Thursday 24 October 2013 07:24:26
Giurisprudenza Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato
Le regole in materia di altezza degli edifici, in una visione organica e globale delle zone interessate, sono dirette a tutelare quegli specifici valori urbanistico - edilizi (aria, luce, vista, ecc. ) sui quali incidono tutti i volumi che, ergendosi al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in modo permanente la conformazione del suolo e dell'ambiente (cfr. Consiglio Stato sez. V 29 settembre 1997 n. 1065). In tale prospettiva sostanziale deve dunque essere interpretato l’art. 8 del D.M. 02/04/1968, n. 1444 per il quale, con esclusione delle ipotesi di lottizzazione convenzionate, in Zona B) “…l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti”. Il che in concreto significa che, nella relazione tra edificazioni limitrofe, la più alta tra quelle preesistenti, costituisce il limite per quella ex novoerigenda.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale ***** del 2012, proposto da:
Gianni Castrichella, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Maria Izzo, con domicilio eletto presso Roberto Maria Izzo in Roma, viale Angelico, 103;
contro
Comune Di Velletri, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Capozzi, con domicilio eletto presso Andrea C. Maggisano in Roma, via Costantino Morin, 1;
nei confronti di
La Casa Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Mari, con domicilio eletto presso Alessandra Mari in Roma, piazza Sant'Anastasia N.7; Regione Lazio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 08371/2012, concernente istanza di annullamento del permesso di costruire rilasciato alla controinteressata
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune Di Velletri e di La Casa Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Roberto Maria Izzo, Alessandra Capozzi e Alessandra Mari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente gravame il Sig. Castrichella impugna la sentenza con cui è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento:
-- del permesso di costruire n. 452/2010 dell'8/11/2010, per la realizzazione di un edificio confinante rilasciato a La Casa s.r.l. dal Comune di Velletri in fregio al confine del suo fabbricato;
-- del relativo nulla-osta paesaggistico di cui alla Determinazione n. 6 del 24/06/2010;
-- dell’art. 103.1 del regolamento edilizio di Velletri, approvato con delibera 21.3.2003 n. 122 della Giunta Regionale del Lazio.
L’appello è affidato alla denuncia degli artt. 8 e 15 delle N.T.A. che disciplinano le distanze tra edifici.
Si è costituito in giudizio il Comune di Velletri che, con la propria memoria, ha diffusamente illustrato la sua interpretazione delle norme relative alle misure delle altezze.
La società appellante La Casa srl, costituitasi in giudizio, oltre a depositare numerosi atti e documenti, con memoria per la discussione: in linea preliminare ha eccepito l’inammissibilità sotto diversi profili, dell’appello; nel merito ha poi confutato le affermazioni di controparte, insistendo per il rigetto.
Inoltre la Casa srl , con separato ricorso incidentale ha chiesto, ai sensi dell'articolo 96 c.p.a., l'annullamento della decisione gravata assumendone l’illegittimità per il mancato accoglimento dell'eccezioni di inammissibilità proposte di primo grado e per il mancato accoglimento dei motivi del ricorso incidentale introdotto in primo grado, che in conseguenza riproduce integralmente. A tal fine la società ha allegato un parere "di interpretazione autentica" del professionista redattore delle norme del PRG ed una fotografia recente dello stato di avanzamento dei lavori.
Con ordinanza cautelare n. 4721 del 4 dicembre 2012 la Sezione ha accolto l'istanza di sospensione cautelare della decisione impugnata in considerazione del fumus boni juris dell'appello.
Con memoria per la discussione le parti resistenti hanno ulteriormente sottolineato le argomentazioni a sostegno delle loro tesi
Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
___ 1.§. Nell'ordine logico delle questioni devono essere esaminate prioritariamente le questioni introdotte dalla parte resistente con la memoria e con l’appello incidentale.
