Thursday 02 January 2014 18:03:52
Giurisprudenza Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V
Nel giudizio in esame il TAR per la Puglia, riteneva fondata la prima delle censure articolate nel ricorso introduttivo del giudizio, con la quale la ricorrente lamentava che la competenza a deliberare il recesso dalla convenzione in essere con la ricorrente spettasse al Consiglio e non alla Giunta. Dall’illegittimità delle gravate delibere di Giunta, il Giudice di prime cure faceva poi discendere l’inefficacia della disdetta, qualificata come atto di natura paritetica non provvedimentale dal momento che interviene in fase di esecuzione di un rapporto regolamentato da un atto di natura certamente negoziale, ancorché “inglobato” nell’atto concessivo. Il Consiglio di Stato non ha per contro condiviso la sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che le delibere di Giunta comunale impugnate siano illegittime per difetto di competenza sotto il profilo che simili atti dovevano essere adottati dal Consiglio comunale in ragione di quanto disposto dall’art. 42, comma 2, lett. b) e lett. l) del D. L.vo 267/2000. Un simile assunto risulta, infatti, destituito di fondamento, poiché l’art. 42, d.lgs. 267/2000, delimita la competenza del Consiglio comunale agli atti fondamentali, tassativamente indicati, nella misura in cui si traducono nell’espressione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, mentre la Giunta ha una competenza generale e residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 338 del 2012; sez. V, n. 6982 del 2010; sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6358; sez. V, 31 gennaio 2007, n. 383; sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058). Dal punto di vista strettamente formale osserva poi il Collegio che nessuna delle disposizioni di cui si compone il menzionato art. 42 fa riferimento all'attività di disdetta di convenzioni concessorie stipulate con privati. Ma anche dal punto di vista sostanziale la tesi della società cooperativa non può essere recepita: non può riconoscersi, infatti, agli atti di indirizzo adottati, quel carattere di rilievo generale, che invece, deve caratterizzare gli atti di indirizzo di competenza consiliare. Analogamente il Consiglio di Stato è già intervenuto in materia di servizi pubblici riconoscendo la competenza del Consiglio comunale esclusivamente in ordine all'organizzazione dei servizi stessi ed agli atti espressione della funzione di governo con esclusione di quelli gestionali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2324); lo stesso è a dire in materia di appalti pubblici, dove la competenza consiliare si è fatta discendere dall'applicazione di un doppio criterio selettivo: essere la gara non attuativa di precedenti atti fondamentali (approvati dal consiglio) e non rientrare nella ordinaria amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 2005, n. 5668); ovvero in materia di alienazioni ed acquisiti immobiliari, dove si è fatta rientrare nella competenza del Consiglio comunale l'approvazione dell'acquisto isolato di un immobile di interesse culturale gravato da prelazione, in quanto la giunta comunale aveva operato al di fuori di qualsiasi indirizzo espresso dal consiglio in materia, ed anzi in contrasto con la delibera consiliare che aveva stabilito le modalità per l'attuazione del programma di acquisto di alloggi di edilizia residenziale pubblica (cfr. sez. IV, 24 giugno 2002, n. 3430, impropriamente richiamata a sostegno della propria tesi dalla società appellante).Facendo applicazione di tali principi è evidente che nella specie non ricorreva la competenza dell'organo consiliare, perché gli atti di indirizzo adottati dalla Giunta, rientrano nell’esecuzione della convenzione concessoria, che già espressamente prevedeva il potere di disdetta. Si tratta, pertanto, di una questione di mera esecuzione di una convenzione già in fieri, per la quale non si giustificherebbe l’intervento dei poteri di indirizzo del Consiglio comunale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale **** del 2009, proposto da:
Comune di Bitritto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Paparella, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 5;
contro
Cooperativa Scals S.r.l., in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Paccione, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA – BARI - SEZIONE III, n. 30 del 14 gennaio 2009.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Maria Grazia Picciano su delega dell'avvocato Francesco Paparella e Luigi Paccione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il presente gravame trae origine:
a) dal ricorso principale proposto dalla Cooperativa Scals S.r.l. per l’annullamento:
I) della deliberazione della G.M. n. 42 del 11.4.2007;
II) della nota dirigenziale n. 7380 del 09/05/2007, avente ad oggetto avvio del procedimento amministrativo di disdetta da convenzione di concessione;
III) della deliberazione della G.M. n. 80 del 02/07/2007;
IV) della nota a firma del Direttore Generale, nonché del Responsabile dei Servizi Finanziari prot. 10347 del 04/07/2007, con la quale é stata comunicata alla ricorrente la disdetta dalla convenzione di concessione in essere;
V) dell’ordinanza di sgombero prot. n. 15897 del 30.10.2008 a firma del Direttore Generale e del Responsabile del Servizio Finanziario del Comune di Bitritto;
VI) ed, in subordine, per l'accertamento e/o declaratoria di nullità del negozio unilaterale di disdetta del contratto di concessione di bene pubblico posto in essere dalla amministrazione comunale di Bitritto;
b) dai due ricorsi per motivi aggiunti proposti per l’annullamento:
VII) della ordinanza di sgombero 30/10/2008 prot. 15897;
VIII) nonché per l’accertamento e la declaratoria della nullità della convenzione rep. 835 del 16.6.1988, stipulata tra la ricorrente ed il Comune di Bitritto e della piena vigenza tra le parti del rapporto contrattuale di concessione di suolo pubblico in forza della convenzione rep. 1053 dell’08/07/1994.
