Sunday 20 July 2014 21:43:04

Provvedimenti Regionali  Giustizia e Affari Interni

Test per l’ammissione ai corsi di laurea in medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria: un codice a barre, accompagnato dal codice di lettura alfanumerico prestampato su tutti gli atti della prova non assicura l’anonimato degli elaborati e dei candidati

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del TAR Lazio Roma Sez. III del 18.7.2014

La vicenda giunta innanzi al giudice amministrativo investe i test per l’ammissione ai corsi di laurea in medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria, a.a. 2012/2013, presso l’aggregazione degli Atenei di Catania, Palermo, Messina e Catanzaro. Non raggiunto nel test un punteggio sufficiente per l’accesso ai corsi, gli interessati impugnavano il diniego di ammissione ai suddetti corsi e, in via subordinata, gli atti presupposti, connessi e conseguenti. Il TAR ha ritenuto fondata la censura d’illegittimità delle norme che regolano lo svolgimento della prova: D.M. 196/2012 e D.R. 3002/2012 nonché della stessa prova e della modalità di correzione degli elaborati perché in contrasto con i criteri di trasparenza e imparzialità previsti dall’art. 97 Cost. e dalla L. 241/1990. In particolare, si può ritenere che la presenza di un codice a barre, accompagnato dal codice di lettura alfanumerico pure prestampato su tutti gli atti della prova (scheda anagrafica, modulo risposte, questionario, foglio delle “chiavi personali” per l’accesso al sito del MIUR), renda in astratto possibile l’identificabilità dell’autore della prova, anche dopo la conclusione della prova medesima, persino nel momento successivo delle operazioni di esame e valutazione dei questionari. Sotto il codice a barre della scheda anagrafica è presente e visibile il codice di lettura alfanumerico, che corrisponde con i codice a barre della prova. In tal modo il codice a barre di ciascuna prova è immediatamente conosciuto dal candidato e da chiunque altro mediante la lettura del codice alfanumerico pure presente sul foglio dei test.. Il codice corrisponde anche alla username indicata nel foglio che viene anch’esso consegnato all’inizio della prova a ciascun candidato e che, come previsto nell’allegato al D.M. 196/2012 e nel bando di concorso lo studente deve conservare per accedere al sito del MIUR al fine di verificare l’esito della propria prova. La presenza del codice a barre insieme al codice di lettura alfanumerico rende sostanzialmente la prova attribuibile al nominativo del candidato già prima della fine della correzione con grave vulnus del principio dell’anonimato quale effetto della conoscenza del codice identificativo della prova abbinato a ciascun candidato prima della compilazione dei questionari con la conseguenza, per lo meno potenziale, della alterazione dei risultati. Aggiunge il Collegio che la regola dell’anonimato dei concorrenti e' espressione di un più generale principio di garanzia dell’imparzialità amministrativa (cfr.: Cons. Stato II, 6.10.2011 n. 3672; T.a.r. Sardegna Cagliari I, 14.3.2012 n. 229; T.a.r. Sicilia I, 28.2.2012 n. 457; T.a.r. Toscana I, 27.6.2011 n. 1105). Pertanto, si può ritenere che le particolari modalità con le quali si è svolta, nel caso di specie, la selezione per l’accesso al Corso di Laurea in Medicina 2012-2013, non abbiano fornito sufficienti garanzie per l’anonimato degli elaborati e dei candidati. Ciò costituisce, senza dubbio, vizio del procedimento e del provvedimento, che ne inficia la legittimità. E’ appena il caso di aggiungere che la regola dell’anonimato dei concorrenti sia espressione di un più generale principio di garanzia dell’imparzialità amministrativa (cfr.: Cons. Stato II, 6.10.2011 n. 3672; T.a.r. Sardegna Cagliari I, 14.3.2012 n. 229; T.a.r. Sicilia I, 28.2.2012 n. 457; T.a.r. Toscana I, 27.6.2011 n. 1105). Pertanto, si può ritenere che le particolari modalità con le quali si è svolta, nel caso di specie, la selezione per l’accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria 2012-2013, non abbiano fornito sufficienti garanzie per l’anonimato degli elaborati e dei candidati. Ciò costituisce, senza dubbio, vizio del procedimento e del provvedimento, che ne inficia la legittimità. Sono da riconoscere come presenti nel caso in esame i presupposti del danno risarcibile, precisamente il provvedimento illegittimo (l’atto di esclusione dal Corso universitario), l’evento dannoso (la perdita della possibilità di frequentare il Corso), nonché l’elemento soggettivo della colpa, consistente nella palese violazione dei principi di buon andamento, correttezza e imparzialità, conseguente al mancato rispetto della regola di anonimato, nonché dei principi generali in materia di verbalizzazione delle operazioni amministrative (cfr.: Cons. Stato V, 31.7.2012 n. 4338; T.A.R. Lazio Roma II, 18.2.2013 n. 1749). Qualche dubbio residua per il nesso di causalità tra condotta ed evento, poiché l’esclusione dal Corso universitario non è la conseguenza diretta dell’illegittimità del procedimento, ma di una prestazione dei ricorrenti nella prova selettiva, ritenuta inadeguata dalla commissione. Tale dubbio può essere positivamente risolto, nella considerazione che un’organizzazione della prova culturale di accesso programmato al Corso di Medicina e Odontoiatria, se fosse stata più congrua, imparziale e rispettosa delle regole del buon andamento amministrativo, avrebbe favorito un clima di maggior garanzia e di serenità dei concorrenti, tale da rendere possibili – dal punto di vista soggettivo - prestazioni migliori di tutti, quindi anche dei ricorrenti (T.A.R. Molise, sentenza 11 aprile 2013 n. 396). In termini di valutazione probabilistica oggettiva, conformemente a un giudizio di comune esperienza, l’applicazione di un parametro di garanzia d’imparzialità più elevato all’attività amministrativa, in una procedura di tipo concorsuale, favorisce le possibilità di tutti i concorrenti e di ciascuno di migliorare le proprie prestazioni e conseguire risultati più apprezzabili. Ciò depone a favore della sussistenza di un nesso di causa tra atto illegittimo ed evento dannoso. Il nesso causale, invero, sussiste quando tra condotta ed evento vi sia un rapporto di consequenzialità anche eventuale, di guisa che si devono comprendere nel risarcimento da fatto illecito quei danni mediati e indiretti che siano effetto possibile del fatto stesso, rientrando nella serie delle conseguenze cui esso dà