Tuesday 30 May 2017 10:20:51

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Contratti di locazione: la nullità dei contratti non registrati e l'esclusione dalla gara

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 25.5.2017

"L’art. 1, comma 346, legge 31 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005) stabilisce: «I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati». Il comma dispone inequivocabilmenteche, a prescindere dal nomen iuris e dalla forma, qualsiasi contratto di locazione o comunque costitutivo di diritti di godimento su unità immobiliari o loro porzioni, va registrato, pena la nullità. Tale norma disciplina i contratti di locazione, senza distinzione tra contratti ad uso abitativo e contratti ad uso diverso, compresi i contratti di comodato o, comunque, i contratti di messa a disposizione di parti di immobili, come nella specie, che costituiscono, all’evidenza, i diritti di godimento previsti dalla norma in esame e che sono equivalenti ad un comodato sul piano causale. Ai sensi dell’art. 2 (Atti soggetti a registrazione) d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), si prevede la registrazione per: - i contratti indicati nella tariffa allegata al medesimo d.P.R. n. 131 del 1986, se formati per iscritto nel territorio dello Stato Italiano (cfr. art. 5 della parte prima della allegata tariffa); - i contratti verbali indicati nell’articolo 3 comma 1 (contratti di locazione o affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite); - gli atti formati all’estero che hanno per oggetto la locazione di beni immobili. Pertanto, il contratto di comodato in oggetto, alla luce della disciplina tributaria, rientra tra i contratti soggetti a registrazione. La nuova disciplina qualificacome nulli i contratti di locazione non registrati. Non pare, come invece sostenuto da parte della dottrina, che il contratto di locazione non registrato rimarrebbe valido ma soggetto ad una sorta di condizione sospensiva che lo renderebbe inefficace fino all’avvenuta registrazione, con valenza retroattiva (art. 1360 Cod. civ.). Infatti, come afferma la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la perentorietà del tenore letterario e la specificità del termine utilizzato non lascia spazio a dubbi, poiché si tratta di nullità testuale in senso stretto, con preclusione della possibilità di una sanatoria attraverso la registrazione tardiva del contratto, non potendosi ritenere ex post sanabile la nullità di un contratto (cfr. Cass. SS. UU., 17 settembre 2015, n. 18213). Per la citata sentenza Cass. SS. UU., 17 settembre 2015, n. 18213, che ha superato il principio di diritto affermato dall’orientamento assunto da Cass. 27 ottobre 2003 n. 16089, “ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, non sanabile con eventuale registrazione tardiva”. Ribadita l’unità strutturale del procedimento simulatorio cui fa da complemento la funzione interpretativo-probatoria delle controdichiarazione, la Suprema Corte ritiene che la clausola predicativa di un canone di locazione maggiore prevista nell’accordo dissimulato sia affetta da nullità, pur sottolineando la validità del contratto di locazione regolarmente registrato. Proprio in quanto radicalmente nulla, tale clausola non potrà spiegare effetti neanche in ipotesi di registrazione tardiva della controdichiarazione. Per la Suprema Corte “si oppongono a tale soluzione una pluralità di ragioni ermeneutiche: ragioni di tipo letterale, in quanto la nullità è irrimediabilmente affermata dalla norma; ragioni di tipo logico, in quando una diversa interpretazione si risolverebbe nella sostanziale vanificazione dell’intento perseguito dal legislatore di contrastare l’elusione fiscale e di tutelare la parte contrattualmente debole del rapporto; ancora, ragioni di tipo storico-sistematico alla luce del principio generale di inferenza/interferenza dell’obbligo tributario con la validità del negozio (ribadito anche da Corte Cost. 420/2007); infine, perché una parte non può invocare la tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale”. Sullo stesso tema si vedano anche le ordinanze della Corte costituzionale 5 dicembre 2007, n. 420 e 25 novembre 2008, n. 389. Allo stato, dunque, non è dato dubitare della compatibilità costituzionale di tale disciplina. Questa va applicata al caso di specie, con conseguente rilevazione della nullità del contratto di messa a disposizione dei locali a favore dell’aggiudicatario che non possiede il requisito previsto dall’avviso pubblico, come ben rileva la gravata sentenza. Il requisito nemmeno può essere supplito dal ricorso all’avvalimento, come assume l’appellante, poiché il contratto è nullo e, come tale, non produce effetti nemmeno ai fini dell’avvalimento. Pertanto, l’aggiudicatario odierno appellante andava escluso dalla procedura di gara come bene ha ritenuto la sentenza, assorbita la questione del divieto di subcessione (rilevata anch’essa dalla sentenza), sostanzialmente superata alla luce di quanto appena esposto" Per approfondire vai alla sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 25/05/2017

