Tuesday 30 May 2017 10:34:50

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Processo amministrativo: la sindacabilità in appello della condanna alle spese

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.5.2017

La Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 26 maggio 2017 ha ribadito che "Nel processo amministrativo, la sindacabilità in appello della condanna alle spese comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata solo all'ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, salvo il caso della manifesta abnormità (cfr. di recente infra multa: Cons. St. Sez. IV 13 aprile 2017 n. 1752; Cons. St. sez. IV 16/03/2017 1752, Cons. St. Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 259 ecc.)". Per approfondire vai alla sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 26/05/2017

N. 02512/2017REG.PROV.COLL.

N. 07443/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7443 del 2016, proposto da: 
*

contro

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Elena Prezioso, domiciliata in Roma, via Marcantonio Colonna N. 27; 

nei confronti di

Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per il LAZIO – sede di ROMA, SEZIONE III QUATER, n. 5873/2016, resa tra le parti, concernente il silenzio-inadempimento serbato dalla regione Lazio in ordine alla istanza di ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale 2014-2017 in posizione soprannumeraria e senza borsa di studio;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Luigi Gianfelice, Elena Prezioso e l'avvocato dello Stato Isabella Piracci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con il presente gravame il dottor * ha appellato la sentenza del Tar del Lazio, Sezione Terza quater n. 5873/2013 con cui è stata respinta la sua richiesta di accertamento dell’illegittimità del silenzio inadempimento tenuto dalla Regione Lazio sulla sua istanza -- del 2 settembre 2015 poi reiterata con r.r.r. del 22-24 dicembre 2015 - di ammissione al corso triennale di formazione Specifica in medicina generale 2014/2017 in posizione soprannumerari e senza borsa di studio.

Il ricorrente, che aveva partecipato al relativo concorso pubblico nel quale era risultato collocato nella posizione 385 su un contingente di numero 85 posti messi al bando, aveva chiesto l’estensione della predetta statuizione cautelare, avendo riscontrato che altri candidati – pur avendo riportato punteggi inferiori al suo -- erano stati ammessi con riserva in base all’ordinanza cautelare n. 33 95/2015 di questo Consiglio di Stato.

Il ricorso, di ben 41 pagine senza alcuna osservanza del principio di sinteticità degli atti, dopo aver reiterato le censure di primo grado, denuncia rispettivamente: con il primo motivo l’erronea, carente ed ingiusta motivazione; e con il secondo motivo l’iniquità della condanna alle spese.

Si è costituito in giudizio la Regione Lazio che con i propri scritti difensivi rispettivamente il 14 ottobre 2016 del 12 aprile 2017 ha eccepito l’infondatezza delle tesi della ricorrente ed ha concluso per il rigetto. 

A sua volta il ricorrente, con le proprie memorie difensive rispettivamente del 16 aprile 2017 e del 21 aprile 2017 ha confutato le tesi di controparte.

Con ordinanza n. 5000/2016 la Sezione ha preso atto della rinuncia alla domanda cautelare del ricorrente.

DIRITTO

1. Il ricorrente assume l’erroneità della sentenza laddove il Tar afferma che, per il tramite dell’artificiosa impugnazione del silenzio, il ricorrente in realtà avrebbe cercato superare la mancata impugnazione della graduatoria. Al contrario, egli non aveva nessun interesse a contestare la propria collocazione nella posizione 385.

Il suo interesse sarebbe sopravvenuto nel momento in cui, per effetto del provvedimento cautelare, erano stati ammessi in soprannumero e senza diritto alla borsa di studio, anche concorrenti collocati in una posizione deteriore rispetto alla sua. Per effetto del sopravvenire di eventi e fatti ulteriori, rispetto alla fisiologica conclusione delle procedure concorsuali si sarebbe dunque determinato il totale stravolgimento dell’ordine di merito della graduatoria con l’ammissione dei concorrenti collocati rispettivamente al 819°, al 852° o al 861° posto.

L’amministrazione avrebbe pertanto dovuto dare risposte adeguate a tale aberrante situazione.

Il Tar avrebbe quindi solo superficialmente e in maniera errata, e non pertinente, affrontato la questione sostanziale proposta dal ricorrente.

Con un secondo profilo si lamenta che il riferimento del Tar alla natura limitata nel tempo dell’ordinanza cautelare ed alla pretesa “estensione soggettiva del giudicato” non avrebbe tenuto conto della circostanza per cui la graduatoria era un atto strutturalmente e funzionalmente inscindibile. Il suo annullamento parziale avrebbe dovuto giovare a tutti gli altri concorrenti e non valere solo per alcuni e non per altri meglio classificati.

L’Amministrazione avrebbe dovuto tener conto del principio per cui l’annullamento di un atto inscindibile ed unitario produce effetti automatici nei confronti di tutti gli interessati. Né avrebbe avuto rilievo il richiamo alla nozione di atto a contenuto plurimo della graduatoria concorsuale perché nel caso di specie le censure non avevano rilievo a profili soggettivi dei candidati bensì a vizi di ordine generale. Inoltre il Tar Lazio, pur conoscendolo, non avrebbe tenuto conto dell’esito finale del giudizio di merito originariamente avviato innanzi al Tar del Lazio. 

Di qui l’insistenza nella richiesta di ammissione in soprannumero e senza borsa del ricorrente come per gli altri medici i cui ricorsi peraltro sono stati in parte dichiarati inammissibili in parte improcedibili.

Il ricorso è infondato.

In relazione all’antico brocardo per cui “diligentibus iura succurrunt”, si deve affermare in linea di principio, l’irrilevanza per un soggetto terzo, quale è l’attuale ricorrente, di una pronuncia cautelare “inter alios acta” e, di conseguenza, l’assoluta insussistenza di un obbligo giuridico dell’amministrazione di estendere l’ambito soggettivo dei provvedimenti cautelari. 

Del resto, come lo stesso ricorrente nella sua memoria in data 16.4.2017 dimostra di ben conoscere, non va dimenticato che questa Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza n. 209 del 18 gennaio 2017 non solo ha respinto gli appelli avverso la sentenza del Tar Lazio nelle cui vicende processuali d’appello cautelare era stata emessa l’ordinanza invocata a fondamento della pretesa del ricorrente, ma ha testualmente ricordato il suo orientamento (cfr. Sezione III sent., 8 giugno 2016, n. 2448; idem, 6 maggio 2016, n. 1839), per cui: “l’ammissione con riserva, anche quando il concorrente abbia superato le prove e risulti vincitore del concorso, è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l’interesse alla definizione del ricorso nel merito, poiché tale ammissione è, appunto, subordinata alla verifica della fondatezza delle sue ragioni e, cioè, “con riserva” di accertarne la definitiva fondatezza nel merito, senza, però, pregiudicare nel frattempo la sua legittima aspirazione a sostenere le prove, aspirazione che sarebbe irrimediabilmente frustrata se la sentenza a lui favorevole sopraggiungesse all’esaurimento della procedura concorsuale e fosse quindi, a quel punto, inutiliter data, vanificando l’effettività della tutela giurisdizionale” (Cons. St., sez. III, 16 giugno 2015, n. 3038)”.

Proprio in ragione della sua natura temporanea, interinale ed inter partes, il provvedimento cautelare non è in grado di conferire alcun carattere di stabilità ai benefici interinalmente riconosciuti ai ricorrenti solo e limitatamente in relazione alla durata del processo. 

Per questo in esito al rigetto dei relativi ricorsi l’ammissione degli altri medici in sovrannumero è ex sé senz’altro decaduta a tutti gli effetti.

A maggior ragione il provvedimento cautelare su ricorsi altrui è quindi del tutto inidoneo a generare in capo ai soggetti terzi una qualche autonoma, rilevante e qualificata posizione soggettiva che, come tale, possa essere, giuridicamente tutelabile.

In tale ottica quindi la pretesa del ricorrente di essere anche lui ammesso in sovrannumero e senza borsa di studio ai corsi di specializzazione appare quindi un’aspettativa di mero fatto.

Di qui anche l’assoluta inconferenza nel caso di specie delle considerazioni la natura della graduatoria quale atto inscindibile unitario e non di atto plurimo scindibile.

In definitiva, non vi sono dubbi sulla legittimità del comportamento silente dell’Amministrazione.

2. Del pari va respinta la statuizione circa l’iniquità della condanna alle spese di fronte alla asserita fondatezza della sua pretesa. 

Nel processo amministrativo, la sindacabilità in appello della condanna alle spese comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata solo all'ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, salvo il caso della manifesta abnormità (cfr. di recente infra multa: Cons. St. Sez. IV 13 aprile 2017 n. 1752; Cons. St. sez. IV 16/03/2017 1752, Cons. St. Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 259 ecc.) 

3. In conclusione il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto.

Secondo le regole generali le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge l'appello, come in epigrafe proposto.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che sono liquidate rispettivamente: 

-- per € 1.000,00 in favore della Regione Lazio;

-- per € 1.000,00 in favore del Ministero della Salute.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Franco Frattini, Presidente

Francesco Bellomo, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Giulio Veltri, Consigliere

Sergio Fina, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Umberto Realfonzo   Franco Frattini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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