Monday 22 April 2013 17:34:42

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Indennità risarcitoria ambientale: l’autorizzazione postuma ai fini ambientali è valevole all’esclusivo fine di perfezionare la sanatoria prevista dall'art. 13 l. n. 47/1985, ma non elide del tutto le conseguenze della violazione dell’obbligo di munirsi di tale assenso in via preventiva sancito dall’art. 7 l. n. 1497/1939

Consiglio di Stato

Nel giudizio in esame viene impugnata l’ordinanza con la quale il Comune appellante ha ingiunto il pagamento della somma di lire 140.100.000, a titolo di “indennità risarcitoria ambientale” ex art. 15 l. n. 1497/1939 ("Protezione delle bellezze naturali"). Tale ingiunzione è scaturita dai lavori di ristrutturazione edilizia eseguiti dai ricorrenti sull’immobile ad uso residenziale di loro proprietà ricadente in zona sottoposta a vincolo paesaggistico per la quale avevano il contributo di costruzione in misura doppia ai sensi dell’art. 13 l. n. 47/1985 ("Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie"), pari a lire 26.307.960. La conseguente impugnativa da questi proposta davanti al TAR Liguria veniva accolta. Il giudice di primo grado reputava fondata ed assorbente la censura di violazione della citata disposizione della legge n. 1497/1939, sul rilievo che il nulla-osta paesistico rilasciato dall’autorità preposta al vincolo in sede di concessione in sanatoria ex art. 13 l. n. 47/1985, rendesse inapplicabile l’indennità in questione. In particolare, secondo il TAR il parere favorevole espresso dall’autorità preposta al vincolo e l’accertamento in ordine all’inesistenza di pregiudizi di tipo ambientale in cui esso si sostanzia avevano reso inoperante la salvezza delle sanzioni ambientali disposto dell’art. 2, comma 46, l. n. 662/1996, invocato dall’amministrazione resistente. Il Consiglio di Stato ha accolto l'appello proposto dal Comune rilevando in primo luogo come nella giurisprudenza si registra un incontrastato orientamento, formatosi successivamente alla sentenza appellata, favorevole all’applicazione della sanzione prevista dall’art. 15 l. n. 1497/1939 a prescindere dell’esistenza di un effettivo danno ambientale (oltre alle pronunce citate dall’amministrazione appellante: sez. IV, 3 novembre 2003 n. 7047; 8 novembre 2000 n. 6007; sez. VI, 13 luglio 2006 n. 4420; 21 febbraio 2001 n. 912; vanno richiamate: sez. IV, 15 novembre 2004, n. 7405; 5 agosto 2003, n. 4482; 30 giugno 2003, n. 3931; 12 novembre 2002, n. 6279; sez. VI, 3 aprile 2003, n. 1729; 2 giugno 2000 n. 3184). Le giurisprudenza in discorso ha infatti precisato, in frontale contrario a quanto statuito nella sentenza appellata, che la salvezza delle sanzioni ambientali di cui all'art. 15 legge n. 1497 del 1939 disposta dall’art. 2 comma 46 legge n. 662/1996, opera anche se l'abuso edilizio sia stato ritenuto compatibile con l’assetto paesaggistico dall'autorità preposta alla tutela del vincolo, attraverso il rilascio del parere favorevole ai sensi dell’art. 32 l. n. 47/1985. Ciò in coerenza appunto con il carattere sanzionatorio e non già risarcitorio dell’istituto, confermato con norma di carattere interpretativo dalla menzionata disposizione della legge finanziaria per il 1997. E’ stato in altri termini affermato che l’autorizzazione postuma ai fini ambientali è valevole all’esclusivo fine di perfezionare la sanatoria prevista dal più volte citato art. 13 l. n. 47/1985, ma non elide del tutto le conseguenze della violazione dell’obbligo di munirsi di tale assenso in via preventiva sancito dall’art. 7 l. n. 1497/1939. Tale indirizzo muove dalla premessa di carattere generale, espressa dall’Adunanza generale nel parere n. 4 dell’11 aprile 2002, che l’autorizzazione ambientale in sanatoria non costituisce un equipollente perfetto dell’autorizzazione preventiva, giacché solo un effettivo controllo a priori degli interventi di trasformazione edilizia in aree vincolate è idoneo ad assicurare la tutela dei valori paesaggistici, cosicché, una volta nondimeno ammessa, essenzialmente per economia di mezzi, l’assentibilità postuma di tali interventivi, con l’effetto di precludere la riduzione in pristino attraverso la demolizione dell’edificio, deve comunque essere fatto salvo il potere di infliggere la sanzione pecuniaria di cui all’articolo 15 della legge n. 1497/1939, come appunto precisato dal legislatore in sede di legge finanziaria per il 1997 con il più volte citato art. 2, comma 46. Ciò posto il Consiglio di Stato con la sentenza in esame prende atto di tale indirizzo, visto che la formulazione letterale dell’art. 2, comma 46, l. n. 662 citata, ha indubbia valenza confermativa della natura di sanzione dell’indennità risarcitoria ambientale e della sua applicabilità in ogni caso, anche dunque a quelli di nulla-osta paesaggistico ex art. 32 l. n. 47/1985. Sotto questo profilo deve dunque essere disattesa la tesi degli appellati secondo i principi di legalità e tipicità valevoli in materia di potere sanzionatorio amministrativo dovrebbero condurre ad escludere l’indennità risarcitoria nel caso di specie. In contrario a quest’ultimo rilievo, deve infatti sottolinearsi che è proprio la lettura del combinato disposto degli artt. 15 l. n. 1497 e 2, comma 46, l. n. 662 citati, oltre che evidenti ragioni di coerenza con le esigenze di massima tutela dell’ambiente, che conducono a ritenere intatta la potestà sanzionatoria in qualsiasi caso di abuso edilizio in zone vincolate, altimenti svilendosi la specifica funzione preventiva dell’assenso richiesto in relazione a tale vincolo. Ad ulteriore confutazione dei rilievi di parte appellata, è ancora il caso di ricordare che le pronunce di questo Consiglio sopra citate hanno anche precisato che il danno ambientale costituisce unicamente un criterio di commisurazione della sanzione pecuniaria, peraltro alternativo a quello del profitto, dacché l’assenza del primo non può sortire l’effetto di precludere l’esercizio della potestà di reazione spettante all’amministrazione.

 

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