___ 1.§.1. Con una prima eccezione dedotta con la memoria di costituzione La Casa srl. assume il difetto di interesse del sig. Castrichella per il quale l'accoglimento dell'appello non potrebbe comportare alcuna utilità in quanto la struttura in cemento armato dell'edificio sarebbe stata nel frattempo realizzata. Ciò avrebbe comportato che la situazione di fatto, riferita all'altezza ed alle distanze, dovrebbe ritenersi ormai consolidata in quanto il manufatto realizzato non potrebbe essere abbattuto senza pregiudizio, ostandovi le norme del d.p.r. 382.001
L'eccezione deve essere respinta
In primo luogo si osserva che l’ulteriore elevazione dell'edificio è avvenuta in duplice spregio rispettivamente:
-- all'ordinanza n. 5473/2011 -- emessa sul procedimento cautelare n. 6438/2011 relativo all’ordinanza con cui il TAR Lazio aveva sospeso il titolo edilizio -- con la quale la Sezione aveva accolto in parte la richiesta di sospensiva solo " ai fini della realizzazione dell'edificio fino al completamento del primo piano, come meglio descritto del progetto alternativo"nei limiti inizialmente autorizzati (e quindi senza l'ulteriore piano) ".. e con le cautele della memoria presentata in udienza" a firma congiunta delle parti, dalla quale emergeva l’assenso dell’odierno appellante di consentire la realizzazione dell'immobile senza l’ultimo piano e senza alcuna abdicazione da parte sua dell’interesse sostanziale;
-- all’ordinanza cautelare della Sezione n. 4728/2012 con cui la decisione impugnata è stata sospesa sul rilievo pregnante del “fumus” dell’appello.
In tale prospettiva dunque deve comunque valutarsi in maniera estremamente negativa il comportamento della parte appellata. Di conseguenza, anche alla luce della fotografia depositata dalla Società sullo stato dei lavori, deve escludersi che l'abbattimento della mera struttura in cemento armato dell'ultimo piano, indebitamente realizzato nelle more del processo, sia un’operazione di restituzione in pristino che possa essere pregiudizievole della parte eseguita in conformità ex art 38,1° co. del DPR 6 giugno 2001, n. 380, essendo comunque tecnicamente tutt’altro che difficile.
L’ulteriore elevazione del fabbricato, al di là del limite concordato anche innanzi alla Sezione, deriva da un intenzionale comportamento de “La Casa “.
La Società appellata non può per questo pretendere che l'accoglimento dell'appello si limiti ad una generica declaratoria di illegittimità del titolo edilizio, in quanto l'articolo 34 primo comma lett. e) del c.p.a. prevede, in caso di accoglimento del ricorso che il giudice, anche in sede di cognizione, possa disporre "… le misure idonee ad assicurare attuazione del giudicato... ". .
Si deve pertanto escludere fin d’ora sia la possibilità dell'amministrazione di fare ricorso alla sanzione pecuniaria di cui all'articolo 38 del d.p.r. n. 380/2001 o, come addirittura come pretende la predetta società di porre un eventuale ristoro per equivalente a carico del Comune di Velletri.
L'accoglimento del presente appello dovrà necessariamente assicurare il pieno ripristino della legalità violata anche ai fini di salubrità di cui amplius sub 2.3) del fabbricato dell’appellante.
______ 1.§.2. Assolutamente inconsistente è poi l'eccezione di inammissibilità dell'appello per genericità dello stesso ai sensi del 110, 1° co. del c.p.c .
Come sarà meglio evidente dall'esposizione dei motivi di appello, l'appellante non si è affatto limitato a riproporre i motivi di appello (cfr. pagine 12 e segg. del ricorso: ma sul punto vedi infra).
___2.§. Deve poi essere esaminato il ricorso incidentale autonomo della Soc. La Casa con cui si chiede l’annullamento della decisione gravata perché erroneamente il TAR non avrebbe dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.
___2.§.1 In relazione al medesimo ordine di considerazioni di cui al punto 1.§.2 si deve respingere anche l’analogo motivo del ricorso incidentale.
Le censure del ricorrente introdotte in primo grado avevano infatti compiutamente ed esattamente specificato i motivi di illegittimità dei provvedimenti impugnati.
___2.§.2. Parimenti inconsistente è il secondo motivo incidentale con cui si assume che la pronuncia impugnata in via principale sarebbe illegittima ed irragionevole perché non avrebbe tenuto conto del fatto che l'annullamento del permesso di costruire richiesto sarebbe stato del tutto irrilevante in mancanza della contestuale impugnazione delle presupposte norme urbanistiche ed edilizie di riferimento, in base alle quali il rilascio del permesso di costruire in questione era un atto dovuto.
