Sunday 06 April 2014 20:57:45

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Accesso ai documenti: il rapporto di strumentalità tra l'interesse al buon andamento dell’attività amministrativa e la documentazione di cui si chiede l’ostensione

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 19.3.2014

Per consolidata giurisprudenza (Cons. St. Sez. IV, 30.11.2009, n. 7486; 28.9.2010, n. 7183; Sez. VI, 12.3.2012, n. 1403), l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso ai documenti amministrativi può consistere in una qualunque posizione soggettiva - ad esclusione del generico ed indistinto interesse al buon andamento dell’attività amministrativa - tale da configurare un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione; peraltro, detto rapporto di strumentalità deve essere inteso in senso ampio, essendo sufficiente che la documentazione richiesta costituisca in astratto un mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, mentre è da escludersi la dimostrazione che si tratti di prova diretta della lesione di tale interesse. Una volta accertata la strumentalità in senso ampio tra documentazione e difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, l’accesso ai documenti amministrativi è diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, indipendentemente dalla ammissibilità e fondatezza della domanda proposta nel giudizio diretta a far valere la situazione sottostante. Per continuare nella lettura della sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale *del 2013, proposto da:

Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

contro

Angelo Di Salvo, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Como, con domicilio eletto presso Sergio Como in Roma, via G. Antonelli, 49; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUATER n. 08482/2013, resa tra le parti, concernente diniego accesso agli atti - esclusione dal diritto di accesso alle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Angelo Di Salvo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Sergio Como e l'avvocato dello Stato Giustina Noviello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Premesso:

- che il dott. Vincenzo Di Salvo, magistrato ordinario in servizio presso la Corte d’Appello di Napoli, con istanza del 21.2.2013 ha chiesto l’accesso a: a) copia del decreto del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ai sensi dell’art. 3 bis del Regolamento interno del CSM, volto a stabilire i criteri per l’individuazione dei componenti supplenti della Sezione disciplinare del CSM; b) copia delle tabelle di composizione dei Componenti della Sezione disciplinare;

- che l’istante ha motivato la propria domanda assumendo la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante connesso alla necessità di difendere i propri interessi giuridici nel procedimento n. R.G. 4930/2011 pendente dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, volto a dimostrare la violazione degli artt. 6 della CEDU e 14 del Patto internazionale dei diritti politici (sotto il profilo del diritto dell’incolpato a non essere giudicato da un giudice che abbia già adottato decisioni in ordine alla medesima res iudicanda), relativamente alla trattazione del procedimento disciplinare n. 22/2008, conclusosi con la comminazione nei suoi confronti della sanzione della censura, per essere i Giudici della Sezione disciplinare che emisero la sentenza gli stessi che avevano rigettato la richiesta di non luogo a procedere per insussistenza dell’illecito, formulata dal Procuratore Generale della Corte di Cassazione;

- che con nota 14 marzo 2013, l’istanza di accesso è stata respinta, sul rilievo che “non avendo il richiedente allegato alcuna determinazione che dimostri quanto illustrato nella suddetta nota, non è possibile apprezzare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante che giustifichi l’accesso”;

- che il Tar Lazio ha accolto il ricorso diretto a far dichiarare l’illegittimità del diniego di accesso, ordinando al CSM di consentire al ricorrente l’accesso agli atti richiesti nella forma di legge;

- che il Consiglio Superiore della Magistratura ha proposto appello avverso la sentenza del TAR, chiedendone la sospensione dell’esecuzione, per violazione degli artt. 22 e ss. l. n. 241/1990 e per difetto di motivazione, assumendo la mancanza di prova del nesso accesso – diritto di difesa (all’uopo richiamando le sentenze che, nel corso del giudizio disciplinare, avevano ritenuto inesistenti i presupposti della ricusazione già avanzata dal ricorrente), l’irrilevanza della violazione dei criteri tabellari ai fini della validità dei provvedimenti adottati, l’erroneità dell’assunto del primo giudice che aveva negato la natura meramente strumentale dell’accesso riconoscendone la finalità di conseguimento di un autonomo bene della vita, la natura meramente esplorativa dell’istanza;

