Monday 25 November 2013 14:11:45

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Piano per insediamenti produttivi: l'adozione e approvazione del P.I.P. non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento ai proprietari delle aree interessate

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV

Gli atti di adozione e approvazione del piano per insediamenti produttivi (P.I.P.) non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento ai proprietari delle aree interessate; e ciò sia perché il P.I.P. è un atto generale di pianificazione urbanistica per il quale tale necessità è esclusa dall'art. 13 l. 7 agosto 1990, n. 241, sia perché le norme procedimentali specifiche garantiscono comunque la partecipazione degli interessati attraverso la pubblicazione degli atti e la conseguente possibilità di presentare osservazioni. Non essendoci stata alcuna “variante”, l’approvazione della stessa è stata correttamente portata a conoscenza degli interessati solo con il concreto insorgere del vincolo espropriativo.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale******  del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

Comune di Succivo, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Lamberti, con domicilio eletto presso Antonio Lamberti in Roma, viale dei Parioli, 67;

 

contro

Mario Ciaraffa, Raffaela Ciaraffa, Michele Ciaraffa, rappresentati e difesi dall'avv. Raffaele Montefusco, con domicilio eletto presso Claudia De Curtis in Roma, via Marianna Dionigi, 57; 

per la riforma

la sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 09179/2010, resa tra le parti, concernente approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione di infrastrutture in area p.i.p..

Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Mario Ciaraffa, di Raffaela Ciaraffa e di Michele Ciaraffa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Antonio Lamberti e Raffaele Montefusco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con il presente gravame il Comune di Succivo impugna la sentenza del TAR Campania con cui, su ricorso degli appellati proprietari di alcune aree interessate all’intervento, sono stati annullati i provvedimenti di adozione del P.I.P. della zona D del PRG e di approvazione del progetto esecutivo per la realizzazione delle relative infrastrutture.

La sentenza impugnata è, in sintesi, affidata alle seguenti considerazioni:

-- “il carattere conformativo o preespropriativo del vincolo di inedificabilità dipende unicamente dal tipo di destinazione assegnata ai suoli… “ per cui “…. sebbene il carattere conformativo dei vincoli di piano non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, dei vincoli stessi…. Quando però, come nella fattispecie in esame, si subordina di fatto l’iniziativa del privato ad un piano di iniziativa esclusivamente pubblica quale il P.I.P., il vincolo conformativo diventa espropriativo”;

-- il TAR in conseguenza “non può che uniformarsi al precedente (2.9.2009, n.4885) reso dalla Sezione sulla medesima vicenda, anche perché l'annullamento degli atti disposto in quella circostanza ha effetto, oltre che "ex tunc" - anche "erga omnes", essendo assurdo ed illogico ritenere che l'atto annullato, che ha un contenuto unitario e inscindibile, non esista più solo per taluni rimanendo, invece, in vita per tutti gli altri soggetti. Detto giudicato di annullamento, avendo ad oggetto atti di natura generale ed indivisibile, ha caducato, con effetto erga omnes e, quindi, anche con riguardo agli odierni ricorrenti, i provvedimenti quali già precedentemente impugnati, ciò perché questi sono stati espunti dal mondo giuridico come effetto finale di quel giudizio, a prescindere dai vizi rilevati, dagli argomenti svolti e dai fatti accertati al fine di giungere alla convinzione dell'illegittimità del provvedimento”;

-- “…la fondatezza della censura afferente la violazione dell’art. 13 della Legge n.2359/1865, per la circostanza che i termini iniziali e finali dei lavori e delle espropriazioni sarebbero stati fissati tardivamente solo con la Delibera di Giunta Comunale n. 119 del 9 giugno 2003 di approvazione delle opere di urbanizzazione; i termini suddetti avrebbero dovuto essere inseriti nel primo atto della procedura espropriativa che, nel caso di specie, è da individuare nella delibera di Consiglio Comunale n. 18 del 27 marzo 2002 di “adozione” del P.I.P. destinata a valere quale implicita dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, atteso che, assolvendo i termini in parola alla essenziale funzione di circoscrivere temporalmente la pubblica utilità dichiarata, è nella citata delibera che dovevano dovuto essere fissati i termini della procedura espropriativa di cui al citato art.13”;

