Pubblicato il 21/02/2017

N. 00780/2017REG.PROV.COLL.

N. 07294/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7294 del 2015, proposto da:
S.p.a. Beccani & Vannucchi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Andreani C.F. NDRNTN43S03G825M, Francesco D'Addario C.F. DDDFNC62S17D612L, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Comune di Prato, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Clarich C.F. CLRMCL57L21B885P, Elena Bartalesi C.F. BRTLNE70A68D612D, con domicilio eletto presso Marcello Clarich in Roma, viale Liegi 32;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 01002/2015, resa tra le parti, concernente diniego di condono e demolizione opere.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Prato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Antonio Andreani, Francesco D'Addario, Marcello Clarich e Elena Bartalesi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Beccani e Vannucchi s.p.a. ha impugnato il diniego (provvedimento n. 142216/BC) opposto dal comune di Prato sull’istanza di condono edilizio dell’edificio realizzato in assenza di titolo edilizio ad uso uffici a servizio dell’attività industriale svolta all’interno del complesso immobiliare produttivo di proprietà sito in Prato, via Galcianese.

Diniego motivato dal contrasto dell’immobile con l’art. 2, comma quinto, lett. c), l.r. Toscana n. 53/2004, e con la disciplina comunale della sanatoria edilizia straordinaria, trattandosi di manufatto avente destinazione d’uso non consentita nella zona dagli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della legge regionale.

2. Con due successivi ricorsi contenenti motivi aggiunti la società ha impugnato (data di deposito del ricorso 7 marzo 2014) l’ordinanza di demolizione nonché il successivo provvedimento di convalida (data di deposito del ricorso 2 ottobre 2014) adottato dal Comune contenente l’integrazione della motivazione dell’originario diniego di condono.

A fondamento delle impugnazioni, deduceva l’avvenuto accoglimento per silenzio assenso dell’istanza di condono in forza dell’infruttuoso decorso del termine biennale d’adozione d’atto espresso, oltre a censurare sotto il profilo formale e sostanziale i provvedimenti di demolizione e di convalida.

3. Il comune di Prato, costituitosi in resistenza, instava per l’infondatezza del gravame come articolato nel ricorso principale e nei motivi aggiunti.

4. Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. III, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti.

Richiamata la disciplina regionale di recepimento del condono edilizio (cfr. art. 5, comma 5, l.r. 20 ottobre 2004 n. 53)ritenuta ex se ostativa all’accoglimento dell’istanza di condono per silenzio assenso ed esclusa la rilevanza in presenza della radicale abusività del manufatto realizzato delle censure relative a vizi formali del procedimento, sul rilievo del contrasto dell’intervento con l’art. 2, comma quinto, lett. c), l.r. Toscana n. 53/2004, i giudici di prime cure respingevano le censure avverso il diniego di condono.

Motivavano il dictum affermando che l’edificio abusivo, oggetto di sanatoria straordinaria, avente destinazione industriale, insisteva in area che al momento dell’entrata in vigore della l.r. n. 53/2004 era ricompresa in zona destinata a verde ambientale e cioè sistema ambientale V - sub sistema V5, destinazione Vp (verde pubblico), all’interno della quale – fatte salve le attività preesistenti – “sono espressamente escluse le attività industriali”.

La natura vincolata dei provvedimenti in materia di abusi edilizi e i principi introdotti nell’ordinamento dall’art. 21-octies l. n. 241/1990, aggiungeva il Tribunale, deponevano per la sostanziale irrilevanza dei vizi formali dedotti dalla società ricorrente.

5. Appella la sentenza Beccani e Vannucchi s.p.a. Resiste il comune di Prato.

6. Alla pubblica udienza del 19.01.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

7. In limine lo scrutinio – prima ancora che del contenuto giuridico – formale e letterale dell’atto d’appello, in ragione dell’esposizione delle questioni in un atto di oltre 50 pagine redatto a caratteri ridotti ed articolato in 21 motivi di appello, palesa la parziale violazione dei doveri di sinteticità e chiarezza cui è informato, ai sensi dell’art. 3, comma 2, c.p.a. il processo amministrativo.

I motivi d’appello, a loro volta, sono accomunati nella rubrica delle censure, riproducenti tal quali i motivi d’impugnazione già dedotti in prime cure, dalla seguente stereotipata proposizione: “Erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato il motivo (n. 1, 2 e ss…) del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti”.

La deduzione delle censure ob relationem, sotto la veste formale d’impugnazione della sentenza, in realtà non è in linea con il principio di specificità dei motivi di censura espressamente previsto dagli artt. 40, comma 2 e 101, comma 1, del codice del processo amministrativo.

Tuttavia nella comparazione assiologica dei principi processuali richiamati con il diritto ad una pronuncia che definisca nel merito le questioni comunque dedotte, va data prevalenza a quest’ultimo sul rilievo che solo di recente (ossia dopo la redazione dell’atto d’appello) i principi di sinteticità e chiarezza hanno acquisito precettività processuale sì da prescrivere in caso di loro violazione la pronuncia di rito d’inammissibilità (cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 17 gennaio 2017 n. 964).

Nondimeno, per restituire un minimo d’organicità giuridica all’appello, i motivi d’appello vanno scrutinati per gruppi omogenei di censure proposte avverso altrettanti capi di sentenza.