origine, in base al criterio della cosiddetta regolarità causale (cfr.: Cons. Stato V, 10.2.2004 n. 493; T.A.R. Calabria Catanzaro II, 19.7.2012 n. 771; T.A.R. Friuli Trieste I, 30.8.2006 n. 572, T.A.R. Molise, 11 aprile 2013 n. 396). In materia di responsabilità civile dell’Amministrazione, il risarcimento del danno conseguente a una lesione di un interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i presupposti dell'illecito aquiliano (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), all'effettiva dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento fosse in concreto destinata ad avere esito favorevole, quindi all'avvenuta e concludente dimostrazione della spettanza ragionevolmente certa, mediante il corretto sviluppo dell'azione amministrativa, del bene sostanziale della vita collegato a tale interesse, fermo restando l'ambito proprio della discrezionalità amministrativa (cfr.: Cons. Stato VI, 30.6.2011 n. 3887). Ma è altresì indubbio che – mediante una valutazione probabilistica della perdita di “chance” – si possa parimenti giudicare della lesione riguardante la concreta possibilità di ottenere un risultato favorevole, nell’evenienza che non si fosse verificato l’evento perturbativo che lo indirettamente ha impedito, quale fattore concorrente di regolarità causale (cfr.: Cons. Stato V, 24.3.2011 n. 1796; T.A.R. Lazio Roma III, 5.1.2011 n. 41). Considerato che i ricorrenti si sono collocati in posizioni non utili, ma tra loro diverse nella graduatoria della prova selettiva, si tratta di fissare un criterio plausibile per valutare, rispetto a ciascuno di essi, la “chance” di successo all’esito della prova, nell’ipotesi che si fosse svolta in modo più regolare. Tale valutazione – utile ai fini della determinazione del risarcimento - è demandata a un accordo delle parti, da stipularsi ai sensi dell’art. 34, comma quarto, del C.p.a., per cui devono essere stabilite, sin d’ora, da questa Sezione le linee direttrici in base alle quali l’Amministrazione debitrice dovrà proporre a favore dei ricorrenti creditori, la reintegrazione o il ristoro economico. Se le parti non giungeranno a un accordo, ovvero non adempiranno agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, la determinazione in questione potrà avvenire in un successivo giudizio di ottemperanza. I criteri per la riparazione del danno ingiusto che il Collegio ritiene, nella specie, di dover fissare, sono sostanzialmente tre, come di seguito indicati. A) Il Collegio, in applicazione dell’art. 34 comma primo lett. c) del C.p.a., considera la possibilità di “misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”, anche mediante “misure di risarcimento in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 del codice civile”. L’Amministrazione dovrà riesaminare le posizioni dei ricorrenti, per valutare autonomamente la possibilità di una reintegrazione in forma specifica, mediante l’ammissione in soprannumero ai Corsi, in alternativa al risarcimento per equivalente, comminabile in caso di impossibilità giuridica o fattuale della reintegrazione in forma specifica. Si tratta, allora, di verificare – e questo potrà farlo soltanto l’Amministrazione, caso per caso, in via discrezionale, ancorché in esecuzione della pronuncia giurisdizionale, valutando la sufficienza degli elaborati, l’idoneità dei candidati ai fini dell’ammissione e la plausibilità giuridica e didattico-organizzativa di ampliare il numero dei frequentatori del Corso – se sia possibile ammettere le ricorrenti al Corso 2012-2013, ovvero se, in alternativa, si debba ripiegare sul risarcimento per equivalente del <> (ex art. 30 comma secondo del C.p.a.), vale a dire della lesione conseguente all’illegittimità amministrativa giudizialmente accertata. L’accertamento giurisdizionale di illegittimità degli atti impugnati – sostituendo la decisione di annullamento che sarebbe autoesecutiva, ma inutile - dà all’Amministrazione la possibilità di valutare le conseguenze del danno, di eliminarle o ridurle, mediante un’attività discrezionale, che non potrà essere, tuttavia, oggetto dell’accordo risarcitorio tra le parti, quale previsto dal citato art. 34 comma quarto del C.p.a., né potrà avvenire in deroga alle vigenti norme di legge. B) nell’ipotesi in cui la reintegrazione in forma specifica appaia tecnicamente e/o giuridicamente impossibile a causa del tempo trascorso, l’Amministrazione dovrà rimborsare ai ricorrenti i documentati costi della partecipazione alla prova (eventuali spese di viaggio, acquisto di libri, frequentazione di corsi di preparazione, eccetera), nonché risarcire la perdita di “chance” dei ricorrenti, percentualmente misurata e ponderata, in relazione diretta con la posizione di graduatoria, valutando come “cento” la posizione numero uno di essa e “zero” la posizione virtuale successiva all’ultima. Considerato che l’accesso al Corso di Medicina, in caso di completamento degli studi universitari, fornisce altissime probabilità di inserimento lavorativo, la “chance” massima, quella della posizione numero uno di graduatoria, sarà calcolata - in misura forfetaria, considerando la riduzione oggettiva della “chance” per il doppio sbarramento del completamento degli studi e del reperimento di un posto di lavoro da medico - come un centesimo del reddito medio lordo di un medico di guardia medica della Regione Siciliana e/o della Regione Calabria, conseguibile nel corso di una carriera di venti anni (senza alcuna parametrazione attuariale). Il ristoro della perdita di “chance” di ciascun ricorrente, avendo come parametro la posizione numero uno, subirà una decurtazione proporzionale al rapporto ponderato della sua posizione in graduatoria con quella del numero uno della graduatoria medesima. Mediante tale criterio empirico l’amministrazione potrà così giungere, in sede di accordo tra le parti, a una quantificazione del danno risarcibile per equivalente. C) Nel calcolo del risarcimento per equivalente, occorrerà aggiungere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione del debito fino al soddisfo. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale *del 2012, proposto -OMISSIS-Vincenzo, rappresentati e difesi dall'avv. Alessandra Faldetta, con domicilio eletto presso Giuseppe Spada in Roma, via Piemonte, 32; -OMISSIS- rappresentata e difesa dagli avv.ti Michele Bonetti, Santi Delia, Alessandra Faldetta, con domicilio eletto presso Michele Bonetti in Roma, via S. Tommaso D'Aquino, 47; 

