Saturday 11 July 2015 08:56:32

Giurisprudenza  Procedimento Amministrativo e Riforme Istituzionali

Atto meramente conformativo: la definizione è rigorosamente restrittiva

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 8.7.2015 n. 3423

Il concetto di “atto meramente confermativo” deve essere definito in modo rigorosamente restrittivo, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. Lo ha stabilito la Terza Sezione del Consiglio che nella sentenza del 8.7.2015 n. 3423 ha esaminato se nella vicenda in esame la nuova pronuncia di diniego debba essere considerata “atto meramente confermativo” del diniego precedente, il che renderebbe inammissibile la sua impugnazione.Precisa il Collegio che è opinione comune che non si possa parlare di “atto meramente confermativo” quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o comunque abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03423/2015REG.PROV.COLL.

N. 10093/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10093 del 2014, proposto da: 
Farmacia omissis, rappresentato e difeso dagli avv. Carmela Gurrado, Orio De Marchi, Laura Tricerri, con domicilio eletto presso Laura Tricerri in Roma, Via Cosseria, 5; 

contro

Azienda per i Servizi Sanitari N. 1 "Triestina", rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Manzi, Raffaella Del Punta, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, 5; 

nei confronti di

Omissis
Comune di Muggia; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE: SEZIONE I n. 00493/2014, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione trasferimento locali esercizio farmaceutico - ris. danni

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda per i Servizi Sanitari N. 1 "Triestina", e di Farmacie Neri di Andrea e Bruno Neri Snc;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2015 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Torselli su delega di Tricerri, Reggio D'Aci su delega dichiarata di Manzi e Lombardo su delega di Duchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. La società appellante, già ricorrente in primo grado, è titolare della farmacia “*”, in Comune di Muggia (Trieste), ubicata attualmente al Lungomare Venezia, n. 3; e si dichiara interessata a trasferire l’esercizio in altra parte dello stesso Comune, al Piazzale Foschiatti, n. 4/a.

Una prima istanza in tal senso, presentata nel 2012, è stata respinta dall’autorità competente, ossia dall’Azienda Sanitaria n. 1 “Triestina”. 

E’ seguito il ricorso della società interessata al T.A.R. Friuli Venezia Giulia (R.G. n. 64/2013), il quale lo ha accolto con sentenza n. 433 pubblicata il 20 agosto 2013, ritenendo fondata ed assorbente la censura basata sulla circostanza che quando era stato pronunciato il diniego si era già formato il silenzio-assenso. Tuttavia la sentenza del T.A.R. è stata riformata dalla pronuncia di questa Sezione, n. 5433/2013, pubblicata il 14 novembre 2013. Quest’ultima decisione si limita a dichiarare infondato il motivo che era stato accolto dal T.A.R., e non si occupa dei motivi “assorbiti”; essi infatti non erano stati riproposti, non essendosi costituita nel giudizio di appello l’originaria ricorrente. 

2. Dopo la conclusione di questa prima fase della vicenda, l’interessata ha riproposto la domanda all’Azienda Sanitaria n. 1.

L’Azienda si è pronunciata con la delibera n. 241 del 19 giugno 2014 del Direttore Generale. La delibera ricostruisce minuziosamente l’iter della vicenda, con particolare riferimento al primo diniego, impugnato dall’interessata senza successo; e conclude affermando che, non essendo intervenuto alcun mutamento nello stato di fatto e di diritto, non si può che deliberare nello stesso senso, ossia con il diniego.

La società interessata ha inoltrato nuovamente ricorso al T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, proponendo motivi che in parte riproducono quelli già dedotti nel ricorso contro il precedente provvedimento, ma non esaminati, e in parte sono più specificamente dedicati alla motivazione del nuovo provvedimento.

L’Azienda sanitaria ha eccepito l’inammissibilità del ricorso, con l’argomento che esso sostanzialmente riproduce il contenuto del precedente ricorso, già deciso.

3. Il nuovo ricorso è stato deciso dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia con la sentenza n. 493/2014. 

La sentenza premette che l’eccezione preliminare di inammissibilità non appare manifestamente infondata, ma si pronuncia comunque nel merito, rigettando il ricorso con l’argomento che la domanda di trasferimento della farmacia non può essere accolta perché la nuova ubicazione è esterna rispetto alla zona originariamente assegnatale.

