N. 03886/2013 REG.RIC.

N. 00754/2015REG.PROV.COLL.

N. 03886/2013 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3886 del 2013, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, ope legis, domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Antonio Cardinale, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Modena, con domicilio eletto presso Roberto C/O Schwarzenberg Modena in Roma, via Monte delle Gioie,24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 01673/2013, resa tra le parti, concernente mancata iscrizione nel quadro d'avanzamento al grado superiore per l'anno 2006.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Antonio Cardinale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati : avvocato dello stato Varone e Roberto Modena;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso in primo grado del 13 luglio 2006, depositato nei termini, il Brig. Gen. (aus.) Antonio Cardinale chiedeva l’annullamento dell’esito del giudizio di avanzamento per l’anno 2006 di cui al provvedimento del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il personale militare II Reparto – 5ª Divisione prot. n. D/GMIL – 03-II-5/2/2006/39886 datato 3 maggio 2006 in base al quale l’appellante apprendeva di essere stato collocato al 9º posto con punti 27,70 e per l’effetto non iscritto in quadro, comunicato al ricorrente il 18 maggio 2006, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.

A sostegno del gravame, in primo grado, deduceva un’unica censura:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 23 e 26 della legge n. 1137/1955, così come integrato dal D.M. n. 371/93 e del D.M. n. 299/92, nonché del D. L.vo n. 490/97 e successive modifiche ( D. L.vo n. 216/2000). Violazione del combinato disposto degli artt. 60, comma 3, del D. L.vo n. 490/97 e 7 della legge n. 204/99. Eccesso di potere in senso relativo per sviamento, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento, travisamento delle risultanze documentali, erronea valutazione dei presupposti.

Il sign. Cardinale, in particolare, sosteneva che la valutazione impugnata risultava viziata da eccesso di potere in senso relativo per disparità di trattamento conseguente all’uso di criteri di giudizio difformi e penalizzanti rispetto ai due colleghi iscritti in quadro, Ciro Martire e Massimo Coltrinari.

Il giudice di primo grado, con la sentenza n. 1673/2013, accoglieva le ragioni del sign. Cardinale annullando gli atti impugnati.

In questa sede, la difesa dell’ente pubblico impugna la sentenza di primo grado, chiedendone l’integrale riforma.

A sostegno dell’appello si adduce, come unico motivo di censura, che il metodo di comparazione tra i diversi candidati seguito dal Tar non può essere condiviso, in quanto ha finito per valutare solamente alcuni aspetti ritenuti favorevoli all’appellante, non considerando nel complesso il curriculum di servizio di tutti e tre gli ufficiali coinvolti nella procedura.

La difesa dell’appellato, regolarmente costituita, chiede il rigetto dell’appello e, di conseguenza, la conferma della sentenza di primo grado.

All’udienza pubblica del 28 ottobre 2014 la causa è stata chiamata ed assunta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e deve essere accolto.

Occorre premettere che:

- da un lato, costituisce orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato che dall’elevato grado di discrezionalità che connota le valutazioni compiute dall’Amministrazione sulla carriera degli ufficiali scrutinandi (le quali, comportando un attento apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto, impingono direttamente nel merito dell’azione amministrativa) discende l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale solo entro i limiti dei vizi di manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, non essendo in questo caso il giudice amministrativo munito di cognizione di merito (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2010, n. 999; sez. IV, 19 febbraio 2010, n. 1000 ; sez. IV, 31 dicembre 2009, n. 9293; sez. IV, 28 dicembre 2005, nr. 7427; id., 14 febbraio 2005, nr. 440; id., 14 dicembre 2004, nr. 7949; id., 27 aprile 2004, nr. 2559; id., 17 dicembre 2003, nr. 8278; id., 18 ottobre 2002, nr. 5741; id., 30 luglio 2002, nr. 4074; id., 3 maggio 2001, nr. 2489);

- dall’altro lato, è ugualmente acquisito il criterio di giudizio, secondo il quale sono apprezzabili quelle palesi disfunzioni dell’esercizio del potere valutativo, in presenza delle quali il vizio della valutazione di merito trasmoda in eccesso di potere per manifesta irrazionalità in cui si esterna il cattivo esercizio del potere amministrativo, sì da far ritenere che i punteggi siano frutto di errori ovvero il risultato di criteri impropri, non atti alla selezione - trasparente, oggettiva ed imparziale - degli ufficiali più idonei alle funzioni del grado superiore da conferire (Cons. Stato, sez. IV, 24 dicembre 2009, n. 8758).

Su quest’ultimo punto la Sezione ha avuto modo di precisare, dopo un’ampia ricostruzione del quadro normativo regolante la materia dell’avanzamento degli ufficiali delle FF. AA., che, seppure, in applicazione del principio di discrezionalità, si ritiene di norma precluso al giudice amministrativo di valutare l’importanza degli incarichi rivestiti dagli ufficiali, al fine di giustificare un diverso giudizio dei candidati oggetto dello scrutinio, in quanto lo stesso giudice deve basare il suo esame sulle risultanze della documentazione caratteristica senza passare ad apprezzamenti di merito riservati all’Amministrazione (Cons. St., sez. IV, 31/3/2009, n. 1901; id., n. 3339/2008 ), siffatto orientamento non deve tradursi in una rinuncia all’esercizio del sindacato giurisdizionale ed in una presa d’atto di un’area di immunità riservata all’amministrazione.