-- sarebbe fondata “la asserita violazione dell’art. 1 della Legge n.1/1978, non risultando agli atti che la procedura di “variante al P.R.G.”, sebbene nelle forme semplificate di cui all’art. 1 l. n. 1/78, sia stata portata a termine con la definitiva “approvazione” da parte della Regione e/o dell’Ente Delegato. In tale situazione la Delibera di Giunta Comunale n. 119/03 non poteva essere validamente emessa in quanto, come già statuito dalla Sezione (3.3.2003, n. 3340), “…L’art. 1 comma 5 L. 3 gennaio 1978, n. 1 prevede che la variante urbanistica con le modalità previste dagli artt. 1 e ss. L. 18 aprile 1962, n. 167 entra in vigore con l’approvazione regionale ed è solo in quel momento che la modifica della destinazione urbanistica dei suoli interessati acquista efficacia, mentre la sola adozione della variante non è idonea a far conseguire gli effetti di dichiarazione di pubblica utilità del progetto dell’opera approvata né a sorreggere gli ulteriori atti della procedura ablativa, quale decreto di occupazione d’urgenza”.

L’appello è affidato alla denuncia, sotto un'unica rubrica, di tre profili di gravame relativi alla violazione dell'art. 21 della legge n. 1034/1971, dell'articolo 27 della L. n. 865/1971 e dell’errore in giudicando sotto diversi profili.

Si sono costituiti in giudizio gli appellati Mario Ciaraffa, Raffaela Ciaraffa, Michele Ciaraffa, i quali con memoria hanno contestato le conclusioni della parte ricorrente e riproposto i motivi che erano stati assorbiti primo grado.

Con memoria per la discussione alla camera di consiglio il Comune appellante ha ulteriormente sottolineato le ragioni a sostegno della propria impugnativa ed ha confutato i motivi riproposti dall'appellato.

Con ordinanza cautelare n. 4989 del 27 ottobre 2010 la Sezione ha accolto la richiesta di sospensione cautelare della decisione, in ragione del possibile esito positivo del giudizio di merito.

Con il deposito di documenti del 25 luglio 2013 l'appellante ha versato in giudizio la sentenza n. 4140/2012 della Sezione con cui era stato annullato il precedente posto dal TAR a fondamento della propria impugnativa.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

Per ragioni di economia espositiva i motivi dell’appello del Comune devono essere esaminati insieme con tutti i motivi riproposti dagli appellati e assorbiti dal TAR introdotti in primo grado con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.

___ 1.§. Deve esaminarsi il primo profilo dell’appello principale del Comune con le contrapposte doglianze dei motivi aggiunti degli appellati (seconda e quinta).

___ 1.§.1. Per il Comune, il ricorso proposto dai signori Ciaraffa avverso l'impugnata sentenza, sarebbe stato inammissibilmente rivolto solo avverso gli atti di adozione del PIP e dei provvedimenti che hanno disposto della loro proprietà. Erroneamente la sentenza non avrebbe rilevato l'inammissibilità dell'impugnativa conseguente alla mancata impugnazione dell’approvazione del PIP, che sarebbe avvenuta ai sensi della L.R. n. 14/1982.

Le delibere comunali n.12/2001, n.18/2002 e 54/2002, alle quali si riferiscono i motivi di ricorso di primo grado, sono solo gli atti iniziali del procedimento di approvazione del PIP, i quali non arrecavano alcuna immediata lesione dei loro diritti ed interessi e pertanto non sarebbero stati autonomamente impugnabili.

L'approvazione per silenzio del PIP non sarebbe stata impugnata nemmeno con i motivi aggiunti; ed inoltre non si sarebbe provveduto a notificare l'impugnativa alla provincia di Caserta la quale aveva provveduto ad approvare il PIP.

______ 1.§.2. Con il secondo motivo aggiunto gli appellati a loro volta lamentano l'illegittimità della delibera della Giunta comunale 95/2008, che non sarebbe stata trasmessa alla Provincia per eventuali osservazioni e che non sarebbe mai stata approvata dalla Provincia stessa.

______ 1.§.3. In tale scia Mario Ciaraffa, Raffaela Ciaraffa, Michele Ciaraffa lamentavano l’illegittimità degli atti di approvazione del PIP, perché l'atto di avviso del deposito del piano di insediamenti produttivi sarebbe stato illegittimo, per violazione della L.R. Campania n. 14/1982 e della L.R. Campania n. 16/2004. La Provincia non avrebbe mai approvato il piano, ma avrebbe richiesto un’integrazione documentale, rimasta inevasa.

Nel caso l'intervento interlocutorio avrebbe vanificato l'effetto favorevole dell'approvazione "per silentium".