Al contrario si osserva che, come sarà meglio evidente in seguito, il ricorso originario contestava l'erroneità della sentenza del TAR relativamente all'illegittimità dell’interpretazione dal Comune sia dell'articolo 8 delle NTA che dell'articolo 103.1 del Regolamento, nella parte in cui afferma che nel c.d. “distacco” non debbano essere compresi balconi.
___2.§.3. Il ricorso incidentale ripropone poi il primo motivo dedotto con il ricorso incidentale notificato di primo grado relativo alla violazione dell'articolo 8 del D.M. n. 1444/1968 e del principio dell'affidamento.
Per “la Casa srl” erroneamente l'appellante Castrichella, nel suo ricorso di primo grado, avrebbe confuso l'espressione "circostante" con l'espressione "confinante" .
Dove le NTA avrebbero voluto intendere “confinanti” (cfr. articolo 15.2) l'avrebbero scritto espressamente, ed a nulla rileverebbe che l'articolo 15.3 delle NTA farebbe un richiamo al precedente 15. 2. Anzi tale richiamo farebbe espressamente "salvo quanto previsto per… l'altezza massima".
Per quest'ultima l'articolo 15.3 citato si discosterebbe dall'articolo 15.2 , e detterebbe una specifica disciplina per la zona B3 secondo la quale "… pur condizionata gli edifici circostanti, l'altezza non potrà superare i 14 m ".
Tale disposizione sarebbe in linea con l'articolo 8 del D.M. 1444/68 che dispone che in zona B l'altezza dovrebbe essere parametrata alla media degli edifici circostanti.
In caso contrario, la società La Casa srl. avrebbe dovuto essere posta nelle condizioni di conoscere il vero significato delle norme di riferimento per la progettazione dell'opera ed, in mancanza, avrebbe confidato sul tenore letterale della disposizione.
L’intero assunto è infondato.
Il Comune di Velletri (cfr. ad es. nota del 24.4.2012), del tutto capziosamente avrebbe affermato che, nel computo delle altezze, si doveva del tutto prescindere dalla valutazione dei piani di campagna degli edifici preesistenti
Tale irragionevole tesi di favore dell’appellata appare del tutto in contrasto con le più elementari regole in materia di altezza degli edifici le quali, in una visione organica e globale delle zone interessate, sono dirette a tutelare quegli specifici valori urbanistico - edilizi (aria, luce, vista, ecc. ) sui quali incidono tutti i volumi che, ergendosi al di sopra della linea naturale del terreno, modificano in modo permanente la conformazione del suolo e dell'ambiente (cfr. Consiglio Stato sez. V 29 settembre 1997 n. 1065).
In tale prospettiva sostanziale deve dunque essere interpretato l’art. 8 del D.M. 02/04/1968, n. 1444 per il quale, con esclusione delle ipotesi di lottizzazione convenzionate, in Zona B) “…l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti”.
Il che in concreto significa che, nella relazione tra edificazioni limitrofe, la più alta tra quelle preesistenti, costituisce il limite per quella ex novoerigenda.
Per questo del tutto inconferenti sono le considerazioni sullo “skyline” di cui all’interpretazione “autentica” del professionista redattore del PRG.
Se ricollocata nell’alveo generale dell’art. 8 del D.M. n. 1444/1968, l’espressione "confinante" di cui all’articolo 15.2. delle NTA relativo alla ZONA B, deve essere intesa in un significato del tutto coincidente con l'espressione “circostante" di cui all'articolo 15.3 delle NTA.
La predetta disposizione delle norme edilizie del Comune di Velletri è anch’essa diretta ad evitare che interventi edilizi tra loro troppo addensati, possano pregiudicare in futuro la salubrità e la vivibilità delle zone di espansione della città. L’art. 15.3 delle NTA per cui "… l’indice di fabbricabilità fondiaria … viene diminuito al 2 mc/mq e … l'altezza massima che, pur condizionata dagli edifici circostanti, come all’articolo citato, non potrà comunque superare i m.14,00 ", contrariamente a quanto afferma l’appellante incidentale fa anche un diretto e generale richiamo al precedente 15. 2.
In sostanza la disciplina per la zona B3 nel riferirsi agli edifici circostanti fa riferimento alla disciplina di cui “all’articolo precedente” -- a parte la riduzione dell'altezza massima dai m.17,00 previsti per la ZONA B ai 14 m per la Zona B3 – con l’espresisone “…pur condizionata dagli edifici circostanti…” pone comunque un limite generale di carattere invalicabile costituito dall’elevazione al picco dagli edifici immediatamente(ma sul punto vedi amplius infra).