2. Il primo Giudice, con la sentenza oggetto di gravame, annullava le delibere della Giunta del Comune di Bitritto n. 42 dell’11/04/2007 e n. 80 del 02/07/2007, la nota dirigenziale 09/05/2007 n. 7380, nonché l’ordinanza di sgombero 31/07/2008 n. 11047 e condannava l’amministrazione al pagamento delle spese processuali.
3. Il Tribunale amministrativo non accoglieva integralmente le richieste dell’originaria ricorrente ed, infatti, respingeva la domanda formulata nell’atto di motivi aggiunti, con la quale la ricorrente chiedeva accertarsi la nullità della convenzione stipulata il 16/06/1988 rep. 835. Secondo il primo Giudice, in particolare il Comune non costituiva la concessione sul mapp. 1524, pertanto, non poneva in essere atti di disposizione su beni altrui. Peraltro, ove pure il mapp. 1524 fosse stato inserito, sin dall’origine, tra i beni costituiti in concessione, ciò non avrebbe comportato la nullità del relativo atto: come desumibile dagli artt. 1479-1480 c.c., nel nostro ordinamento vige il principio per cui gli atti dispositivi su beni altrui sono validi e generano effetti obbligatori, e precisamente obbligano il disponente a procurarsi la proprietà o il diverso diritto reale che rende l’atto dispositivo conforme al principio “nemo plus juris quam ipse habet transferre potest”: l’inadempimento a tale obbligo dà però luogo a responsabilità contrattuale e non a nullità del contratto. La convenzione 16/06/1988 veniva valutata come valida ed efficace e rispetto ad essa la convenzione 08/07/1994 svolge una funzione meramente integrativa. La prima scadenza del rapporto é quindi venuta a maturare il 13/07/2003, la seconda il 13/07/2008, e conseguentemente la disdetta oggetto del presente giudizio é stata tempestivamente inviata.
3.1. Il TAR per la Puglia, invece, riteneva fondata la prima delle censure articolate nel ricorso introduttivo del giudizio, con la quale la ricorrente lamentava che la competenza a deliberare il recesso dalla convenzione in essere con la ricorrente spettasse al Consiglio e non alla Giunta, con assorbimento di ogni ulteriore censura articolata a sostegno della illegittimità degli atti impugnati. Dall’illegittimità delle gravate delibere di Giunta il Giudice di prime cure faceva discendere l’inefficacia della disdetta del 04/07/2007, qualificata come atto di natura paritetica non provvedimentale dal momento che interviene in fase di esecuzione di un rapporto regolamentato da un atto di natura certamente negoziale, ancorché “inglobato” nell’atto concessivo. La natura negoziale della disdetta, a giudizio del TAR non impedisce, però, che essa, in quanto proveniente da un soggetto pubblico, debba poggiare su ragioni di pubblico interesse, la cui sussistenza doveva essere attestata, per i motivi sopra esposti, dal Consiglio Comunale. Né implica che essa sia indifferente ai vizi che affliggono l’atto presupposto, che però non sono causa di nullità. La domanda formulata dalla ricorrente in via subordinata nell’atto introduttivo del giudizio, tendente all’accertamento e/o declaratoria di nullità del negozio unilaterale di disdetta , domanda devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo in quanto afferente un rapporto concessorio (Cass. Civ. SS.UU. 11/05/1998 n. 4749; Cass. Civ. SS.UU. 19/07/1995 n. 7816), non veniva quindi essere accolta, giacché la disdetta 04/07/2007 in concreto comunicata alla ricorrente veniva qualificata non come nulla, ma inefficace. Quanto alla ordinanza di sgombero 31/07/2008 n. 11047, il Giudice di prime cure rilevava che la relativa impugnazione dovesse considerarsi inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse, derivando, dalle statuizioni che precedono, l’automatica caducazione della ordinanza medesima, non eseguibile in presenza di disdetta improduttiva di effetti.