In buona sostanza, il principio della tendenziale insindacabilità della discrezionalità tecnica va applicato con grande cautela ai singoli casi, per evitare che quella discrezionalità si trasformi in abuso nell’esercizio del potere.

Il principio di discrezionalità, infatti, non comporta l’attribuzione alla Commissione superiore di avanzamento di un potere insindacabile e di puro arbitrio o, comunque, esclusivo ed ermetico, atteso che i principi giurisprudenziali seguiti dal giudice amministrativo non tendono affatto a prefigurare la intangibilità dei giudizi in questione, bensì a precisare i limiti del proprio sindacato, segnati dalla necessità di rispettare la linea che comunque separa il giudizio di legittimità dalla valutazione di merito, squisitamente discrezionale, demandata in via esclusiva all’apprezzamento del competente organo valutatore (Cons. St., sez. IV, 10 dicembre 2009 , n. 7736; cfr. anche sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 6248).

Nella specie, in applicazione dei predetti principi di contemperamento fra aree riservate, rispettivamente, all’amministrazione ed alla giurisdizione, deve rilevarsi che il TAR, pur non avendo travalicato dai propri compiti valutativi, avendo operato un semplice confronto esteriore tra valutazione della CSA, punteggi da essa attribuiti e titoli posseduti dagli ufficiali in comparazione, tuttavia abbia errato laddove, pronunciandosi sul merito della valutazione comparativa effettuata dalla P.A., ha ritenuto che “…la C.S.A. abbia operato usando criteri non omogenei, restrittivi nei confronti del ricorrente, e concessivi per i parigrado indicati, determinando un palese vizio della funzione che rende illegittimi i provvedimenti impugnati”.

Il Collegio, infatti, non ritiene condivisibile tale conclusione a cui è giunto il giudice di primo grado.

Dalla documentazione versata in atti risulta, infatti, chiaro che, ove si considerino i precedenti di carriera dell’appellato e dei parigrado controinteressati iscritti in quadro, il Tar Lazio ha errato nel ritenere sovrastimati i titoli posseduti dai controinteressati e sottostimati quelli posseduti dal Cardinale, in quanto è vero, semmai, il contrario.

E, invero, quanto al merito della valutazione, risulta che l’appellato nel corso della carriera ha riportato quattro qualifiche non apicali di “superiore nella media” nel grado di Tenente. Oltre a ciò in svariate schede valutative non è stato giudicato con le più elevate aggettivazioni possibili.

Inoltre, l’appellato è divenuto Ufficiale in spe a seguito di concorso ed ha riportato risultati nella media, o comunque non particolarmente brillanti, al corso per allievi Ufficiali di completamento (AUC), dove si è classificato 133° su 255, con un punteggio di 13,322/20, e al corso applicativo per Tenenti di commissariato in spe, dove s’è classificato sesto su otto con un punteggio di 26,546/30.

Di contro, il Martire Ciro (controinteressato) ha meritato durante la carriera un elogio e quattro encomi semplici (rispetto ai soli tre encomi semplici ricevuti dall’appellato), proviene dall’Accademia ed ha conseguito risultati lodevoli, classificandosi secondo su dieci all’Accademia, e secondo su quattordici al corso integrativo per Ufficiali transitati in spe.

Anche l’altro ufficiale, Coltrinari Massimo, ha meritato durante la sua carriera un elogio e quattro encomi semplici e proviene, così come l’altro controinteressato, dall’Accademia. In aggiunta ha frequentato una sessione di diritto internazionale pubblico presso l’Accademia di diritto internazionale in Belgio, una sessione sui problemi istituzionali, monetari e di difesa in Europa presso l’Istituto Universitario Internazionale in Lussemburgo.

Come risulta a seguito della corretta analisi della documentazione, dunque, non possono residuare dubbi sul fatto che la procedura valutativa finalizzata all’avanzamento di grado nella specie non risulti viziata da alcun vizio sintomatico dell’eccesso di potere, in quanto il profilo di carriera dell’ufficiale, se ha consentito l’attribuzione di un elevato punto di merito (27,70), considerato quello massimo conferito (27,78/30), ben legittimamente ha precluso ogni ulteriore accrescimento, soprattutto ove si consideri che il tipo di valutazione in questione è finalizzata a regolare l’accesso all’elevato grado di Brigadiere Generale.

In accoglimento dell’appello dell’amministrazione, pertanto, la sentenza impugnata va conseguentemente riformata e, per l’effetto, deve essere respinto il ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio, data la particolarità della vicenda contenziosa, possono integralmente compensarsi fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese dei due gradi di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)