Monday 09 December 2013 18:06:42

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

L’impresa può impugnare gli atti di una procedura di affidamento alla quale ha partecipato in qualità di mandante di ATI

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V

La legittimazione dell’impresa ad impugnare gli atti di una procedura di affidamento alla quale ha partecipato in qualità di mandante di ATI “discende dai comuni principi della nostra legislazione in tema di legittimazione processuale e di personalità giuridica, tenuto conto che pacificamente il fenomeno del raggruppamento di imprese non dà luogo a un’entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono”. Questa regola di diritto è stata espressa dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza n. 2155 del 15 aprile n. 2010), in relazione ad un’analoga eccezione formulata, in quel caso, nei confronti dell’impresa mandataria. La stessa regola viene quindi riaffermata nel presente giudizio, essendo palese per il Consiglio di Stato la sua applicabilità anche per la mandante.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale ***** del 2013, proposto da:

Saglietto Engineering S.r.l. in proprio e quale mandante del Costituendo R.T.I. con Atzwanger s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Stefano Vinti, Paola Chirulli e Giuseppe Inglese, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Emilia 88;

 

contro

Azienda Cuneese dell'Acqua s.p.a. – A.C.D.A., rappresentata e difesa dagli avv. Marco Casavecchia e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4; 

nei confronti di

Torricelli s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Cinti, con domicilio eletto presso s.n.c. Legalcomm in Roma, viale delle Milizie, 52; Asfalt C.C.P. s.p.a., Siba s.p.a., Ruscalla Renato s.p.a.; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE, SEZIONE I, n. 00185/2013, resa tra le parti, concernente affidamento per la progettazione di un impianto di abbattimento delle sostanze nutrienti dell'acqua con adeguamento dell'impianto di depurazione

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Cuneese dell'Acqua s.p.a. e di Torricelli s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Inglese, Casavecchia e Cinti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Si controverte nel presente giudizio in ordine alla procedura di affidamento dell’appalto integrato per la progettazione e la realizzazione di un impianto di abbattimento delle sostanze nutrienti dell'acqua e di adeguamento dell'impianto di depurazione di Cuneo al vigente piano regionale di tutela delle acque; procedura indetta dall’Azienda Cuneese dell'Acqua – A.C.D.A. s.p.a. con bando in data 7 luglio 2011.

La gara veniva aggiudicata all’ATI con capogruppo Torricelli s.r.l., ed Asfalt C.C.P. s.p.a. in qualità di mandante.

2. L’ATI composta da Atzwanger s.p.a. e Saglietto Engineering s.r.l. si collocava al terzo posto della graduatoria finale, ma con ricorso al TAR Piemonte contestava l’esito della procedura, deducendo che l’aggiudicataria e la seconda classificata, ATI tra Siba s.p.a. e Ruscalla Renato s.p.a., avrebbero dovuto essere escluse per plurime difformità dell’offerta tecnica da loro rispettivamente presentate rispetto ad inderogabili specifiche tecniche del progetto preliminare posto a gara, censurandone in via subordinata la sopravvalutazione del merito tecnico da parte della commissione giudicatrice.

3. Il TAR adito respingeva l’impugnativa, dichiarando conseguentemente improcedibile il ricorso incidentale spiegato dall’aggiudicataria.

4. Contro questa decisione ha proposto appello la sola Saglietto Engineering, riproponendo tutti i motivi contenuti nel ricorso di primo grado.

5. Come nel giudizio davanti al TAR si sono costituite tanto l’amministrazione resistente quanto la controinteressata Torricelli s.r.l., la quale ha a sua volta riproposto i motivi del ricorso incidentale di primo grado.

DIRITTO

1. In via preliminare l’A.C.D.A. eccepisce l’inammissibilità dell’appello, perché proposto dalla sola mandante Saglietto Engineering. Sostiene che il passaggio in giudicato per la mandataria non appellante Atzwanger inciderebbe sull’interesse ad agire della Saglietto, essendole preclusa la tutela in forma specifica mediante subentro nel contratto.

