Sunday 20 October 2013 09:03:45

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Codice della navigazione: qualsiasi variazione al contenuto della concessione attuata con la realizzazione di interventi sul suolo demaniale deve essere oggetto di espressa autorizzazione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

L’art. 24 (Variazioni al contenuto della concessione) del Regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione (navigazione marittima) prevede che: «la concessione è fatta entro i limiti di spazio e di tempo e per le opere, gli usi e le facoltà risultanti dall’atto o dalla licenza di concessione. // Qualsiasi variazione nell’estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l’espletamento dell’istruttoria. Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione e non vi sia modifica nell’estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto dal capo del compartimento, previo nulla osta dell’autorità che ha approvato l’atto di concessione». La disposizione va intesa nel senso che qualsiasi variazione al contenuto della concessione attuata mediante la realizzazione di interventi sul suolo demaniale deve essere oggetto di espressa autorizzazione. Il rilascio di una tale autorizzazione ha una valenza autonoma e separata rispetto ai titoli edilizi.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *** del 2013, proposto da:

Comune di Pescara, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Tommaso Marchese, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

 

contro

Il Pirata s.a.s. di Cirotti Lorenzo, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Russo e Manuel De Monte, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marco Croce in Roma, via Nizza, 63; 

per la riforma

della sentenza 7 giugno 2012, n. 299, del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, Sezione I.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Pirata s.a.s.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Alessio Petretti, per delega dell’avvocato Marchese, e Luigi Cecinato, per delega dell'avvocato Marcello Russo.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.– Il Pirata s.a.s. (d’ora innanzi anche solo società) è titolare di uno stabilimento balneare, denominatoJambo, in Pescara, via della Riviera, 38.

La società ha presentato, in data 16 febbraio 2007, domanda volta ad ottenere il permesso di costruire in sanatoria, previo accertamento di compatibilità paesaggistica, di alcune opere, specificamente elencate, realizzate in assenza del previo rilascio del titolo abilitativo.

Il Comune di Pescara, con provvedimento 12 novembre 2010, n. 153519, ha ritenuto che: i) alcune delle opere indicate non fossero sanabili, perché era stato già superato il limite massimo di 250 mq. di superficie copribile, il cui rispetto è imposto dall’art. 15, comma 5, del piano demaniale comunale; ii) altre opere indicate non fossero sanabili per la loro distanza dal confine inferiore a metri 2,50.

La società ha presentato, in data 27 ottobre 2009, domanda di permesso di costruire per la «realizzazione di volumi mediante applicazione di vetrate».

Il Comune di Pescara, con provvedimento 12 novembre 2010, n. 153508, ha rigettato tale domanda, in quanto la realizzazione delle opere richieste determinerebbe il superamento del limite massimo di 250 mq. di superficie copribile previsto dal citato art. 15, comma 5, del piano demaniale comunale.

1.1.– La società ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, Sezione prima.

Con ricorso per motivi aggiunti la società ha anche impugnato l’ordinanza del 13 aprile 2011, n. 2, con cui il Comune aveva ordinato lo sgombero delle opere abusive, rilevando, che «non risulta agli atti che la società (possieda regolare autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 24 del regolamento di esecuzione al codice della navigazione per realizzare le innovazioni oggetto di contestazione».

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 20 giugno 2012, n. 299, ha accolto il ricorso, rilevando come, all’esito della verificazione disposta, sia risultato che non fosse stato superato il limite dei 250 mq. In particolare, ha sottolineato che la verificazione ha escluso tra «le superficie chiuse la zona forno pizzeria (mq 36,15), in quanto struttura tecnologica su piattaforma (…) installata in area coperta, ma aperta, che non determinerebbe volumi». Il primo giudice ha condannato il Comune di Pescara al pagamento, in favore della società, delle spese processuali, determinate in euro 500,00 e al pagamento delle spese per il compenso al verificatore, determinate in euro 1.2000,00.

3.– Il Comune ha proposto appello, rilevando che la ricorrente non avrebbe dedotto alcuna censura avverso l’ordinanza di sgombero nella parte in cui, in applicazione dell’art. 24 del Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione, ha rilevato l’assenza della specifica autorizzazione demaniale. In particolare, si è affermato che, a prescindere dagli aspetti di rilevanza edilizia, tale autorizzazione sarebbe richiesta per qualunque tipo di intervento.

In via subordinata, nel merito si è dedotto come l’esito della verificazione, in ordine alla porzione del forno pizzeria, sarebbe errato. L’art. 15, comma 5, del Piano demaniale comunale prevede, infatti, che «la percentuale di superficie copribile con volumi e tettoie, escluse le tende ombreggianti, è del 20% dell’area in concessione, con una superficie coperta massima di 205 mq.». E’ evidente, pertanto, che, includendo la norma anche le tettoie tra le superficie computabili, anche il forno pizzeria rientrerebbe tra le stesse, senza che possa rilevare la circostanza, indicata nella verificazione, che l’opera fosse “aperta”.

