Tuesday 20 September 2016 12:21:09

Giurisprudenza  Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità

Corte dei Conti: il parere sulla corresponsione del diritto di rogito ai segretari comunali

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della Deliberazione n. 74/2016/PAR della Sezione Controllo Regione Emilia Romagna del 15.9.2016

"L’art. 10 della l.114/2014 ha disposto l’integrale destinazione ai Comuni dei diritti di rogito, abrogando, al contempo, la riserva in precedenza destinata ai segretari comunali. Si fa eccezione (comma 2-bis) a vantaggio dei soli segretari di fascia C, in quanto tali privi di qualifica dirigenziale, a differenza dei colleghi di fascia A e B, o di trattamento equiparato alla dirigenza (per il cosiddetto “galleggiamento” ex art.41 CCNL di categoria), nel caso vi sia presenza di dirigenti nel comune nel quale operano. Il principio è stato fissato in sede nomofilattica dalla Sezione Autonomie della Corte con deliberazione 24 giugno 2015 n.21/SEZAUT/2015/QMIG. La diversa sentenza del Tribunale di Milano, in funzione di giudice del lavoro (18 maggio 2016) non fornisce elementi tali da far riconsiderare l’orientamento univoco della Corte dei conti". È questa la sintesi del parere reso dalla Sezione Controllo Regione Emilia Romagna con la Deliberazione n. 74/2016/PAR del 15.9.2016 di seguito trascritto. Quesito: Il Sindaco di Torrile ha inoltrato a questa Sezione una richiesta di parere avente a oggetto l’interpretazione dell’art. 10, comma 2-bis, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, in materia di corresponsione del diritto di rogito ai segretari comunali. In premessa il citato Sindaco richiama la deliberazione n.105/2015/PAR resa da questa Sezione il 27 maggio 2015, la deliberazione n.21/SEZAUT/2015/QMIG del 4 giugno 2015, il parere reso in data 25 marzo 2016 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze-Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e da ultimo la sentenza n.75/2016 della Corte costituzionale. In particolare, il citato Sindaco, alla luce della sentenza della Corte costituzionale appena citata pone il seguente quesito: se spetti la liquidazione dei diritti di rogito ai segretari collocati nelle fasce professionali A e B che prestano servizio e rogano contratti nell’interesse di enti locali sprovvisti di personale di qualifica dirigenziale. Parere: L’art. 10 del dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114 è intervenuto riformando la legislazione allora vigente in materia di diritto di rogito dei segretari comunali. E’ stata innanzitutto disposta l’integrale destinazione ai Comuni dei diritti di rogito, sostituendo la precedente previsione contenuta nell’art. 30 della l. 15 novembre 1973, n.734 (come successivamente modificato dall’art. 25, comma 7, del dl 22 dicembre 1981, n. 786, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51) che assegnava ai Comuni il 90 per cento del gettito dei diritto di rogito, riservando il restante 10 per cento al Ministero dell’Interno per la costituzione di un fondo da utilizzare per corsi di formazione e sussidi per i segretari comunali. Con lo stesso articolo del provvedimento il legislatore ha abrogato l’art. 41, comma 4, della legge n. 312/1980 che riservava ai segretari comunali una quota pari al 75 per cento delle entrate da diritto di rogito di spettanza dei Comuni, fino a concorrenza di un terzo dello stipendio loro attribuito. La ratio evidente della riforma, quella di attribuire al Comune l’intero ammontare del gettito da diritto di rogito, abrogando al tempo stesso la consuetudine, poi sancita dall’ordinamento previgente, di riservare una quota delle prestazioni da rogito ai segretari comunali, ha trovato un temperamento nel comma 2-bis dell’art.10, introdotto in sede di conversione, a norma del quale “negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento”. Le ragioni di tale intervento parlamentare a temperare l’originaria previsione del decreto legge in sede di conversione sono agevolmente reperibili nei lavori preparatori, allorché, nella seduta del 25 luglio 2014 della I Commissione permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei Deputati, l’emendamento che sarebbe poi stato approvato e inserito nel testo poi confermato in Assemblea, fu motivato dalla necessità di “tutelare i segretari comunali operanti nei comuni medio-piccoli, nei quali non sono presenti dipendenti con qualifica dirigenziale, riconoscendo loro i diritti di rogito, seppure in misura minore rispetto ad oggi”. Al contempo tale riconoscimento veniva escluso per i Segretari aventi qualifica dirigenziale in quanto per essi vale “il principio della onnicomprensività della retribuzione che vale per i dirigenti” (cfr. deliberazione n.49/2016/PAR della Sezione regionale di controllo per la Liguria) Occorre tenere presente che, ai sensi dell’art. 31 del CCNL di categoria, i Segretari comunali e provinciali sono classificati in tre diverse fasce professionali (C, B e A) cui corrisponde l’idoneità degli stessi alla titolarità di sedi di comuni (e province) differenziate a seconda della consistenza della popolazione amministrata (rispettivamente comuni fino a 3mila abitanti; comuni fino a 65mila abitanti, purché non capoluoghi di provincia; comuni di oltre 65mila abitanti, o capoluoghi di provincia, e province). Anche il trattamento retributivo è differenziato secondo le fasce, ma i Segretari di fascia B sono equiparati a quelli di fascia A (e quindi ai dirigenti) quanto a stipendio tabellare e indennità di posizione, mentre i Segretari comunali di fascia C percepiscono stipendio e indennità di importo ridotto (artt. 3 e 37 CCNL). Il quadro retributivo deve essere integrato con la previsione del principio del