2. La stessa amministrazione resistente eccepisce inoltre l’improcedibilità dell’appello, per omessa impugnazione degli atti successivi all’aggiudicazione, deliberata dal consiglio d’amministrazione del 21 maggio 2012, ed in particolare per non avere controparte esteso l’impugnativa alla successiva delibera consiliare del 27 novembre 2012, n. 105, di autorizzazione alla stipula del contratto.

Quest’ultima eccezione è formulata nella propria memoria costitutiva anche dalla controinteressata Torricelli, la quale nello stesso atto ha anche riproposto i motivi di ricorso incidentale dichiarati improcedibili in primo grado.

3. Nessuna di queste eccezioni è fondata.

La legittimazione dell’impresa ad impugnare gli atti di una procedura di affidamento alla quale ha partecipato in qualità di mandante di ATI “discende dai comuni principi della nostra legislazione in tema di legittimazione processuale e di personalità giuridica, tenuto conto che pacificamente il fenomeno del raggruppamento di imprese non dà luogo a un’entità giuridica autonoma che escluda la soggettività delle singole imprese che lo compongono”.

Questa regola di diritto è stata espressa dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (sentenza n. 2155 del 15 aprile n. 2010), in relazione ad un’analoga eccezione formulata, in quel caso, nei confronti dell’impresa mandataria.

La stessa regola deve essere riaffermata nel presente giudizio, essendo palese la sua applicabilità anche per la mandante.

3.1 Quanto ai rilievi a sostegno dell’eccezione, è agevole confutarli avuto riguardo al fatto che l’ipotetico accoglimento del presente appello potrebbe condurre all’accertamento del diritto al subentro nel contratto e che di tale accertamento potrebbe certamente giovarsi anche l’Atzwanger, visto l’effetto di travolgimento della contraria statuizione di primo grado che si determinerebbe. Per tacere poi dell’interesse al risarcimento per equivalente, proponibile anche in seguito al presente giudicato ex art. 30, comma 3, cod. proc. amm., di cui è all’evidenza portatrice la singola impresa partecipante all’ATI.

3.2 Va soggiunto che a fronte di tale qualità sono privi di pregio i rilievi svolti dalla controinteressata Torricelli nella propria memoria conclusionale, secondo i quali in realtà la Saglietto Engineering costituirebbe dal punto di vista sostanziale una mera ausiliaria, in quanto incaricata della sola progettazione prevista nel contratto posto a gara. In contrario deve osservarsi che l’assunzione della qualità di mandante di raggruppamento, quale modalità partecipativa che l’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 prevede espressamente per le prestazioni di progettazione in appalto integrato in alternativa all’avvalimento, costituisce titolo di legittimazione ad impugnare gli atti di gara non solo necessario ma anche sufficiente, visto che ad essa si correla la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante per l’offerta presentata dal raggruppamento ex art. 37, comma 5, d.lgs. citato.

3.3 Per quanto concerne l’altra eccezione di inammissibilità, deve ancora farsi applicazione dei principi elaborati dall’Adunanza plenaria, questa volta nella sentenza 31 luglio 2012, n. 31. Secondo l’organo di nomofilachia della giurisdizione amministrativa è infatti solo l’aggiudicazione definitiva che segna il decisivo spartiacque tra la posizione dell’aggiudicataria e quella delle altre imprese concorrenti, poiché “da un lato fa sorgere in capo all’aggiudicatario una aspettativa – della quale in questa sede non rileva la precisa qualificazione giuridica – alla stipulazione del contratto di appalto, che è ex lege subordinata all’esito positivo della verifica; nel contempo, il medesimo atto produce nei confronti degli altri partecipanti alla gara un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della stazione appaltante o altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del “bene della vita” rappresentato dall’aggiudicazione della gara”.