La società ricorrente ha proposto appello a questo Consiglio.

Resistono all’appello l’Azienda Sanitaria Locale e la controinteressata Farmacia *, nuovamente eccependo l’inammissibilità del ricorso di primo grado, e contestandone la fondatezza nel merito.

4. Con riferimento alle questioni preliminari, si osserva innanzi tutto che non è fondata l’eccezione d’inammissibilità riferita all’invocato principio “ne bis in idem”.

Fatta ogni riserva riguardo alla effettiva portata di detto principio nel sistema del processo amministrativo, il Collegio ritiene che comunque esso non sia pertinente alla fattispecie.

Ed invero, con il secondo ricorso al T.A.R. Friuli-Venezia Giulia l’attuale appellante ha impugnato un provvedimento formalmente e cronologicamente diverso rispetto a quello che aveva impugnato con il primo ricorso. E vi è stato un provvedimento nuovo e diverso perché l’interessata aveva proposto una nuova istanza, aprendo così un nuovo procedimento. 

Poiché il nuovo procedimento, conseguente alla nuova istanza, è stato definito con un provvedimento a sua volta nuovo, si deve riconoscere, almeno in linea di principio, che fosse proponibile un nuovo ricorso.

5. Ci si chiede se la pregressa vicenda ostacolasse, prima e piuttosto che il nuovo ricorso, la presentazione della nuova istanza rivolta all’autorità amministrativa.

La risposta deve essere negativa.

La nuova istanza non era preclusa dal giudicato formatosi sul precedente ricorso. Il giudicato aveva per oggetto unicamente la questione del silenzio-assenso invocato dalla ricorrente. Il T.A.R. (sentenza n. 433/2013) aveva riconosciuto che il silenzio-assenso si era formato, desumendone l’illegittimità del successivo diniego esplicito; il Consiglio di Stato (sentenza n. 5433/2013) ha affermato che l’istituto del silenzio-assenso non si applica nella materia del servizio farmaceutico. Né il giudice di primo grado, né quello di secondo grado, si sono occupati di altre questioni e di conseguenza rispetto ad esse non si è formato alcun giudicato. 

6. Altra questione è se la nuova istanza fosse preclusa dal provvedimento di diniego che era stato oggetto del precedente ricorso e che era ormai divenuto inoppugnabile.

Anche a questo quesito si deve rispondere negativamente.

Si discute di una istanza di autorizzazione al trasferimento di una farmacia, ossia della richiesta di un provvedimento discrezionale. Domande del genere possono essere proposte in ogni tempo non soggiacendo a termini di decadenza o di prescrizione; e niente vieta che siano riproposte dopo un eventuale diniego, così come del resto l’autorità emanante può procedere al riesame. E’ intuitivo che in caso di riproposizione di una domanda già respinta le chances del richiedente saranno tanto maggiori, quanto più siano presenti elementi di novità nella situazione di fatto ovvero negli argomenti esposti, etc.; ma questo profilo attiene al merito e non all’ammissibilità dell’istanza e del resto, trattandosi di valutazioni discrezionali, l’autorità emanante può, in sede di riesame, apprezzare diversamente elementi oggettivi che nella loro sostanza sono invariati.

7. Ci si chiede infine se la nuova pronuncia di diniego debba essere considerata “atto meramente confermativo” del diniego precedente, il che renderebbe inammissibile la sua impugnazione.

Il Collegio osserva che il concetto di “atto meramente confermativo” deve essere definito in modo rigorosamente restrittivo, in quanto da esso si fa derivare una severa limitazione alla tutela giurisdizionale di legittimità. In effetti è opinione comune che non si possa parlare di “atto meramente confermativo” quante volte il nuovo atto si basi su una nuova motivazione o comunque abbia introdotto e discusso nuovi argomenti motivazionali, pur giungendo alle stesse conclusioni dell’atto confermato.

