N. 07234/2014 REG.RIC.

N. 04107/2015REG.PROV.COLL.

N. 07234/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7234 del 2014, proposto da:
Luigi Raffaele, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Crisostomo Sciacca, con domicilio eletto presso Giovanni Crisostomo Sciacca in Roma, Via di Porta Pinciana, 6;

contro

Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Francesco Pino;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 05821/2014, resa tra le parti, concernente mancato accoglimento dell'istanza di revoca delle dimissioni dalla frequenza del 9° corso di formazione per direttori tecnici della Polizia di Stato e di riammissione in servizio;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti l’avvocato Sciacca e l’avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, L.F., quale vincitore del concorso per titoli ed esami per 44 posti di direttore tecnico ingegnere della Polizia di Stato indetto con d.m. 2 febbraio 2010, era stato ammesso al relativo corso di formazione teorico-pratica presso la S.S.P., a decorrere dal 16 novembre 2011.

2. In data 21 novembre 2011 ha presentato una prima volta le dimissioni, adducendo motivi familiari, ma in data 2 dicembre 2011 le ha revocate. In data 20 gennaio 2011 ha nuovamente comunicato le dimissioni a far data dal 23 gennaio 2011; con istanza in data 24 gennaio 2012, L.F. ha nuovamente revocato le dimissioni, chiedendo di essere riammesso a frequentare il corso; tale dichiarazione è stata successivamente ribadita all’Amministrazione in data 26 e 31 gennaio 2012.

3. Tuttavia, con decreto prot. 333-E7245.ITC/31 in data 23 gennaio 2012, notificatogli il 9 febbraio 2012, L.F. è stato dichiarato dimesso e cessato dalla frequenza del corso di formazione.

Con separato provvedimento ministeriale n. 333-E/275.ITC/31 in data 2 febbraio 2012, notificato lo stesso 9 febbraio 2012, a L.F. è stato comunicato il mancato accoglimento dell’istanza di revoca delle dimissioni ed il diniego alla riammissione in servizio, in considerazione dell’ammissione al corso di formazione di altro candidato idoneo non vincitore del concorso.

4. L.F. ha impugnato detti provvedimenti dinanzi al TAR del Lazio, che, con la sentenza oggi appellata (I-ter, n. 5821/2014) ha respinto il ricorso, affermando che non vi è stata violazione dell’art. 21-bis della legge 241/1990 e dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale le dimissioni del pubblico dipendente possono essere revocate dall’interessato sino al momento in cui non gli sia stata formalmente comunicata la loro accettazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza. In particolare, il TAR ha affermato che:

(a) - il ricorrente non era ancora un pubblico dipendente ed il decreto di dimissioni è intervenuto prima della dichiarazione di revoca;

(b) – nel caso in esame si è in presenza di una ipotesi di ‘rinuncia’ ad un corso di formazione, disciplinato dal d.lgs. 334/2000, il cui art. 5 ( richiamato dall’art. 32, comma 4, a sua volta richiamato dall’art. 14 del bando di concorso), prevedendo che “Sono dimessi dal corso … i commissari che: a) dichiarano di rinunciare al corso; …”, in sostanza, fa derivare dalla ‘rinuncia’ al corso l’effetto automatico delle ‘dimissioni’, anche se la dichiarazione di rinuncia deve essere riscontrata dall’Amministrazione adottando un atto consequenziale (cfr. art. 5, c. 4), che determina la cessazione di ogni rapporto con l’Amministrazione (cfr. art. 5, c. 5); ciò è comprensibile, se si considera che ai frequentatori del corso di formazione è concesso un periodo di assenza non superiore ai 45 giorni ed è possibile far subentrare, in caso di rinuncia dei vincitori, altri candidati risultati idonei solo se è trascorso un lasso di tempo inferiore ai 45 giorni di assenze consentite (al candidato che subentra ad un frequentatore dimessosi, è imputato automaticamente un periodo di assenza che decorre dalla data di inizio del corso fino alla data della sua effettiva presentazione).

(c) – il rischio che un allungamento dei tempi possa pregiudicare l’ingresso al corso di un candidato al posto di quello rinunciante, si è corso anche nel caso in esame, posto che alla data del 20 dicembre 2012 erano trascorsi 40 giorni di svolgimento del corso, e che quindi dopo soli altri 5 giorni sarebbe risultato impossibile ammettere un candidato in sostituzione del ricorrente; pertanto, in considerazione della disciplina speciale applicabile, il provvedimento del 23 dicembre 2012 va considerato legittimo, anche se comunicato al ricorrente successivamente alla revoca della rinuncia al corso.

5. L.F. appella la sentenza, deducendo le censure appresso sintetizzate.

5.1. Ribadisce che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che il rapporto di impiego cessa con la comunicazione all’interessato dell’accettazione delle dimissioni, atto recettizio, e ne consegue che la revoca delle dimissioni può essere efficacemente fatta valere fino alla data di notifica dell’accettazione. Pertanto, l’unica data che assume rilevanza è quella della comunicazione del provvedimento, a nulla rilevando quella dell’emissione.