N. 02465/2017REG.PROV.COLL.

N. 06039/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6039 del 2016, proposto da: 
Cooperativa Sociale Progetto Uomo, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Raffaele Montefusco, con domicilio eletto presso lo studio Claudia De Curtis in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 142; 

contro

Orsa Maggiore s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Bruno De Maria, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza S. Bernardo, 101; 

nei confronti di

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Bruno Ricci e Fabio Maria Ferrari, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Laurenti in Roma, via Francesco Denza, 50/A; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 02962/2016, resa tra le parti, concernente l’aggiudicazione del lotto per la realizzazione di poli territoriali per le famiglie mediante convenzionamento con enti abilitati all'esercizio del servizio di centro per le famiglie e mediazione familiare.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Orsa Maggiore s.c.a.r.l. e del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2017 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Marcello Fortunato (su delega di De Maria), Nicola Laurenti (su delega di Ricci) e Claudia De Curtis (su delega di Montefusco);

 

 

FATTO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, Sez. IV, con sentenza 9 giugno 2016, n. 2962, ha accolto il ricorso principale dell’attuale appellata Orsa Maggiore s.c.a.r.l. e il ricorso incidentale dell’attuale appellante Cooperativa Sociale Progetto Uomo e, per l’effetto, ha annullato, nei sensi di cui in motivazione, la determinazione dirigenziale n. PG/2015/1031215 del 31 dicembre 2015 avente ad oggetto l’aggiudicazione del lotto per la realizzazione di poli territoriali per le famiglie mediante convenzionamento con enti abilitati all'esercizio del servizio di centro per le famiglie e mediazione familiare nella IX municipalità in favore della contro interessata e, quanto al ricorso incidentale e ai motivi aggiunti al ricorso incidentale, dell’esito dei lavori della commissione di valutazione delle proposte di convenzionamento nella parte in cui non si è escluso la cooperativa ricorrente per inidoneità dell’offerta.

La sentenza ha rilevato sinteticamente che:

- il ricorso incidentale della Cooperativa Progetto Uomo, pur se astrattamente paralizzante, ossia tale da escludere la legittimazione a ricorrere in capo alla Orsa Maggiore, non deve va prioritariamente ed in via esclusiva, alla luce della sentenza della CGUE C-689 del 5 aprile 2016;

- peraltro, i partecipanti alla procedura sono solo due e i vizi lamentati nel ricorso principale attengono alla medesima fase, ossia all’accertamento della “carenza di elementi essenziali dell'offerta previsti a pena di esclusione” (disponibilità della sede);

- la disponibilità della sede dell’affidataria deriva da un contratto invalido poiché contrastante con la normativa nazionale (l. 30 dicembre 2004, n. 311 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), art. 1, comma 346) e con le stesse disposizioni dei regolamenti comunali disciplinanti la materia;

- la normativa comunale, infatti, prevede la decadenza dal comodato in caso di subcessione (art. 15, comma 9, della deliberazione consiliare prot. 26 del 29 gennaio 2013); inoltre, impone, con specifico riferimento agli immobili destinati a uso non abitativo, che l’assegnazione sia “personale” e che la subcessione possa essere ammessa solo in casi peculiari, tra i quali non rientra il caso di specie (artt. 6 e 8 della deliberazione comunale n. 60 del 20 marzo 1995);

- è incontroverso che i locali dove la cooperativa aggiudicataria pretende di svolgere il servizio siano nella disponibilità della parrocchia suindicata in virtù di un contratto di comodato (v. decreto sindacale n. 411 del 5 novembre 1998);

- la mancata produzione di tale contratto costituisce una elusione di quanto disposto con provvedimenti istruttori del primo giudice;

- è altresì fondato il ricorso incidentale della cooperativa aggiudicataria nella parte in cui lamenta che la ricorrente non sia stata esclusa nonostante eserciti, nei medesimi locali dove si dovrebbe svolgere l’attività del polo delle famiglie, l’attività di “laboratori di educativa territoriale” di cui già è assegnataria per conto del Comune di Napoli;

- infatti, il capo 5.2. del bando richiede che “gli spazi” contemplati dalle offerte oltre a “essere nella piena disponibilità” dell’ente, debbano essere “dedicati alla realizzazione delle attività del Polo”.

