Pubblicato il 01/03/2017

N. 00955/2017REG.PROV.COLL.

N. 06732/2010 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6732 del 2010, proposto dalla sig.ra Francesca Coppola, rappresentata e difesa dall'avvocato Lucio Filippo Longo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza della Marina, 1;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, sede di Roma, sezione I Ter, n. 8572/2009, resa tra le parti, concernente la ritardata assunzione di agente in prova e la richiesta del risarcimento del danno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2017 il Pres. Franco Frattini e uditi per le parti l’avvocato Lucio Filippo Longo e l'Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La signora Francesca Coppola ha impugnato la sentenza n. 8572 dell’11 settembre 2009, con cui il T.A.R. Lazio, sezione Prima Ter, ha respinto la sua richiesta di condanna del Ministero dell’Interno al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima esclusione dell’arruolamento della Polizia di Stato e dunque alla condanna a corrisponderle euro 15.493,71 per stipendi e accessori non percepiti a causa della ritardata assunzione, oltre interessi e rivalutazione.

L’appello è infondato.

L’Adunanza Plenaria di questo Consiglio ha chiarito, con sentenza n. 10 del 1991, che la “restitutio in integrum” agli effetti economici oltre che giuridici, spetta al pubblico dipendente solo nel caso di sentenza che riconosca l’illegittima interruzione di un rapporto già in corso e non anche di giudicato che dichiari illegittimo il diniego di costituzione del rapporto di lavoro.

La ricorrente, a seguito dell’annullamento del diniego di assunzione presso la Polizia di Stato, ha ottenuto, come doveroso, il riconoscimento della decorrenza ai fini giuridici dalla stessa data attribuita a coloro che nella stessa procedura di assunzione erano stati nominati tempestivamente.

Non può, invece, riconoscersi ai fini economici il diritto alla corresponsione delle retribuzioni per il periodo di ritardo nell’assunzione.

Tale diritto, in forza della sua natura sinallagmatica, presuppone necessariamente l’avvenuto svolgimento dell’attività di servizio (cfr. tra le molte, Cons. Stato, III Sez. , n. 1029/2015).

Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno, non può ritenersi che il mero dato dell’annullamento giurisdizionale della esclusione e dunque la ammissione e poi assunzione in servizio successiva (ma con la medesima decorrenza giuridica) rispetto a quella dei colleghi di concorso della sig.ra Coppola, sia sufficiente a costituire gli elementi che l’art. 2043 cod. civ. invocato stabilisce, ed in particolare l’ingiustizia del danno e la colpevolezza dell’Amministrazione, ai fini della responsabilità civile di quest’ultima.

La gravità ed ingiustizia del danno, inclusa la colpevolezza della parte resistente, devono essere dimostrate da chi fa valere la pretesa risarcitoria.

Nel caso in esame, l’ammissione al corso per agente in prova era stata provvisoria e la valutazione negativa dell’Amministrazione sui requisiti della concorrente, annullata dal T.A.R. Lazio con sentenza n. 12094/2000, non può presumersi – in difetto di alcuna prova a riguardo - come atto amministrativo colpevolmente o dolosamente arrecante un danno ingiusto alla candidata esclusa.

Non emerge, nella apodittica affermazione pretensiva dell’appellante, il richiamo di alcun fatto o circostanza da cui possa ragionevolmente desumersi l’elemento psicologico occorrente per integrare la domanda ex art. 2043 cod. civ.

Pertanto, l’appello deve essere respinto, con integrale conferma della sentenza impugnata.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, vista la mancata costituzione del Ministero dell’Interno.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, lo respinge.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente, Estensore

Francesco Bellomo, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Sergio Fina, Consigliere

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO