N. 06047/2015 REG.RIC.

N. 01917/2016REG.PROV.COLL.

N. 06047/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6047 del 2015, proposto da:
Maurizio Bevilacqua, Guido Bevilacqua, rappresentati e difesi dagli avv. Federico Tedeschini, Daniele Granara, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, largo Messico, 7;

contro

Comune di Levanto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso Francesco Paoletti in Roma, viale Maresciallo Pilsudski Nr.118;
Responsabile Settore III Tecnico-Uff. Urbanistica e Edilizia Privata del Comune di Levanto;

nei confronti di

Olivia Canzio, Luciano Currarino, Luigi Lapucci, Paolo Lizza, Claudio Queirolo;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00461/2015, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire lavori di ristrutturazione- approvazione varianti al p.u.c. - ris danni


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Levanto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Tedeschini, Granara e Quaglia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il dr. Maurizio Bevilacqua è proprietario in Comune di Levanto di un complesso immobiliare costituito da un fabbricato rurale a civile abitazione, da un secondo fabbricato ad uso agricolo ( magazzino o fienile ), insistenti su un appezzamento di terreno di 25.515 mq.

Il medesimo, con istanza del 3 luglio 2008, allegando relativo Piano aziendale di miglioramento agricolo chiedeva il rilascio del permesso di costruire per l’esecuzione di opere di ristrutturazione del fabbricato rurale a destinazione residenziale nonché per la realizzazione di un nuovo fabbricato, allo scopo di consentire la presenza del proprietario e di un secondo lavoratore presso l’azienda agricola.

Il comune denegava il chiesto titolo ad aedificandum in ragione della non congruità dell’intervento rispetto alla disciplina del PUC in quanto “le giornate lavorative dell’azienda proposta non sono sufficienti a dimostrare nuova funzione residenziale in ragione delle esigenze aziendali produttive dei due nuclei familiari” .

L’interessato impugnava tale diniego innanzi al TAR della Liguria che con sentenza n. 964/2011 dichiarava inammissibile il ricorso .

Questa Sezione con sentenza n. 5188/2012 pronunziando sull’appello proposto avverso tale decisum, pur dichiarando ammissibile il ricorso di prime cure, lo respingeva nel merito posto che l’istanza edificatoria non giustificava la realizzazione di un fabbricato abitativo in aggiunta a quello già esistente per l’assenza di un altro soggetto avente la qualifica di imprenditore agricolo.

Intanto il Comune di Levanto con deliberazione consiliare n. 33 del 4 luglio 2011 adottava una variante al PUC vigente al dichiarato scopo di prevenire il degrado delle risorse territoriali e l’alterazione dei caratteri paesistici del territorio, con una serie di prescrizioni di tipo limitativo alla realizzabilità di manufatti residenziali in aree agricole.

Il dr Bevilacqua con ricorso n. 1175/2011 impugnava sempre innanzi al TAR della Liguria la delibera di approvazione della variante suindicata nonché con i motivi aggiunti la deliberazione consiliare n.44/2011 avente ad oggetto le determinazioni comunali in ordine alle osservazioni presentate nei confronti della detta variante.

Il medesimo poi con rifermento alla controversia già definita da questo Consiglio di Stato di cui sopra , con nota del 18/12/2012 chiedeva il riesame della domanda di edificazione , allegando la mutata condizione delle figure agricole presenti sul fondo in quanto anche il figlio Guido aveva conseguito la qualifica di imprenditore agricolo .

Il Comune respingeva la domanda di riesame e tale diniego veniva gravato davanti al Tar che con sentenza n. 563/2013 accoglieva il ricorso ritenendo fondata la censura inerente la violazione dell’obbligo di valutare i nuovi elementi addotti dai richiedenti.

Successivamente l’Amministrazione comunale nel riavviare il procedimento, con provvedimento 1 agosto 2013 respingeva nuovamente la richiesta di rilascio di permesso di costruire ritenendo che la stessa non fosse conforme alla disciplina del PUC vigente e a quella introdotta con la variante.

Con altro ricorso, rubricato al n. 1148/2013 gli interessati impugnavano anche tale ulteriore diniego e il TAR pronunciando sui due suindicati ricorsi, con sentenza n. 461/2015 li respingeva (perché infondati ) unitamente alla richiesta risarcitoria pure avanzata dai Bevilacqua .

Costoro con l’appello all’esame hanno impugnato tale decisum deducendone la erroneità sotto svariati profili.