In questo caso, l’A.S.L., nel pronunciare il nuovo diniego, pur affermando con una certa insistenza che la nuova istanza non presenta alcun profilo di novità né in fatto né in diritto, in realtà ha sostanzialmente ampliato la motivazione, in quanto di essa fa parte la discussione (interamente nuova rispetto all’atto precedente) degli effetti (a detta dell’A.S.L. inesistenti o irrilevanti) della delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012. Si tratta della delibera con la quale il Comune, in applicazione del decreto legge n. 1/2012, art. 11, ha istituito una nuova sede farmaceutica (la quarta) nel territorio di Muggia assegnandole una zona di competenza e modificando correlativamente le zone assegnate alle tre farmacie preesistenti (fra cui quella dell’attuale appellante).

Come si vedrà appresso, la delibera n. 68 assume un ruolo determinante nel merito della controversia; il fatto dunque che il provvedimento dell’A.S.L. se ne occupi – sia pure per affermarne l’inconferenza - non è un dettaglio superfluo o un obiter dictum. Invece il precedente diniego della stessa A.S.L. non la menzionava neppure, forse anche perché l’istanza allora presa in esame a sua volta non la menzionava, e non poteva menzionarla perché quando l’interessata aveva presentato la sua originaria domanda (12 aprile 2012) la delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012 non era ancora stata posta in essere – il che tra l’altro comportava che quell’istanza non utilizzava un argomento che invece sarebbe stato un sostegno fondamentale della pretesa avanzata.

E’ vero invece che la delibera n. 68 è stata invocata dalla ricorrente nel suo primo ricorso al T.A.R. e che le difese della A.S.L. replicavano sul punto (mentre, come si è detto, le due sentenze rispettivamente di primo e di secondo grado non se ne sono occupate). Ma questo attiene allo svolgimento di quel giudizio, non all’essenza della prima domanda dell’interessata e del primo diniego dell’A.S.L..

Concludendo sul punto, la delibera oggetto del presente giudizio non è “atto meramente confermativo” rispetto al provvedimento, di analogo tenore, impugnato nel giudizio pregresso.

Donde l’ammissibilità della nuova impugnazione.

8. Passando ora all’esame del merito, assume un rilievo fondamentale, come già detto, la delibera della Giunta comunale n. 68 del 24 aprile 2012, la quale in applicazione del decreto legge n. 1/2012 ha istituito una quarta sede farmaceutica nel Comune di Muggia e ha conseguentemente ridistribuito il territorio comunale fra le quattro sedi.

Va notato che questa ridistribuzione del territorio ha coinvolto in modo molto penetrante la sede farmaceutica n. 3 ossia quella dell’attuale appellante. Invero la zona assegnata alla sede n. 4 (quella di nuova istituzione) sottrae quasi per intero il territorio già assegnato alla sede n. 3; in compenso, la delibera n. 68 modifica l’impostazione complessiva delle zone farmaceutiche, configurando (con assoluta novità) una zona denominata “Muggia centro” e attribuendola congiuntamente e paritariamente alle sedi n. 1 e n. 3.

Ora, la nuova ubicazione di Piazzale Foschiatti, cui aspira l’attuale appellante, è esterna ai confini della originaria sede n. 3 (ossia alla zona come configurata prima della delibera n. 68) ma è interna alla zona denominata “Muggia centro” (attribuita dalla delibera n. 68 alla farmacia n. 3, sia pure congiuntamente alla farmacia n. 1).

Com’è noto, peraltro, almeno in linea di massima un titolare di farmacia è libero di scegliere l’ubicazione del suo esercizio, all’interno della zona di pertinenza, salvo il rispetto della distanza di almeno 200 metri dalla farmacia più vicina e salve le ulteriori valutazioni discrezionali del caso.

9. Nel caso in esame, l’atto dell’A.S.L., oggetto del presente giudizio, riconosce che la nuova configurazione delle zone, dopo la delibera n. 68, è quella che si è descritta, ma esprime il convincimento che nondimeno il titolare sia vincolato a mantenere il suo esercizio “dentro la zona originariamente assegnatagli” ossia quella anteriore alla delibera n. 68.