I rilievi dell’Adunanza plenaria si addicono alla presente fattispecie, nella quale successivamente all’aggiudicazione definitiva vi sono stati l’approvazione del progetto definitivo da parte dell’ATO 4 e la successiva autorizzazione alla stipula del contratto da parte dell’A.C.D.A. E’ vero che – come osserva la Torricelli – i citati atti costituiscono altrettante determinazioni autonome rispetto all’aggiudicazione. Ma è del pari vero che essi presuppongono necessariamente quest’ultimo atto. Ciò è confermato dal fatto che l’iter di approvazione del progetto definitivo e la successiva autorizzazione alla stipulazione del contratto hanno interessato esclusivamente quest’ultima impresa, giacché questa era risultata aggiudicataria nella procedura di gara ed aveva quindi titolo a partecipare a queste ulteriori fasi. Sotto questo fondamentale aspetto soggettivo non vi è alcun profilo di ulteriore lesività degli atti successivi nei confronti dell’odierna appellante. Infatti, la lesione dell’interesse pretensivo qui fatto valere discende dalla sola aggiudicazione definitiva, la quale, secondo quanto chiarito dall’Adunanza plenaria, priva in via altrettanto definitiva le altre imprese partecipanti alla gara del bene della vita a cui esse aspirano, vale a dire l’aggiudicazione del contratto posto a gara.

4. I motivi di ricorso incidentale devono essere dichiarati inammissibili, poiché riproposti dalla controinteressata con memoria depositata anziché, come sarebbe stato suo onere, con appello incidentale.

Come già affermato di recente da questa Sezione (sentenza n. 5160 del 24 ottobre 2013) a fronte della statuizione di improcedibilità emessa con riguardo ai predetti motivi dal TAR, l’ATI controinteressata avrebbe necessariamente dovuto ricorrere allo strumento dell’appello incidentale, onde consentire la cognizione degli stessi al giudice del gravame. Si è osservato nella citata pronuncia che “la statuizione di improcedibilità non è per nulla assimilabile ad un omesso esame o ad una dichiarazione di assorbimento, le quali sole legittimano ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm. la riproposizione in appello dei motivi mediante memoria. La dichiarazione in questione, infatti, trae il proprio fondamento dal riscontro del sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia nel merito di una domanda (art. 35, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.), dando luogo, dunque, ad una soccombenza su una questione pregiudiziale, ostativa all’esame nel merito. Si tratta più precisamente di una soccombenza virtuale, visto l’esito negativo dell’altrui impugnazione, ma che è destinata ad concretizzarsi una volta riproposta quest’ultima mediante appello principale, rendendo conseguentemente necessaria l’incrociata contro-impugnazione nelle suddette forme dell’appello incidentale, al fine di impedire la formazione del giudicato interno sulla questione negativamente risolta in primo grado.”.

A tale regola deve essere data continuità in questa sede.

5. Può quindi passarsi al merito della presente controversia.

5.1 Con un primo ordine di censure, l’appellante deduce che le offerte delle prime due graduate non rispetterebbero i limiti di concentrazione di azoto totale (indicato in 7,2 mg/l) e di azoto nitrico (indicato in 4 mg/l) e che tale difformità rispetto ad inderogabili indicazioni del progetto preliminare posto a gara avrebbero dovuto comportare l’esclusione delle predette, in applicazione del punto II.1.9. del bando, legittimante varianti “nel rispetto dei requisiti minimi previsti dal disciplinare di gara”.

5.2 Il TAR ha disatteso la complessiva doglianza, affermando che:

- nella stessa non sarebbero state enucleate chiaramente le violazioni delle “specifiche progettuali inderogabili”;

- in ogni caso i suddetti limiti avevano valore meramente indicativo (come ricavabile dall’indicazione circa il carattere del progetto preliminare contenuta nel disciplinare di gara, a pag. 18);

- le uniche prescrizioni vincolanti a mente della medesima normativa di gara erano quelle discendenti dalla normativa primaria, in particolare dalla direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane.

5.3 Obietta sul punto l’appellante che il progetto preliminare redatto dall’ACDA impone chiaramente i suddetti valori prestazionali dell’impianto, quali risultanti dagli obiettivi di abbattimento percentuale degli scarichi di detta sostanza inquinante prefissi (80% rispetto ai valori di legge).