8. Sicché sono appellati i capi di pronuncia relativi alla non applicabilità all’istanza di condono del silenzio assenso; alla sussistenza di motivazione del diniego di condono; alla sostanziale doverosità del provvedimento di demolizione; ed infine alla legittimità dell’atto di convalida.

Nell’ordine.

9. L'art. 5, comma quinto, l.r. 20 ottobre 2004 n. 53 sul condono ha fissato in due anni dalla data di presentazione dell’istanza il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento iniziato a istanza di parte, senza affatto qualificare l’inerzia del Comune come silenzio – assenso.

La Giunta regionale in continuità (delibera n. 1158 del 15 novembre 2004) ha precisato in proposito che «il procedimento di sanatoria dovrà concludersi con un atto esplicito, di accoglimento della domanda e quindi di rilascio del titolo edilizio richiesto, o di diniego. Nel caso in cui il Comune risulti inadempiente dopo i due anni dalla presentazione della domanda, ferma restando la non perentorietà del termine stesso e quindi la possibilità di adottare il provvedimento finale anche dopo lo spirare del biennio, gli interessati potranno reagire all'inerzia del Comune nelle forme previste dall'ordinamento”.

Contrariamente a quanto supposto nel motivo d’appello, il silenzio serbato dal Comune, lungi dall’essere qualificato assenso tacito, conserva la natura d’inadempimento (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. VI, 17 dicembre 2013 n. 6042), sanzionabile nelle forme e con i rimedi appositamente previsti dall’ordinamento pubblicistico.

10. Sulla motivazione del diniego di condono, è dirimente la littera legis dell’art. 2, comma quinto, lett. c), l.r. n. 53/2004: il manufatto realizzato, siccome in manifesto contrasto con la destinazione d’uso impressa alla zona d’insediamento dagli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’entrata in vigore della legge regionale, non è condonabile.

L’area di sedime è infatti ricompresa in zona destinata a verde ambientale e cioè (a) sistema ambientale V - sub sistema V5, destinazione Vp (verde pubblico): l’estratto del Piano strutturale prodotto in giudizio restituisce (anche iconograficamente) il divieto d’insediamento di manufatti industriali, oltre quelli già preesistenti.

Vale a dire che l’omessa indicazione nel diniego della disciplina urbanistica compendiata nel sottoinsieme V5, su cui s’incentra la censura, è supplita dall’evidenza grafica della disciplina di zona, conoscibile dalla ricorrente all’atto della presentazione della domanda di condono.

11. A corollario, venendo alle censure proposte avverso l’atto di convalida formulate sul registro dell’illegittima integrazione postuma della motivazione disposta dal Comune, va rilevato che la ricorrente non ha interesse a censurare la motivazione del diniego, poiché la preclusione al condono scaturisce autonomamente da specifica previsione legge e dalla disciplina urbanistica dell’area –ex ante conoscibile – in cui l’edificio abusivo ricade.

Sicché il motivo aggiunto (depositato il 2.10.2014), col quale è stato censurato l’atto di convalida, va dichiarato improcedibile.

12. Quanto all’ordinanza di demolizione e all’omessa valutazione dell’affidamento maturato in capo alla società in forza del decorso di 18 anni dalla realizzazione del manufatto, va data continuità all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, a mente del quale la consapevolezza della natura abusiva degli interventi edificatori, è antitetica alla tutela dell’affidamento. Tutela che, in ogni caso, dovendo fondarsi su un affidamento legittimo è in apicibus temperata dalla natura dovuta dei provvedimenti adottati nell’esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo dell’attività edilizia (cfr., Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013 n. 3847).

13. In aggiunta, il radicale contrasto con la disciplina urbanistica e le caratteristiche strutturali del manufatto depongono univocamente per l’insussistenza dei presupposti richiesti per l’adozione della sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria.

Per un verso, l’intervento edilizio è incompatibile con gli strumenti urbanistici vigenti – per contrasto con il P.R.G. e con gli artt. 53 e 15 del Regolamento urbanistico che non ammettono interventi eccedenti la manutenzione straordinaria; per l’altro, la demolizione del manufatto, per le sue oggettive caratteristiche morfologiche di realizzazione, non compromette la statica di alcun edificio collegato e legittimamente realizzato di cui è parola all’art. 134, comma 2, l.r. n. 1 del 2005 per subordinare la conversione della sanzione ripristinatoria con quella pecuniaria.

14. Da ultimo, le dimensioni del manufatto, l’incremento di volume e di superficie utile ed infine l’incidenza sui carichi urbanistici della zona non consentono di qualificare l’intervento come opera pertinenziale.

A tacer d’altro, l’art. 79, comma secondo, lettera e), l.r. n.1 del 2005, richiamato dall’appellante – di cui alla sanzione pecuniaria prevista all’articolo 135, comma primo, l. r. cit. – fa riferimento ai casi di solo incremento di volume e non anche, come nel caso in esame, di superficie utile.

15. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

16. Le spese di lite del presente grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Beccani e Vannucchi s.p.a. al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del comune di Prato che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Carlo Deodato, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Oreste Mario CaputoLuciano Barra Caracciolo
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO