Tuesday 12 April 2022 14:52:33

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Beni demaniali: la presunzione legale circa l’appartenenza al demanio degli spazi adiacenti le strade comunali ed aperti sul suolo pubblico

segnalazione del Prof. Avv Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VII del 11.4.2022

 

La controversia giunta all’esame del Consiglio dì Stato concerne un contratto sottoscritto tra un Comune e l’allora Società A.P.T. Anonima Petroli Italiana SPA -oggi Italiana Petroli SPA- l’Ente ha concesso alla predetta Società la disponibilità del suolo pubblico per l’installazione di un impianto di distribuzione di carburanti. Con precipua lettera l’Amministrazione - nel rispetto dei termini stabiliti dalla clausola contrattuale relativa all’istituto della disdetta- ha comunicato formalmente l’intenzione di disdire il contratto de quo a far data dal 30 ottobre 2020, con l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi ex ante e con nota prot. n. 4198 del 9 marzo 2021, avente ad oggetto “comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e segg. della Legge 241/90 - Ordinanza di sgombero della disponibilità del bene demaniale occupato dalla Italiana Petroli SPA sito in Via (…)”, l’Ente ha comunicato “alla Italiana Petroli SPA , l’avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e segg. della Legge 241/90 per il recupero della disponibilità del bene demaniale e attualmente occupato dalla Italiana Petroli Spa”;

L’appellante non ha sgomberato l’area né ripristinato lo stato dei luoghi non ritenendo applicabile il regime concessorio.

Ed invero, muovendo dalla contraria affermazione dell’appartenenza del bene al patrimonio disponibile del Comune la IP, da un lato, denuncia l’illegittimo esercizio dei poteri di autotutela attivati dall’amministrazione civica e, dall’altro, proclama la perdurante efficacia dell’originario rapporto legittimante l’uso dell’area comunale, in quanto asseritamente regolato dalla disciplina speciale sulle locazioni degli immobili urbani (segnatamente la L. n. 392/1978 e le normative successivamente intervenute in tema di proroga legale della durata dei contratti).

In dettaglio, le argomentazioni spiegate dalla società appellante poggiano essenzialmente sui seguenti elementi: - in epoca antecedente al rilascio dell’assenso alla realizzazione dell’impianto, l’area era priva di qualunque specifica utilità pubblica; non era utilizzata per il transito dei veicoli, né per la sosta, né il Comune ne avrebbe dimostrato la demanialità; della demanialità dell’area non si faceva menzione nel contratto del 2002.

Persa la causa innanzi al TAR, il Consiglio di Stato Sezione Settima con sentenza depositata in data 11 aprile 2022 ha respinto l’appello proposto da IP precisando che “Occorre premettere alla successiva esposizione che il Collegio ritiene di poter conoscere incidentalmente della natura (demaniale, patrimoniale indisponibile o disponibile) di un bene di proprietà comunale ai sensi degli artt. 28 del R.D. 26.6.1924, n. 1054 ed 8 della L. 6.12.1971, n. 1034. Infatti, ancorché l’accertamento dello statuto dominicale di un immobile spetti in via principale al giudice ordinario, nondimeno la risoluzione della questione costituisce, nel caso di specie, un passaggio logicamente indefettibile per lo scrutinio, riservato alla giurisdizione amministrativa, della legittimità dell’atto di autotutela impugnato in prime cure, giacché per la decisione sull’oggetto della presente controversia non è indispensabile che la particolare questione dibattuta venga definita con sentenza passata in cosa giudicata. Invero il rito amministrativo impone l’arresto obbligatorio del giudizio (oltre che nei casi, positivamente tipizzati, di rinvio ad altro giudice, come avviene nel caso della rimessione degli atti alla Corte costituzionale o alla Corte di Giustizia delle comunità europee) soltanto qualora si pongano questioni pregiudiziali in ordine all’incidente di falso oppure concernenti lo stato e la capacità dei privati individui (questioni che notoriamente devono esser definite con una sentenza passata in giudicato), mentre in ogni altro caso prevale il principio della autonomia dei due processi, le cui reciproche interferenze vanno, dunque, risolte sulla base delle regole che presiedono, nei rispettivi ambiti cognitori, agli accertamenti incidentali.

Tanto chiarito, va detto che nessuno degli argomenti portati dall’appellante a sostegno della propria pretesa si mostra conferente rispetto all’oggetto della dimostrazione (ossia la natura non demaniale del terreno occupato dal distributore di carburanti e dall’annessa stazione di servizio). Ed invero, l’allegazione secondo cui, in epoca antecedente al rilascio dell’assenso alla realizzazione dell’impianto, l’area fosse priva di qualunque specifica utilità pubblica e non utilizzata per il transito o per la sosta dei veicoli, ancor prima che indimostrata, si rivela assolutamente priva di pertinenza rispetto al tema dibattuto.