4. Con atto d’appello notificato il 6 maggio 2009, depositato il 14 maggio 2009, il Comune di Bitritto contesta la sentenza del primo Giudice, valutando come erronea la sentenza nella misura in cui non ha riconosciuto che la disdetta in quanto atto di gestione è di competenza della Giunta comunale e non ricade, invece, nella competenza del Consiglio comunale ex art. 42, comma, 2 lett. b), e lett. l) T.U. enti locali.
5. La Cooperativa Scals S.r.l. propone a sua volta appello incidentale autonomo, invocando l’accoglimento della domanda di accertamento della nullità della convenzione stipulata il 16/06/1988 e l’annullamento di tutti gli atti impugnati. Secondo l’originario ricorrente, infatti, alla data di concessione (16/6/1988) la particella n. 1254 non sarebbe stata in mano pubblica e, quindi, non poteva essere oggetto di concessione. Pertanto:
a) il contratto sarebbe nullo per contrarietà a norme imperative e per impossibilità dell’oggetto;
b) il rapporto con l’amministrazione comunale sarebbe sorto solo l’8 luglio 1994;
c) il termine quindicennale di validità scadrebbe il 7 luglio 2009;
d) sarebbe erronea la ricostruzione contenuta nella sentenza gravata che ritiene applicabili gli artt. 1479 e 1480 in materia di vendita di beni altrui alla concessione.
6. Con ordinanza del 25 giugno 2009, n. 3248, questo Consiglio respingeva la richiesta di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado.
7. Nelle successive memorie le parti reiteravano le proprie impostazioni, insistendo per l’accoglimento delle richieste in precedenza formulate.
8. In data 18 novembre 2013 l’amministrazione appellante depositava documenti.
DIRITTO
1. L’appello principale è fondato e merita di essere accolto, mentre va respinto l’appello incidentale.
2. Preliminarmente, occorre rilevare la tardività del deposito dei documenti da parte del Comune di Bitritto in data 18 novembre 2013, perché avvenuta oltre i termini previsti dall’art. 73, comma 1, c.p.a.
3. Non può essere condivisa la sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che le delibere di Giunta comunale impugnate siano illegittime per difetto di competenza sotto il profilo che simili atti dovevano essere adottati dal Consiglio comunale in ragione di quanto disposto dall’art. 42, comma 2, lett. b) e lett. l) del D. L.vo 267/2000. Un simile assunto risulta, infatti, destituito di fondamento, poiché l’art. 42, d.lgs. 267/2000, delimita la competenza del Consiglio comunale agli atti fondamentali, tassativamente indicati, nella misura in cui si traducono nell’espressione di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, mentre la Giunta ha una competenza generale e residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio o non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 338 del 2012; sez. V, n. 6982 del 2010; sez. IV, 11 dicembre 2007, n. 6358; sez. V, 31 gennaio 2007, n. 383; sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058).
3.1. Dal punto di vista strettamente formale è facile osservare che nessuna delle disposizioni di cui si compone il menzionato art. 42 fa riferimento all'attività di disdetta di convenzioni concessorie stipulate con privati.
