Sunday 02 February 2014 11:10:53
Normativa Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV
La censurata omissione deve essere valutata alla luce del principio per cui l'art. 10 bis della legge n. 241/1990, al pari delle altre norme in materia di partecipazione procedimentale, va interpretato non in senso formalistico, ma coerentemente con l'effettivo e oggettivo pregiudizio che la parte abbia subito in rapporto con la pubblica amministrazione in relazione all'oggetto controverso. Conseguentemente, l'omissione non è automaticamente causa dell'illegittimità del provvedimento finale, ma deve essere valutata alla luce del disposto dell'art. 21 octies della stessa legge n. 241/1990, secondo cui il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali che non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale, quando il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Cons. St. Sez. IV, 31.1.2012, n. 480; 28.1.2011, n. 679).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale ** del 2010, proposto da:
XXX XXX, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Funari, con domicilio eletto presso Antonio Funari in Roma, piazza Acilia, 4;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato , presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 07998/2009, resa tra le parti, concernente diniego riconoscimento infermita' dipendente da causa di servizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Funari e l'Avvocato dello Stato Bruni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, agente di polizia penitenziaria, ha proposto appello avverso la sentenza del TAR Lazio con cui è stato respinto il suo ricorso per l’annullamento del diniego di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di infermità consistenti nello scompenso psicopatologico e nell’ artrosi cervicale.
Premesso di essere stato esposto durante il servizio a condizioni di estremo disagio sia per gli agenti atmosferici che per le difficoltà nella custodia, ha censurato la sentenza di primo grado per avere respinto il motivo di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, a causa dell’omessa comunicazione dei motivi che ostavano all’accoglimento dell’istanza, e per incongruità ed infondatezza della motivazione della decisione circa l’insussistenza della causa di servizio, dal momento che i disturbi accertati troverebbero la loro origine eziopatologica nelle condizioni di particolare rigore climatico in cui aveva dovuto prestare servizio di sentinella, altrimenti inspiegabili in un soggetto della sua età (quarant’anni).Ha depositato consulenza di parte a riprova della sussistenza del nesso di dipendenza.
Si è costituito il Ministero della giustizia per resistere all’appello.
All’udienza del 5 novembre 2013, l’appello è stato trattenuto in decisione.
Va, per priorità logica, esaminato anzitutto il secondo motivo di appello.
Esso è infondato.
Invero, la valutazione del Comitato di verifica, dalla quale non si è discostata l’amministrazione, è esente dai vizi lamentati, consistendo in un parere medico-legale puntuale ed adeguatamente motivato, avuto riguardo alle risultanze mediche ed agli atti relativi al servizio prestato dal ricorrente.
Sono state, infatti, sufficientemente esaminate le condizioni ed i precedenti del servizio prestato dal ricorrente, escludendo la sussistenza del nesso eziologico, anche sotto il profilo della concausalità, rispetto all’insorgenza delle infermità, che sono state imputate, quanto allo stato psicopatologico, a situazioni contingenti capaci di scatenare una forma di nevrosi in soggetto con predisposizione, e quanto all’artrosi cervicale con discopatie, a fenomeni fisiologici degenerativi del tessuto connettivo, favoriti da microlesioni della cui verificazione durante il servizio non è emersa alcuna prova. Entrambe le patologie, quindi, sono state ritenute del tutto indipendenti dal tipo di servizio prestato.
Occorre, in merito, osservare che i giudizi degli organi medico legali ai fini dell’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio hanno connotati di discrezionalità tecnica, sottratta al sindacato di legittimità, salvo che per valutazioni che attengano alla irragionevolezza, incongruità o carenza di esaustività (Cons. St. Sez. IV, 14.4.2010, n. 2099), nella specie non riscontrabili.
Inoltre, secondo consolidati principi, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una malattia deve essere effettuato con un grado di consistente certezza e non sulla base di mere probabilità dell'esistenza di un nesso eziologico con la prestazione espletata (Cons. Stato Sez. V Sent., 7-11-2007, n. 5753; Cons. Stato Sez. IV, 26-09-2001, n. 5069), secondo l’esperienza. Non può, pertanto, annettersi il valore preteso dall’appellante all’elaborato peritale prodotto che – in disparte la sua provenienza - comunque annovera una serie di cause tra quella possibili, con un grado che va considerato di generica probabilità.
Non si ritiene, pertanto, accreditabile la sussistenza di un nesso eziologico fra le infermità insorte ed il servizio prestato, nel senso dell’illogicità del giudizio espresso dagli organi tecnici.
Dal rigetto del secondo motivo di appello discende anche l’infondatezza della prima censura, relativa all’omessa comunicazione del preavviso di rigetto.
Invero, la censurata omissione deve essere valutata alla luce del principio per cui l’art. 10 bis della legge n. 241/1990, al pari delle altre norme in materia di partecipazione procedimentale, va interpretato non in senso formalistico, ma coerentemente con l’effettivo e oggettivo pregiudizio che la parte abbia subito in rapporto con la pubblica amministrazione in relazione all’oggetto controverso. Conseguentemente, l’omissione non è automaticamente causa dell’illegittimità del provvedimento finale, ma deve essere valutata alla luce del disposto dell’art. 21 octies della stessa legge n. 241/1990, secondo cui il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali che non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale, quando il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Cons. St. Sez. IV, 31.1.2012, n. 480; 28.1.2011, n. 679).
Stante l’impossibilità per l’amministrazione di adottare un atto diverso da quello emesso, alla luce delle risultanze documentali, l’omessa comunicazione del preavviso di rigetto non può dar luogo all’annullamento del provvedimento.
In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese.
.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado .
Spese compensate .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Francesca Quadri, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il **/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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