In particolare a sostegno del proposto gravame sono stati dedotti due gruppi di censure ciascuno dei quali formulati rispettivamente in ordine al mancato accoglimento del ricorso n.1175/2011 avente ad oggetto l’impugnativa degli atti di approvazione della variante al PUC e del ricorso n. 1148/2013 proposto avverso il provvedimento con cui il Comune di Levanto si è determinato negativamente circa la richiesta di riesame di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.

Più specificatamente questi i motivi d’impugnazione dedotti con riferimento ai mezzi d’impugnazione denunciati col primo ricorso ( n.1175/2011) ad avviso di parte appellante ritenuti erroneamente non accolti:

Insufficienza di motivazione atteso che la delibera di approvazione della variante non riportala nota regionale che pure aveva espresso il suo avviso circa la non assoggettabilità alla procedura VAS;

Violazione e falsa applicazione dell’art.35 della l.r. 4/971997 n.36: eccesso di potere per difetto del presupposto , di motivazione e per contraddittorietà ed illogicità manifeste;

Violazione e falsa applicazione della legge regionale n.36/97 sotto altro profilo. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità ed irrazionalità manifeste. Violazione del principio di affidamento . Arbitrarietà. Sviamento.

Violazione e falsa applicazione dell’art.35 legge regionale n.36/97. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti e di motivazione. Violazione del principio di affidamento. Arbitrarietà. Sviamento;

Violazione e falsa applicazione dell’art.44 della legge regionale n.36/97 in relazione alla violazione dell’art.7 della legge n.241790. mancata comunicazione di avvio del procedimento ;

Illegittimità per mancata astensione di alcuni amministratori quali proprietari di terreni interessati alle nuove previsioni urbanistiche alla discussione e votazione della delibera impugnata;

Erroneità della decisione del TAR nella parte in cui ha ritenuto insussistente la dedotta illegittimità derivata degli atti impugnati con i motivi aggiunti;

Erroneità della sentenza del primo giudice per aver omesso di considerare l’affidamento maturato in capo ai ricorrenti in ragione della specificità della situazione vantata dagli stessi sigg.ri Bevilacqua in relazione al procedimento sin nell’anno 2008.

Quelli seguenti sono poi i motivi inerenti il mancato accoglimento del ricorso n.1148/ 2013 :

illegittimità degli atti ivi impugnati per contrasto con un provvedimento esecutivo reso con la sentenza del Tar Liguria n.563/2013 che aveva già sancito la illegittimità del diniego opposto dall’Amministrazione comunale ;

violazione e falsa applicazione degli artt.35, 36 della legge regionale n.36/97 e degli artt.31, punto 2 e 43 , punto 6.1 del PUC di le3vanto, in relazione alla violazione dell’art.1 del dlgs n. 99/2004: eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, di istrutto0ria, di motivazione . Sviamento

Violazione e falsa applicazione artt.35 e 36 l.r. n. 36/97 e degli artt. 31, punto 2 e 43, punto 6.1 del PUC di Levanto in relazione alla violazione dell’art.1 del dlgs n.9972004. Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, di istruttoria e di motivazione; sviamento. perplessità; indeterminatezza;

Violazione e falsa applicazione dell’art. 52 delle norme di attuazione al piano territoriale di coordinamento paesistico; eccesso di potere per difetto del presupposto e di istruttoria e per contraddittorietà ed illogicità manifeste;

Violazione e falsa applicazione artt.35 e 36 della l.r. n.36/97 e degli artt.31, punto 2 e 43 punto 6.1 del PUC. di Levanto in relazione all’art.1 del dlgs n. 99/2004: Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti , di istruttoria e di motivazione . Sviamento. Perplessità: Indeterminatezza;

Violazione e falsa applicazione dell’art.3 legge n.241/90; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti , di istruttoria e di motivazione e per illogicità ed irrazionalità manifeste; violazione del principio di partecipazione. Sviamento;

Violazione e falsa applicazione art.10 bis della legge n.241/90: eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, di istruttoria, e di motivazione e per illogicità, contraddittorietà ed irrazionalità manifeste;

Violazione e falsa applicazione degli artt.1 e 3 della legge n.241/90 ; violazione e/ elusione della sentenza Tar n.563/2013 e della sentenza del Consiglio di Stato n. 518872012; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti, di istruttoria, e di motivazione e per illogicità , contraddittorietà ed irrazionalità manifeste; sviamento

Parte appellante ha altresì formulato istanza di risarcimento danni nei confronti del Comune di Levanto in persona del Sindaco in carica e del Responsabile del Settore III Tecnico- Ufficio Urbanistica e Edilizia Privata per l’ ingiusto impedimento opposto in ordine a quanto chiesto di realizzare in base al progetto presentato.

