N. 07971/2014 REG.RIC.

N. 01009/2015REG.PROV.COLL.

N. 07971/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7971 del 2014, proposto da:
Società Istituto Pacioli s.r.l. in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Lucio Sena, con domicilio eletto presso Luca Agliocchi in Roma, piazza Mazzini, 8;

contro

Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca in persona del ministro in carica, Ufficio scolastico regionale della Campania in persona del direttore in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III BIS n. 832/2014, resa tra le parti, concernente revoca parità scolastica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti l’avvocato Sena e l’avvocato dello Stato Basilica;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società Istituto Pacioli s.r.l. chiede la riforma della sentenza, in epigrafe indicata, con la quale il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto il ricorso presentato avverso il provvedimento dell’ufficio scolastico regionale della Campania dell’8 maggio 2013, recante revoca della parità scolastica dei corsi di studio tenuti dall’istituto stesso, e degli atti presupposti e conseguenti.

Espone l’appellante che l’istituto Luca Pacioli ha ottenuto lo status di scuola paritaria per gli indirizzi di studio tecnico commerciale, tecnico per geometri, istituto d’arte, tecnico industriale ad indirizzo elettronica e telecomunicazioni, liceo classico e liceo scientifico, e che fino al 31 luglio 2012 è stato gestito dalla società Centro Scolastico Luca Pacioli s.r.l.

Dopo tale data la predetta società ha ceduto ad un altro soggetto giuridico (la società Istituto Pacioli s.r.l.) il ramo d’azienda che si occupa dell’esercizio dell’attività scolastica paritaria, con ciò interrompendosi, a partire dall’anno scolastico 2012-2013, qualsiasi rapporto tra la società Centro Scolastico Luca Pacioli e l’ufficio scolastico regionale della Campania relativamente alla gestione degli indirizzi di studio della scuola paritaria.

Con nota del 6 novembre 2012 la società ricorrente ha comunicato all’ufficio scolastico regionale il cambio di gestione dell’istituto, ottenendo in riscontro il decreto dirigenziale 21 novembre 2012 di conferma delle preesistenti autorizzazioni al funzionamento in regime di parità.

Con il decreto direttoriale n. AOODRCA/3369/U dell’8 maggio 2013 l’Amministrazione scolastica ha revocato con effetto immediato lo status di scuola paritaria concesso agli indirizzi di studio dell’Istituto Luca Pacioli, in ragione dell’indagine condotta dalla procura della Repubblica di Torre Annunziata (NA), nell’ambito della quale l’istituzione scolastica è stata sottoposta a sequestro preventivo, e “tenuto conto pertanto, che sono venuti a mancare i requisiti richiesti dalla normativa vigente per il mantenimento della parità scolastica e che non sono più garantiti i principi di trasparenza, correttezza e legalità indispensabili per l’erogazione del servizio pubblico scuola”

Peraltro, il giudice per le indagini preliminari di Nola, su istanza del 14 maggio 2013 dell’amministrazione della società Istituto Pacioli, ha disposto il dissequestro e la restituzione dei locali e della attività relative all’istituto stesso, in ragione dell’intervenuta revoca della parità scolastica.

Il ricorso presentato dalla società e da singoli studenti avverso il decreto di revoca, e, mediante motivi aggiunti, avverso il provvedimento con il quale, in data 4 luglio 2013, il Ministero dell’istruzione ha disposto la sospensione della terza prova scritta di esame in tutte le commissioni, con conseguente annullamento di quelle già eventualmente svolte e i successivi e conseguenti atti ministeriali, è stato respinto dal Tribunale amministrativo del Lazio con la sentenza oggetto dell’appello in esame.

II) La sentenza, premessa la sopravvenuta carenza di interesse dei ricorrenti a coltivare i motivi aggiunti, dato che in data 7 ottobre 2013 l’Amministrazione ha autorizzato la conclusione degli esami di Stato, ha respinto il ricorso.

Il Tribunale amministrativo ha rilevato che il provvedimento di revoca è conseguente al sequestro preventivo disposto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Nola, e che il medesimo giudice, con provvedimento del 14 maggio 2013, ha disposto il dissequestro e la restituzione dei locali e delle attività relative all’istituto scolastico Luca Pacioli con la seguente motivazione: “ritenuto che con il provvedimento della parità scolastica sia venuto a cessare il pericolo di utilizzazione continuativa dell’Istituto per finalità illecite da parte degli indagati e che pertanto non appare opportuno procrastinare il vincolo esistente sui locali e sulle attività ivi in corso di svolgimento né pertanto procedere a nomina di nuovo amministratore”.

Peraltro, poiché la disponibilità di locali ed attrezzature didattiche idonei in relazione al tipo di scuola e conformi alla disciplina vigente in materia di igiene e sanità configura requisito imprescindibile per il riconoscimento nonché per la permanenza della parità scolastica, a fronte del venir meno del predetto requisito per effetto del richiamato provvedimento di sequestro preventivo, la revoca del riconoscimento già rilasciato all’istituzione scolastica si appalesa, secondo il Tribunale amministrativo, legittima, anche in ragione dell’inapplicabilità del d.m. n. 267 del 2007 (che prevede l’assegnazione di un termine per l’integrazione del requisito mancante) al caso di specie, in cui il requisito necessario per la permanenza della parità scolastica è venuto meno in virtù di un provvedimento cautelare eseguito dalla polizia giudiziaria, che ha determinato anche la legittimità dell’omissione delle regole partecipative.

III) L’appello proposto dalla società Istituto Pacioli è infondato.