Ma anche dal punto di vista sostanziale la tesi della società cooperativa non può essere recepita: non può riconoscersi, infatti, agli atti di indirizzo adottati, quel carattere di rilievo generale, che invece, deve caratterizzare gli atti di indirizzo di competenza consiliare. Analogamente questo Consiglio è già intervenuto in materia di servizi pubblici riconoscendo la competenza del Consiglio comunale esclusivamente in ordine all'organizzazione dei servizi stessi ed agli atti espressione della funzione di governo con esclusione di quelli gestionali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 2005, n. 2324); lo stesso è a dire in materia di appalti pubblici, dove la competenza consiliare si è fatta discendere dall'applicazione di un doppio criterio selettivo: essere la gara non attuativa di precedenti atti fondamentali (approvati dal consiglio) e non rientrare nella ordinaria amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 2005, n. 5668); ovvero in materia di alienazioni ed acquisiti immobiliari, dove si è fatta rientrare nella competenza del Consiglio comunale l'approvazione dell'acquisto isolato di un immobile di interesse culturale gravato da prelazione, in quanto la giunta comunale aveva operato al di fuori di qualsiasi indirizzo espresso dal consiglio in materia, ed anzi in contrasto con la delibera consiliare che aveva stabilito le modalità per l'attuazione del programma di acquisto di alloggi di edilizia residenziale pubblica (cfr. sez. IV, 24 giugno 2002, n. 3430, impropriamente richiamata a sostegno della propria tesi dalla società appellante).
Facendo applicazione di tali principi è evidente che nella specie non ricorreva la competenza dell'organo consiliare, perché gli atti di indirizzo adottati dalla Giunta, rientrano nell’esecuzione della convenzione concessoria, che già espressamente prevedeva il potere di disdetta. Si tratta, pertanto, di una questione di mera esecuzione di una convenzione già in fieri, per la quale non si giustificherebbe l’intervento dei poteri di indirizzo del Consiglio comunale.
4. Non può essere, invece, accolta la tesi dell’appellante incidentale che sostiene la nullità della convenzione stipulata con il Comune il 16/06/1988, così invocando una diversa decorrenza per l’atto di concessione, che inciderebbe sulla potestà dell’amministrazione di adoperare il potere di disdetta. È, infatti, evidente che nella suddetta concessione non viene indicata la particella n. 1254, quindi, non si può teorizzare alcuna disposizione di un diritto a non domino; né tantomeno una nullità della convenzione per contrarietà a norme imperative, poiché l’amministrazione comunale non ha violato alcuna disposizione di tal fatta. Fa fede, infatti, quanto contenuto nel testo della convenzione e non la planimetria allegata.
Inoltre, anche qualora una simile contingenza si fosse realizzata, la convenzione non sarebbe risultata nulla per impossibilità dell’oggetto, giacché l’oggetto del contratto non risulta impossibile, poiché sarebbe tale solo se il regolamento contrattuale non potesse trovare applicazione, circostanza quest’ultima smentita proprio dalla concreta esecuzione che ha avuto il provvedimento concessorio al quale la convenzione accedeva. Al più si sarebbe verificata un’ipotesi di errore essenziale che cade sull’oggetto del contratto (art. 1429 c.c.), e rende il contratto annullabile, ma non nullo. Quindi, la sua privazione di efficacia sarebbe dovuta avvenire su iniziativa di chi avesse prestato il consenso per errore entro l’ordinario termine quinquennale.
4.1. Pertanto, la successiva convenzione del 1994 non è l’unica convenzione validamente stipulata dalle parti, al contrario essa ha natura meramente integrativa di quella del 1988, sicché la decorrenza del termine di efficacia del contratto si dispiega da quest’ultima data. Conseguentemente, non sono fiondati i rilievi di illegittimità degli atti di disdetta posti in essere dall’amministrazione comunale di Bitritto, che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo Giudice, risultano essere pienamente legittimi ed efficaci.
5. Manifestamente infondate appaiono le censure ulteriori sviluppate dalla cooperativa, non risultando alcun errore o travisamento dei fatti (a fronte della accurata istruttoria effettuata dal Comune), o peggio sviamento di potere (ma al più un facilmente riconoscibile lapsus calami su una data indicata nella seconda convenzione integrativa del 1994) in ordine alla asserita volontà del comune di appropriarsi della tensostruttura installata sul suolo pubblico.
6. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni è giocoforza accogliere l’appello principale, respingere l’appello incidentale e rideterminare la disciplina delle spese del doppio grado di giudizio, che vengono liquidate in dispositivo in omaggio al principio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando:
a) accoglie l 'appello principale proposto dal Comune di Bitritto, respinge l’appello incidentale proposto dalla Cooperativa Scals S.r.l. e, per l'effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso principale e i due atti di motivi aggiunti proposti in primo grado;
b);condanna la Cooperativa Scals S.r.l. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida in euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente FF
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/12/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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