L’appellante torna a sostenere che il Comitato non avrebbe dovuto essere interpellato e che quindi, anche per tal ragione, sarebbe illegittimo il decreto di vincolo indiretto.
Il Collegio non condivide tale assunto.
A tacer d’altro, il carattere non obbligatorio – come lo stesso appellante afferma – del parere del predetto Comitato, in una alla natura non vincolante dell’atto, rendono il provvedimento di vincolo immune dal vizio dedotto, e che lo stesso risulta per suo conto proporzionato ed adeguato, quantomeno sotto i profili di censura scrutinati. D’altra parte, non risulta provato quanto il parere del predetto Comitato abbia potuto interferire sui contenuti del provvedimento conclusivo e stante il suo carattere non vincolante, l‘incidenza negativa sui contenuti dell’atto finale dovrebbe essere presunta: il che non appare coerente con la natura tecnica e l’alta professionalità propria di questo ufficio consultivo, chiamato a illuminare l’amministrazione nel procedimento determinativo delle prescrizioni tecniche di tutela indiretta (artt. 45 e segg. del Codice).
10.- Sotto altro profilo, l’appellante si duole dell’erroneità della sentenza nella parte in cui, nel respingere il ricorso di primo grado avverso il decreto di vincolo indiretto, ha affermato che l’Autorità portuale di Napoli, nella valutazione dei contrapposti interessi, avrebbe correttamente accordato prevalenza all’interesse pubblico, mentre non avrebbe affatto contemplato l’interesse del Consorzio alla stabilizzazione del rapporto concessorio riveniente dal titolo 29 giugno 2005, n. 41 costituito in suo favore nella perdurante vigenza dell’autorizzazione paesaggistica (rilasciata in occasione dell’adozione della precedente concessione demaniale – poi oggetto di decadenza - n. 26 del 2002).
Anche tale censura va disattesa.
Correttamente il giudice di primo grado ha rilevato che la posizione dell’odierno Consorzio non era di particolare pregnanza sul piano della meritevolezza della sua tutela, di fatto mai essendo stata portata davvero ad effetto la concessione demaniale assentita alla fine di giugno del 2005, subito paralizzata, come rammentato, dall’adozione dei richiamati atti, da parte della Soprintendenza e dell’Autorità portuale di Napoli.
Quanto alla pregressa vicenda della concessione n. 26 del 2002, si è detto che la decadenza sanzionatoria dalla concessione, dichiarata con provvedimento definitivo, separa nettamente le due vicende procedimentali.
Non rileva, inoltre, che in occasione del rilascio della nuova concessione del 2005 la Soprintendenza abbia in sede paesaggistica confermato la vigenza (quinquennale) del precedente titolo autorizzatorio, posto che le sue valutazioni riguardano profili distinti da quelli compiuti dalla stessa Soprintendenza nel procedimento volto alla fissazione delle prescrizioni di tutela culturale indiretta di beni gravati da vincolo storico-monumentale. La cura del bene paesaggistico, infatti, è altra dalla cura del bene culturale.
Non è dato pertanto ravvisare contraddittorietà tra atti promananti dalla stessa Autorità soprintendenti zia, ma volti a regolare fattispecie e interessi pubblici diversi tra loro.
Ancora, non convince la reiterata censura di sviamento di potere, sotto il profilo che la Soprintendenza avrebbe utilizzato la tutela culturale per perseguire finalità paesaggistiche.
Si tratta di una semplice asserzione, non confortata da elementi indizianti, se non quelli, assai deboli, rappresentati dalla ampiezza del vincolo indiretto (di suo del tutto ininfluente, per quanto estesa possa essere: cfr. per tutti Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893 e precedenti ivi richiamati) e da un’ iniziale dissenso tra il Soprintendente regionale e quello territoriale riguardo ai contenuti del vincolo.
Premesso che si tratta di questioni afferenti essenzialmente il merito delle scelte tecniche, e come tali non sottoponibili al vaglio di legittimità giurisdizionale, va osservato che la funzione strumentale del vincolo indiretto rispetto alle esigenze di tutela diretta del bene culturale, postula che la sua ragionevolezza vada stimata in relazione ai contenuti del vincolo diretto sul bene culturale medesimo. Così giustamente riguardata, l’estensione delle prescrizioni di tutela indiretta non appaiono affatto qui irragionevoli, atteso che le stesse manifestamente sono più che proporzionate rispetto all’ampia estensione del Muro borbonico oggetto di tutela diretta e alla libertà della sua visuale prospettica.