Peraltro è evidente che le vecchie configurazioni di zona, stabilite dalla pianta organica antecedente alla riforma del 2012, restano in vigore nei limiti in cui siano compatibili con la nuova configurazione. In questo caso, il Comune di Muggia non si è limitato ad assegnare una zona alla farmacia di nuova istituzione, e a lasciare al momento applicativo la soluzione degli eventuali conflitti tra vecchie e nuove farmacie; ma si è dato carico di ridisegnare interamente la distribuzione del territorio, sostituendo una nuova pianificazione alla preesistente pianta organica. Quindi, nella misura in cui un titolare di farmacia è libero di scegliere l’ubicazione dell’esercizio all’interno della zona assegnatagli, il titolare della farmacia n. 3 di Muggia esercita tale facoltà con riferimento alla zona che gli è stata assegnata dalla delibera n. 68, vale a dire la zona “Muggia Centro” che include Piazzale Foschiatti.

10. L’atto impugnato mostra di ritenere la delibera n. 68 erronea e illegittima, o comunque inapplicabile, in quanto dopo aver configurato la zona “Muggia Centro”, l’assegna congiuntamente e paritariamente a due diverse farmacie, la n. 1 e la n. 3. Vi sarebbe dunque una violazione del principio per cui la pianta organica delle farmacie deve ripartire esattamente il territorio comunale fra le sedi farmaceutiche, in modo che vi sia una zona per ciascuna farmacia e non risultino né sovrapposizioni né spazi vuoti.

Il Collegio osserva che in effetti tale principio è comunemente riconosciuto e osservato nella prassi, ancorché non sia esplicitamente enunciato dalla legge, siccome insito nel sistema della pianta organica e del numero chiuso. Tuttavia, è stata avanzata da più parti la tesi che sia ormai superato o quanto meno attenuato per effetto delle modifiche normative introdotte dal decreto legge n. 1/2012. Ma non è necessario risolvere ora tale questione.

Ed invero, anche volendo ammettere che il divieto di promiscuità e di sovrapposizioni sia tuttora pienamente vigente ed imperativo, resta il fatto che si tratta di un criterio da applicare in sede di formazione della pianta organica, e invocabile come motivo di impugnazione. Ma ciò non impedisce che situazioni di promiscuità e di sovrapposizione si verifichino nella pratica: il che può avvenire o intenzionalmente, o per inconsapevoli errori occorsi nella formazione della pianta organica e non denunciati mediante un rituale ricorso, o infine perché si tratta di assetti stabilitisi sotto la vigenza di normative meno rigorose.

Dandosi dunque il caso che una certa porzione di territorio risulti assegnata contemporaneamente a due sedi farmaceutiche, la giurisprudenza afferma che ciascuno dei due farmacisti ha uguale titolo a stabilirvi il suo esercizio, salvo il rispetto della distanza canonica di 200 metri da ogni farmacia preesistente. Un caso del genere è stato deciso da questa Sezione con sentenza n. 2019 del 2013.

Concludendo sul punto, dato e non concesso che la delibera n. 68 sia censurabile (ma di fatto non impugnata) per aver assegnato una zona contemporaneamente e paritariamente a due farmacie, ciò non esclude che l’attuale appellante possa giovarsi, nel proprio interesse, di quell’atto di pianificazione.

11. In conclusione, l’appello va accolto e in riforma della sentenza del T.A.R. va annullato l’atto impugnato in primo grado.

Non vi è luogo a riconoscere all’appellante il diritto al risarcimento del danno, in quanto la presente decisione non comporta l’accertamento della doverosità dell’autorizzazione richiesta, ma solo l’annullamento del diniego in quanto basato sulla motivazione (erronea) che ne è stata data, con salvezza degli ulteriori provvedimenti.

Spetta all’appellante il beneficio delle spese dei due gradi del giudizio, che vanno poste a carico dell’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1, mentre nei confronti del controinteressato se ne può disporre la compensazione, attesa la peculiarità della sua posizione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello e in riforma della sentenza appellata annulla l’atto impugnato in primo grado.

Condanna l’Azienda per i Servizi Sanitari n. 1 al pagamento delle spese legali dei due gradi in favore dell’appellante, liquidandole complessivamente in euro 4.000 oltre agli accessori dovuti per legge. Compensa le spese nei confronti dell’altra controparte costituita. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore

Carlo Deodato, Consigliere

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

 

 

 

 

     
     
IL PRESIDENTE, ESTENSORE    
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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