Solo la censura del Comune è fondata.

Gli originari ricorrenti avevano formalmente gravato la delibera di adozione del piano, ma non avevano introdotto censure esplicite avverso agli atti successivi del procedimento per la semplice ragione che gli appellanti hanno, a torto, ritenuto che l’approvazione non fosse mai intervenuta.

Contrariamente a quanto ha concluso il TAR, il ricorso di primo grado era inammissibile in quanto dalla lettura degli atti non è dato riscontrare censure, nemmeno indirettamente rivolte contro gli ulteriori atti della procedura.

Il Piano è stato approvato per silenzio ai sensi dalla L.R. Campania 20 marzo 1982 n. 14 “Indirizzi programmatici e direttive fondamentali relative all'esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ai sensi dell'art. 1, II co. della L.R. 1° settembre 1981, n. 65”. Come stabilito dalla Sezione con la decisione n. 4140/2012, intervenuta sui medesimi provvedimenti qui impugnati, la fattispecie a formazione complessa, si era conclusa quando, trascorso il termine per gli interventi da parte degli altri enti pubblici, il piano era stato“reso esecutivo a mezzo di deposito nella Segreteria comunale a libera visione del pubblico e dell'eseguito deposito è data notizia mediante avviso da inserirsi nel Bollettino Ufficiale della Regione e da notificarsi, entro i successivi venti giorni, ai proprietari degli immobili compresi nel Piano nella forma delle citazioni”.

In ogni caso ha poi ragione il Comune anche quando rileva l’inammissibilità del gravame per la mancata notifica del gravame alla Provincia, che era parte necessaria, essendo l’Ente comunque deputato all’approvazione del PIP.

Gli appellanti, se veramente avessero creduto nella loro censura relativa all’incompleto esperimento dell’istruttoria da parte del Comune, avrebbero peraltro avuto tutto l’interesse, sia processuale che sostanziale, per evocare il predetto ente, anche al fine di far rilevare l’asserita incompletezza del procedimento di adozione.

___ 1.§.2. Devono poi essere esaminati congiuntamente, da un lato, il secondo motivo dell’appello del Comune e, dall’altro, la riproposizione del primo motivo del ricorso di prime cure e del primo motivo dei motivi aggiunti.

______ 2.§.1. Per il Comune, erroneamente la sentenza afferma che la previsione Zona d) del P.R.G avrebbe avuto un contenuto espropriativo e quindi sarebbe decaduta per il decorso del quinquennio alla data di approvazione del P.R.G. . Al contrario, tale prescrizione non avrebbe contenuto alcun vincolo espropriativo, ma avrebbe avuto natura meramente conformativa, stante la possibilità di attuazione del PIP con dei piani particolareggiati di iniziativa comunale e sia di iniziativa privata.

L'articolo 27 della L. n.865/1971 consente anche al Comune di formare il PIP per gli impianti produttivi e quindi, nel caso, la destinazione a zona "D" non avrebbe avuto necessità alcuna di variante collegata alla pretesa scadenza di inesistente vincolo espropriativo.

______ 2.§.2. Gli appellati lamentano invece che il P.I.P. sarebbe stato adottato in variante e non poteva ricadere nell'ambito dell'originaria previsione della zona d), atteso che detto vincolo sarebbe decaduto per decorso del termine quinquennale. Di qui l'illegittimità della delibera n. 95/2008 “di variante al PIP” medesimo, adottata in assenza di una procedura di “variante al P.R.G.”, che i ricorrenti originari assumono sarebbe stata necessaria in conseguenza dell’asserita sopravvenuta inefficacia del vincolo espropriativo (primo motivo introduttivo).

______ 2.§.3. Per gli appellati, la zona D avrebbe identificato un vincolo espropriativo decaduto, con la conseguenza che i fondi sarebbero stati soggetti alla disciplina delle cosiddette “aree bianche” (primo motivo incidentale ).

______ 2.§.4. La censura del Comune è fondata e, per contro, le tesi degli appellati vanno disattese.

La Sezione, con la decisione n. 4140/2012, intervenuta, si ripete, sui medesimi provvedimenti impugnati, aveva specificato che la zona in questione (Zona omogenea D) concerne “le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati” e consente in loco “l’edilizia artigianale di tipo produttivo … onde favorire le attività tradizionali, artigianali”.

