Sunday 22 November 2015 10:11:09

Giurisprudenza  Giustizia e Affari Interni

Immigrazione: i termini di conclusione del procedimento per il rilascio del permesso di soggiorno a seguito della positiva conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 17.11.2015 n. 5262

La Terza Sezione del Consiglio di Stato con sentenza del 17.11.2015 n. 5262 ha accolto l'appello del Ministero dell'Interno che ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 770/2015 di accoglimento del ricorso proposto da un cittadino extracomunitario, per l'accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rilascio del permesso di soggiorno a seguito della positiva conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare. Il Collegio ha sul punto aderito alle precedenti pronunce del Consiglio di Stato (le sentenze 25/02/2014, n. 891, 10 settembre 2014, n. 4607, 21/01/2015, n. 206) richiamando al riguardo la disciplina dei termini dei procedimenti amministrativi prevista dall’art. 2 della legge n. 241/1990 ed in specie l’intera sequenza di norme previste dai commi 2, 3, 4 del citato art. 2: “2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni. 3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. 4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione.” Considerata la sequenza delle norme, rileva il Collegio come sia evidente che l’esclusione della materia dell’immigrazione, di cui all’ultimo periodo del sopra riportato comma 4, riguarda l’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo prevista dai tre commi e a maggior ragione il termine più breve previsto dal comma 2. Lo dimostra anche il fatto che la disciplina attuativa del sopra riportato comma 3, per il Ministero dell’Interno adottata con il dpcm n. 214/2012, che regola i termini dei procedimenti amministrativi di durata non superiore a novanta giorni, di competenza del Ministero dell’Interno, non considera tra questi la procedura di emersione. Anche il termine di 20 giorni previsto dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 286/1998 per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno non può applicarsi e comunque non è perentorio, come dimostrano le disposizioni dell’articolo 9 bis del medesimo decreto, che disciplinano la situazione dello straniero conseguente al superamento del termine stesso, prevedendo la possibilità di svolgimento o di continuazione del lavoro a determinate condizioni. Di conseguenza, conclude il Consiglio di Stato "risultano fondate le censure dedotte dal Ministero in ordine alla non estensibilità dei termini delle procedure ordinarie alla procedura di emersione e quelle relative alla espressa esclusione della materia dell’immigrazione dalla disciplina generale dei termini del procedimento amministrativo di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990. Oltre alle deduzioni direttamente conseguenti dalla piana lettura delle disposizioni soprarichiamate, può aggiungersi che la ragionevolezza della assenza di termini per la conclusione del procedimento di emersione deriva dal fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’immigrazione, di particolare complessità sul piano amministrativo, tale procedura ha natura del tutto eccezionale coinvolgendo soggetti eterogenei tra loro, sia per gli interessi di cui sono portatori, sia per i plurimi requisiti da verificare per ciascuno di essi. Anche in relazione alle ulteriori considerazioni poste in evidenza da questa stessa Sezione nella già richiamata sentenza n. 59/2015, resta comunque ferma la necessità che l’Amministrazione concluda il procedimento amministrativo nei termini più brevi, anche sollecitando la cooperazione degli altri uffici interessati.".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 05262/2015REG.PROV.COLL.

N. 06260/2015 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6260 del 2015, proposto da: 
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Macerata (rectius Brescia), Sportello Unico Immigrazione di Macerata (rectius Brescia), rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12; 

contro

*; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 00770/2015, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione sull'istanza di rilascio del permesso di soggiorno

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2015 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Agnese Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il Ministero dell'Interno ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia n. 770/2015 che ha accolto il ricorso proposto dal signor *, cittadino extracomunitario, per l'accertamento dell’illegittimità del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rilascio del permesso di soggiorno a seguito della positiva conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare.

La sentenza del T.A.R., nell’accogliere il ricorso, ha ordinato all’Amministrazione di concludere il procedimento adottando un provvedimento espresso nel termine di trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della sentenza.

Il Ministero dell’Interno ha proposto appello ritenendo erronea la decisione di primo grado alla luce della giurisprudenza della Sezione.

La parte appellata non si è costituita.

Alla Camera di Consiglio del 29 ottobre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L'appello dell'Amministrazione è fondato.

Il Consiglio di Stato si è già pronunziato più volte con le sentenze 25/02/2014, n. 891, 10 settembre 2014, n. 4607, 21/01/2015, n. 206, con argomentazioni di identico tenore, alle quali questo Collegio ritiene di attenersi.

Deve puntualmente richiamarsi al riguardo la disciplina dei termini dei procedimenti amministrativi prevista dall’art. 2 della legge n. 241/1990 ed in specie l’intera sequenza di norme previste dai commi 2, 3, 4 del citato art. 2: 

“2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni. 

3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. 

4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione.” 

Considerata la sequenza delle norme, è evidente che l’esclusione della materia dell’immigrazione, di cui all’ultimo periodo del sopra riportato comma 4, riguarda l’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo prevista dai tre commi e a maggior ragione il termine più breve previsto dal comma 2. Lo dimostra anche il fatto che la disciplina attuativa del sopra riportato comma 3, per il Ministero dell’Interno adottata con il dpcm n. 214/2012, che regola i termini dei procedimenti amministrativi di durata non superiore a novanta giorni, di competenza del Ministero dell’Interno, non considera tra questi la procedura di emersione. 

Anche il termine di 20 giorni previsto dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 286/1998 per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno non può applicarsi e comunque non è perentorio, come dimostrano le disposizioni dell’articolo 9 bis del medesimo decreto, che disciplinano la situazione dello straniero conseguente al superamento del termine stesso, prevedendo la possibilità di svolgimento o di continuazione del lavoro a determinate condizioni. 

Di conseguenza, risultano fondate le censure dedotte dal Ministero in ordine alla non estensibilità dei termini delle procedure ordinarie alla procedura di emersione e quelle relative alla espressa esclusione della materia dell’immigrazione dalla disciplina generale dei termini del procedimento amministrativo di cui all’art. 2 della legge n. 241/1990.

Oltre alle deduzioni direttamente conseguenti dalla piana lettura delle disposizioni soprarichiamate, può aggiungersi che la ragionevolezza della assenza di termini per la conclusione del procedimento di emersione deriva dal fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’immigrazione, di particolare complessità sul piano amministrativo, tale procedura ha natura del tutto eccezionale coinvolgendo soggetti eterogenei tra loro, sia per gli interessi di cui sono portatori, sia per i plurimi requisiti da verificare per ciascuno di essi.

Anche in relazione alle ulteriori considerazioni poste in evidenza da questa stessa Sezione nella già richiamata sentenza n. 59/2015, resta comunque ferma la necessità che l’Amministrazione concluda il procedimento amministrativo nei termini più brevi, anche sollecitando la cooperazione degli altri uffici interessati.

In base alle considerazioni che precedono l’appello del Ministero dell’Interno deve essere accolto, e e per l’effetto la sentenza di primo grado deve essere riformata; il ricorso in primo grado deve essere dichiarato inammissibile in quanto la procedura di impugnazione del silenzio non può applicarsi al caso di specie. 

In relazione all’alterno andamento ed alla peculiarità del giudizio le spese di lite possono essere compensate per entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Romeo, Presidente

Dante D'Alessio, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/11/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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