cosiddetto galleggiamento (art.41, comma 5, CCNL), in base al quale l’indennità di posizione del segretario comunale non deve essere “inferiore a quella stabilita per la posizione dirigenziale più elevata nell’ente in base al contratto collettivo dell’area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa”. Così prospettato, il quadro normativo vigente, integrato dalle previsioni del CCNL, sembra offrire, a tutta evidenza, una particolare tutela per i Segretari comunali di fascia C, in quanto destinatari di un trattamento retributivo inferiore. Infatti, mentre ai segretari di fascia A e B spetta in ogni caso il trattamento economico equiparato a quello dei dirigenti (art. 3, CCNL), per i segretari di fascia C l’equiparazione si realizza soltanto se nella struttura organizzativa del Comune sono presenti dirigenti. In tale ultimo caso la disposizione contrattuale, che assicura al Segretario tale garanzia economica deve intendersi come un corollario dell’art.97, comma 4 TUEL che chiama il Segretario a sovrintendere “allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti” e a coordinarne l’attività. Ne consegue che i Segretari di fascia C, che operano in comuni con presenza di dirigenti, finiscono per godere di retribuzione più elevata rispetto ai pari fascia titolari di sedi di comuni nei quali non vi siano dirigenti. Pronunciandosi in sede nomofilattica sulla questione relativa alla corretta determinazione dei diritti di rogito da corrispondersi a seguito dell’entrata in vigore della legge n.114/2014, di conversione del decreto-legge n.90/2014, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione 24 giugno 2015, n.21/SEZAUT/2015/QMIG, condividendo la lettura propugnata dalla Sezione regionale di controllo per il Lazio (deliberazione n.21/2015/PAR) e successivamente da questa Sezione (deliberazione n.105/2015/PAR, citata), ha enunciato i seguenti principi di diritto: “Alla luce della previsione di cui all’art. 10 comma 2 bis del d.l.24 giugno 2014, n.90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n.114, i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C. In difetto di specifica regolamentazione nell’ambito del CCNL di categoria successivo alla novella normativa i predetti proventi sono attribuiti integralmente ai segretari comunali, laddove gli importi riscossi dal comune, nel corso dell’esercizio, non eccedano i limiti della quota del quinto della retribuzione in godimento del segretario. Le somme destinate al pagamento dell’emolumento in parola devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti”. ​​La Corte costituzionale, in sede di giudizio di legittimità costituzionale in via principale, si è pronunciata con sentenza in data 23 febbraio 2014, in merito al ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, avverso due articoli della legge regionale Trentino Alto Adige 9 dicembre 2014, n.11. In particolare, per quanto ci occupa in questa sede, ha stabilito che l’art.11 della legge regionale citata, che estende il diritto di rogito a tutti i segretari comunali, siano essi dirigenti o non dirigenti, in misura pari al settantacinque per cento del provento e fino al massimo di un quinto dello stipendio in godimento, non è in contrasto con l’art.10, comma 2-bis del decreto legge n.90/2014, come convertito dalla legge n.114/2014, che il Presidente del Consiglio dei ministri intende quale principio fondamentale di finanza pubblica, e pertanto non viola l’art.117, terzo comma della Costituzione. La censura relativa alla violazione di tale norma costituzionale non è fondata, in quanto “lo Stato, non concorrendo al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, non può neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che infatti compete alla Provincia, ai sensi del …art. 79, comma 3 dello statuto”. “Del pari non fondata – aggiunge la Corte- è la censura relativa alla violazione dell’art.117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale, senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva”. La Corte costituzionale dunque interviene a ribadire l’autonomia normativa della regione a statuto speciale, non potendosi invocare il principio del coordinamento della finanza pubblica, atteso che lo Stato non concorre al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione. Se tale è la ratio della pronuncia della Corte, appare dubbio che essa possa essere utilizzata come parametro di riferimento per la questione in esame relativa ad un comune soggetto al coordinamento statale della finanza pubblica. Tuttavia, successivamente, il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del Lavoro, è intervenuto nella questione dell’attribuzione dei diritti di rogito ai segretari comunali con la propria sentenza del 18 maggio 2016. In essa viene contestata l’interpretazione della Sezione Autonomie della Corte dei conti e si addiviene ad una diversa lettura della norma che estenderebbe “i diritti di segreteria a due categorie di segretari: sicuramente a quelli che non hanno qualifica dirigenziale (dovendosi intendere in essi quelli di fascia C che più che qualifica non hanno equiparazione retributiva con i dirigenti), ma anche a quelli che operano in enti che non hanno dipendenti con qualifica dirigenziale. In tale secondo gruppo, il legislatore non ha inteso fare distinzioni di fascia, ma solo subordinare la titolarità dei diritti ai segretari operanti in enti privi di dipendenti dirigenziali”. Per le ragioni esposte nella parte di merito, l’interpretazione della norma data dal Tribunale di Milano nella sentenza di primo grado non appare convincente e la Sezione ritiene di confermare l’orientamento esplicitato secondo i principi stabiliti in sede nomofilattica dalla Sezione delle autonomie