La sentenza impugnata merita, innanzitutto, conferma nella parte in cui ha respinto i motivi relativi alla pretesa violazione degli obblighi partecipativi: per costante e condiviso principio, l'obbligo di avviso dell’avvio del procedimento amministrativo previsto dall'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 non sussiste quando manchi l'utilità della comunicazione, perché il provvedimento adottato non poteva avere altro contenuto, trattandosi di atto completamente vincolato, e quando l’urgenza di provvedere sia tale da imporre un’azione immediata. Entrambi tali presupposti ricorrono nella fattispecie in esame, nella quale l’indagine penale aveva evidenziato profili di reato tali da imporre addirittura il sequestro preventivo della struttura scolastica, allo scopo di impedire la protrazione dell’azione criminosa: è evidente che, in relazione alle esigenze così rappresentate, l’azione amministrativa legittimamente si è espressa con rapidità e conformemente alle esigenze emerse in sede penale.

Per ragioni analoghe non sussiste la violazione del d.m. n. 267 del 2007 e delle linee guida sopra richiamate, dal momento che in nessun modo la società ricorrente avrebbe potuto rimediare alla mancanza del requisito evidenziato nel provvedimento impugnato.

A questo proposito, giova sottolineare (ed è circostanza decisiva) che il decreto di revoca della parità scolastica non è motivato solo sul venir meno dei locali e delle attrezzature per effetto dell’esecuzione del sequestro, ma anche, e soprattutto, sulla considerazione che non sono più garantiti i principi di trasparenza, correttezza e legalità indispensabili per l’erogazione del servizio pubblico scuola, evidentemente in relazione ai medesimi fatti che hanno determinato l’indagine penale.

Peraltro, il provvedimento di revoca è intervenuto l’8 maggio 2013, quando effettivamente l’Istituto aveva perso la disponibilità dei locali per effetto del sequestro disposto dal giudice penale, locali dissequestrati solo il 14 maggio: la sentenza merita conferma, perciò, laddove rileva che il provvedimento impugnato in principalità ha tratto le doverose conseguenza dalla mancanza dei requisiti postulati dall’art. 1, comma 4, lett. b) della legge 10 marzo 2000, n. 62, secondo cui presupposto per la concessione della parità scolastica è “la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti”, disponibilità al momento non esistente.

Tale disponibilità, è vero, è tornata in essere alla data del 14 maggio 2013: ma da questa considerazione non possono derivare le conseguenze che l’appellante pretende di trarre nel senso della illegittimità della revoca. Tanto quest’ultimo provvedimento, quanto quello che ha disposto il dissequestro, si fondano, infatti, sulle medesime valutazioni in ordine alle numerose irregolarità/illegittimità riscontrate nella gestione della scuola: la revoca, nel citare espressamente i principi di trasparenza, correttezza e legalità che sono venuti a mancare, il dissequestro, nell’assumere a proprio fondamento la revoca della quale, quindi, sussume i presupposti.

La sentenza in esame deve, perciò, essere integrata nella motivazione, poiché l’impugnata revoca è motivata (non solo e non tanto sull’indisponibilità dei locali, ma) sulla considerazione, derivante dalle medesime circostanze che hanno determinato il provvedimento di sequestro, della mancanza di trasparenza, correttezza e legalità necessarie per il riconoscimento della parità scolastica.

E’allora dirimente la considerazione delle numerose irregolarità, anche aventi, appunto, rilevanza penale, riscontrate a carico dell’istituto Pacioli e documentate in causa, a partire dalla mancanza degli atti d’ufficio relativi alle prove d’esame, allo svolgimento delle lezioni e alla partecipazione degli studenti alla vita scolastica (mancanza attestata nella nota ministeriale 18 luglio 2013, n. 4029), per giungere ai rilievi che hanno condotto all’imputazione degli amministratori della società Centro scolastico Luca Pacioli in ordine ai reati, tra gli altri, di falso in atto pubblico e di soppressione di atti pubblici.

E, se la rilevanza penale dei fatti addebitati è strettamente personale e, quindi, attiene alla responsabilità delle persone che rivestivano ruoli e cariche nella società Centro Scolastico Luca Pacioli, nondimeno dalla vicenda emerge chiaramente l’effettiva e complessiva mancanza di trasparenza, correttezza e legalità riguardante la gestione dell’istituto scolastico, che il provvedimento di revoca assume a presupposto.

In tale prospettiva, infatti, la cessione del ramo d’azienda dalla predetta società alla s.r.l. Istituto Luca Pacioli non è idonea a cancellare le conseguenze di tali gravi irregolarità, giacché il riconoscimento della parità riguarda la scuola in quanto tale, nei suoi elementi integrativi (locali, attrezzature, insegnanti, nome, ecc.) che ne denotano la riconoscibilità sociale. D’altra parte, la cessione della gestione ha riguardato sia le attività, la struttura materiale e la soggettività della scuola, sia, inevitabilmente, l’intero ambito dei valori, anche negativi, imputabili all’istituto e necessari per ottenere e mantenere la parità scolastica, indipendentemente dalla titolarità soggettiva della gestione, altrimenti consentendosi facili elusioni alla necessità del possesso di ben determinati requisiti morali e di correttezza.

Ne deriva, in conclusione, che i rilievi evidenziati dal giudice penale nell’ambito dell’indagine per gravi reati commessi proprio nello svolgimento delle attività scolastiche considerate nel riconoscimento della parità scolastica, legittimamente sono state assunte a presupposto della revoca oggetto del giudizio di primo grado.

IV) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma con motivazione integrata la sentenza impugnata.

Condanna la società appellante a rifondere alle Amministrazione resistenti le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 4.000 (quattromila) euro, con solidarietà passiva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Maurizio Meschino, Presidente FF

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/03/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)