6. Il motivo è fondato.

Nella relazione di progetto redatta dall’ACDA si legge, al par. 2, dedicato all’autorizzazione allo scarico e relativi limiti, che i limiti di azoto di cui all’autorizzazione ottenuta dalla Provincia di Cuneo sono quelli contenuti nella “Monografia d’area All. A DGR 7-10588 del 19/01/2009 Al 21 Stura di Demonte e debbono essere rispettati dal 31/12/2002”, recante l’approvazione del piano regionale di tutela delle acque. Nel successivo par. 3 del progetto, specificamente dedicato ai limiti di scarico dell’azoto, si precisa che il limite massimo di concentrazione fissato in detta delibera giuntale è di 10 mg/l, mentre l’obiettivo di riduzione percentuale è pari all’80%. Questi stessi valori sono riportati nella tabella par. 9 – “Limiti allo scarico”, ivi specificandosi: “Pertanto, l’impianto, nello stato riformato, avrà i limiti allo scarico secondo le seguenti tabelle…”, che per l’azoto è quella poc’anzi detta. Seguono poi ulteriori precisazioni circa le varie composizioni chimiche dell’azoto che contribuiscono a determinare i valori obiettivo in questione, le quali presuppongono esplicitamente la necessità che questi ultimi siano rispettati. In particolare, per l’azoto nitrato (N-NO3) si prescrive un limite di concentrazione di 4 mg/l, spiegandosi che “solo in tal modo è possibile arrivare ad una concentrazione Ntot out di 7,2 mg/l indipendentemente dal valore registrato al sollevamento”. Immediatamente dopo si afferma quanto segue: “Ciò permette sia la conformità al limite di concentrazione che quella in prestazioni; infatti al 50 esimo percentile, l’efficienza di rimozione dell’azoto totale è pari al 81% ed al 99 esimo percentile è 88,25%. In tal modo si rispetta il limite di E%Ntot > 80% come media annua”.

6.1 E’ dunque palese che il limite di concentrazione e l’obiettivo di abbattimento degli scarichi costituiscono requisiti prestazionali fondamentali dell’opera appaltata.

Ciò in conformità con la funzione tipica della progettazione preliminare, la quale consiste nella definizione delle “caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire” (art. 17 reg. att. cod. contratti pubblici, di cui al d.p.r. n. 207/2010).

6.2 Che poi si tratti di requisiti inderogabili ciò emerge innanzitutto dal disciplinare di gara.

Nella descrizione dell’appalto contenuta nell’art. 2, si precisa, al punto 4, che le opere oggetto del contratto dovranno consentire il raggiungimento dei “limiti di accettabilità e i rendimenti di rimozione stabiliti nella deliberazione della Giunta della Regione Piemonte n. 7-10588 del 19 gennaio 2009”.

Quindi, nelle precisazioni relative all’offerta tecnica, il disciplinare impone alle offerenti di indicare le tecnologie ed i metodi necessari ad assicurare la funzionalità dell’impianto di depurazione “per il completo rispetto delle caratteristiche dei reflui in uscita dopo il trattamento secondo quanto previsto dalla normativa vigente a regime dell’impianto”.

Emerge dunque in modo inconfutabile che l’obiettivo che l’amministrazione si prefigge di perseguire attraverso il contratto in contestazione è proprio il raggiungimento dei suddetti requisiti di performance in punto scarichi di sostanze inquinanti, normativamente imposti.

Questo obiettivo costituisce in altri termini un elemento progettuale a base della competizione cui le imprese partecipanti alla gara erano chiamate. Le stesse dovevano cioè considerarsi libere di indicare le soluzioni tecniche migliorative rispetto a quelle prefigurate dall’amministrazione nel progetto preliminare, come del resto è naturale allorché quest’ultima faccia ricorso allo schema dell’appalto integrato, fermo rimanendo che tali soluzioni dovevano comunque essere idonee a raggiungere le prestazioni chiaramente richieste dall’amministrazione. In estrema sintesi, fermo il vincolo dei fini, il confronto competitivo doveva svolgersi sui mezzi per raggiungere i primi.

6.3 Le parti appellate non contestano, e risulta comunque documentalmente provato, che le prime due graduate hanno presentato in gara progetti definitivi che non rispettano i limiti di concentrazione di azoto in uscita ed il sub-limite di azoto nitrato.