contro

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, l’Università degli Studi di Catania, l’Università degli Studi di Messina, l’Università degli Studi di Palermo, l’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Cineca; 

nei confronti di

-OMISSIS-; 

per l'annullamento

- delle delibere con le quali è stata determinata l’offerta formativa degli atenei di Palermo, Catania, Messina, Catanzaro per l’a.a. 2012/2013;

- del D.M. 28 giugno 2012 n. 196;

- del D.M. 28.06.2012 n. 197;

- del D.M. 28.06.2012 n. 198;

- del D.R. n. D.R. 3002/2012 dell’Università degli Studi di Palermo e per il C.d.L. in Odontoiatria e Protesi dentaria n. 22 posti per l’a.a. 2012/2013;

- del decreto rettorale n. 551/2012 dell’Università degli Studi della Magna Grecia di Catanzaro;

- del D.R. dell’Università degli Studi di Messina n. 1772/2012;

- del D.R. dell’Università degli Studi di Catania;

- del D.M. con il quale è stata costituita la Commissione di esperti ai sensi dell’art. 2 del D.M. 28.06.2012;

- dei verbali e degli atti con i quali la Commissione ha individuato gli 80 quesiti e degli atti del MIUR con cui sono stati resi esecutivi gli stessi quesiti;

- della mancata attivazione di una procedura di ampliamento dei posti messi a concorso;

- della mancata attivazione delle procedure di passaggio ad anni successivi al primo;

- della mancata attivazione del c.d. scorrimento della graduatoria unica in relazione ai posti liberatisi e comunque rimasti vacanti per passaggi ad anni successivi al I e/o in relazione ai posti residui già riservati agli studenti extracomunitari;

- dei verbali di tutte le commissioni giudicatrici e delle commissioni di vigilanza relativi alla prova svoltasi nell’Università di Palermo;

- della graduatoria unica del concorso per l’ammissione ai C.d.L. in Medicina e Chirugia e Protesi Dentaria per l’a.a. 2012/2013 pubblicata sul sito del MIUR - Cineca in data 14.09.2012;

- di tutti i provvedimenti di presa d’atto della graduatoria Unica Nominativa pubblicata dal Cineca operati dai singoli Atenei dell’Aggregazione;

- di tutti provvedimenti di scorrimento tra cui quello del 02.11.2012 nella parte in cui non consentono l’immatricolazione dei ricorrenti;

- di tutti i provvedimenti presupposti, connessi e conseguenti;

- nonché per il risarcimento dei danni ex art. 30 n. 2 ultimo cpv. c.p.a. e per il risarcimento per equivalente con condanna dell’Università di Palermo al risarcimento dei danni in via equitativa che vengono quantificati in euro 5.000,00 per ciascuno o n altra maggiore misura;

- per la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni tutti cagionati ai ricorrenti per l’illegittimo operato w durante tutte le fasi del procedimento concorsuale che vengono quantificati in euro 2.000,00 per ciascuno o in altra misura liquidata dal Giudice;

- per la condanna di ciascuna delle Università sopra indicate per il mancato rispetto dei termini previsti ex l. 241/1990 per dare esito alle istanze di accesso agli atti formalizzate dai ricorrenti e rimaste a tutt’oggi parzialmente (per CZ) o totalmente inevase.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Catania e dell’Università degli Studi di Messina e di Università degli Studi di Palermo e dell’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro;

Vista l’ordinanza della sezione n. 342/2013 con la quale è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le Università coinvolte e è stata accolta l’istanza cautelare quanto ai ricorrenti -OMISSIS-mentre è stata respinta quanto agli altri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Vista la rinuncia al ricorso depositata in data 30.12.2013 da parte della dott.ssa -OMISSIS-;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2014 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

I ricorrenti in epigrafe indicati partecipavano al test per l’ammissione ai corsi di laurea in medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria, a.a. 2012/2013, presso l’aggregazione degli Atenei di Catania, Palermo, Messina e Catanzaro.

Non raggiunto nel test un punteggio sufficiente per l’accesso ai corsi, gli interessati impugnavano il diniego di ammissione ai suddetti corsi e, in via subordinata, gli atti presupposti, connessi e conseguenti, deducendo la violazione del D.M. 196/2012, del bando di concorso indetto con D.R. n. 3002/2013 dell’Università degli Studi di Palermo, del principio di uguaglianza ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 11 comma 4 del D.P.R. 487/1994, dell’all. 1 e 2 al D.M. 196/2012, del D.R. 3002/2012, della legge 241/1990; la illegittimità costituzionale della L. 264/1999 (art. 4) per violazione del principio di uguaglianza formale ai sensi dell’art. 3, 1° comma, della Costituzione, dell’art. 34 Cost. e dell’art. 97 Cost.; la illegittimità e contraddittorietà del D.M. 28.06.2012 n. 196 con riferimento all’art. 6 del D.M. 270/2004; l’illegittimità del D.M. 196/2012 e dell’allegato “A”; della prova a quiz somministrata ai candidati il 04.09.2012 e di tutti gli atti che ne costituiscono il presupposto; la violazione della legge 264/1999 per eccesso di delega; dell’art. 34 Cost.; la illegittimità costituzionale della L. 264/1999 (art. 4 comma 1) nonché di tutti gli atti che ne costituiscono l’attuazione nella parte in cui prevedono la graduatoria unica sull’intero territorio nazionale; la illegittimità dei D.M. 197 e 198/2012 nonché dei bandi di concorso degli Atenei facenti capo all’aggregazione e degli atti che ne hanno costituito il presupposto per violazione degli artt. 3 e 6 L. 241/1990, dell’art. 3 comma 2 e degli artt. 3 e 4 della legge n. 264/1999, nonché per eccesso di potere per difetto di adeguata istruttoria e di congrua motivazione e per illogicità manifesta; la illegittimità per violazione dell’art. 3 comma 1, L. 264/1999, l’eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà dell’operato della P.A. la violazione dei principi generali di buon andamento ed imparzialità dell’operato della P.A., la violazione degli artt. 33 e 4 della Costituzione; la illegittimità e contraddittorietà dei D.M. 28.06.2012 n. 198, dei bandi di concorso dei 4 Atenei dell’Aggregazione nonché l’eccesso di potere per sviamento illogicità e contraddittorietà dell’operato delle Università la disparità di trattamento, la violazione del principio costituzionale del diritto allo studio ex art. 34 Cost.; la violazione e falsa applicazione della L. 264/1999, la violazione dei principi generali di buon andamento ed imparzialità dell’operato della P.A.

I ricorrenti in particolare hanno fatto presente che le modalità di svolgimento della prova non hanno rispettato il D.M. 196/2001 quanto ad orario di inizio e al tempo complessivo concesso ai candidati per lo svolgimento della stessa; che non erano state rispettate le modalità per il mantenimento dell’anonimato dei candidati; che i test non risultavano adeguati per la selezione degli idonei ai corsi e che era mancata una verifica sul punto; in via ancora subordinata, che i quesiti erano stati mal formulati in modo impreciso, inesatto, inconferente, di livello eccessivamente difficoltoso; che la graduatoria non doveva essere formata per sedi di Università aggregate in gruppi di tre/quattro ma in base ad un’unica graduatoria unica nazionale; che non era corretta la quantificazione dei posti disponibili per l’offerta formativa, riferita alle Università di Catania, Catanzaro, Palermo, Messina, nel complesso in riduzione; che il fabbisogno del sistema era stato sottostimato, che occorreva far riferimento al rilievo costituzionale del diritto allo studio; che mancava una previsione legislativa sulla riserva di una quota di posti a studenti extracomunitari; che in ogni caso erano rimasti utilmente liberi i posti della facoltà di Odontoiatria e Protesi Dentaria destinati agli studenti extracomunitari e che il relativo D.M. n. 198 del 2012 nulla prevedeva in contrario su un loro utilizzo alternativo; che la disciplina in materia andava interpretata alla luce del rilievo costituzionale del diritto allo studio; che diversamente opinando sussisteva il contrasto degli artt. 3, 4 della Legge n.264 del 1999 con gli artt. 2, 3, 117 Cost.; in via ulteriormente subordinata veniva richiesta la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, in forma specifica o per equivalente, per la mancata ammissione e per la perdita di chance; si precisava altresì che la predetta ammissione poteva avvenire anche in soprannumero e che la richiesta di annullamento degli atti impugnati era limitata alla parte in cui non consentivano l’immatricolazione.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Università e della Ricerca instando per una pronuncia di inammissibilità e comunque per il respingimento del ricorso nel merito.