L’appellante contestava la sentenza, deducendo l’erroneità per i seguenti motivi:

- violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato; violazione del bando di gara (punto sede delle attività); violazione dell'art. 49 d.lgs. n. 163-2006 - Erronea applicazione - Incongruità della motivazione, difetto di presupposto di diritto.

Con l’appello in esame chiedeva, quindi, la reiezione del ricorso di primo grado.

Si costituiva l’appellata Orsa Maggiore s.c.a.r.l. chiedendo la reiezione dell’appello e proponendo appello incidentale per contestare la parte della sentenza che accoglieva il ricorso incidentale di primo grado.

All’udienza pubblica del 6 aprile 2017 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La vicenda oggetto del giudizio riguarda l'aggiudicazione del lotto della IX Municipalità del Comune di Napoli per la realizzazione di poli territoriali per le famiglie mediante convenzionamento con enti abilitati all'esercizio del servizio di centro per le famiglie e mediazione familiare disposta a favore dell’attuale appellante Cooperativa Progetto Uomo, ricorrente incidentale di primo grado, aggiudicazione contestata dall’attuale parte appellata (e appellante incidentale) Orsa Maggiore s.c.a.r.l..

Secondo il Collegio, l’appello principale è infondato.

2. Infatti, come ha rilevato dalla sentenza impugnata, la dichiarazione resa dalla Cooperativa Progetto Uomo in sede di gara è da ritersi non conforme rispetto a quanto previsto nell'Avviso Pubblico in relazione al requisito "Sede dell'attività".

L’avviso indica espressamente due distinte ipotesi.

Nella prima ipotesi si prevede che la sede sia "nella disponibilità piena dell'ente prestatore, dimostrata attraverso la presentazione di documentazione idonea ad accertare il titolo di godimento (proprietà, affitto, comodato d'uso regolarmente registrato)".

In base alla seconda ipotesi, applicabile nel caso in cui la sede “sia collocata in spazi messi a disposizione all'interno di sedi di altri enti (parrocchie, scuole, altri enti del terzo settore...) è necessario produrre idonea documentazione circa gli atti che formalizzano tale disponibilità, che devono indicare la durata e dichiarare che tali spazi sono messi a disposizione ad uso esclusivo del Polo Territoriale per le Famiglie".

L’appellante Cooperativa Progetto Uomo ha prodotto documentazione sufficiente alla dimostrazione della seconda delle dette ipotesi previste dall’avviso pubblico.

Da tale documentazione è emerso che il contratto con cui sono stati messi a disposizione i locali, utilizzati a sua volta mediante comodato gratuito dalla Parrocchia Madonna Rinconciliatrice de la Salette, non è stato registrato.

L’art. 1, comma 346, legge 31 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria 2005) stabilisce: «I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati».

Il comma dispone inequivocabilmenteche, a prescindere dal nomen iuris e dalla forma, qualsiasi contratto di locazione o comunque costitutivo di diritti di godimento su unità immobiliari o loro porzioni, va registrato, pena la nullità. Tale norma disciplina i contratti di locazione, senza distinzione tra contratti ad uso abitativo e contratti ad uso diverso, compresi i contratti di comodato o, comunque, i contratti di messa a disposizione di parti di immobili, come nella specie, che costituiscono, all’evidenza, i diritti di godimento previsti dalla norma in esame e che sono equivalenti ad un comodato sul piano causale.

Ai sensi dell’art. 2 (Atti soggetti a registrazione) d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), si prevede la registrazione per:

- i contratti indicati nella tariffa allegata al medesimo d.P.R. n. 131 del 1986, se formati per iscritto nel territorio dello Stato Italiano (cfr. art. 5 della parte prima della allegata tariffa);

- i contratti verbali indicati nell’articolo 3 comma 1 (contratti di locazione o affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato e relative cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite);

- gli atti formati all’estero che hanno per oggetto la locazione di beni immobili.