Come appare evidente, in una disamina condotta non in relazione alla mera qualificazione formale impressa dalla disciplina edilizia comunale, ma aderendo ad una valutazione sostanzialistica degli interventi edificatori ammessi, non è dato riscontrare nell’area alcun vincolo di inedificabilità assoluta né, a maggior ragione, alcuna valenza espropriativa del piano stesso”.

Il carattere conformativo dei vincoli non dipende dalla collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ma soltanto dai requisiti oggettivi,per natura e struttura, dei vincoli stessi, ricorrendo in particolare tale carattere ove gli stessi vincoli siano inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui i beni ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto, per lo più spaziale, con un'opera pubblica; di contro il vincolo, se incide su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione di un'opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV 30 luglio 2012 n. 4321; Consiglio di Stato, Sez. IV 19 gennaio 2012 n. 244).

____ 3.§. Con il terzo motivo il Comune assume che, del tutto erroneamente, il TAR avrebbe ritenuto idoneo, in pendenza dell'impugnativa, il richiamo al suo precedente. Inoltre la sentenza impugnata avrebbe smentito un antico, e conforme indirizzo giurisprudenziale di questa IV Sezione (cfr. nn. 156/2009; 4239/2003; 6512/2002). L'annullamento di un piano attuativo a seguito di ricorso da alcuni proprietari non avrebbe assolutamente effetto nei confronti dei proprietari estranei al giudizio nei riguardi della dichiarazione di pubblica utilità, se non gravata né annullata, deve ritenersi pienamente efficace, così come il successivo decreto di esproprio.

L’assunto è fondato.

A parte il fatto che, come visto, il precedente del TAR (2.9.2009, n.4885) è stato annullato dalla Sezione con la ripetuta sentenza n. 4140/2012, in ogni caso, l'annullamento giurisdizionale di un piano urbanistico, a seguito di ricorso proposto da alcuni proprietari di aree in esso comprese, non ha effetti nei confronti degli altri proprietari estranei al giudizio. Per questi ultimi soggetti la dichiarazione di pubblica utilità riguardante i loro terreni (in quanto non annullata a loro pro) è pienamente efficace nei loro confronti, così lo è il successivo decreto di esproprio (cfr. Consiglio Stato sez. IV 15 gennaio 2009 n. 156; Consiglio Stato sez. IV 12 giugno 2009 n. 3694).

____ 3.§. A questo punto residua l'esame degli ulteriori motivi del ricorso introduttivo di primo grado riproposti dagli appellati ed assorbiti dal TAR .

____ 3.§.1. Del tutto erroneamente si assume la violazione dell'articolo 13 della legge n. 2359/1865, violazione fondante sulla tesi per cui i termini sarebbero stati tardivamente fissati solo con la delibera di Giunta comunale n. 119/2003, di approvazione delle opere di urbanizzazione (secondo motivo del ricorso introduttivo).

Al contrario, come già statuito dalla più volte ricordata decisione della Sezione sul P.I.P. in esame (cfr. Consiglio di Stato sez. IV n. 4140 più volte cit.) “…non trova alcuna giustificazione ai sensi dell'art. 13, L. 25 giugno 1865 n. 2359, l'indicazione dei termini per l'inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni, nel caso del piano per gli insediamenti produttivi, la cui approvazione ha ex lege l'effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste e ne fissa la durata in dieci anni, che costituisce anche il termine entro cui le previsioni del piano stesso devono essere attuate” (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 settembre 2004, n. 6055).

Si deve quindi ritenere che, correttamente, il Comune di Succivo non abbia indicato i detti termini, stante la tutela delle situazioni giuridiche della parte privata approntate direttamente dalla legge”.

.___ 3.2. Del tutto inconsistente è, poi, il terzo motivo originario, con cui si lamenta che l'amministrazione non avrebbe provveduto ad acquisire il preventivo parere del CTR, in violazione dell'articolo 12 della L. n. 87/1972 e della L.R. Campania n. 29/1975, pur trattandosi di una procedura pianificatoria di variante, in quanto non conforme al P.R.G. .

La disposizione concerne esclusivamente la programmazione urbanistica di primo livello, mentre qui, essendo stata esclusa la natura espropriativa della destinazione urbanistica, la destinazione a zona D era pienamente valida ed efficace, per cui deve escludersi che la delibera n.18/2002 dovesse essere considerata una variante al P.R.G. di pianificazione urbanistica.

___ 3.§.3. Nella medesima scia logica deve essere disatteso il quarto motivo originario, con cui si assume l'illegittimità dei provvedimenti impugnati per la mancata acquisizione del parere del Genio Civile, prescritto per i comuni in zona sismica ai sensi dell'art. 13 della L. n. 74/1964.