Il Comune di Levanto si è costituito in giudizio contestando la fondatezza del proposto gravame, di cui ha chiesto la reiezione.

Le parti hanno quindi prodotto ad ulteriore illustrazione delle loro tesi apposite memorie difensive.

All’udienza pubblica dell’11 febbraio 2016 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Giunge alla decisione del Collegio l’appello avverso la sentenza n. 461/2015 con cui il TAR della Liguria , con riferimento ad una istanza di edificazione avanzata dagli attuali appellanti ha respinto i due ricorsi proposti in primo grado di cui : a) il primo rivolto avverso la variante PUC, intervenuta successivamente alla presentata istanza di rilascio di autorizzazione edilizia, che ha limitato le possibilità di edificazione; b) il secondo, diretto a veder annullato il diniego opposto in ordine alla domanda di riesame di richiesta di permesso di costruire.

In particolare la pretesa edificatoria riguarda un progettato intervento di realizzazione di un nuovo edificio oltrechè di ristrutturazione di quello già esistente in area destinata a zona agricola assoggetta a vincolo paesaggistico, al fine di soddisfare le esigenze dei nuclei familiari di due coltivatori o imprenditori agricoli principali, ritenute necessarie per assicurare la gestione dell’azienda agricola.

Ciò preliminarmente precisato, l’appello si rivela infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Procedendo in via logica alla disamina dei mezzi processuali rivolti avverso l’approvata variante al PUC, col primo motivo parte appellante deduce il vizio di violazione della procedura di approvazione non essendo stata esperita la verifica di assoggettabilità alla VAS.

La censura è da considerarsi infondata posto che nel procedimento di approvazione dello strumento urbanistico è intervenuta la nota prot. N. PG/2011/114150 dell’8 agosto 2011 con cui la Regione ha ritenuto la variante non significativa dal punto di vista ambientale , sottraendola alla procedura VAS e tale atto regionale non risulta peraltro sia stato fatto oggetto di impugnativa.

Neppure ci si può dolere di un preteso difetto di motivazione, trattandosi di deduzione di un vizio di legittimità introdotta ex novo in questa sede e come tale inammissibile.

Con le censure di cui al secondo e terzo motivo di appello viene denunciato il contrasto delle previsioni recate dalla variante al PUC con le disposizioni della legge urbanistica della Liguria , la n.36/97 , specificatamente con quelle recate dagli artt.35 e 36 in tema di edificazione in aree di produzione agricola.

Si sostiene che le prescrizioni di tipo limitativo introdotte dalla variante ( consistenti nella previsione della realizzazione di una sola residenza per il complesso aziendale ) sono illogiche e si pongono in contrasto con la normativa regionale all’uopo dettata che subordina il rilascio del titolo edilizio unicamente all’effettivo esercizio della pratica agricola e alla conservazione della destinazione residenziale- agricola del manufatto, condizioni certamente sussistenti in capo alla parte richiedente.

Le suillustrate critiche non colgono nel segno.

Il citato art. 35 prevede tra l’altro espressamente che “laddove la natura e le caratteristiche dell’attività stessa consentita dal PUC giustifichino l’esigenza di risiedere sul fondo, tale strumento urbanistico può altresì prevedere la realizzazione di manufatti residenziali distinti dai manufatti tecnici, con dimensioni commisurate all’attività agricola”.

Ora a ben vedere la prescrizione di tipo limitativo introdotta dalla variante non è in contraddizione con la normativa urbanistica in questione, ponendosi in linea con le “ garanzie” richieste dalla legge suindicata laddove questa richiede trattarsi di aree dove si svolga una “effettiva e documentata attività agricola”( vedi prima parte dello stesso art. 35) ,

La “restrizioni” introdotte dalla variante vanno a rafforzare le cautele in tema di edificazione in zona agricola ma ciò non è irragionevole, trattandosi di “ misure” assunte all’intuibile scopo di evitare in territori ad alta valenza paesistico- ambientale interventi speculativi penalizzanti di detti aspetti di tutela ma anche quelli di tipo agricolo in quanto i progettati interventi edilizi possono essere del tutto estranei alla coltivazione dei fondi.

