Sunday 09 February 2014 08:56:57
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
Il termine previsto per la conclusione della procedura ablatoria, coincidente con la data di adozione del conclusivo provvedimento che pronuncia l’esproprio assume i connotati della perentorietà di guisa l’inutile decorso del termine de quo comporta la inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e la illegittimità dell’intera procedura espropriativa per cattivo esercizio del potere ablatorio da parte della P.A. ( ex multis, Cons. Stato Sez. Sez. V18 marzo 2002 n.1562; Sez. VI 7/9/2006 n.5190 ). Il Tar ha così desunto la illegittimità della procedura espropriativa dalla circostanza per cui il relativo decreto è stato adottato il 29 ottobre 2004, dopo i cinque anni dalla data di adozione provvedimento che autorizzava l’occupazione d’urgenza dell’are del sig. Passaro, il 5 ottobre 1999 ma il riferimento temporale in questione è errato in quanto nella specie trova applicazione la specifica disciplina recata dalla legge n.865/71 che aggancia la conclusione del procedimento ablatorio al diverso termine di adozione dell’atto che verbalizza l’immissione in possesso dell’immobile oggetto di occupazione. Invero, in rimo luogo la predetta legge prevede ( art.9) che le norme sull’espropriazione da essa recate si applicano all’espropriazione degli immobili per la …” realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria…” e in tale categoria si annovera appositamente la realizzazione della strada di collegamento prevista dalla pianificazione urbanistica comunale per cui è causa . Inoltre, ed è questa la norma precipua da tenere a specifico riferimento, il successivo art.20 stabilisce che l’occupazione “può essere protratta fino a cinque anni della data di immissione in possesso”. Ora stante l’inequivoco tenore letterale delle predette disposizioni, al rapporto di fatto e di diritto qui in rilievo va applicato il regime giuridico descritto dalla normativa suindicata, e se così è, vuol dire che il termine dal quale far decorrere il quinquennio entro cui adottare il provvedimento di conclusione della procedura ablatoria è esattamente quello coincidente con la data del verbale di immissione in possesso del terreno de sig. Passaro e cioè il 29 ottobre 1999, cossichè in ragione di tale circostanza il decreto di esproprio in quanto emanato il 29 ottobre 2004 risulta, sia pure in limine, assunto entro i fissati sessanta mesi (cinque anni). E’ accaduto quindi che nella specie l’espropriazione è stata pronunciata tempestivamente con la conseguenza che non si è inverata la inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione del terreno non può considerasi illegittimamente avvenuta , con conseguente insussistenza di un evento suscettibile di danno risarcibile in favore dell’originario proprietario dell’area . Il primo giudice ha obliterato di dover fare riferimento, quanto alla individuazione del termine a quo per determinare la conclusione del procedimento espropriativo, alla normativa ad hoc costituita dalla legge n.865/71 ( artt.9 e 20) e ciò non può non inficiare le osservazioni e prese conclusioni del Tar rese in ordine alla fondatezza dell’azione di accertamento attivata dall’originario ricorrente e che perciò stesso vanno riformate.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale **** del 2011, proposto da:
Comune di Monopoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo Dibello, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Rosaria Neri in Roma, via Filippo Marchetti, 19;
contro
Vincenzo Passaro;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III n. 00701/2011, concernente espropriazione suolo di proprietà
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Gagliardi La Gala, per delega dell'Avv. Dibello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
IL Comune di Monopoli con deliberazione della Giunta Municipale n.608 del 13 novembre 1998 facendo seguito alla delibera consiliare n.47 del 16/5/1997 avente ad oggetto l’approvazione del progetto di realizzazione di una strada prevista dal PRG, approvava il progetto dei lavori di completamento della strada di collegamento tra via Einstein e via Lepanto.
Contestualmente l’opera de qua veniva dichiarata di pubblica utilità anche ai fini dell’attivazione delle procedure di esproprio delle aree necessarie ai lavori, con approvazione oltre al progetto esecutivo anche del piano particellare di esproprio e delle relative indennità.
Successivamente con decreto dirigenziale n.26072 del 5 ottobre 1999 il dirigente della ripartizione tecnica del Comune autorizzava l’occupazione temporanea ed urgente dell’area di proprietà del sig. Passaro Vincenzo, necessaria per l’esecuzione dell’opera, area inserita in catasto al foglio 11 particella 4502 della superficie d 20 mq , con l’indicazione altresì del termine di sessanta mesi per la conclusione della procedura espropriativa.
Quindi in data 29 ottobre 1999 veniva redatto il verbale di consistenza e di occupazione d’urgenza di detto terreno; infine,in data 29 ottobre 2004 interveniva il decreto dirigenziale comunale che pronunciava la espropriazione in favore del Comune di Monopoli dell’area in questione , con l’occupazione permanente della stessa.