Con ordinanza n. 342/2013 del 25.01.2013 la Sezione ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le Università coinvolte nella procedura nonché di tutti i soggetti inseriti nelle singole graduatorie formate all’esito del concorso; con la medesima ordinanza la Sezione accoglieva l’istanza cautelare di taluni ricorrenti (-OMISSIS-, posto che per gli altri istanti, la difesa di parte deducente in ragione del punteggio dagli stessi conseguito e della loro posizione in graduatoria, allegava un presunto diritto allo scorrimento presso altre Università italiane senza addurre alcun elemento concreto al riguardo. La Sezione rinviava la fissazione del merito ad una udienza successiva all’esito della pronuncia della Corte Costituzionale investita della questione di legittimità costituzionale con ordinanza n. 3541 del 18 giugno 2012.

In data 29 gennaio 2014 la difesa diparte ricorrente ha depositato una memoria con la quale illustra le modalità con le quali ha adempiuto all’ordinanza di integrazione del contraddittorio emessa da questa Sezione.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 302 del 2013, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dai Giudici di Palazzo Spada atteso che l’art. 4 comma 1 della legge n. 264 del 1999, della cui legittimità costituzionale il giudice rimettente dubitava, “nulla stabilisce con riguardo al tipo di graduatoria da adottare, se per singoli atenei o a livello nazionale. Lo stesso Ministero dell’Istruzione, “ritenendo che questa scelta sia compresa nella espressione modalità di cui alla parte finale del medesimo art. 4, comma 1, ha fatto in passato ricorso ad entrambe le soluzioni”, sperimentando negli anni 2005/2006 e 2006/2007, il sistema con graduatoria unica nazionale per i corsi di laurea in odontoiatria e protesi dentaria e, successivamente all’ordinanza di rimessione, ha nuovamente previsto tale sistema, questa volta per tutti corsi di laurea a programmazione nazionale, con il D.M. 24 aprile 2013 n. 334. Dunque secondo il Giudice delle Leggi “sebbene quindi l’art. 4 comma 1 della legge n. 264 del 19099 consenta l’adozione di una graduatoria unica per le prove di ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale, il giudice rimettente afferma che l’amministrazione non avrebbe altra scelta che quella di utilizzare graduatorie locali per singoli atenei, senza fornire un’adeguata motivazione circa l’impossibilità di seguire altre interpretazioni del citato art. 4, compresa quella prospettata come costituzionalmente legittima nella stessa ordinanza di rimessione. In conclusione, la questione è inammissibile perché “viziata da una non compiuta sperimentazione”, da parte del Giudice rimettente, “ del tentativo di dare una lettura costituzionalmente conforme” della disposizione censurata (sentenza n. 110 del 2013, ordinanze n. 212, n. 103 e n. 101 del 2011)”.

In data 30 dicembre 2013 l’avv. Faldetta ha fatto pervenire atto di rinuncia al ricorso di -OMISSIS-, immatricolata presso l’Università degli Studi di Palermo in forza dell’ordinanza della Sezione n. 343/2013, precisando che l’Ateneo palermitano procederà alla convalida del percorso universitario già sostenuto dalla istante.

Alla pubblica udienza del 7 maggio 2014 la causa è stata trattata in pubblica udienza.

Alla camera di consiglio del giorno 08 maggio 2014 la causa è stata spedita in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare il Collegio rileva che il ricorso è ammissibile in quanto si può ritenere che la notifica per pubblici proclami disposta da questo T.a.r., con l’ordinanza collegiale n. 342/2013 ed effettuata dai ricorrenti in pedissequa esecuzione dell’ordine giurisdizionale - abbia consentito un’adeguata integrazione del contraddittorio, ponendo rimedio a tutti i problemi di ammissibilità del gravame.

2. Rileva inoltre che uno dei ricorrenti (-OMISSIS-) ha depositato atto di rinuncia al ricorso come precisato nella parte in fatto.

3. Per quanto concerne la restante parte dei ricorrenti, il ricorso è fondato sia pure per diversificati ordini di motivi in relazione alle singole posizioni dei medesimi, già rappresentate nell’ordinanza collegiale n. 343/2013.

4. Viene, in primo luogo, in rilievo la posizione di ricorrenti -OMISSIS-, rispetto ai quali è fondato il sesto motivo di ricorso e il cui punteggio supera la c.d. “prova di resistenza”. Essi, infatti, avendo conseguito, rispettivamente, i punteggi di 36,50 e 35,50, avrebbero potuto aspirare allo scorrimento, sempre rispettivamente, della graduatoria presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Palermo (dove l’ultimo immatricolato in graduatoria ha conseguito il punteggio di 37 mentre nelle Aggregazioni “Cagliari Sassari” l’ultimo immatricolato ha conseguito il punteggio di 36,75 e a “Napoli - Federico II- Napoli 2 – Salerno”, sempre l’ultimo immatricolato ha conseguito il punteggi odi 36,50 ) e presso l’Università La Sapienza di Roma, presso la Facoltà di Odontoiatria, dove l’ultimo immatricolato ha conseguito il punteggio di 35,50.