Lamenta poi parte appellante la mancata valorizzazione delle aree boscate che ove computate giustificherebbero la chiesta creazione di altro fabbricato al servizio dell’intera area agricola.

Neanche tale profilo di doglianza appare convincente.

Invero anche a voler ritenere che l’attività di silvicoltura sia funzionale alla conservazione e protezione dell’assetto vegetazionale e idrogeologico dell’ area agricola, appaiono insuperabili le osservazioni del CTU rese sul punto, secondo cui la coltivazione del bosco richiede un numero di giornate lavorative ( 18, 5 all’anno ) di più che modesta consistenza , tale da non ritenere necessaria la presenza di un altro soggetto presso l’azienda agricola.

Col quarto mezzo di gravame parte appellante sostiene che illegittimamente la disciplina edificatoria introdotta con la variante al PUC ha compresso le sue aspettative, vantando in particolare, i sigg. ri Bevilacqua un affidamento al rilascio del titolo edilizio con la domanda di concessione del 3 luglio 2008, affidamento rafforzato dalle statuizioni in senso favorevole alla domanda contenute nella sentenza Tar n.563/2013.

L’assunto difensivo va disatteso.

A smentire la tesi in questione vale qui richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, secondo cui la presentazione di una domanda di edificazione non dà luogo a situazione di affidamento meritevoli di tutela come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di concessione edilizia o da una reiterazione di un vincolo scaduto ( Cons. Stato Sez. IV 6/8/2013 n.4150: idem 26/10/2012 n. 5492).

Inconferente poi si rivela il riferimento alle statuizioni contenute nella sentenza TAR n. 563/2013: in quella sede invero il primo giudice ha solo sancito l’obbligo di provvedere al riesame della domanda di edificazione alla luce di nuovi elementi prodotti dalla parte interessata, il che però non equivale certo a significare la sussistenza del “diritto ad edificare” come intenderebbe far valere parte appellante e neppure un affidamento qualificato ad ottenere il titolo edilizio.

Col quinto motivo d’appello si deduce la violazione dell’art.7 della legge n. 241/90 per mancato invio dell’avviso di avvio del procedimento.

Il denunciato vizio procedimentale non sussiste, tenuto conto che si è in presenza di una normativa di carattere generale , valida erga omnes e recata da un atto di pianificazione territoriale l’adozione del quale non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio di procedimento ( cfr ex multis Cons. Stato Sez.. IV 21/8/2013 n.4200).

Col sesto mezzo d’impugnazione viene denunciato il conflitto d’interesse inveratosi in capo agli amministratori posto che alcuni consiglieri hanno partecipato alla discussione e votazione della delibera di approvazione della variante al PUC pur essendo, i medesimi, proprietari di terreni siti in zona agricola.

La censura non merita positivo apprezzamento.

Ai fini della sussistenza dell’obbligo di astensione di cui all’art.78 comma 2 del dlgs n. 267/2000 occorre vi sia una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della delibera che sia va a discutere e votare e specifici interessi propri dei partecipanti alla seduta ( Cons Stato Sez. IV 21/6/ 2007 n.3385; idem 25/9/2014 n. 4806 ), ma nella specie parte appellante non dà adeguata contezza e nemmeno mezzi di prova in ordine al concreto vantaggio che la delibera avrebbe comportato in favore dei soggetti che si sarebbero dovuto astenere ( Cons. Stato Sez. IV 26/172012 n. 351)., non essendo sufficiente la generica circostanza relativa alla semplice condizione che alcuni consiglieri siano proprietari di fondi.

Ora la necessità di una più stringente situazione di concreta conflittualità si rende indispensabile allorchè come nel caso del genere si va ad approvare strumenti urbanistici disciplinanti la pianificazione di centri piccoli, dove la possibilità di essere proprietari di suoli interessati dalle previsioni dell’approvando strumento è particolarmente alta.

Inoltre avuto riguardo alla natura e contenuto delle previsioni di tipo restrittivo introdotte appare ragionevole escludere che siano potuti derivare dalla prescrizioni de quibus margini di oggettivo vantaggio per i consiglieri proprietari di terreni.

Quanto al settimo motivo d’appello con cui si denuncia il mancato accoglimento del vizio di illegittimità derivata dedotto con i motivi aggiunti avverso la deliberazione consiliare n. 44/2011( recante decisione sulle osservazioni ) è evidente che la infondatezza dei vizi di legittimità dedotti “ a monte” nei confronti della delibera di adozione della variante impedisce la configurabilità di una invalidità derivata “a valle”.