Non appare sussistere, pertanto, per le medesime ragioni, il lamentato vizio di difetto di istruttoria.
11.- Con altro ordine di censure l’appellante si duole dell’erroneità della gravata sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittimo il diniego dell’Autorità portuale (con nota n. 8753 del 23 dicembre 2005) sull’istanza volta ad ottenere (quantomeno) lo spazio acqueo antistante largo Sermoneta per la stagione 2006.
Anche in tal caso, il giudice di primo grado correttamente ha osservato come tale atto avesse natura soprassessoria e non definitiva, perché l’Autorità portuale aveva rilevato l’opportunità di valutare l’assentibilità dell’istanza alla luce del sopravvenuto vincolo e tenuto conto dell’imminente spirare del termine di efficacia dell’autorizzazione paesaggistica.
Il Collegio ritiene che tali conclusioni siano pertinenti e costituiscano motivazione sufficiente del diniego, senza che in contrario possa rilevare l’asserita contraddittorietà tra quanto affermato in detta nota dall’Autorità portuale e quanto disposto di lì a pochi mesi (e cioè nel giugno del 2006) a mezzo della procedura comparativa avviata anche per l’assegnazione degli spazi acquei antistanti largo Sermoneta.
A tale proposito, vale osservare che la determinazione di far luogo a una nuova assegnazione degli spazi in concessione segue una rinnovata valutazione istruttoria di compatibilità del vincolo indiretto con le modalità d’uso degli specchi acquei da riassegnare a seguito di loro riperimetrazione nonché della previsione di nuove forme di utilizzazione dei punti di ormeggio (essenzialmente a mezzo dell’utilizzo di boe-gavitello).
Tali considerazioni appaiono proporzionate e ragionevoli (basti pensare alla necessità di rinnovare il titolo paesaggistico o alla opportunità di rivalutare la compatibilità dell’intervento alla luce del sopravvenuto vincolo indiretto) e danno ragione della plausibile determinazione originaria a contenuto soprassessorio in ordine alla possibilità di assegnare in concessione per una sola stagione gli spazi acquei antistanti largo Sermoneta.
Anche in questo grado, i riproposti motivi ulteriori di primo grado (pagg. 63-79 dell’appello) sul preteso difetto di istruttoria e di motivazione del diniego appaiono infondati perché ripetitivi della medesima e non condivisibile tesi dell’intangibilità della posizione del Consorzio a seguito dei titoli già rilasciatigli dall’Autorità portuale (in particolare, in forza della delibera n. 7 e n. 41 del 2005). Questo rende superfluo in questa sede il loro puntuale esame nel merito, stante la sufficienza degli argomenti addotti dall’Autorità a sostegno della ragionevolezza e legittimità, quantomeno alla data della sua adozione, del diniego di rilascio del titolo sul solo specchio acqueo antistante largo Sermoneta.
12.- Miglior sorte non meritano le censure avverso la delibera del Presidente dell’Autorità portuale 3 maggio 2006 n. 177, di revoca della concessione demaniale marittima n. 41 del 29 giugno2005. Detta revoca è legittima perché funzionale, come si legge nello stesso provvedimento di ritiro, a che “gli usi incidenti sulle aree demaniali comprese dal largo Sermoneta alla radice esterna del Molosiglio siano resi compatibili ai sopravvenuti provvedimenti di vincolo emessi dalla competente Direzione regionale e sopra analiticamente citati”, con la conseguenza che “pertanto, alcuna opera e/o installazione può essere realizzata sulla scorta del provvedimento istruttorio che aveva condotto all’emissione delle concessioni n. 26/2002 e n. 41/2005 a favore, da ultimo, della società consortile a r.l. Operatori Approdi Nautici Lungomare di Napoli a seguito dei vincoli derivanti dal decreto n. 171 del 23.9.2005 e dal d.m. 26.4.1966 in tema di vincolo paesaggistico”.
Non era d’ostacolo a questo ritiro la sopravvenienza della delibera n. 7 del 24 gennaio 2005 dell’Autorità portuale, che individuava il Consorzio quale concessionario degli specchi d’acqua antistanti il lungomare disponendo l’immediato rilascio del titolo concessorio per il sito di Mergellina.
Resta del resto nelle prerogative dell’amministrazione il poter, ove ne sussistano i presupposti, sempre tornare sulla cura dell’interesse pubblico modulando diversamente i rapporti con i destinatari dell’azione pubblica: perciò, se del caso, ritirando o revocando i provvedimenti concessori in virtù di una nuova valutazione dell’interesse pubblico giustificata da fatti sopravvenuti.
