N. 04249/2015REG.PROV.COLL. N. 08936/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso in appello numero di registro generale 8936 del 2012, proposto da: contro Azienda Speciale Santa Lucia Fiere, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Barel, Luigi Manzi e Diego Signor, con domicilio eletto presso l’avvocato Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri n. 5; nei confronti di Diretto s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaello Capunzo e Guglielmo Conca, con domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2; per la riforma della sentenza breve del Tribunale amministrativo del Veneto, Sezione I, n. 01422/2012, resa tra le parti, concernente affidamento dei lavori di ristrutturazione e sistemazione dell'area ex filanda Ancillotto. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Speciale Santa Lucia Fiere e di Diretto s.r.l.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Chiara Pesce su delega dell'avvocato Lorenzo Anelli, Luigi Manzi, ed Emilio Toma su delega degli avvocati Raffaello Capunzo e Guglielmo Conca; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto, Li.Ta. Costruzioni s.p.a. impugnava il verbale di determinazione n. 7 del 4 ottobre 2012 con cui l'Azienda Speciale S. Lucia Fiere aveva approvato l'aggiudicazione provvisoria e definitiva dei lavori di "ristrutturazione e sistemazione dell'area ex Filanda Ancillotto", il verbale di gara del 21 settembre 2012 con cui la stazione appaltante aveva aggiudicato in via provvisoria l'appalto e la comunicazione in data 4 ottobre 2012 prot. n. 350, con cui le è stata comunicata l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, unitamente ad ogni atto annesso, connesso o presupposto La ricorrente sosteneva che il socio di maggioranza dell’aggiudicataria, titolare del 95% delle quote sociali, non aveva presentato la dichiarazione di cui all’art. 38, primo comma, lett. m ter), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in violazione di quanto espressamente richiesto dal punto 1 del disciplinare di gara. La ricorrente lamentava quindi la violazione delle norme sopra richiamate e rappresentava l’insanabilità dell’errore in cui era incorsa l’aggiudicataria, chiedendo quindi l’annullamento dell’aggiudicazione e la condanna della stazione appaltante ad aggiudicarle il contratto, dichiarando l’inefficacia del contratto ove stipulato in corso di giudizio, con il suo subentro in luogo dell’originaria aggiudicataria; in subordine, chiedeva il risarcimento dei danni subiti. Con la sentenza in epigrafe, n. 1422 in data 20 novembre 2012, resa in forma semplificata in esito alla discussione dell’istanza cautelare, il Tribunale amministrativo del Veneto respingeva il ricorso. 2. Avverso la predetta sentenza Li.Ta. Costruzioni s.p.a. propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 8936/2012, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado. Si è costituita in giudizio l’Azienda Speciale Santa Lucia Fiere, chiedendo la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso di primo grado non essendo stato impugnato il diniego di autotutela ovvero il rigetto dell’appello. Si è costituita in giudizio anche l’aggiudicataria Diretto s.r.l., chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale. Le parti hanno scambiato memorie. La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 9 luglio 2015. 3. L’appello principale è infondato; il Collegio prescinde quindi dall’esame delle questioni di ammissibilità sollevate dalle parti appellate. La questione controversa può essere riassunta nei termini che seguono. L’odierna appellante contesta l’ammissione alla gara d’appalto, meglio indicata al paragrafo 1, della Società appellata. E’ pacifico in causa che il socio di maggioranza, titolare del 95% delle quote sociali, dell’aggiudicataria, odierna appellata, ha omesso la dichiarazione di cui all’art. 38, primo comma, lett. m ter), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, espressamente richiesta dal punto 1 del disciplinare di gara. La stazione appaltante ha valorizzato il fatto che l’aggiudicataria ha presentato tutte le dichiarazioni necessarie, esclusa solo quella di cui ora di discute. L’Amministrazione ha quindi considerato la dichiarazione presentata dall’aggiudicataria solo incompleta ed ha esercitato nei confronti del concorrente il cosiddetto soccorso istruttorio, consentendogli di integrare la dichiarazione di cui si tratta. L’appellante considera partitamente le diverse dichiarazioni da presentare, per cui ritiene applicabile il principio secondo il quale il soccorso istruttorio non è ammissibile per integrare adempimenti totalmente omessi. Il Collegio condivide la ricostruzione operata dal primo giudice. Deve essere preliminarmente rilevato come non sia contestato il fatto che il socio di maggioranza dell’aggiudicataria di fatto non si trova nella situazione che, ai sensi dell’art. 38, primo comma, lett. m