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

Deliberazione n. 74/2016/PAR 

 

Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia-Romagna

 

 

composta dai magistrati:

     dott. Carlo Greco               presidente;

     dott. Massimo Romano                            consigliere;

    dott. Italo Scotti            consigliere (relatore);

     dott.ssa Benedetta Cossu              consigliere;

     dott. Paolo Romano                                consigliere;            

    dott. Riccardo Patumi                 primo referendario;

     dott. Federico Lorenzini      primo referendario.

 

Adunanza del 15 settembre 2016

Visto l’art. 100, comma secondo, della Costituzione;

Vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

Visto il testo unico delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Visti la legge 14 gennaio 1994, n. 20, e il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639,recanti disposizioni in materia di giurisdizione e di controllo della Corte dei conti;

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, da ultimo modificata con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 dell’11 giugno 2008;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;

Vista la legge della Regione Emilia-Romagna 9 ottobre 2009, n. 13,istitutiva   del    Consiglio   delle     Autonomie   locali, insediatosi il 17 dicembre 2009;

Vista la deliberazione della Sezione delle autonomie del      

 

 

giugno 2009 n. 9/ SEZAUT/2009/INPR;

Vista la deliberazione della Sezione delle autonomie del 19 febbraio 2014 n. 3/ SEZAUT/2014/QMIG;

Viste le deliberazioni delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 8 del 26 marzo 2010 e 54 del 17 novembre 2010;

Visto l’articolo 17, comma 31, decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;

Visto l’articolo 6, comma 4, decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213;

Vista la richiesta di parere formulata dal Sindaco di Torrile (PR), pervenuta a questa Sezione in data 1 giugno 2016;

Visto il parere del gruppo tecnico istituito presso il Consiglio delle autonomie locali;

         Viste le ordinanze presidenziali n. 38 del 19 luglio 2016 e n. 45 del 13 settembre 2016, con le quali la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;

         Udito nella camera di consiglio del 15 settembre 2016 il relatore Italo Scotti;

         Ritenuto in 

Fatto

         Il Sindaco di Torrile ha inoltrato a questa Sezione una richiesta di parereavente a oggetto l’interpretazione dell’art. 10, comma 2-bis, del d.l. 24 giugno2014, n. 90convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114in materia di corresponsione del diritto di rogito ai segretari comunali.

In premessa il citato Sindaco richiama la deliberazione n.105/2015/PAR resa da questa Sezione il 27 maggio 2015, la deliberazione n.21/SEZAUT/2015/QMIG del 4 giugno 2015, il parere reso in data 25 marzo 2016 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze-Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e da ultimo la sentenza n.75/2016 della Corte costituzionale.

         In particolare, il citato Sindacoalla luce della sentenza della Corte costituzionale appena citata pone il seguente quesito:

se spetti la liquidazione dei diritti di rogito ai segretari collocati nelle fasce professionali A e B che prestano servizio e rogano contratti nell’interesse di enti locali sprovvisti di personale di qualifica dirigenziale.

