Wednesday 20 June 2012 10:56:40
Giurisprudenza Giustizia e Affari Interni
Consiglio di Stato
Oggetto del giudizio di appello, quale quello di fronte al Consiglio di Stato, è la sentenza di primo grado, non già il provvedimento impugnato in quel giudizio. L’appello, pertanto, che assume i tratti di un’impugnazione e non di un gravame, non può consistere in una generica contestazione dell’erroneità della sentenza, poiché non può tradursi in un mero riesame della stessa questione trattata dal TAR quanto – necessariamente – in una critica alla sentenza di primo grado. All’appellante non è, quindi, consentito riproporre le medesime censure dedotte dinanzi al TAR, senza una specifica contestazione delle conclusioni alle quali questo è pervenuto e delle argomentazioni che le sorreggono (cfr. Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3910; idem 19 giugno 2007, n. 3295). In altre parole, l’appello avverso la decisione di primo grado non può consistere nella mera riformulazione, dinanzi al Consiglio di Stato, delle censure prospettate con il ricorso di primo grado o in una mera riproposizione delle questioni e delle eccezioni articolate in quel grado. L’appello, piuttosto, deve contenere a norma dell’art. 101 c.p.a. “specifiche censure contro i capi della sentenza gravata”. Nel giudizio di fronte al Consiglio di Stato, inoltre, non possono trovare ingresso censure non prospettate dal ricorrente innanzi al TAR in base al noto divieto di ius novorum in appello come principio in base al quale non è consentito accedere, in secondo grado di giudizio, ad alcun ampliamento della domanda (cfr. Cons. St., sez. VI, 21.6.2011, n. 3715; idem 2.3.2011, n. 1303). Il divieto appena menzionato ha carattere assoluto e di ordine pubblico processuale e la relativa ratio promana dalla fondamentale esigenza di assicurare il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione e impone l’immutabilità della causa petendi introdotta in primo grado. L’effetto devolutivo dell’appello, oggi consacrato dall’art 104 c.p.a., dal quale discende il divieto — con le eccezioni ora previste dal c.p.a. — di porre nuove difese rispetto a quelle formulate innanzi al primo giudice, assicura che l’oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata (cfr. Cons. St., sez. V, 24.4.2009, n. 2588).
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