Detti ricorrenti sono già stati ammessi sulla base dell’ordinanza collegiale citata alle facoltà da lo ro indicate come prima scelta, quindi non si dà luogo nei loro confronti al risarcimento né in forma specifica né per equivalente essendo il loro interesse stato soddisfatto a seguito dell’esecuzione del giudicato cautelare.

5. Nel merito, il ricorso è fondato anche con riferimento agli altri ricorrenti.

In particolare, risulta fondato il motivo n. 3 con il quale è dedotta l’illegittimità delle norme che regolano lo svolgimento della prova: D.M. 196/2012 e D.R. 3002/2012 nonché della stessa prova e della modalità di correzione degli elaborati perché in contrasto con i criteri di trasparenza e imparzialità previsti dall’art. 97 Cost. e dalla L. 241/1990.

In particolare, si può ritenere che la presenza di un codice a barre, accompagnato dal codice di lettura alfanumerico pure prestampato su tutti gli atti della prova (scheda anagrafica, modulo risposte, questionario, foglio delle “chiavi personali” per l’accesso al sito del MIUR), renda in astratto possibile l’identificabilità dell’autore della prova, anche dopo la conclusione della prova medesima, persino nel momento successivo delle operazioni di esame e valutazione dei questionari. Sotto il codice a barre della scheda anagrafica è presente e visibile il codice di lettura alfanumerico, che corrisponde con i codice a barre della prova. In tal modo il codice a barre di ciascuna prova è immediatamente conosciuto dal candidato e da chiunque altro mediante la lettura del codice alfanumerico pure presente sul foglio dei test.. Il codice corrisponde anche alla username indicata nel foglio che viene anch’esso consegnato all’inizio della prova a ciascun candidato e che, come previsto nell’allegato al D.M. 196/2012 e nel bando di concorso lo studente deve conservare per accedere al sito del MIUR al fine di verificare l’esito della propria prova. La presenza del codice a barre insieme al codice di lettura alfanumerico rende sostanzialmente la prova attribuibile al nominativo del candidato già prima della fine della correzione con grave vulnus del principio dell’anonimato quale effetto della conoscenza del codice identificativo della prova abbinato a ciascun candidato prima della compilazione dei questionari con la conseguenza, per lo meno potenziale, della alterazione dei risultati.

E’ appena il caso di E’ appena il caso di aggiungere che la regola dell’anonimato dei concorrenti sia espressione di un più generale principio di garanzia dell’imparzialità amministrativa (cfr.: Cons. Stato II, 6.10.2011 n. 3672; T.a.r. Sardegna Cagliari I, 14.3.2012 n. 229; T.a.r. Sicilia I, 28.2.2012 n. 457; T.a.r. Toscana I, 27.6.2011 n. 1105). Pertanto, si può ritenere che le particolari modalità con le quali si è svolta, nel caso di specie, la selezione per l’accesso al Corso di Laurea in Medicina 2012-2013, non abbiano fornito sufficienti garanzie per l’anonimato degli elaborati e dei candidati. Ciò costituisce, senza dubbio, vizio del procedimento e del provvedimento, che ne inficia la legittimità. E’ appena il caso di aggiungere che la regola dell’anonimato dei concorrenti sia espressione di un più generale principio di garanzia dell’imparzialità amministrativa (cfr.: Cons. Stato II, 6.10.2011 n. 3672; T.a.r. Sardegna Cagliari I, 14.3.2012 n. 229; T.a.r. Sicilia I, 28.2.2012 n. 457; T.a.r. Toscana I, 27.6.2011 n. 1105). Pertanto, si può ritenere che le particolari modalità con le quali si è svolta, nel caso di specie, la selezione per l’accesso ai Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria 2012-2013, non abbiano fornito sufficienti garanzie per l’anonimato degli elaborati e dei candidati. Ciò costituisce, senza dubbio, vizio del procedimento e del provvedimento, che ne inficia la legittimità.

6. Riconosciuta la fondatezza dell’impugnativa nel merito dell’impugnativa, occorre verificare se sia ipotizzabile l’attualità dell’interesse a coltivare il ricorso, a distanza di tempo, cioè dopo che sono trascorsi alcuni anni dalla selezione di accesso universitario programmato e dall’inizio dei corsi universitari. L’interesse dedotto in giudizio non ha natura meramente oppositiva, si qualifica anzi come interesse di natura pretensiva, poiché i ricorrenti dichiaratamente aspirano ad accedere al numero chiuso del Corso di Medicina e di Odontoiatria. Un eventuale annullamento radicale delle prove selettive non sarebbe concretamente satisfattivo, poiché rimetterebbe semplicemente i candidati nella condizione di partenza, vale a dire quella di dover partecipare a nuova selezione, senza determinare neppure, stante il tempo ormai trascorso rispetto alla prova contestata, un effetto anticipatorio della prova di accesso, ispetto al quale potrebbe sussistere un residuale interesse strumentale all’annullamento.

