N. 06388/2015 REG.RIC.

N. 01862/2016REG.PROV.COLL.

N. 06388/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6388 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Vibo Valentia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avv. Bruno Anello, Pietro Proto, con domicilio eletto presso Maria Ida Orefice in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 36;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 00173/2015, resa tra le parti, concernente informativa interdittiva antimafia;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2015 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Vavalà su delega degli avvocati Anello e Proto e l’avvocato dello Stato Vitale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La società -OMISSIS-, agiva in giudizio dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria per l’annullamento dell’informativa antimafia della Prefettura di Vibo Valentia per violazione di legge. La società nel ricorso di primo grado affermava che:

- non era destinataria dell’informativa per fatti alla stessa ricollegabili, ma per fatti ricollegabili alla condotta di altra società della quale era socio accomandatario il suo amministratore e che quindi l’eventuale destinatario della misura doveva essere la -OMISSIS- e non la -OMISSIS-;

- che i procedimenti iniziali del 2006 riguardavano denunce della moglie dell’amministratore;

- che il fatto riguardava microspie che lo stesso amministratore aveva posto nella macchina della moglie minacciando di pubblicarle se lei non avesse rinunciato al giudizio di separazione e all’assegno di mantenimento;

- che il Tribunale del Riesame in data 20.6.2013 aveva demolito l’impianto accusatorio, affermando che non vi era alcuna motivazione con riferimento alla situazione del ricorrente; che il decreto risultava privo di motivazione con riferimento alla situazione del ricorrente;

2. - Il TAR accoglieva il ricorso rilevando che l’informativa interdittiva si fondava su due fatti. Il primo di essi concerneva una risalente denuncia per violazione di norme sulla privacy e per estorsione, cognizione, interruzione e impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche. Tale denuncia, concernendo i rapporti tra il soggetto interessato e la moglie, secondo il TAR, deve considerarsi irrilevante per l’individuazione dei presupposti per l’adozione della misura interdittiva, in quanto da essa non può emergere alcuna ipotesi di tentativo di ingerenza di associazioni mafiose nell’attività dell’impresa. Il secondo motivo dell’interdittiva è basato su una denuncia in data 7.3.2013 per associazione di tipo mafioso ex art. 416 bis ed ex art. 7 del d.l. n. 152/1991 per trasferimento fraudolento di persona giuridica ricollegabile a soggetto indiziato di uno dei reati previsti dall’art. 51-bis c.p.p., in un procedimento penale denominato -OMISSIS-. Il fatto ascritto all’amministratore della società ricorrente è rappresentato dalla fittizia attribuzione, alla società -OMISSIS- (della quale l’amministratore della ricorrente è socio accomandatario), di un’azienda o bene immobile avente a oggetto il commercio di supermercati, attività in realtà riconducibile ad altro soggetto che forniva le direttive della gestione. Con riferimento a tale secondo presupposto della interdittiva il TAR rileva che, in sede di riesame, il Tribunale di Catanzaro, Sezione seconda penale, ha ritenuto fondato il ricorso proposto dal -OMISSIS- per mancanza assoluta di motivazione, precisando che, nella pagina ad essa dedicata, non viene mai espressamente indicato il nome dello stesso né viene descritta alcuna motivazione sul fumus commissi delicti.. Il giudice del riesame in sede penale ha evidenziato che non è dato riscontrare alcun elemento investigativo idoneo a configurare astrattamente le fattispecie delittuose in contestazione. Allo stesso modo si osserva che anche la richiesta del p.m. risulta priva di alcuna indicazione specifica in relazione al -OMISSIS-. Il TAR conclude quindi accogliendo il ricorso per la l’insussistenza di adeguati elementi, anche di carattere indiziario, in ordine al pericolo di infiltrazione, necessario presupposto della interdittiva.