Pertanto, il contratto di comodato in oggetto, alla luce della disciplina tributaria, rientra tra i contratti soggetti a registrazione.

3. La nuova disciplina qualificacome nulli i contratti di locazione non registrati. Non pare, come invece sostenuto da parte della dottrina, che il contratto di locazione non registrato rimarrebbe valido ma soggetto ad una sorta di condizione sospensiva che lo renderebbe inefficace fino all’avvenuta registrazione, con valenza retroattiva (art. 1360 Cod. civ.). 

Infatti, come afferma la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la perentorietà del tenore letterario e la specificità del termine utilizzato non lascia spazio a dubbi, poiché si tratta di nullità testuale in senso stretto, con preclusione della possibilità di una sanatoria attraverso la registrazione tardiva del contratto, non potendosi ritenere ex post sanabile la nullità di un contratto (cfr. Cass. SS. UU., 17 settembre 2015, n. 18213).

Per la citata sentenza Cass. SS. UU., 17 settembre 2015, n. 18213, che ha superato il principio di diritto affermato dall’orientamento assunto da Cass. 27 ottobre 2003 n. 16089, “ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l’accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, non sanabile con eventuale registrazione tardiva”.

Ribadita l’unità strutturale del procedimento simulatorio cui fa da complemento la funzione interpretativo-probatoria delle controdichiarazione, la Suprema Corte ritiene che la clausola predicativa di un canone di locazione maggiore prevista nell’accordo dissimulato sia affetta da nullità, pur sottolineando la validità del contratto di locazione regolarmente registrato.

Proprio in quanto radicalmente nulla, tale clausola non potrà spiegare effetti neanche in ipotesi di registrazione tardiva della controdichiarazione.

Per la Suprema Corte “si oppongono a tale soluzione una pluralità di ragioni ermeneutiche: ragioni di tipo letterale, in quanto la nullità è irrimediabilmente affermata dalla norma; ragioni di tipo logico, in quando una diversa interpretazione si risolverebbe nella sostanziale vanificazione dell’intento perseguito dal legislatore di contrastare l’elusione fiscale e di tutelare la parte contrattualmente debole del rapporto; ancora, ragioni di tipo storico-sistematico alla luce del principio generale di inferenza/interferenza dell’obbligo tributario con la validità del negozio (ribadito anche da Corte Cost. 420/2007); infine, perché una parte non può invocare la tutela giurisdizionale adducendo apertamente ed impunemente la propria qualità di evasore fiscale”.

Sullo stesso tema si vedano anche le ordinanze della Corte costituzionale 5 dicembre 2007, n. 420 e 25 novembre 2008, n. 389.

Allo stato, dunque, non è dato dubitare della compatibilità costituzionale di tale disciplina. Questa va applicata al caso di specie, con conseguente rilevazione della nullità del contratto di messa a disposizione dei locali a favore dell’aggiudicatario che non possiede il requisito previsto dall’avviso pubblico, come ben rileva la gravata sentenza.

Il requisito nemmeno può essere supplito dal ricorso all’avvalimento, come assume l’appellante, poiché il contratto è nullo e, come tale, non produce effetti nemmeno ai fini dell’avvalimento.

Pertanto, l’aggiudicatario odierno appellante andava escluso dalla procedura di gara come bene ha ritenuto la sentenza, assorbita la questione del divieto di subcessione (rilevata anch’essa dalla sentenza), sostanzialmente superata alla luce di quanto appena esposto.

4. L’appello incidentale dell’appellata cooperativa sociale Orsa Maggiore è, invece, fondato.

Il bando si limita a stabilire solo nell’ipotesi di sede collocata in spazi messi a disposizione all'interno di sedi di altri enti (parrocchie, scuole, altri enti del terzo settore (seconda ipotesi cui si è già fatto riferimento al punto 2 della presente sentenza) che “è necessario produrre idonea documentazione circa gli atti che formalizzano tale disponibilità, che devono indicare la durata e dichiarare che tali spazi sono messi a disposizione ad uso esclusivo del Polo Territoriale per le Famiglie".

