Sunday 10 November 2013 12:12:13

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Autorizzazione paesaggistica: il degrado della zona ad opera di preesistenti realizzazioni maggiormente richiede che nuove costruzioni non comportino ulteriore deturpazione dell’ambito protetto

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tar che aveva accolto il ricorso avverso il parere negativo reso della Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici. In particolare per quanto qui interessa, la sentenza impugnata lasciava intendere che, in ragione del degrado della zona, l’autorizzazione non poteva essere negata. Il Consiglio di Stato ha, per contro rilevato che la compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non comportino ulteriore deturpazione dell’ambito protetto (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 1976, n. 87; 11 giugno 1990, n. 600; 28 agosto 1995, n. 820; 20 ottobre 2000, n. 5651; 29 novembre 2005, n. 6756; 29 dicembre 2010, n. 9578; 6 giugno 2011, n. 3341; 21 luglio 2011, n. 4418 e 4429; 20 dicembre 2011, n. 6729; II, 17 giugno 1998, n. 853; 4 febbraio 1998, n. 3018/97; 13 dicembre 2006, n. 10387/04),

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale****+ del 2013, proposto da:

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

 

Licchelli s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Orlandini, con domicilio eletto presso s.r.l. Liberal in Roma, corso Rinascimento, 11;

Unione dei comuni “Terra di Leuca” e Comune di Gagliano del Capo, non costituiti in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione I, 24 gennaio 2013, n. 146, resa tra le parti, concernente diniego di autorizzazione paesaggistica relativa alla realizzazione di una serra.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Licchelli s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 22 ottobre 2013 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Tidore e l’avvocato L’Abbate per delega del’avvocato Orlandini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. La s.r.l. Licchelli ha impugnato il provvedimento della Soprintendenza per i beni architettonici paesaggistici per le province di Lecce, Brindisi e Taranto 31 gennaio 2012, prot. n. 1880 con cui è stato comunicato parere contrario sull’autorizzazione paesaggistica, richiesta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e dell’art. 5.01 del P.U.T.T./P, per la realizzazione di una serra, su un terreno sito in Gagliano del Capo (LE) e la nota dell’Unione dei Comuni “Terra di Leuca” con cui è stato comunicato il diniego dell’autorizzazione paesaggistica.

2. La Soprintendenza ha espresso parere negativo ritenendo che “le opere di progetto consistenti nella realizzazione di serre, locali tecnici, recinzione, per tipologia costruttiva, materiale, estensione, altererebbero il contesto paesaggistico, prevedendo l’inserimento di manufatti estranei all’ambito interessato, caratterizzato da zona agricola, vegetazione autoctona e manufatti rurali …”.

3. Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso perché <<la Soprintendenza non ha tenuto conto che l’area in questione è tipizzata dallo strumento urbanistico quale area E – verde agricolo produttivo, per la quale, secondo le NTA del comune di Gagliano del Capo “sono inoltre ammesse attività industriali connesse all’agricoltura … costruzioni al servizio dell’agricoltura e cioè: fabbricati rurali, case coloniche, laboratori a carattere artigiano-agricolo, magazzini per la lavorazione dei prodotti agricoli commisurati alle normali esigenze dell’azienda agricola su cui dovranno sorgere”.

In sostanza, la Soprintendenza, a fronte di un’area qualificata come zona agricola, e quindi nella quale la realizzazione di una serra è una delle destinazioni tipiche, e per un intervento già ritenuto conforme dalla Commissione locale per il paesaggio, si è limitata a ritenere le opere in contrasto senza esplicitare in maniera compiuta i motivi del suo parere negativo>>.

4. Ha proposto appello il Ministero per i beni e le attività culturali deducendo che “la sentenza è erronea perché il primo giudice censura il diniego della Soprintendenza, ritenendo che la medesima non ha tenuto conto che l’intervento di realizzazione di una serra era compatibile con la zona a verde agricolo produttivo, ma non considera in alcun modo le caratteristiche precipue di tale ambito territoriale, sottoposto a vincolo paesaggistico, puntualmente indicate nel provvedimento impugnato”.

5. Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione formulata dalla s.r.l. Licchelli di inammissibilità del ricorso in appello per violazione dell’art. 101 Cod. proc. amm. per omessa indicazione di specifiche censure contro la sentenza impugnata. A tal fine richiama precedenti (Cons. Stato, III, 18 giugno 2012, n. 3543; IV, 6 marzo 2012, n. 3295) a conforto della propria tesi.

6. L’eccezione è infondata.

Risulta evidente la ragione dell’impugnativa: il giudice di primo grado non ha tenuto conto del vincolo esistente sulla zona nella quale la Società intendeva realizzare la serra e si è limitato a richiamare la normativa urbanistica.

7. Il Collegio considera, come già è avvenuto in sede cautelare, che le valutazioni di carattere paesaggistico sono indipendenti, e comunque prevalenti rispetto a quelle di carattere urbanistico.

La sentenza è errata nel suo impianto complessivo: essa fa derivare l’illegittimità del diniego dell’autorizzazione paesaggistica dalla mancata valutazione della normativa urbanistica.

È di tutta evidenza che l’autorità preposta alla valutazione paesaggistica avrebbe dovuto esprimere un giudizio sulla compatibilità paesaggistica dell’intervento, così come prospettato, nel sito paesaggisticamente tutelato, senza esservi condizionata dalla disciplina urbanistica lì vigente. La circostanza che a norma di quella concreta disciplina urbanistica potessero sul luogo realizzarsi delle serre non è di suo idonea ad eliminare la valutazione di compatibilità paesaggistica che è comunque intrinseca a quel vincolo ed è autonoma dalla pianificazione edilizia. Erra dunque in diritto il primo giudice quando fa discendere da quel regime urbanistico, di fatto, l’abolizione del giudizio di compatibilità che presiede all’autorizzazione paesaggistica.

La sentenza impugnata lascia intendere altresì che, in ragione del degrado della zona, l’autorizzazione non poteva essere negata.

Ma nemmeno tale affermazione può essere condivisa. È infatti recepito e costante in giurisprudenza che la compromissione della bellezza naturale ad opera di preesistenti realizzazioni, anziché impedire, maggiormente richiede che nuove costruzioni non comportino ulteriore deturpazione dell’ambito protetto (Cons. Stato, VI, 13 febbraio 1976, n. 87; 11 giugno 1990, n. 600; 28 agosto 1995, n. 820; 20 ottobre 2000, n. 5651; 29 novembre 2005, n. 6756; 29 dicembre 2010, n. 9578; 6 giugno 2011, n. 3341; 21 luglio 2011, n. 4418 e 4429; 20 dicembre 2011, n. 6729; II, 17 giugno 1998, n. 853; 4 febbraio 1998, n. 3018/97; 13 dicembre 2006, n. 10387/04),

8. Il ricorso in appello va quindi accolto e, per l’effetto, va rigettato il ricorso di primo grado.

9. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, rigetta il ricorso di primo grado.

Condanna la s.r.l. Licchelli, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore del Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore, della somma di € 2.000,00 (euro duemila/00) per le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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