- che l’appellato si è costituito resistendo ai motivi di gravame e chiedendo la condanna dell’appellante al pagamento delle spese per lite temeraria;

- che alla camera di consiglio del 17.12.2013, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il Collegio, ravvisando i presupposti per la rapida definizione del gravame nel merito, ne ha data comunicazione alle parti, che non si sono opposte, ed ha trattenuto la causa in decisione;

2. Considerato che l’appello è infondato e deve, pertanto, essere respinto per i seguenti motivi:

- per consolidata giurisprudenza (Cons. St. Sez. IV, 30.11.2009, n. 7486; 28.9.2010, n. 7183; Sez. VI, 12.3.2012, n. 1403), l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso ai documenti amministrativi può consistere in una qualunque posizione soggettiva - ad esclusione del generico ed indistinto interesse al buon andamento dell’attività amministrativa - tale da configurare un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione; peraltro, detto rapporto di strumentalità deve essere inteso in senso ampio, essendo sufficiente che la documentazione richiesta costituisca in astratto un mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, mentre è da escludersi la dimostrazione che si tratti di prova diretta della lesione di tale interesse. Una volta accertata la strumentalità in senso ampio tra documentazione e difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, l’accesso ai documenti amministrativi è diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita, indipendentemente dalla ammissibilità e fondatezza della domanda proposta nel giudizio diretta a far valere la situazione sottostante;

- l’istante ha dato sufficientemente e plausibilmente conto, nella propria domanda di accesso, della strumentalità della documentazione richiesta (a) copia del decreto del Vice Presidente del consiglio Superiore della Magistratura ai sensi dell’art. 3 bis del regolamento interno del CSM volto a stabilire i criteri per l’individuazione dei componenti supplenti della Sezione disciplinare del CSM; b) copia delle tabelle di composizione dei Componenti della Sezione disciplinare) rispetto alle proprie esigenze difensive nel giudizio già instaurato (ed adeguatamente identificato mediante l’indicazione del numero di ruolo generale) presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, assumendone l’utilità per far valere la violazione del principio di imparzialità per mancato rispetto del diritto dell’incolpato a non vedersi giudicare dal medesimo giudice che abbia già adottato decisioni in ordine alla medesima res iudicanda; la pertinenza della documentazione non può essere, invero, messa in dubbio, essendo la lamentata lesione del principio di imparzialità connessa, secondo la prospettazione dell’istante, proprio alla composizione della Sezione disciplinare in occasione, rispettivamente, del giudizio sulla richiesta di non luogo a procedere e di quello sull’illecito del magistrato ed alle modifiche successivamente intervenute dei relativi criteri;

- in base ai principi dianzi richiamati, è estranea alle valutazioni operabili al fine di denegare l’accesso a documentazione richiesta per esigenze difensive quella sulla dimostrazione della fondatezza della posizione sottostante fatta valere in giudizio, essendo l’interesse rilevante per l’esercizio del diritto di accesso esclusivamente quello ad utilizzare i documenti per la difesa in giudizio, nella specie ampiamente dimostrato;

- conseguentemente, illegittimo deve considerarsi il diniego motivato sulla mancata dimostrazione di quanto illustrato dall’istante nella domanda di accesso, oggetto del giudizio dinanzi alla CEDU, e ciò indipendentemente dalla portata delle decisioni assunte dai giudici nazionali sulla medesima questione, dalla validità dei provvedimenti disciplinari adottati in eventuale violazione dei criteri tabellari, dalla giurisprudenza CEDU in materia di imparzialità del giudice, profili tutti questi che attengono al merito della controversia pendente dinanzi alla Corte Europea e non assumono alcuna rilevanza ai fini del diritto all’ostensione dei documenti richiesti;

- le spese devono essere poste a carico delle parti appellanti soccombenti, senza l’aggravio della responsabilità per lite temeraria - i cui presupposti non si ravvedono nella fattispecie - e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso in appello e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Condanna il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Ministero della Giustizia al pagamento, in solido, in favore dell’appellato delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Riccardo Virgilio, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 19/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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