Pertanto, l’esclusività dell’uso per il Polo Territoriale per le Famiglie riguarda solo detta ipotesi e non la prima ipotesi nella quale ricade l’appellante incidentale.

Pertanto, dal tenore letterale del bando si evince che il godimento degli immobili indicati come sede delle attività, che va giuridicamente vincolata auso esclusivo per le attività del Polo delle Famiglie, riguarda i soli casi in cui l'offerente indichi una sede che non detiene stabilmente, ma è messa a sua disposizione da terzi: il che non si verifica con riguardo all’appellante incidentale.

La lex specialis, dunque, non prevede, esplicitamente o implicitamente, clausole di esclusione riguardo alle ipotesi diverse in cui la sede sia "nella disponibilità piena dell'ente prestatore, dimostrata attraverso la presentazione di documentazione idonea ad accertare il titolo di godimento (proprietà, affitto, comodato d'uso regolarmente registrato)", come nel caso in esame.

Dal mero utilizzo nel bando dell'espressione "dedicati” , riferito agli spazi che avrebbero potuto formare oggetto della sede proposta dagli offerenti, non si ricava inequivocabilmente alcuna clausola di esclusione, come invece ritenuto dal primo giudice, posto che l’espressione non è incompatibile con l’ipotesi di un uso ulteriore e diverso delle sedi, purché le ulteriori attività non si sovrappongano alle attività del Polo, oggetto della procedura, limitandosi piuttosto a precisare che gli spazi devono essere 'dedicati' a tali attività.

Diversa e non equivoca, invece, sarebbe stata un’espressione come "dedicati in via esclusiva", o equivalenti, che nella specie non è stata adottata dalla lex specialis.

Peraltro, non emerge certezza in ordine al fatto che i locali ubicati nell'immobile indicato da Orsa Maggiore come sede delle attività, fossero effettivamente già impegnati per altre attività.

Infatti, come risulta agli atti, e la circostanza non è stata contestata, la sede proposta da Orsa Maggiore è ubicata nel cd. Plesso Nosengo, in Napoli, Viale Traiano, 92, Municipalità 9 Soccavo; vi si accede dalla pubblica via a mezzo di cancello contrassegnato con il numero civico‘92’ e cartellonistica che indica la presenza delle attività della Cooperativa. 

Risulta che l'immobile si compone di quattro locali adibiti ad attività sociali ed educative, un locale archivio, un locale adibito alle attività amministrative e di back office, oltre a locali di disimpegno e passaggio e a locali servizi igienici.

Gli spazi della sede risultano ampi e la superfice totale dell'immobile di 367,98 mq.

Come da Capitolato, il Centro è aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì per quattro ore, dalle 15.30 alle 19.30.

Non emergono quindi elementi, neppure topologici, per ritenere che detti locali non possano in radice essere dedicati all’attività oggetto del procedimento di gara.

5. Conclusivamente,l’appello principale va respinto perché infondato, mentre va accolto l’appello incidentale, con conseguente riforma in parte qua della sentenza appellata e reiezione del ricorso incidentale di primo grado.

Le spese di lite del doppio grado di giudizio vanno compensate, sussistendo giusti motivi.

La compensazionenon si estende alla questione del pagamento del contributo unificato (oggetto in specifico di un punto dell’appello principale) che è regolata secondo il principio di soccombenza.

Infatti, questo Consiglio di Stato ha espressamente affermato che nel processo amministrativo la compensazione delle spese di giudizio non può riguardare anche il contributo unificato, essendo esso oggetto di una obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice, sia riguardo alla possibilità di disporne la compensazione, sia riguardo alla determinazione quantitativa del suo ammontare (cfr., sul punto, Consiglio di Stato, III, 13 marzo 2014, n. 1160).

In base al chiaro tenore letterale dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115-2002, introdotto dall'art. 2, comma 35-bis, lett. e), d.-l. 13 agosto 2011, n. 138, come integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148, la soccombente è tenuta in ogni caso a rimborsare a quella vittoriosa il contributo unificato dalla stessa versato, venendo in considerazione un’obbligazione ex lege sottratta alla potestà del giudice sull'an e sul quantum.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

Definitivamente pronunciando sull’appello principale come in epigrafe indicato, lo respinge e accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso incidentale di primo grado.

Compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti   Giuseppe Severini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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