Sunday 28 July 2013 11:17:16

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Impianti di telefonia cellulare: il parere preventivo dell'ARPA non e' necessario per avviare i lavori, ma solo per attivare l'impianto

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

Ai sensi dell’art. 87, comma 4, del d.lg. 259/ 2003, il deposito del parere preventivo favorevole dell'ARPA non sia prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l’inizio dei lavori, ma solo per l’attivazione dell’impianto, è stato affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 12 gennaio 2011, n. 98; 24 settembre 2010, n. 7128).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Consiglio di Stato

SENTENZA

....

FATTO e DIRITTO

1. Con provvedimento prot. 12483 in data 25 agosto 2006, il Comune di Torremaggiore ha comunicato il divieto per l’intervento previsto dalla d.i.a. presentata da Ericsson Telecomunicazioni S.p.a. in data 7 agosto 2006 al fine di realizzare un impianto per telefonia mobile cellulare.

2. Il TAR della Puglia, con la sentenza appellata (Bari, III, n. 999/2012), ha respinto il ricorso affermando:

- che la pretesa a ricevere un preavviso di rigetto, ex art. 10-bis della legge 241/1990, è estranea alla d.i.a.;

- che tra i diversi motivi ostativi esposti nell’atto impugnato, è sufficiente a renderlo legittimo quello relativo alla mancata allegazione alla d.i.a. del parere dell’ARPA, richiesta ex artt. 87, comma 4, del d.lgs. 259/2003 e 9, comma 1, punto 10, della l.r. Puglia 5/2002, anche tenendo conto che la richiesta di detto parere deve comprendere i dati degli altri impianti della zona e che sul lastrico solare destinato ad accogliere l’impianto in questione ne esisteva un’altro.

3. La società, nell’appello, deduce, per quanto concerne i punti di causa ritenuti dirimenti dal TAR:

- che al procedimento in questione è applicabile l’articolo 10-bis della legge 241/1990;

- che l’articolo 87 del d.lgs. 259/2003 richiede soltanto che alla d.i.a. venga allegata la domanda presentata all’ARPA, non anche il parere che l’ARPA è tenuta ad esprimere ai fini dell’attivazione dell’impianto (e che, comunque, l’istante non poteva sapere che era stato programmato un altro impianto nelle vicinanze, spettando all’ARPA di verificare il rispetto dei limiti di legge nei confronti del complesso delle emissioni elettromagnetiche).

Lamenta inoltre che il TAR non abbia esaminato la censura di errata applicazione dell’art. 25 del regolamento edilizio comunale.

4. Le conclusioni della sentenza appellata meritano di essere confermate, con le motivazioni che seguono.

Che, ai sensi dell’art. 87, comma 4, del d.lg. 259/ 2003, il deposito del parere preventivo favorevole dell'ARPA non sia prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per l’inizio dei lavori, ma solo per l’attivazione dell’impianto, è stato affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI, 12 gennaio 2011, n. 98; 24 settembre 2010, n. 7128).

Tuttavia, nel caso in esame trova applicazione (non tanto l’articolo 9, ma soprattutto) l’articolo 8 della l.r. Puglia 5/2002, secondo il quale «L'autorizzazione comunale o la concessione edilizia ovvero la d.i.a. sono subordinate al parere preventivo favorevole dell'A.R.P.A. o, in assenza, del P.M.P. territorialmente competente» (comma 3) e «L'istanza o la d.i.a. al Comune è corredata, oltre che del parere preventivo di cui al comma 3, della seguente documentazione (…)» (comma 4).

La disposizione è univoca nel costruire una sequenza procedimentale diversa da quella prevista, in via generale (e residuale), dalla legge statale.

E, data la natura procedimentale della disposizione, non si può sostenere (né, del resto, lo sostiene l’appellante), che la disposizione statale esprima un principio prevalente sulla disposizione regionale di dettaglio. Né che quest’ultima sia sospetta di incostituzionalità per irragionevolezza o difetto di potestà legislativa, posto che lo stretto collegamento tra la valutazione dell’ARPA (quale organismo preposto alla verifica del rispetto dei limiti di inquinamento elettromagnetico), e quella generale del Comune sui profili di compatibilità urbanistica e territoriale dell’intervento da realizzare, appare funzionale ad una più rigorosa e concreta tutela ambientale, senza comportare (stante la previsione di un termine per l’effettuazione della verifica) un ingiustificato aggravio del procedimento autorizzatorio.

La fondatezza del rilievo ostativo basato sull’incompletezza documentale, vincolante ai fini dell’inibizione degli effetti della d.i.a. e preclusiva di una valutazione della compatibilità dell’intervento con i parametri della pianificazione urbanistica e territoriale, rende irrilevante, ex art. 21-octies, della legge 241/1990, ogni profilo di partecipazione procedimentale.

Così come non arrivano ad assumere rilevanza, le censure concernenti il rispetto di detti parametri di compatibilità.

In conclusione, l’appello va rigettato.

5. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore del Comune appellato della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, per spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

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