3.1.– Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado, deducendo che il motivo relativo alla mancanza di censura avverso l’ordinanza di sgombero è inammissibile, in quanto si tratterebbe di una eccezione che l’appellante non ha mai proposto in primo grado. Nel merito si è chiesto il rigetto dell’appello.

4.– In via preliminare deve ritenersi infondata la suddetta eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte resistente.

La questione posta, con l’atto di appello, nel giudizio di primo grado integra gli estremi di una mera difesa o eccezione in senso improprio. Si tratta, infatti, di argomenti difensivi utilizzati per dimostrare l’infondatezza dell’azione proposta, senza l’allegazione di fatti o atti idonei a paralizzare la pretesa azionata. Ne consegue che la mera difesa può costituire, anche quando non espressa nel processo di primo grado, oggetto di un autonomo motivo di appello.

5.– Nel merito l’appello è fondato.

L’art. 24 (Variazioni al contenuto della concessione) del Regolamento per l’esecuzione del Codice della navigazione (navigazione marittima) prevede che: «la concessione è fatta entro i limiti di spazio e di tempo e per le opere, gli usi e le facoltà risultanti dall’atto o dalla licenza di concessione. // Qualsiasi variazione nell’estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l’espletamento dell’istruttoria. Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione e non vi sia modifica nell’estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto dal capo del compartimento, previo nulla osta dell’autorità che ha approvato l’atto di concessione».

La disposizione va intesa nel senso che qualsiasi variazione al contenuto della concessione attuata mediante la realizzazione di interventi sul suolo demaniale deve essere oggetto di espressa autorizzazione. Il rilascio di una tale autorizzazione ha una valenza autonoma e separata rispetto ai titoli edilizi.

Nel caso in esame, l’amministrazione comunale ha rilevato, con l’ordinanza di sgombero, che non era stata richiesta la suddetta autorizzazione.

Le opere eseguite sono conseguentemente abusive, a prescindere dalla rilevanza delle stesse sul piano strettamente edilizio.

Ne consegue che il ricorso di primo grado non poteva trovare accoglimento, tenuto conto, da un lato, che mancavano specifiche censure avverso la parte dell’ordinanza che hanno accertato la violazione del citato art. 24 (peraltro oggettivamente esistente) e, dall’altro, che l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento (ove effettivamente mancante) non potrebbe avere valenza invalidante, venendo in rilievo poteri vincolati. La ricorrente, pertanto, è priva di interesse a contestare il contenuto dei provvedimenti di rigetto del permesso di costruire e del permesso in sanatoria, in quanto resterebbe comunque valido l’ordine di sgombero fondato, si ribadisce, sulla violazione dell’art. 24.

Per pervenire ad una diversa conclusione non possono valere i rilievi difensivi della società secondo cui l’ordinanza di sgombero: i) non avrebbe tenuto conto dei successivi adempimenti posti in essere dalla società, relativi al deposito di nuovi elaborati grafici e di memorie difensive e, conseguentemente, avrebbe incluso nell’ordine di sgombero talune opere già eliminate; ii) avrebbe considerato, abusive, opere che lo stesso dirigente, nel provvedimento di diniego n. 153519 del 2010, ha considerato come sanabili; iii) si fonda sull’erroneo presupposto della mancata impugnazione del permesso di costruire in sanatoria. La società appellata ha dedotto, inoltre, che la necessità del rilascio dell’autorizzazione ex art. 24 avrebbe dovuto essere segnalato dallo sportello unico.

In relazione a tali rilievi può, infatti, rilevarsi come: i) la circostanza (peraltro, genericamente addotta) secondo cui alcune opere sono state rimosse non è idonea a rendere invalida l’ordinanza di sgombero, che risulterà già “adempiuta” per esse e “da adempiere” per le altre; ii) la condonabilità di alcune opere non esclude che le stesse debbano comunque essere oggetto, per le ragioni esposte, di un distinto provvedimento autorizzatorio; iii) l’imprecisione relativa alla omessa impugnazione del diniego di sanatoria costituisce una mera irregolarità inidonea a rendere illegittimo il provvedimento di sgombero che, si ribadisce, si fonda sull’autonoma violazione dell’art. 24. L’ultimo rilievo è generico e, comunque, non ha costituito un motivo di censura nel ricorso di primo grado.

6.– La società appellata è condannata al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio che si determinano in complessive euro 3.000,00 (tremila/00), che ricomprendono anche il compenso corrisposto al verificatore.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l’appello proposto con il ricorso, indicato in epigrafe, n. 872 del 2013, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado;

b) condanna la società appellata al pagamento, in favore del Comune appellante, delle spese processuali, che si determinano, come da motivazione, in complessivi euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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