Obiettano, tuttavia, le medesime parti che si tratta di valori indicativi, come del resto affermato dal TAR.

Più precisamente, l’assunto del giudice di primo grado si impernia sulla previsione contenuta a pag. 18 del disciplinare di gara, in cui viene precisato che la progettazione preliminare posta a gara “deve intendersi come puramente indicativa”.

6.4 La descritta ricostruzione della normativa di gara non può essere condivisa per le considerazioni poc’anzi svolte, che non vengono smentite dalla citata previsione del disciplinare di gara, ma anzi vi trovano in esso puntuale conferma. Come emerge anche dal contesto nel quale è inserita, relativa all’offerta tecnica, questa va infatti riferita alle caratteristiche tecniche dell’impianto destinate a sostanziare il progetto definitivo da presentare in sede di gara, ma non certo al requisito prestazionale in contestazione puntualmente enucleato – è il caso di ribadire – nel progetto preliminare.

Ancora sul punto sovviene un’argomentazione di tipo apagogico. La tesi delle appellate e del giudice di primo grado condurrebbe a considerare come sostanzialmente non scritti obiettivi espressi in modo puntuale nel progetto preliminare, attraverso la fissazione di soglie numeriche, assolute o in termini percentuali, espressamente finalizzate al raggiungimento di valori imposti dalla pertinente regolamentazione amministrativa regionale. Il che è francamente inaccettabile, giacché condurrebbe a svalutare l’attività progettuale prodromica alla gara, nonché il confronto competitivo che in essa è destinata ad attuarsi, ed in ultima analisi l’essenza stessa del modulo di azione amministrativa dell’evidenza pubblica. La quale è destinato – come ampiamente noto – al raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico, appositamente predeterminati mediante il progetto di contratto e quindi destinati ad essere realizzati con l’esecuzione di quest’ultimo da parte del miglior offerente individuato in sede di gara.

6.5 Le appellate obiettano poi che, successivamente all’aggiudicazione, il progetto definitivo dei lavori è stato esaminato ed approvato in conferenza di servizi da parte delle competenti autorità e quindi è stato stipulato il contratto. Sostengono che l’esito positivo di tale attività di elaborazione progettuale svolta in contraddittorio tra aggiudicataria ed enti pubblici interessati ai lavori dovrebbe condurre ad escludere l’esistenza dei vizi dedotti dalla Saglietto.

6.6 Anche questa argomentazione non può essere condivisa.

In primo luogo perché con un simile argomentare si annetterebbe alla suddetta attività di progettazione una valenza sanante di vizi precedentemente consumatisi che in realtà la stessa non possiede.

In secondo luogo perché non risulta in alcun modo, né le parti interessate hanno fornito precisi ragguagli al riguardo, che lo specifico profilo della originaria carenza dell’essenziale requisito prestazionale nell’offerta dell’Impresa Torricelli, qui riscontrata, sia stato espressamente affrontato in conferenza di servizi.

7. Tanto precisato in fatto, giova osservare, in diritto, che la giurisprudenza di questa Sezione, alla quale va evidentemente continuità in questa sede, afferma da tempo risalente che le difformità essenziali nell’offerta tecnica rispetto al progetto base, tali da rivelare l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto a quello posto a gara, legittima l’amministrazione ad escludere quest’ultima (tra le altre: sentenza 9 febbraio 2001, n. 578). In questo indirizzo si collocano pronunce di altre Sezioni ed in particolare, solo per ricordare le più recenti, vale la pena citare le pronunce della III Sezione 12 aprile 2012, n. 2082 e 16 marzo 2012 n. 1466, nonché della VI Sezione 21 gennaio 2013, n. 311.

Più di recente, questa Sezione ha avuto modo di ritornare sulla questione (sentenza 15 luglio 2013, n. 3851), precisando che il mancato superamento della soglia di idoneità tecnica minima quale risultante dal progetto elaborato dalla stazione appaltante legittima l’esclusione – e non già la mera penalizzazione dell’offerta in punto valutazione e conseguente attribuzione del punteggio – essendosi di fronte ad un dissenso contrattuale impeditivo della formazione dell’accordo ex artt. 1321 e 1325, n. 1), cod. civ., necessario per la stipula del contratto.