La distinzione tra ‘rinuncia’ e ‘dimissioni’ non è definita dalla legge e comunque non è condivisibile, poiché il caso in esame riguarda un’ipotesi di ‘dimissioni’, com’è confermato dall’epigrafe dell’art. 5 del d.lgs. 334/2000 (“Dimissioni dal corso di formazione iniziale”).

L’art. 21-bis della legge 241/1990, nell’affermare che l’efficacia del provvedimento limitativo della sfera giuridica decorre dalla comunicazione al destinatario, esprime un principio generale, che prevale sulla generica formulazione dell’art. 5, cit.

5.2. E’errato che dalla rinuncia consegua automaticamente la dimissione del rinunciante, dato che invece, ex art. 5, cit., commi 4 e 5, essa deve essere formalizzata in un provvedimento il quale soltanto determina la cessazione di ogni rapporto con l’Amministrazione.

5.3. Le esigenze individuate dal TAR a supporto della legittimità del provvedimento impugnato, di carattere meramente interno e organizzativo, non possono pregiudicare i diritti dell’appellante. Inoltre, il concorrente subentrato, F.P., è stato immesso nel corso in data 24 gennaio 2012, stesso giorno della revoca delle dimissioni dell’appellante (peraltro, comunicate alle ore 6,36 del mattino), e quindi il Ministero ha operato una vera e propria scelta tra la riammissione dell’appellante e l’ammissione di altro concorrente.

5.4. I richiamati principi della legge 241/1990 sono applicabili a prescindere dallo status giuridico dei soggetti interessati.

In ogni caso, è errato che l’appellante, in quanto ammesso al corso di formazione, non sarebbe un pubblico impiegato; viceversa, è indubbio che l’appellante avesse un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dall’inizio del corso di formazione, com’è attestato anche dalle buste paga, dal CUD, dallo stato matricolare e dagli attestati prodotti in giudizio, coerentemente del resto a quanto previsto dagli artt. 29 e 32 e dall’allegato - tabella 4, al d.lgs. 334/2000.

6. Il Ministero non si è costituito in appello, così come il concorrente subentrato F.P..

7. L’appello è fondato e deve pertanto essere accolto.

Anzitutto, è principio consolidato quello per cui il rapporto d'impiego, ivi compreso quello militare, cessa con la comunicazione all'interessato dell'atto di accettazione delle dimissioni che viene quindi catalogato come atto recettizio, con l'evidente corollario che la revoca di queste ultime può essere sempre fatta valere validamente ed efficacemente fino alla data di notifica dell'accettazione (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, IV, n. 4197/2013 e n. 3450/2012; V, n. 5384/2011; I, n. 2644/2010; CGA, n. 41/2014).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha ribadito detti principi anche di fronte a vicende in cui, come nel caso in esame, la revoca della rinuncia ed il provvedimento di dimissioni erano intervenuti nell’ambito di un corso di formazione.

In particolare, riguardo a corsi finalizzati all’immissione in ruolo come agenti o assistenti della Polizia di Stato, dopo aver richiamato la giurisprudenza sui limiti di revocabilità delle dimissioni del pubblico dipendente, si è affermato che non poteva impedire l’efficacia della revoca neanche la comunicazione che il provvedimento di dimissioni era in corso di perfezionamento (cfr. Cons. Stato, VI, n. 3968/2011 – relativo ad un corso disciplinato dall’art. 6-ter del d.P.R. 335/1982, come introdotto dall’art. 1, comma 4-bis, del d.lgs. 197/1995, disciplina del tutto analoga a quella dell’art. 5 del d.lgs. 334/2000); e che, viceversa, vale ad estinguere il rapporto la comunicazione del contenuto del provvedimento di dimissioni completo e comprensivo del numero di protocollo, se intervenuta prima della revoca della revoca delle dimissioni (VI, n. 7096/2005).

Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tali orientamenti.

Nel caso in esame, è pacifico che la revoca della rinuncia al corso sia intervenuta prima che il provvedimento di dimissioni (provvedimento che, in sostanza, nel procedimento delineato dall’art. 5 del d.lgs. 334/2000, quando consegue alla rinuncia del soggetto ammesso a frequentare il corso, equivale all’accettazione della rinuncia) venisse comunicato all’appellante.

Le ragioni che avrebbero indotto l’Amministrazione a disporre il subentro di un nuovo partecipante subito dopo aver adottato il provvedimento di dimissioni dell’appellante, legate all’ottimizzazione della partecipazione al corso, appaiono certamente commendevoli, ma non possono condurre ad obliterare la natura recettizia del provvedimento ed il conseguente spazio di tutela assicurata al diritto di revoca del destinatario.

Peraltro, per l’Amministrazione - al fine di assicurare la copertura del posto che si rendeva disponibile, senza dover rischiare di avere un partecipante in meno - sarebbe stato sufficiente comunicare all’appellante il provvedimento di dimissioni con sollecitudine (non tre giorni dopo, ma non appena la rinuncia era stata presentata).

8. Dall’accoglimento consegue, in riforma della sentenza appellata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento dei provvedimenti con esso impugnati.

9. Considerate le caratteristiche della vicenda procedimentale, si ravvisano giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto in primo grado ed annulla i provvedimenti con esso impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/09/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)