ter), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, comporterebbe la sua esclusione dalla gara. La circostanza è sostanzialmente ammessa dall’appellante, che ne sostiene l’irrilevanza. Tale opinione non può essere condivisa. Deve essere osservato che l’istituto del “soccorso istruttorio”, di cui all’art. 46 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è espressione del tradizionale principio della massima partecipazione alle gare d’appalto, necessaria per assicurare all’Amministrazione la massima concorrenza fra le imprese, e quindi il miglior risultato economico (in termini C. di S., VI, 30 aprile 2015, n. 2203). In tale ottica il legislatore con il citato art. 46 ha voluto evitare che l’aggiudicazione degli appalti avvenga sulla base di inutili formalismi, che sviano dal raggiungimento del miglior risultato sostanziale senza nulla aggiungere alla trasparenza dell’attività amministrativa. C. di S., III, 23 gennaio 2015, n. 293, che il Collegio condivide, ammette esplicitamente che il soccorso istruttorio può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti. Alla luce dei principi di diritto appena riassunti osserva il Collegio che, nel caso di specie, l’Amministrazione ha chiamato i partecipanti alla gara a predisporre una dichiarazione assai elaborata, che per il suo contenuto complesso si prestava ad errori di compilazione. Una volta accertato che l’odierna appellata non ha occultato alcuna circostanza significativa, trovandosi nelle condizioni di legge per partecipare all’appalto, l’incompletezza della sua dichiarazione è palesemente ascrivibile ad errore materiale. In tale situazione, non ammetterla a beneficiare del soccorso istruttorio avrebbe la conseguenza di affidare la conclusione del contratto ad adempimenti di mera forma, allontanando la conclusione del procedimento dal suo obiettivo, costituito dall’individuazione della migliore offerta. Giova sottolineare come i suddetti principi siano ulteriormente sottolineati nell’evoluzione legislativa successiva ai fatti di causa, in quanto l’art. 38, comma secondo bis, del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, introdotto dall’art. 39, primo comma, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, ha stabilito che “la mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte”. E’ evidente che “ratione temporis” nella presente controversia non è applicabile la sanzione prevista dalla norma appena riportata; la norma è peraltro espressione dell’evoluzione legislativa volta a privilegiare gli aspetti sostanziali delle vicende amministrative, nel solco tracciato dall’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Deve inoltre, “ad abundantiam”, essere rilevato che l’aggiudicataria ha espressamente dichiarato il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163. La stazione appaltante ha quindi immediatamente avuto a disposizione un atto dal quale si ricava anche la situazione personale del socio di maggioranza. Tale atto ulteriormente conferma la legittimità della decisione di ricorrere al soccorso istruttorio in modo da eliminare ogni possibile incertezza. Ancora, deve essere osservato che l’art. 3 del disciplinare di gara (dal titolo “Clausole espresse di esclusione e soccorso istruttorio”) non commina in modo univoco l’esclusione dalla procedura in relazione ad eventuali imperfezioni della dichiarazione richiesta al socio di maggioranza, mentre, di contro, commina l’esclusione in caso di mancato possesso dei requisiti di carattere generale. Infine, deve essere rilevato che la stazione appaltante ha proceduto a verificare in relazione a tutti i partecipanti alla gara l’eventuale presenza, sul casellario informatico consultabile presso l’Autorità di Vigilanza sui Contratti della Pubblica Amministrazione, di annotazioni ostative alla stipula del contratto ai sensi dell’art. 38 del codice degli appalti, più volte citato, accertando la loro insussistenza. La decisione di procedere al soccorso istruttorio è stata quindi preceduta da idonea istruttoria. Le argomentazioni dell’appellante non possono, in conclusione, essere condivise. 4. L’appello principale deve, di conseguenza, essere respinto; al rigetto dell’impugnazione segue il rigetto della domanda risarcitoria. L’appello incidentale presentato dall’aggiudicataria deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello principale n. 8936/2012, come in epigrafe proposto, lo respinge; dichiara improcedibile l’appello incidentale. Condanna l’appellante principale al pagamento di spese ed onorari del giudizio, che liquida in complessivi € 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge, in favore di ciascuna delle controparti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente Francesco Caringella, Consigliere Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore Doris Durante, Consigliere Nicola Gaviano, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 11/09/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.) |