Sunday 19 May 2013 11:33:12

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Il proprietario del terreno illegittimamente occupato dall’amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell'occupazione e l'annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare in giudizio sia il risarcimento del danno, sia la restituzione del terreno, previa la sua riduzione in pristino

Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha più volte ribadito (sez. IV: 30 gennaio 2006, n. 290; 7 aprile 2010, n. 1983) che l’intervenuta realizzazione dell'opera pubblica non fa venire meno l'obbligo dell'amministrazione di restituire al privato il bene illegittimamente appreso, in quanto deve ritenersi superata (e non più ammessa dall’ordinamento) l’interpretazione che riconnetteva alla costruzione dell'opera pubblica e all’irreversibile trasformazione effetti preclusivi o limitativi della tutela in forma specifica del privato illegittimamente ablato. In base alla sopravvenuta giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, deve ritenersi che il quadro normativo e giurisprudenziale nazionale previgente non fosse aderente alla Convenzione europea e, in particolare, al Protocollo addizionale n. 1 (sentenza Cedu 30 maggio 2000, ric. 31524/96). In tale ultima decisione i giudici di Strasburgo hanno infatti ritenuto che la realizzazione dell’opera pubblica non costituisca impedimento alla restituzione dell'area illegittimamente espropriata, e ciò indipendentemente dalle modalità - occupazione acquisitiva o usurpativa - di acquisizione del terreno. Per tali ragioni, il proprietario del terreno illegittimamente occupato dall’amministrazione, ottenuta la declaratoria di illegittimità dell'occupazione e l'annullamento dei relativi provvedimenti, può legittimamente domandare in giudizio sia il risarcimento del danno, sia la restituzione del terreno, previa la sua riduzione in pristino. La realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente occupato è in sé un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, come tale inidoneo a determinare il trasferimento della proprietà, per cui solo il formale atto di acquisizione dell'amministrazione può essere in grado di limitare il diritto alla restituzione, non potendo rinvenirsi atti estintivi (rinunziativi o abdicativi, che dir si voglia) della proprietà in fatti o comportamenti materiali (Cons. Stato, sez. IV: 29 agosto 2012, n. 4650; 27 gennaio 2012, n. 427). Peraltro, l’azione restitutoria, essendo posta a riparazione di un illecito permanente (i.e., l’occupazione sine titulo; cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6012), è imprescrittibile e può essere proposta senza limiti di tempo (salvi gli effetti della usucapione); in particolare, detta azione non soggiace al termine decadenziale di 120 giorni previsto dall’art. 30, comma 3, del Codice per il processo amministrativo. Infatti, l’art. 30, comma 3, del Codice riguarda la domanda di risarcimento per lesioni di interessi legittimi, mentre nel caso in esame – con l’annullamento degli atti di natura ablatoria, su cui si è già formato il giudicato – gli interessati hanno chiesto la tutela del loro diritto di proprietà, attualmente ancora leso dal possesso altrui (da qualificare sine titulo). Tanto premesso in ordine alla ammissibilità ed alla fondatezza dell’azione restitutoria proposta dagli odierni appellanti con il ricorso di primo grado, il Collegio evidenzia come nel caso di specie sul terreno oggetto di causa insistono una stazione ferroviaria e opere infrastrutturali essenziali per l’esercizio del servizio pubblico di trasporto. L’Autorità espropriante dispone oggi dello strumento giuridico idoneo ad acquisire definitivamente alla mano pubblica l’area ove sorgono la stazione ferroviaria e le opere annesse, corrispondendo ai legittimi proprietari il giusto indennizzo, che è dato dall’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001(recante il Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità), introdotto a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 43 dello stesso Testo unico, per difetto di delega, pronunciata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 293 del 2010. L’art. 42 bis, infatti, come già in precedenza evidenziato da questo Consiglio di Stato riguardo all’analoga ratio dell’art. 43 (Sez. IV, 16 novembre 2007, n. 5830), è stato emanato per consentire una ‘legale via di uscita’ per i moltissimi casi in cui una pubblica amministrazione (ovvero un soggetto privato da essa immesso nel possesso di un bene altrui in esecuzione di una ordinanza di occupazione d’urgenza) avesse occupato senza titolo un’area di proprietà privata, in assenza di un valido ed efficace decreto di esproprio. L’articolo in questione, inserito nel Testo unico degli espropri dal decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (art. 34), convertito nella legge n. 2011, ha dunque reintrodotto, con diversa disciplina, il potere discrezionale già attribuito dall’art. 43: l’amministrazione - valutate le circostanze e comparati gli interessi in conflitto – può decidere se demolire in tutto o in parte l’opera (affrontando le relative spese) e restituire l’area al proprietario, oppure se disporre l’acquisizione (evitando che sia demolito, paradossalmente, quanto altrimenti risulterebbe meritevole di essere ricostruito). L’art. 42 bis prevede infatti, al comma 1, che l’Amministrazione, valutati gli interessi in conflitto, possa disporre, con formale provvedimento, l’acquisizione del bene, con la corresponsione al privato di un indennizzo per il pregiudizio subito, patrimoniale e non patrimoniale; al comma 8 prevede poi che le sue disposizioni “trovano altresì applicazione ai fatti anteriori”, sicché esso si applica senza alcun dubbio anche nella fattispecie in esame. Anche nell’attuale quadro normativo, l’Amministrazione ha dunque l’obbligo giuridico di far venir meno la occupazione sine titulo e cioè deve adeguare la situazione di fatto a quella di diritto. In particolare, la stessa o deve disporre la restituzione del terreno ai legittimi titolari, demolendo quanto realizzato e disponendo la riduzione in pristino, oppure deve attivarsi perché vi sia un titolo di acquisto dell’area da parte del soggetto attuale possessore. Nel caso di specie la rilevanza dell’art. 42 bis citato appare indubbia, poiché sull’area occupata senza titolo (in base agli atti annullati in sede di giustizia amministrativa) sono state realizzate opere di sicuro interesse pubblico, in quanto funzionali all’esercizio di un servizio pubblico essenziale (quale appunto il trasporto ferroviario). Ritiene la Sezione che, come stabilito in analoga vicenda (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1° dicembre 2011, n. 6351) in assenza di atti di natura acquisitiva o ablatoria o di contratti di acquisto delle relative aree, sussiste il potere-dovere di questo giudice amministrativo di avvalersi (anche per il tramite del commissario ad acta) di tutti i mezzi per far luogo – con le necessarie cautele per la pubblica incolumità –alla materiale rimozione delle opere che attualmente risultano sui terreni in proprietà degli appellanti, per disporne la restituzione conformemente alla loro domanda. Tuttavia, ritiene anche la Sezione che, in attesa delle determinazioni che gli organi competenti assumeranno ai sensi dell’art. 42 bis, essa debba tenere in debito conto le esigenze di interesse pubblico che militano nel senso del provvisorio mantenimento della rete e della stazione ferroviaria. La Sezione ritiene che la competenza sulla gestione della vicenda (con l’alternativa tra l’emanazione dell’atto di acquisizione ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 e la materiale demolizione delle opere al fine restitutorio) sia del Prefetto di Firenze, che ebbe ad emanare l’atto autorizzativo dell’occupazione d’urgenza in favore di Rete ferroviaria italiana spa.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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