Va disattesa parimenti la censura di insufficienza e/o inadeguatezza della motivazione dedotta con l’ottavo motivo d’appello: secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, pienamente condivisibile, l’approvazione di strumenti urbanistici a contenuto generale, come quello qui in rilievo, necessita di una specifica motivazione solo se le relative previsioni incidano su situazioni assistite da uno specifico affidamento ( Cons Stato Sez. IV 6/8/2013 n.4150) condizione questa che nella specie, come sopra già evidenziato, non sussiste.

Vanno a questo punto passati in rassegna i motivi d’appello rivolti avverso il provvedimento originariamente impugnato in primo grado con il ricorso n. 1148/2013 con cui il Comune di Levanto si è rideterminato negativamente in ordine alla richiesta di riesame dell’istanza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica necessari per la realizzazione del progettato intervento edilizio.

Col nono mezzo d’impugnazione parte appellante rileva come in sostanza sarebbero state disattese le statuizioni rese dal Tar con la sentenza n. 563/2013 che già aveva sancito la illegittimità del diniego posto in ordine alla chiesta edificazione, per cui il “ nuovo” diniego va clamorosamente a disattendere il decisum in questione.

I dedotti profili di doglianza non sussistono.

Parte appellante amplia a dismisura la portata del dictum impartito dal giudice con la citata sentenza n. 563/2013 atteso che in quella circostanza il Tar si è limitato ad ordinare all’Amministrazione di ripronunciarsi sulla domanda di edificazione alla luce dei nuovi elementi prodotti dalla parte interessata, senza che con ciò abbia statuito sulla fondatezza della pretesa sostanziale avanzata dagli interessati e senza che abbia inteso additare al Comune un quale che sia iter procedimentale favorevole alla posizione dei sigg.ri Bevilacqua.

In concreto poi l’ Amministrazione si è conformata alle statuizioni del Tar procedendo ad una nuova istruttoria e determinandosi motivatamente sulla domanda de qua.

Ciò detto, con riferimento agli atri motivi d’impugnazione, quelli che vanno da 9) a 16) , va preliminarmente precisato che l’Amministrazione si è data carico all’indomani dell’input dato dal TAR con la più volte citata sentenza n.563/2013 di riesaminare la domanda di edificazione, vagliando detta istanza alla luce della disciplina del PUC vigente alla data di presentazione della istanza di riesame, come introdotta dalla variante oggetto di contestazione , rilevando la non conformità della domanda di edificazione a detta sopravvenuta normativa.

In particolare , il provvedimento che conclude il procedimento di riesame poggia su svariati rilievi di carattere ostativo e precisamente :

a) la presenza di norme di salvaguardia che vietano di realizzare più di un edificio residenziale su un fondo agricolo;

b) la mancanza di un numero di giornate lavorative sufficienti a dimostrare nuova funzione residenziale in ragione delle esigenze aziendali produttive;

c) l’utilizzo ai fini dell’asservimento delle aree boscate ;

d) il ricadere la progetta edificazione in regime paesaggistico ANI-MA secondo il vigente PTCP.

La determinazione negativamente assunta si fonda quindi su plurime, autonome ragioni giustificative , come sopra indicate alle lettere a)- d) e se così è, assume rilievo dirimente l’infondatezza, come meglio si dirà in prosieguo, delle censure mosse dalla parte appellante avverso le ragioni giustificative delle ragioni sub d) , specificatamente dedotte con il motivo n.12 ( che riecheggia il quarto motivo di gravame di primo grado ).

Sul punto la Sezione concorda con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in presenza di un provvedimento gravato sorretto da plurime ragioni, tra loro indipendenti e non contraddittorie, come nel caso de quo,il giudice ove ritenga infondate le censure indirizzate nei confronti di uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo di per sé a sorregerne e comprovarne la legittimità, ha potestà di respingere il ricorso sulla scorta di tale rilievo con assorbimento delle censure dedotto avverso gli altri capi del provvedimento ( ex multis Cons Stato Sez. IV5/7/2010 n. 4244; Cons Stato Sez. VI 17/10/2008 n. 3609; idem 18/5/2012 n. 2894).

Dunque l’assentibilità del progettato intervento è stata negata in ragione del regime paesaggistico “ ANI- MA” di cui al PTCP che grava sull’area de qua, di guisa che la progettata residenzialità sia pure in funzione ancillare alla conduzione dell’azienda agricola si pone in contrasto con i valori paesistici racchiusi ex se nella normativa di preservazione recata dal predetto regime di protezione delle bellezze naturali e paesaggistiche del luogo.