Nel caso del demanio, la sopravvenuta cessazione dell’utilità pubblica del bene può, al più, giustificare l’adozione da parte dell’amministrazione proprietaria (o di altra indicata dalla legge) di un atto esplicito di sdemanalizzazione; tuttavia, finché non intervenga una determinazione espressa in tal senso, il bene demaniale continua ad essere tale, giacché i criteri che regolano in origine tale appartenenza sono stabiliti direttamente dalla legge.

Il richiamo alle risultanze catastali, a prescindere dalla scarsa idoneità dimostrativa di tali documenti (consideratane la ridotta valenza probatoria), depone poi contro le allegazioni della appellante.

Non ha alcuna rilevanza che la concessione non faccia alcun accenno alla demanialità dell’area data in uso attesa la superfluità di una precisazione del genere in presenza di un atto espressamente denominato «Concessione di suolo pubblico» e recante un coerente contenuto precettivo.

Il Giudice di prime cure ha osservato condivisibilmente che:

a) l’atto rep. n. 740 del 5 novembre 2002, che disciplina il rapporto intercorso tra Comune * e IP s.p.a., è una concessione di suolo pubblico e non una locazione, non richiamando, del resto, neppure le disposizioni della l. n. 392 del 1978 oggi invocate da parte ricorrente;

b) il corrispettivo del diritto di godimento sull’area de qua è una tariffa di occupazione di suolo pubblico e non un canone di locazione;

c) l’art. 7 della suddetta concessione prefigura ampi poteri dell’Amministrazione sul bene pubblico che appaiono incompatibili con un rapporto di natura privatistica costituito su basi paritarie;

d) l’immobile appare essere una pertinenza stradale che, ai sensi degli artt. 817, 822, comma 2, 826, e 24, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, non fa parte del patrimonio disponibile dell’ente locale.

10. L’art. 22 della L. n. 2248/1865 nella parte d’interesse (primo e terzo comma), recita: «Il suolo delle strade nazionali è proprietà dello Stato; quello delle strade provinciali appartiene alle province, ed è proprietà dei comuni il suolo delle strade comunali (…) Nell’interno delle città e villaggi fanno parte delle strade comunali le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti sul suolo pubblico, restando però ferme le consuetudini, le convenzioni esistenti ed i diritti acquisiti».

L’art. 22 stabilisce una presunzione legale circa l’appartenenza al demanio degli spazi adiacenti le strade comunali ed aperti sul suolo pubblico. Per l’operare di siffatta presunzione è sufficiente dimostrare che l’area è ubicata all’interno dell’abitato e che essa è obiettivamente pertinenziale, ossia accessibile dall’area stradale, a questa contigua nonché inserita nel sistema viario comunale. La prova necessaria a vincere siffatta presunzione è poi vincolata, visto che il legislatore del 1865 ha preteso la dimostrazione, ad esclusivo onere dell’interessato, dell’esistenza di contrarie consuetudini, convenzioni o diritti acquisiti.

Nel caso in esame, va riconosciuta la natura obiettivamente pertinenziale del terreno di proprietà pubblica (basti al riguardo considerare, pur volendo prescindere dal rilievo che ogni stazione per l’erogazione di carburanti è per definizione posta a servizio degli utenti della strada, che l’effettiva adiacenza ed il diretto collegamento dell’area al sistema viario comunale emerge eloquentemente dalla visione della documentazione prodotta dal Comune oltre che dalle planimetrie depositate).

Ciò precisato, come risulta dalla documentazione in atti, l’area de qua è una porzione della carreggiata di via Itri in direzione dal centro verso la SR 213 Flacca, dunque è un bene demaniale, a tale categoria dovendo ascriversi non solo le strade, ma anche “le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti sul suolo pubblico” (art. 22, All. F., L. 20.03.1865, n. 2248).

Inoltre il concetto di “centro abitato”, cui bisogna far riferimento per i fini dell’applicazione del suddetto art. 22, non è di tipo formale (non rileva pertanto il richiamo a delimitazioni amministrative dei luoghi) e coincide piuttosto con quello preso in considerazione dall’art. 16, lett. B), della stessa legge: all’uopo deve quindi intendersi come “abitato” ogni agglomerato urbano, o parte di esso, posto in continuità con un centro cittadino ed in cui si registri un’apprezzabile presenza di fabbricati destinati a residenze civili o di stabilimenti produttivi. È infatti l’antropizzazione di una località, ancor prima dei confini amministrativi di essa, a giustificare l’attrazione nell’ambito del demanio comunale – in tutta la sua estensione (cioè incluse le pertinenze ed i diritti pubblici su beni altrui) – delle infrastrutture destinate a servizio della collettività insediata sul territorio.(…)”

Per continuare la lettura scarica il testo integrale della sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Contenuto Riservato)

 

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