3. - L’Amministrazione resistente in primo grado ha impugnato la sentenza del TAR, sottolineando la gravità e la pertinenza dei reati per quali l’amministratore unico della società appellante è sottoposto a procedimento penale tuttora in corso. Essi infatti riguardano delitti commessi avvalendosi del potere intimidatorio di cui all’art. 416 bis e all’art. 7 del d.l. n. 152/1991 e concernenti il trasferimento fraudolento di valori e di persona giuridica ricollegabile a soggetto “indiziato” di uno dei reati previsti dall’art. 51, comma 3 bis, del c.p.p.. L’appello, dopo aver esposto dettagliatamente la vicenda che presenta i tipici connotati di attività ricollegabile a comportamenti mafiosi, osserva che la sostituzione dell’amministratore unico dopo l’emanazione della interdittiva con suo fratello, non fa venir meno le ragioni della interdittiva stessa per il suo evidente carattere elusivo e strumentale. D’altra parte è proprio l’avere affidato la guida della società ad un soggetto, che presenta evidenti controindicazioni, la ragione che giustifica la interdittiva nei confronti della società appellata. La sentenza impugnata è errata in quanto il TAR si è limitato irragionevolmente a dare rilievo alla circostanza del dissequestro del compendio azienda a seguito di una decisione del Tribunale del riesame, senza attribuire alcuna importanza al fatto, risultante dalla interdittiva, che l’amministratore unico della -OMISSIS- fosse indagato per essere stato fittiziamente intestatario di unità immobiliare dedicata ad attività commerciali in realtà riconducibili ad altro soggetto al fine di agevolare il riciclaggio dei proventi delle attività mafiose. Dopo l’atto di dissequestro sul quale si è soffermata l’attenzione del TAR, è seguito il rinvio a giudizio degli stessi soggetti per i reati sopraindicati.

4. -Questa Sezione del Consiglio di Stato ha accolto con la ordinanza n. 3799 del 27 agosto 2015 la istanza per la sospensione dell'efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di accoglimento del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla Amministrazione appellante, riservandosi di approfondire i fatti controversi in sede di merito anche alla luce del confronto tra le parti, non essendosi ancora in quella fase costituita in appello la parte appellata e ricorrente in primo grado. La ordinanza indica anche le ragioni per l’accoglimento della istanza cautelare, rilevando che le principali motivazioni della sentenza impugnata devono essere rivalutate alla luce del successivo rinvio a giudizio nell’ambito del procedimento penale richiamato dal provvedimento impugnato e che i fatti oggetto del suddetto rinvio a giudizio sono sufficienti a motivare il provvedimento impugnato, anche a prescindere da altri episodi che, pur concernendo rapporti familiari e privati, possono comunque divenire rilevanti nell’ambito di una valutazione complessiva.

5. – La società appellata si è costituita in giudizio in data 22 ottobre 2015 rilevando la inammissibilità dell’appello, che è una mera ripetizione o riproposizione delle questioni oggetto del giudizio di primo grado, senza sollevare specifici motivi di appello al di là della generica affermazione della erroneità della sentenza impugnata ovvero della semplice doglianza per il fatto che il TAR ha condiviso le censure dell’attuale appellante. Inammissibile, secondo l’appellato, ai sensi dell’art. 104 c.p.a. è infatti il solo elemento aggiuntivo, costituito dal richiamo al rinvio a giudizio dell’ex-amministratore unico della società appellata (avvenuto nell’ambito di un rinvio a giudizio collettivo, nel quale finiscono coinvolti onesti imprenditori solo per il fatto di operare in zone ad alta criminalità mafiosa). Infatti la ordinanza di rinvio a giudizio risale al 28 febbraio 2004, molto prima che la udienza di discussione del giudizio di primo grado si svolgesse. La difesa erariale aveva dunque l’onere di accertare in primo grado la situazione giudiziale e di sollevare tempestivamente l’eccezione in primo grado. In appello non sono ammissibili eccezioni nuove, salvo quelle sollevabili di ufficio ai sensi del richiamato art. 104 c.p.a.. Resta poi fermo che l’interdittiva doveva in ogni caso riferirsi alla -OMISSIS- e non alla -OMISSIS-, non bastando a motivare la estensione ad altra società di un provvedimento rivolto ad impedire infiltrazioni in un determinato organismo sociale il riferimento alla personalità dell’amministratore unico che presenterebbe controindicazioni, controindicazioni basate su fatti inesistenti come affermato in modo forte dallo stesso Tribunale del riesame.