Nel caso in esame, l’Autorità portuale ha attribuito rilevanza, nell’esercizio del potere di revoca, al sopravvenuto vincolo indiretto sulle aree già oggetto di concessione n.41 del 2005, e ha coerentemente disposto la revoca del titolo concessorio, nonché di quello preparatorio (delibera n. 7 del 2005), sul ragionevole convincimento di dover operare una nuova istruttoria circa la riperimetrazione degli spazi da destinare, previo il rilascio di nuovi titoli demaniali, all’esercizio del diportismo nautico.
La revoca, nelle condizioni date, appare al Collegio un atto pienamente proporzionata e ragionevole, se non quasi ineludibile..
13.- Sotto altro profilo, risulta correttamente disattesa la domanda di indennizzo proposta dalla odierna appellante ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15.
Il giudice di primo grado ha condivisibilmente ritenuto che non vi fosse spazio per applicare la disposizione per cui, se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione deve provvedere al loro indennizzo.
Nel caso concreto non solo non si era consolidata alcuna posizione in capo al Consorzio ma, come ha rilevato la sentenza di primo grado, poiché gli atti intervenuti a suo favore non hanno mai acquisito vera efficacia, non può configurarsi un autentico pregiudizio economico per il ritiro del titolo concessorio già rilasciato. A riprova, l’odierna appellante, non potendo documentare altre voci di pregiudizio patrimoniale in concreto subito come danno emergente, indica le spese occorse per tutto l’iter istruttorio conclusosi con il provvedimento sindacale di concessione demaniale del 2002 nonché quelle progettuali ed altre di diversa natura afferenti la partecipazione alla selezione del 2005.
E’ evidente tuttavia che né le une né le altre possano costituire oggetto di indennizzo in base alla detta disposizione della legge 8 agosto 1990, n. 241, posto che le prime riguardano una vicenda esaurita e non assimilabile a quella qui in esame, mentre le altre si sostanziano nelle spese ordinarie che ogni concorrente affronta per partecipare ad una selezione pubblica e di cui è esclusa la ripetizione, quale che ne sia l’esito
14.- Da ultimo vale ricordare che nel ricorso di primo grado n.1621 del 2005, il Consorzio ha impugnato, tra l’altro, l’avviso pubblico, prot. n. 828 del 26 giugno 2006, emanato ai sensi dell’art. 18 del Regolamento di esecuzione al Codice della navigazione “per il rilascio di tre atti concessivi per licenza a titolo sperimentale con clausola di cessazione di efficacia nel caso di esito negativo della suddetta sperimentazione per l’utilizzo e la destinazione ad attività di ormeggio unità da diporto delle seguenti aree demaniali marittime: A) specchio acqueo di mq. 28.800 antistante la Rotonda Nazario Sauro; B) specchi di acqua di mq. 18.400 e di mq. 10.400 antistanti la via Caracciolo, tra l’attracco degli aliscafi ed il consolato USA; C) specchio di acqua antistante il largo Sermoneta con l’installazione di pontili galleggianti all’interno della scogliera, allo scopo di permettere il posizionamento di campi-boe per l’ormeggio stagionale…….”.
Sul punto il Tribunale amministrativo regionale ha correttamente ritenuto che l’interesse a ricorrere fosse ravvisabile in capo al Consorzio solo in caso di accoglimento del ricorso avverso gli atti presupposti, relativi in particolare all’apposizione del vincolo indiretto e alla conseguente revoca della concessione demaniale. Considerato infatti che il Consorzio ha partecipato alla selezione per l’affidamento dei tre specchi acquei e che è risultato aggiudicatario di quello prospiciente largo Sermoneta, una volta che si fosse accertata l’infondatezza dell’impugnazione contro detti atti, il Consorzio stesso non poteva che avere un interesse conservativo al mantenimento dell’assetto delle concessioni determinatosi a seguito del rammentato avviso pubblico.
Di qui l’improcedibilità del mezzo, correttamente dichiarata dal Tribunale amministrativo, per difetto di interesse del Consorzio a coltivare una impugnazione che, se fondata, provocherebbe a questo punto (in ragione delle già prese decisioni) un effetto inammissibilmente contrario alle ragioni dello stesso ricorrente.
15.- In conclusione, l’appello nel suo insieme va respinto, in quanto infondato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 7806/09), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre iva e cpa se dovuti, in favore dell’Autorità portuale di Napoli ed in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre iva e cpa, se dovuti, in favore del Comune di Napoli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Vito Carella, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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