Infine deve assolutamente escludersi che si possa parlare di “affidamento” su di una certa interpretazione qualora questa sia ictu oculi illegittima e comunque la società aveva liberamente ed autonomamente deciso di presentare il progetto in determinati termini.
Il motivo va dunque respinto.
___2.§.4. In conseguenza di quanto sopra resta poi ininfluente il secondo motivo con cui si lamenta l'illegittimità delle norme delle NTA impugnate, nell'ipotesi in cui si dovesse ritenere che le altezze avrebbero dovuto essere calcolate tenendo in considerazione la quota media fra il piano di campagna dell'edificio in progetto e quello dell'edificio confinante posto a sud con riferimento:
-- alle “…altezze calcolate per ciascun fronte dell'edificio a partire dalla quota il marciapiede l'antistante il fronte medesimo o del terreno sistemazione avvenuta e vanno misurato nel caso degli edifici coperti atterrato al piano di calpestio del terrazzo di copertura...."; e che, in caso di pendio, " … le altezze sono misurate in corrispondenza della sezione mediana dell'edificio, purché l'elevazione in eccedenza nel punto più basso non oltrepassi di 1 m e 50 l'altezza massima consentita “(art. 8, punti 2 e 3 delle NTA al PRG vigente);
-- alla differenza fra la quota il marciapiede, ovvero la quota della linea distacco dell'edificio nella sua configurazione finale e la più alta delle seguenti quote, con esclusione di manufatti tecnologici nel caso di edificio a terrazza (art. 107 del regolamento edilizio comunale):
-- al pavimento del solaio sovrastante l'ultimo piano;
-- alla sommità del parapetto in muratura pienamente all'altezza superò mettere 20 degli edifici con copertura piana .
L’assunto è del tutto inconferente
La censura è inconferente perché le predette disposizioni concernono esclusivamente le modalità con cui misurare l’altezza totale del singolo edificio, ma non interferiscono affatto sul problema del necessario rispetto dei limiti di altezza costituiti dagli edifici confinanti che resta disciplinato ai sensi del punto che precede.
___2.§.5. In conclusione il ricorso incidentale è complessivamente infondato e deve essere respinto.
___3.§. L’appello principale invece è meritevole di accoglimento.
___3.§.1. Nell’ordine logico delle questioni deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo d’appello con cui l'appellante principale lamenta l'errore in giudicando e l'insufficiente motivazione del rigetto dei motivi relativi alla violazione degli articoli 8.15 delle NTA.
Per il Tar la tutela della razionale "ordine panoramico" non sarebbe riscontrabili nella variante al PRG, mentre invece la logica dell'articolo 15.3 delle NTA starebbe nelle " esigenze di identificare un limite di altezza e quindi di invenire il confine verticale delle costruzioni dell'edificio esistente".
Per il ricorrente la tesi del Tar oltre a peccare di astrazione non terrebbe conto della specifica situazione per cui il dislivello enorme (di circa 13 m) fra il piano di campagna dell'edificio erigendo ed il piano di campagna di quello usato come riferimento per l'altezza rende quest'ultime inutilizzabili nella comparazione relativa a meno di non stravolgere il fine della norma.
Non avrebbe senso istituire una relazione comparativa fra edifici confinanti in tema di altezze se non per garantire un armonioso ordine panoramico urbanistico - paesaggistico fra edifici che tuttavia a tal fine devono essere posti su piani di campagna che, se non identici, siano almeno compatibilmente armonizzati attraverso il ricorso alla "media", al fine di assicurare uno skyline per cui nessun edificio nuovo possa risultare più alto di quello confinante e rispetti un livello di sedime omogeneo nell'ambito d'un campo visuale del quale abbia un senso la comparazione di altezze.
Nel caso sarebbe stato assentito un edificio più alto di quello posto al confine di proprietà, prendendo erroneamente riferimento un altro edificio confinante solo catastalmente ma urbanisticamente posto ad un dislivello così considerevole, da non poter concorre in alcun modo alla definizione dell'ordine panoramico degli edifici situati su un piano posto 13 m più in alto.