L’accoglimento delle censure in esame è quindi sufficiente all’annullamento degli atti di gara impugnati, fino all’aggiudicazione in favore della controinteressata Impresa Torricelli, potendo perciò essere assorbiti i restanti motivi d’appello.

8. Può dunque passarsi all’esame della domanda di reintegrazione in forma specifica attraverso il subentro nel contratto, riproposta dall’appellante.

Premesso al riguardo che la norma di riferimento è quella contenuta nell’art. 122 cod. proc. amm., il collegio reputa che il concreto apprezzamento dei parametri valutativi in essa previsti conduca all’accoglimento anche di questa domanda.

8.1 Determinante è la valutazione “degli interessi delle parti” ed in particolare, nel caso di specie, dell’interesse pubblico sotteso al contratto, la cui cura è affidata all’amministrazione odierna appellata. Il quale interesse è quello di adeguare il depuratore di Cuneo al piano regionale delle acque, che per quanto accertato in sede di cognizione dell’azione di impugnazione, solo il progetto tecnico dell’odierna appellante è in grado di realizzare.

8.2 E’ inoltre integrato il requisito dell’effettiva possibilità della Saglietto “di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati”. Richiamato nuovamente quanto accertato nell’ambito dell’impugnativa contro gli atti di gara, è sufficiente infatti limitarsi ad osservare che le difformità progettuali delle concorrenti prime due graduate avrebbe dovuto comportarne l’esclusione. Quindi, visto che la costituenda ATI di cui ha fatto parte la Saglietto è risultata terza classificata, la stessa si trova nelle condizioni di aspirare legittimamente al bene della vita sotteso all’aggiudicazione, non essendo stata legittimamente preceduta da altra concorrente.

8.3 Non è infine ostativo lo “stato di esecuzione del contratto”.

E’ vero infatti che, come risulta dalla documentazione versata agli atti di questo giudizio d’appello dall’ACDA, successivamente alla fase di approvazione del progetto definitivo e la conseguente stipula del contratto, nel giugno di quest’anno è iniziata l’esecuzione di quest’ultimo.

Ma è anche vero che l’attività amministrativa relativa al suddetto progetto ben può essere rinnovata, e che l’inevitabile slittamento del termine di conclusione dei lavori, causato dal fatto che questi devono essere ripresi dall’inizio, così come l’esborso finanziario finora sostenuto dall’amministrazione, costituiscono indiscutibilmente inconvenienti di fatto, i quali sono in ogni caso recessivi rispetto all’interesse pubblico al rispetto degli inderogabili vincoli imposti dalla pianificazione regionale in materia di acque.

9. Le considerazioni ora svolte conducono pertanto alla dichiarazione di inefficacia ab origine del contratto stipulato tra l’ACDA e l’Impresa Torricelli, nonché il subentro in esso dell’ATI costituenda di cui ha fatto parte la Saglietto.

In conclusione, l’appello di quest’ultima deve essere accolto e, in riforma della sentenza del TAR, devono essere accolte l’azione di impugnazione e la domanda di subentro contenute nel ricorso di primo grado, con la precisazione, relativa a quest’ultima pretesa, che detto subentro è condizionato alla verifica dei requisiti soggettivi previsti dall’art. 11 del codice dei contratti pubblici (in questi termini si è espressa recentemente la Sezione, nella sentenza 2 settembre 2013, n. 4339).

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, e sono dunque poste a carico solidale delle odierne appellate, e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso colà proposto e pertanto:

- annulla pertanto gli atti con esso impugnati;

- dichiara inefficace sin dall’origine il contratto stipulato tra l’amministrazione resistente e la controinteressata;

- dispone il subentro nello stesso dell’ATI appellante.

Condanna le odierne appellate, in solido tra loro, alla refusione in favore di quest’ultima delle spese del doppio grado di giudizio, complessivamente liquidate in € 10.000,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Mario Luigi Torsello, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Sabato Malinconico, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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