Nel caso in esame, non ricorreva al contrario alcun obbligo, ai sensi dell'art. 13 l. 2 febbraio 1974 n. 64, perché non si trattava di una variante al P.R.G., ma di un P.I.P. meramente attuativo di vincoli conformativi contenuti in un P.R.G. pienamente esecutivo.

___ 3.§.4. Del tutto infondato è poi il quinto motivo, sempre di primo grado, con cui si lamenta la mancata tempestiva comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento di cui all'articolo 7 della L. n. 241/1990, che sarebbe stata fatta non al momento dell’approvazione del progetto delle opere di OO.UU., dalla quale sarebbe derivata la dichiarazione di P.U., ma tardivamente dopo l’avvio della procedura ablatoria dei terreni.

L’assunto non può essere condiviso.

La comunicazione di avvio del procedimento, di cui all'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241, non è necessaria nel caso di approvazione del progetto delle opere di urbanizzazione; tale approvazione non determina la dichiarazione di pubblica utilità. Nel caso di un P.I.P. quest’ultima, infatti, discende esclusivamente dall’approvazione del piano attuativo.

Di qui la legittimità della comunicazione dell’avvio del procedimento al momento dell’apposizione del vincolo espropriativo notificato alla parte ricorrente nel 2004.

___3.§.5. Del tutto inconsistente è poi il sesto motivo del primitivo ricorso.

Qui non può rinvenirsi alcun il difetto di motivazione degli atti, sia perché non si erano affatto reiterati “vincoli urbanistici in variante sostanziale al PRG”, sia perché non vi è alcun elemento per poter affermare che non vi fosse interesse da parte di imprenditori.

___3.6. Sulla scia di quanto sopra (sub 3.§.4.), va respinto il terzo dei motivi aggiunti introdotti dagli appellati in primo grado. Dovendo escludersi la sussistenza di una variante, del tutto vanamente gli appellanti lamentano l'illegittimità del decreto di occupazione, che sarebbe stato preceduto da un avviso di avvio del procedimento diretto all'apposizione del vincolo notificato alla parte ricorrente solo nel 2004, che però non avrebbe in alcun modo riguardato la “procedura di variante del P.I.P.” in precedenza adottato del 2002.

Gli atti di adozione e approvazione del piano per insediamenti produttivi (P.I.P.) non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento ai proprietari delle aree interessate; e ciò sia perché il P.I.P. è un atto generale di pianificazione urbanistica per il quale tale necessità è esclusa dall'art. 13 l. 7 agosto 1990, n. 241, sia perché le norme procedimentali specifiche garantiscono comunque la partecipazione degli interessati attraverso la pubblicazione degli atti e la conseguente possibilità di presentare osservazioni.

Non essendoci stata alcuna “variante”, l’approvazione della stessa è stata correttamente portata a conoscenza degli interessati solo con il concreto insorgere del vincolo espropriativo.

___3.4. Non vi sarebbe stata poi, si torna ancora a lamentare, alcuna motivazione sul carattere d’urgenza dell'acquisizione delle aree interessate dai lavori della variante PIP in violazione dell'articolo 22 bis del d.p.r. n. n. 327/2001 e dell'articolo 3 della L. 241/1990

L’assunto non può essere condiviso.

La determinazione dell'Amministrazione, intesa a individuare i terreni da inserire nel piano per gli insediamenti produttivi, ai sensi dell'art. 27 L. 22 ottobre 1971, n. 865, è ancorata all’impossibilità di assicurare in altro modo il pubblico interesse allo sviluppo economico del Comune. Si tratta di una valutazione ampiamente discrezionale, che comunque afferisce allo stretto merito, insindacabile in sede di legittimità, fatti salvi palesi vizi logici o errori di fatto.

Comunque, nel caso di specie, le concrete prospettive di futura utilizzazione delle aree del piano, sia sotto il profilo dell'"an" che del "quantum", erano state indicate nella delibera n.12/2001, con cui si era dato atto dell’esistenza di numerose imprese prive di aree idonee.

___ 4.§. In conclusione l’appello è fondato e deve essere accolto, e per l’effetto in riforma della decisione impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Le spese, tuttavia, in considerazione della particolare complessità della situazione, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___.1. accoglie l'appello, come in epigrafe proposto; per l'effetto, in riforma della decisione impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

___.2. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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