La pronuncia giurisdizionale nei confronti dei ricorrenti - ad eccezione della ricorrente che ha depositato la rinuncia al ricorso e di quelli ammessi con la sospensiva a partecipare ai corsi – avviene pertanto in applicazione della norma di cui all’art. 34 comma terzo del C.p.a., a tenore della quale <<quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulti più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto, se sussiste l’interesse ai fini risarcitori>>. Tale pronuncia di accertamento dell’illegittimità – che, in qualche modo, corrisponde alla richiesta degli stessi ricorrenti di essere reintegrati in forma specifica, mediante l’ammissione in soprannumero al Corso di Laurea in Medicina e Odontoiatria 2012-2013 – apre la strada alla valutazione della domanda risarcitoria degli istanti.

7. I ricorrenti, invero, chiedono l’accertamento del loro diritto a essere ammessi ai Corsi di laurea in questione e di ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, a causa del diniego dell’iscrizione, nonché la condanna in forma specifica, ex art. 30 comma secondo del C.p.a., delle Amministrazioni intimate all’adozione del relativo provvedimento di ammissione ai Corsi di laurea e, in via subordinata, al pagamento delle relative somme con interessi e rivalutazione, come per legge.

8. Sono da riconoscere come presenti nel caso in esame i presupposti del danno risarcibile, precisamente il provvedimento illegittimo (l’atto di esclusione dal Corso universitario), l’evento dannoso (la perdita della possibilità di frequentare il Corso), nonché l’elemento soggettivo della colpa, consistente nella palese violazione dei principi di buon andamento, correttezza e imparzialità, conseguente al mancato rispetto della regola di anonimato, nonché dei principi generali in materia di verbalizzazione delle operazioni amministrative (cfr.: Cons. Stato V, 31.7.2012 n. 4338; T.A.R. Lazio Roma II, 18.2.2013 n. 1749).

Qualche dubbio residua per il nesso di causalità tra condotta ed evento, poiché l’esclusione dal Corso universitario non è la conseguenza diretta dell’illegittimità del procedimento, ma di una prestazione dei ricorrenti nella prova selettiva, ritenuta inadeguata dalla commissione. Tale dubbio può essere positivamente risolto, nella considerazione che un’organizzazione della prova culturale di accesso programmato al Corso di Medicina e Odontoiatria, se fosse stata più congrua, imparziale e rispettosa delle regole del buon andamento amministrativo, avrebbe favorito un clima di maggior garanzia e di serenità dei concorrenti, tale da rendere possibili – dal punto di vista soggettivo - prestazioni migliori di tutti, quindi anche dei ricorrenti (T.A.R. Molise, sentenza 11 aprile 2013 n. 396). In termini di valutazione probabilistica oggettiva, conformemente a un giudizio di comune esperienza, l’applicazione di un parametro di garanzia d’imparzialità più elevato all’attività amministrativa, in una procedura di tipo concorsuale, favorisce le possibilità di tutti i concorrenti e di ciascuno di migliorare le proprie prestazioni e conseguire risultati più apprezzabili. Ciò depone a favore della sussistenza di un nesso di causa tra atto illegittimo ed evento dannoso. Il nesso causale, invero, sussiste quando tra condotta ed evento vi sia un rapporto di consequenzialità anche eventuale, di guisa che si devono comprendere nel risarcimento da fatto illecito quei danni mediati e indiretti che siano effetto possibile del fatto stesso, rientrando nella serie delle conseguenze cui esso dà origine, in base al criterio della cosiddetta regolarità causale (cfr.: Cons. Stato V, 10.2.2004 n. 493; T.A.R. Calabria Catanzaro II, 19.7.2012 n. 771; T.A.R. Friuli Trieste I, 30.8.2006 n. 572, T.A.R. Molise, 11 aprile 2013 n. 396).

In materia di responsabilità civile dell’Amministrazione, il risarcimento del danno conseguente a una lesione di un interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur in presenza di tutti i presupposti dell'illecito aquiliano (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), all'effettiva dimostrazione che l'aspirazione al provvedimento fosse in concreto destinata ad avere esito favorevole, quindi all'avvenuta e concludente dimostrazione della spettanza ragionevolmente certa, mediante il corretto sviluppo dell'azione amministrativa, del bene sostanziale della vita collegato a tale interesse, fermo restando l'ambito proprio della discrezionalità amministrativa (cfr.: Cons. Stato VI, 30.6.2011 n. 3887). Ma è altresì indubbio che – mediante una valutazione probabilistica della perdita di “chance” – si possa parimenti giudicare della lesione riguardante la concreta possibilità di ottenere un risultato favorevole, nell’evenienza che non si fosse verificato l’evento perturbativo che lo indirettamente ha impedito, quale fattore concorrente di regolarità causale (cfr.: Cons. Stato V, 24.3.2011 n. 1796; T.A.R. Lazio Roma III, 5.1.2011 n. 41).

Considerato che i ricorrenti si sono collocati in posizioni non utili, ma tra loro diverse nella graduatoria della prova selettiva, si tratta di fissare un criterio plausibile per valutare, rispetto a ciascuno di essi, la “chance” di successo all’esito della prova, nell’ipotesi che si fosse svolta in modo più regolare. Tale valutazione – utile ai fini della determinazione del risarcimento - è demandata a un accordo delle parti, da stipularsi ai sensi dell’art. 34, comma quarto, del C.p.a., per cui devono essere stabilite, sin d’ora, da questa Sezione le linee direttrici in base alle quali l’Amministrazione debitrice dovrà proporre a favore dei ricorrenti creditori, la reintegrazione o il ristoro economico.