L’assunto merita piena adesione.
Facendo seguito a quanto già osservato nell’ordinanza di sospensiva, la determinazione delle altezze delle nuove costruzioni ai sensi dell’art. 15 delle NTA deve essere effettuata prendendo a base “…l’altezza massima dell’edificio più alto fra quelli costruiti nei lotti confinanti..” ciò sempreché naturalmente si tratti di edifici posti sul medesimo piano di campagna.
In caso di oscillazioni altimetriche e di edifici posti su diversi piani, è dunque evidente che per assicurare le medesime finalità il concetto di altezza deve essere considerato, in senso funzionale, quale “picco” dell’altezza raggiunto dalle costruzioni confinanti.
In sostanza si deve assumere come limite la quota di altitudine sul livello del mare più elevata in assoluto tra gli edifici preesistenti posti immediatamente a ridosso della nuova costruzione.
Ai fini della determinazione delle altezze massime dei nuovi edifici in zona di completamento, la norma delle NTA di Velletri va interpretata nel senso che, come paradigma di riferimento, deve essere presa in considerazione l’altezza in assoluto dell’edificio viciniore a prescindere dal relativo piano di campagna.
Solo così si assicura l’aria, la luce, ecc. ecc. ed in definitiva la vivibilità delle preesistenti costruzioni.
Al contrario, anche a voler astrattamente ritenere possibile l’assenza di edificazioni in una “zona di completamento”, si deve rilevare che, a prescindere i due limiti massimi (m.17 e m.14) comunque previsti per le singole sottozone, il limite per il nuovo fabbricato era costituito dal punto più alto raggiunto in elevazione dal confinante edificio dell’appellante.
Né si comprende la singolare tesi del Comune per cui, in considerazione della morfologia del territorio, il riferimento al più altro degli edifici posti ai confini, renderebbe impossibile identificare gli edifici di riferimento per il calcolo delle altezze.
Il Comune ha illegittimamente preso a riferimento, da un lato un edificio di m. 10,50 di altezza posto ad una quota inferiore di m.13,00 al piano della Soc. La Casa e comunque abbastanza lontano da quello dell’appellante; ed un altro fabbricato posizionato più in basso dall’altra parte di v. Lata (sulla quale si apre il viale di accesso alle proprietà in questione).
Il Comune ha strumentalmente considerato solo l’altezza totale di edificazioni preesistenti seppure confinanti catastalmente, la cui sommità però – in ragione delle notevoli differenze altimetriche -- non raggiungevano nemmeno il piano di campagna della nuova costruzione (cfr. foto allegate alla perizia allegata in primo grado dall’appellante).In definitiva, tutte le costruzioni la cui altezza massima era al di sotto del piano di campagna della nuova edificazione, erano del tutto irrilevanti ai fini della determinazione dell’altezza massima della nuova costruzione perché, in quel contesto determinato, nessuna delle due poteva essere considerato in assoluto l’ “edificio più elevato” sull’orizzonte.
Nel caso di specie, in ragione dei dislivelli presenti, la quota in assoluto più alta andava individuata nell’edificio dell’appellante, che in conseguenza doveva essere considerato come picco di riferimento per il rilascio del permesso edilizio.
Di qui l’illegittimità in parte qua del permesso di costruire n. 452/2010 dell'8/11/2010 e del relativo nulla-osta paesaggistico di cui Determinazione n. 6 del 24/06/2010 che, in riforma della decisione impugnata, devono in conseguenza essere annullati.
___3.§.2 Con il terzo motivo si lamenta inoltre l'errore “in iudicando” e l'insufficiente motivazione sulla censura di cui al terzo motivo del ricorso di primo grado relativamente all'affermazione per cui nel calcolo della distanza tra edifici si dovevano escludere dal calcolo gli elementi ornamentali e gli aggetti di minima entità (ex plurimis: Cass. Civ. II, 22.7.2010 n. 17242; T.A.R. Lombardia, Milano, IV° 4.5.2011 n. 1174).
Ma nel caso i balconi del progetto La Casa i quali invece non costituirebbero nè elementi ornamentali e aggetti minima entità.
L’assunto merita adesione.