L’interessato proponeva ricorso innanzi al Tar della Puglia volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità per l’inutile decorso del termine quinquennale , dell’occupazione d’urgenza del proprio suolo e perla condanna del Comune al risarcimento del danno per occupazione abusiva derivante dalla illegittimità della procedura espropriativa e irreversibile trasformazione del suolo.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.701/2011 accoglieva il proposto gravame in ragione della avvenuta non osservanza del termine quinquennale entro cui avrebbe dovuto essere completata la procedura espropriativa e con l’ accoglimento della richiesta risarcitoria avanzata dallo stesso sig. Passaro.
Il Comune di Monopoli ha impugnato tale sentenza, deducendo con un unico , articolato motivo la illegittimità della stessa per errata applicazione dell’art.13 comma 6° del DPR n.327/01 ed omessa applicazione dell’art.20 della legge n.865/71, posto che il termine quinquennale è da conteggiarsi dall’adozione del verbale di immissione in possesso e da tale data l’espropriazione era da considerarsi tempestiva .
La predetta tesi veniva poi ribadita con apposite note difensive svolte in prossimità della camera di consiglio di trattazione della domanda cautelare, che veniva accolta con ordinanza di questa Sezione n. 3346/11.
All’udienza del 9 gennaio 20’14 la causa viene chiamata e introitata per la decisione.
DIRITTO
L’appello si appalesa fondato, con riforma dell’impugnata sentenza.
Questo Consiglio di Stato ha più volte statuito il principio per cui il termine previsto per la conclusione della procedura ablatoria, coincidente con la data di adozione del conclusivo provvedimento che pronuncia l’esproprio assume i connotati della perentorietà di guisa l’inutile decorso del termine de quo comporta la inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e la illegittimità dell’intera procedura espropriativa per cattivo esercizio del potere ablatorio da parte della P.A. ( ex multis, Cons. Stato Sez. Sez. V18 marzo 2002 n.1562; Sez. VI 7/9/2006 n.5190 ).
Il Tar ha così desunto la illegittimità della procedura espropriativa dalla circostanza per cui il relativo decreto è stato adottato il 29 ottobre 2004, dopo i cinque anni dalla data di adozione provvedimento che autorizzava l’occupazione d’urgenza dell’are del sig. Passaro, il 5 ottobre 1999 ma il riferimento temporale in questione è errato in quanto nella specie trova applicazione la specifica disciplina recata dalla legge n.865/71 che aggancia la conclusione del procedimento ablatorio al diverso termine di adozione dell’atto che verbalizza l’immissione in possesso dell’immobile oggetto di occupazione.
Invero, in rimo luogo la predetta legge prevede ( art.9) che le norme sull’espropriazione da essa recate si applicano all’espropriazione degli immobili per la …” realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria…” e in tale categoria si annovera appositamente la realizzazione della strada di collegamento prevista dalla pianificazione urbanistica comunale per cui è causa .
Inoltre, ed è questa la norma precipua da tenere a specifico riferimento, il successivo art.20 stabilisce che l’occupazione “può essere protratta fino a cinque anni della data di immissione in possesso”.
Ora stante l’inequivoco tenore letterale delle predette disposizioni, al rapporto di fatto e di diritto qui in rilievo va applicato il regime giuridico descritto dalla normativa suindicata, e se così è, vuol dire che il termine dal quale far decorrere il quinquennio entro cui adottare il provvedimento di conclusione della procedura ablatoria è esattamente quello coincidente con la data del verbale di immissione in possesso del terreno de sig. Passaro e cioè il 29 ottobre 1999, cossichè in ragione di tale circostanza il decreto di esproprio in quanto emanato il 29 ottobre 2004 risulta, sia pure in limine, assunto entro i fissati sessanta mesi ( cinque anni ).
E’ accaduto quindi che nella specie l’espropriazione è stata pronunciata tempestivamente con la conseguenza che non si è inverata la inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e l’occupazione del terreno non può considerasi illegittimamente avvenuta , con conseguente insussistenza di un evento suscettibile di danno risarcibile in favore dell’originario proprietario dell’area .
Il primo giudice ha obliterato di dover fare riferimento, quanto alla individuazione del termine a quo per determinare la conclusione del procedimento espropriativo, alla normativa ad hoc costituita dalla legge n.865/71 ( artt.9 e 20) e ciò non può non inficiare le osservazioni e prese conclusioni del Tar rese in ordine alla fondatezza dell’azione di accertamento attivata dall’originario ricorrente e che perciò stesso vanno riformate.
Le spese e competenze del doppio grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado
Condanna la parte appellata al pagamento delle spese e competenze del doppio grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila ) oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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