Parte appellante allo scopo di demolire il suindicato motivo di preclusione sostiene che il progettato intervento si pone in coerenza con la normativa paesistica di salvaguardia proprio perché è volto a conservare lo stato dei luoghi e ciò in linea con quanto previsto dall’art.52 delle norme di attuazione del PTCP.

La tesi però non coglie nel segno sol che si osservi che l’ultimo comma della predetta norma nel prescrivere il divieto di realizzazione di nuovi edifici fa salvi quelli consistenti in modesti interventi , in funzione dell’ obiettivo di assicurare una migliore fruizione ed un più razionale sfruttamento delle risorse produttive.

Nondimeno qui non si versa nell’ipotesi di deroga espressamente prevista dal normatore.

L’intervento di nuova costruzione residenziale comporta la realizzazione di un fabbricato su due piani aventi la superficie di circa 130 mq , con dimensioni cioè tutt’altro che modeste e tali da incidere significativamente sull’habitat circostante.

Di qui allora la non compatibilità paesaggistica della nuovo manufatto residenziale, il che da solo giustifica il diniego opposto al termine della procedura di riesame della domanda di edificazione.

Rimanendo assorbite, per quanto sopra esposto le censure di cui ai motivi 9), 10), 11) , 13, , rimangono da esaminare i profili di doglianza dedotti coi motivi sub 14, 15) e 16).

Con il primo dei detti mezzi si denuncia una carente e comunque non chiara motivazione del diniego , senza che i richiami normativi siano pertinenti con il progetto presentato.

Così non è.

Dalla lettura degli atti impugnati si rileva agevolmente come l’Amministrazione ha dato contezza dell’istruttoria svolta mettendo in evidenza l’esistenza di ragioni di tipo ostativo, costituite da circostanze di fatto e di diritto assolutamente intellegibili e pertinenti al caso di specie, al di là della fondatezza o meno del merito di tali rilievi, sicchè non pare si possa lamentare una non chiara motivazione dell’atto di diniego: la controprova è data proprio dalla accurata esplicazione delle tesi difensive pure sostenute dalla parte appellante a confutazione degli “ addebiti” di carattere preclusivo addotti dal Comune.

Col secondo mezzo d’impugnazione sopra citato parte appellante lamenta la non corretta applicazione della procedura seguita dal Comune, in violazione dell’art.10 bis della legge n.241/90 posto che l’Amministrazione nell’atto conclusivo avrebbe opposto ragioni ulteriori e diverse rispetto alle osservazioni fatte pervenire dalla parte privata.

La doglianza non coglie nel segno.

Il Comune di Levanto infatti all’indomani della sentenza del Tar n.563/2013 ha riavviato il procedimento di riesame e con la nota del 24 maggio 2013 ha comunicato i motivi ostativi , dovendosi dare atto che le ragioni preannunciate del diniego coincidono con quelle poste a fondamento del provvedimento conclusivo di cui alla nota prot.. n. 12113 dell’1 agosto 2013 che a sua volta si pronuncia proprio in relazione alle osservazioni fatte valere con la memoria endoprocedimentale del 10 giugno 2013.

Rimane l’ultimo motivo con cui si deduce la pretesa violazione del giudicato derivante dalle statuizioni contenute rispettivamente nella sentenza del Tar Liguria e nella decisione di questa Sezione n.5188/2012 : al riguardo valgono le osservazioni già formulate in sede di disamina dei motivi attinenti al primo dei ricorsi di primo grado fatti oggetto della qui impugnata sentenza.

Infine, va disattesa la domanda risarcitoria pure avanzata dalla parte interessata.

Non essendo infatti ravvisabili a carico del Comune di Levanto per gli atti emessi o la condotta tenuta gli estremi di una colpa d’apparato, ( condizione indispensabile cui correlare l’eventuale danno ingiusto suscettibile di ristoro), per l’assenza di un’attività illegittima, la pretesa di risarcimento appare improponibile ( cfr Cons. Stato Sez. VI 11/12/2013 n.5935).

Conclusivamente l’appello all’esame, in quanto infondato va respinto.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art.112 c.p.c. , in aderenza al principio sostanziale tra il chiesto e il pronunciato.

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

Quanto alle spese del presente grado del giudizio le stesse in ragione della peculiarità della vicenda all’esame possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)