Si deve ricordare in linea generale che non è legittima l'adozione, negli strumenti urbanistici comunali, di norme contrastanti con quelle del D.M. n. 1444 del 2.4.1968, nel senso che lo stesso, essendo stato emanato su delega dell'art. 41 quinquies della L. 17.8.1942, n. 1150 (inserito dall’art. 17 della L. 6.8.1967 n. 765), ha efficacia di legge, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati (cfr. Cassazione civile, Sez. II 14 marzo 2012 n. 4076).
Le disposizione di cui al D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo rivolte alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, sono tassative ed inderogabili, e vincolano i Comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l'anzidetto limite minimo è illegittima e deve annullata se è oggetto di impugnazione, o comunque disapplicata stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata (cfr. Consiglio di Stato sez. IV° 27 ottobre 2011 n. 5759; Consiglio di Stato sez. IV° 22 gennaio 2013 n. 354).
In pratica dunque, non sono computabili ai fini delle distanze solamente:
-- gli sporti (cioè le sporgenze che non sono non attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare);
-- le parti che hanno funzione ornamentale e decorativa (es. le mensole, le lesene, i risalti verticali);
-- le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni;
-- gli aggetti, gli elementi di ridotte dimensioni e gli altri manufatti di minima entità.
Non possono invece essere escludersi dal computo delle distanze le pensiline, i balconi e tutte quelle sporgenze (anche dei generi ora indicati), che le particolari dimensioni sono destinate anche ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'edificio (Consiglio Stato Sez. IV 05 dicembre 2005 n. 6909; Consiglio Stato sez. V 19 marzo 1996 n. 268).
Nel caso di specie i balconi, ancorché larghi m.1 , sono formati da solette aggettanti che, se scoperti, appaiono di apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza (cfr. Cassazione civile Sez. II 10 novembre 2011 n. 23553) i quali non solo per dimensioni e natura, ma sopratutto per destinazione ed utilizzo, non hanno una funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria ma costituiscono un elemento funzionale del corpo di fabbrica dell'edificio (cfr. Cassazione civile sez. II 02 ottobre 2000 n. 13001; Cassazione civile sez. II 25 marzo 2004 n. 5963; e Cassazione civile sez. II 22 luglio 2010 n. 17242, peraltro a sproposito ricordata anche dal TAR),
Nel caso di specie dunque è illegittimo anche l’impugnato art. 103.1 primo comma del Regolamento Edilizio del Comune di Velletri, nella parte in cui esclude, ed esenta, dal computo della distanza legale tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, le pensiline ed i balconi o altri sporti abitabili o comunque utilizzabili, per violazione dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, che avendo norma di legge delegata, prevale sulle disposizioni di fonte locale.
In definitiva, il motivo in esame è dunque fondato per cui pronunciarsi l’annullamento dell’art. 103.1, primo comma, del Regolamento Edilizio del Comune di Velletri nella parte in cui esclude la computabilità ai fini delle distanze anche delle “pensiline e balconi a sbalzo fino ad 1 ml., ecc. … non concorrono alla determinazione della sagoma dell’edificio,fermo restando le distanze minime previste dal Codice Civile”.
Di qui l’illegittimità del permesso di costruire anche nella parte in cui fa applicazione della predetta illegittima deroga.
___4.§. Negli assorbenti profili, entrambi i motivi esaminati dell’appello principale sono dunque fondati.
L’appello dunque deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, si annullano gli atti impugnati in primo grado.
Le spese, secondo le regole generali, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
___ 1. Accoglie l'appello, come in epigrafe proposto, e per l'effetto, in riforma della decisione impugnata annulla: -- il permesso di costruire n. 452/2010 dell'8/11/2010 e la determinazione n. 6 del 24/06/2010; -- l’art. 103.1 del regolamento edilizio di Velletri, approvato con delibera 21.3.2003 n. 122 della Giunta Regionale del Lazio;
___ 2. Respinge il ricorso incidentale.
___ 3. Condanna le parti resistenti al pagamento delle spese e degli onorari per presente giudizio in favore dell’appellante Castrichella che vengono così partitamente liquidati per:
-- € 2.000,00 oltre IVA e C.P.A. a carico del Comune di Velletri;
-- € 2.000,00 a carico della Soc. La Casa s.r.l. la quale peraltro dovrà farsi carico dell’integrale rimborso del contributo unificato di cui all'art. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e successive modifiche, versato dall’appellante Castrichella in entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Raffaele Potenza, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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