Se le parti non giungeranno a un accordo, ovvero non adempiranno agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, la determinazione in questione potrà avvenire in un successivo giudizio di ottemperanza.

8. I criteri per la riparazione del danno ingiusto che il Collegio ritiene, nella specie, di dover fissare, sono sostanzialmente tre, come di seguito indicati.

A) Il Collegio, in applicazione dell’art. 34 comma primo lett. c) del C.p.a., considera la possibilità di “misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio”, anche mediante “misure di risarcimento in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 del codice civile”. L’Amministrazione dovrà riesaminare le posizioni dei ricorrenti, per valutare autonomamente la possibilità di una reintegrazione in forma specifica, mediante l’ammissione in soprannumero ai Corsi, in alternativa al risarcimento per equivalente, comminabile in caso di impossibilità giuridica o fattuale della reintegrazione in forma specifica. Si tratta, allora, di verificare – e questo potrà farlo soltanto l’Amministrazione, caso per caso, in via discrezionale, ancorché in esecuzione della pronuncia giurisdizionale, valutando la sufficienza degli elaborati, l’idoneità dei candidati ai fini dell’ammissione e la plausibilità giuridica e didattico-organizzativa di ampliare il numero dei frequentatori del Corso – se sia possibile ammettere le ricorrenti al Corso 2012-2013, ovvero se, in alternativa, si debba ripiegare sul risarcimento per equivalente del <<danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa>> (ex art. 30 comma secondo del C.p.a.), vale a dire della lesione conseguente all’illegittimità amministrativa giudizialmente accertata. L’accertamento giurisdizionale di illegittimità degli atti impugnati – sostituendo la decisione di annullamento che sarebbe autoesecutiva, ma inutile - dà all’Amministrazione la possibilità di valutare le conseguenze del danno, di eliminarle o ridurle, mediante un’attività discrezionale, che non potrà essere, tuttavia, oggetto dell’accordo risarcitorio tra le parti, quale previsto dal citato art. 34 comma quarto del C.p.a., né potrà avvenire in deroga alle vigenti norme di legge.

B) nell’ipotesi in cui la reintegrazione in forma specifica appaia tecnicamente e/o giuridicamente impossibile a causa del tempo trascorso, l’Amministrazione dovrà rimborsare ai ricorrenti i documentati costi della partecipazione alla prova (eventuali spese di viaggio, acquisto di libri, frequentazione di corsi di preparazione, eccetera), nonché risarcire la perdita di “chance” dei ricorrenti, percentualmente misurata e ponderata, in relazione diretta con la posizione di graduatoria, valutando come “cento” la posizione numero uno di essa e “zero” la posizione virtuale successiva all’ultima. Considerato che l’accesso al Corso di Medicina, in caso di completamento degli studi universitari, fornisce altissime probabilità di inserimento lavorativo, la “chance” massima, quella della posizione numero uno di graduatoria, sarà calcolata - in misura forfetaria, considerando la riduzione oggettiva della “chance” per il doppio sbarramento del completamento degli studi e del reperimento di un posto di lavoro da medico - come un centesimo del reddito medio lordo di un medico di guardia medica della Regione Siciliana e/o della Regione Calabria, conseguibile nel corso di una carriera di venti anni (senza alcuna parametrazione attuariale).

Il ristoro della perdita di “chance” di ciascun ricorrente, avendo come parametro la posizione numero uno, subirà una decurtazione proporzionale al rapporto ponderato della sua posizione in graduatoria con quella del numero uno della graduatoria medesima.

Mediante tale criterio empirico l’amministrazione potrà così giungere, in sede di accordo tra le parti, a una quantificazione del danno risarcibile per equivalente.

C) Nel calcolo del risarcimento per equivalente, occorrerà aggiungere gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione del debito fino al soddisfo.

9. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei limiti di cui alla motivazione.

10. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1. dà atto della rinuncia al ricorso da parte della dott.ssa -OMISSIS-;

2. lo accoglie e, per l’effetto, annulla la non ammissione ai corsi dei ricorrenti -OMISSIS-e accerta quanto al resto delle parti ricorrenti l’illegittimità degli atti impugnati;

3. condanna le Amministrazioni resistenti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti dalle parti ricorrenti, in conformità ai criteri indicati nella motivazione, da attuarsi con le modalità negoziali di cui all’art. 34 comma quarto del C.p.a., di guisa che le Amministrazioni debitrici dovranno proporre in favore delle ricorrenti il pagamento di una somma da determinarsi in base ai criteri fissati in motivazione, entro e non oltre 90 giorni dalla pubblicazione della presente sentenza. Se le parti non giungeranno all’accordo, ovvero non adempiranno agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, il “quantum” della somma risarcitoria (ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti) potrà essere accertato in un successivo giudizio di ottemperanza.

Le spese del giudizio sono compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi dei ricorrenti e dei controinteressati manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:

 

 

Franco Bianchi, Presidente

Silvio Lomazzi, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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