6. - L’Amministrazione appellante replica contestando l’asserita inammissibilità dell’atto di appello per mancanza di motivi specifici, considerato anche che, in primo grado, non era stata neppure presentata memoria difensiva da parte della difesa erariale. Si contesta altresì in radice l’altro rilievo di inammissibilità sollevato dalla società appellata concernente l’asserita novità e tardività della “eccezione” consistente nel richiamo al rinvio a giudizio nel parallelo procedimento penale. Non si tratta infatti di una eccezione ma di un dato di fatto che non si può certo ignorare in quanto assai rilevante e non preso in considerazione dal giudice di primo grado. Questo elemento era già stato fornito dalla difesa erariale al giudice di primo grado, producendo la nota n. 109986/15 del 14.04.2015 del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Vibo Valenzia. Il TAR non ne ha tenuto conto e di ciò si è doluta l’Amministrazione nel suo gravame.

7. - La causa è stata discussa ed è passata in decisione alla udienza pubblica del 26 novembre 2015.

8. – L’appello è fondato.

8.1. – Alla luce delle informazioni correttamente fornite da entrambe le parti, in risposta alla sollecitazione loro rivolta con la ordinanza cautelare n. 3799 del 27 agosto 2015, in sede di merito questo Collegio intende confermare l’orientamento già espresso dalla stessa Sezione di questo Consiglio di Stato con la medesima ordinanza, riportata in precedenza.

8.2. - Non sono infatti condivisibili le censure per inammissibilità sollevate dalla società appellata con la memoria costitutiva presentata in data 22 ottobre 2015.

8.3. - Con riferimento alla prima censura relativa alla mancanza di motivi specifici nell’atto di appello, è la stessa memoria di parte appellata a dimostrarne la presenza e la consistenza con le pertinenti contestazioni che rivolge ad essi anche nel merito.

8.4. - Con riferimento alla seconda censura per inammissibilità per tardività e novità in appello della “eccezione” relativa all’avvenuto rinvio a giudizio della persona interessata nel procedimento penale, questo Collegio ritiene invece che il richiamo al rinvio a giudizio sia un contenuto appropriato dell’atto di appello che fa necessariamente leva proprio sul rinvio a giudizio per smentire la tesi avvalorata dalla sentenza del TAR, per la quale il giudice del riesame avrebbe definitivamente demolito l’accusa verso la persona in questione.

8.5. - Non ha alcun rilievo il fatto che il rinvio a giudizio preceda la sentenza impugnata. Il richiamo al fatto intervenuto è comunque ammissibile in appello, perché rappresenta una risposta del tutto pertinente a quanto affermato dalla sentenza del TAR impugnata dall’Amministrazione, che ha inteso dare un peso determinante ad uno specifico e precedente atto giudiziario sul quale richiamava l’attenzione la difesa della società appellante e che è stato considerato dal TAR preponderante rispetto a quanto affermato nel provvedimento impugnato. L’Amministrazione ha pertanto sostenuto che la decisione del tribunale del riesame su cui fa riferimento la difesa della parte ricorrente in primo grado e attuale appellata era stata da tempo superata da altro provvedimento dello stesso giudice penale, che aveva disposto il rinvio al giudizio. Ciò a prescindere dal momento in cui il rinvio è intervenuto e da qualsiasi verifica circa la effettività ai fini processuali della informazione prodotta in primo grado dalla difesa erariale con il mero deposito dalla nota della Guardia di Finanza n. 109986/15 del 14.04.2015.

8.6. - Non può considerarsi illegittima la estensione alla società -OMISSIS- della interdittiva motivata dalla posizione del suo amministratore unico presso altra società. Non è evidentemente irrilevante per le finalità che la interdittiva si propone nei confronti di società operanti sul mercato la personalità di chi viene preposto come amministratore unico alla operatività della società stessa.

8.7. - La sussistenza di un procedimento penale per fatti implicanti comportamenti atti a rivelare infiltrazioni mafiose nei confronti della persona investita delle funzioni di amministratore è per giurisprudenza costante indizio più che sufficiente a giustificare l’interdittiva. In associazione a tale elemento, ma anche a prescindere da esso, risultano comunque rilevanti e significativi fatti, ancorché risalenti, da cui può dedursi la propensione della stessa persona a comportamenti di indole criminale e intimidatoria tipicamente mafiosi anche nei rapporti familiari,

9. - In base alle considerazioni che precedono. l’appello dell’Amministrazione deve essere accolto e la sentenza del TAR conseguentemente riformata con respingimento del ricorso in primo grado.

10. - In relazione all’andamento del giudizio e al comportamento passivo della difesa erariale in primo grado, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese per entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge in ricorso in primo grado.

Spese compensate per entrambi i gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellata

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2015 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Dante D'Alessio, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.