                                          Diritto

         L’articolo 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003 - disposizione che costituisce il fondamento normativo della funzione consultiva intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti - attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei Conti pareri in materia di contabilità pubblica.

         Preliminarmente, la Sezione è chiamata a verificare i profili di ammissibilità soggettiva (legittimazione dell’organo richiedente) e oggettiva (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica, generalità ed astrattezza del quesito proposto, mancanza di interferenza con altre funzioni svolte dalla magistratura contabile o con giudizi pendenti presso la magistratura civile o amministrativa).

        In relazione al primo profilo, la richiesta di parere è da considerarsiammissibile, in quanto proveniente dall’organo rappresentativo dell’Ente che, ai sensi dell’articolo 50, comma 2, TUEL è, per i comuni, il sindaco.

         In relazione al profilo dell’ammissibilità oggettiva, disciplinato negli orientamenti espressi nelle pronunce di orientamento generale delle Sezioni riunite (cfr. deliberazione 17 novembre 2010, n. 54) e della Sezione delle autonomie (cfr., eplurimis, deliberazione n. 3/2014/SEZAUT), la questione è già stata affrontata in risposta a quesiti analoghi e risolta positivamente nella pronuncia di questa Sezione, citata in premessa e in numerose deliberazioni di Sezioni regionali, da ultimo quelle n. 90/2016/PAR della Sezione Regionale di controllo per le Marche e n.49/2016/PAR della Sezione Regionale di controllo per la Liguria. In proposito si era altresì pronunciata la Sezione delle autonomie con la deliberazione già richiamata in premessa.

La questione dell’attinenza con la materia della contabilità pubblica è da ritenere positivamente risolta sotto il profilo della gestione delle spese e delrispetto dei limiti generali posti dal legislatore nazionale ai compensi incentivanti al personale degli enti locali” (Deliberazione 194/2014/PAR della Sezione regionale di controllo della Regione Sicilia).

La Sezione ha inoltre constatato che la questione proposta dal Sindaco del Comune di Torrile non interferisce con funzioni di controllo o giurisdizionali svolte dalla magistratura contabile. Su di essa, peraltro si è pronunciata la Magistratura ordinaria, in specie il Tribunale di Milano in funzione di Giudice del Lavoro, con sentenza resa in data 18 maggio 2016 della quale si tiene il debito conto in questa sede. 

Tutto ciò premesso, questa Sezione ritiene di esaminare il quesito in linea generale e da un punto di vista astratto, nella logica del contenimento della spesa imposto alle amministrazioni pubbliche ai fini del coordinamento della finanza pubblica (cfr. in proposito, Corte cost. 108/2011; 148/2012; 161/2012)

          Merito

        Preliminarmente, occorre operare una breve ricognizione del quadro normativo, secondo quanto già fatto nella precedente deliberazionen.105/2015/PAR.

L’art. 10 del dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 114 è intervenuto riformando la legislazione allora vigente in materia di diritto di rogito dei segretari comunali.

E’ stata innanzitutto disposta l’integrale destinazione ai Comuni dei diritti di rogito, sostituendo la precedente previsione contenuta nell’art. 30 della l. 15 novembre 1973, n.734 (come successivamente modificato dall’art. 25, comma 7, del dl 22 dicembre 1981, n. 786, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51) che assegnava ai Comuni il 90 per cento del gettito dei diritto di rogito, riservando il restante 10 per cento al Ministero dell’Interno per la costituzione di un fondo da utilizzare per corsi di formazione e sussidi per i segretari comunali.

Con lo stesso articolo del provvedimento il legislatore ha abrogato l’art.41, comma 4, della legge n. 312/1980 che riservava ai segretari comunali una quota pari al 75 per cento delle entrate da diritto di rogito di spettanza dei Comuni, fino a concorrenza di un terzo dello stipendio loro attribuito.

La ratio evidente della riforma, quella di attribuire al Comune l’intero ammontare del gettito da diritto di rogito, abrogando al tempo stesso la consuetudine, poi sancita dall’ordinamento previgente, di riservare una quota delle prestazioni da rogito ai segretari comunali, ha trovato un temperamento nel comma 2-bis dell’art.10, introdotto in sede di conversione, a norma del quale “negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento.

Le ragioni di tale intervento parlamentare a temperare l’originaria previsione del decreto legge in sede di conversione sono agevolmente reperibili nei lavori preparatori, allorché, nella seduta del 25 luglio 2014 della I Commissione permanente (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) della Camera dei Deputati, l’emendamento che sarebbe poi stato approvato e inserito nel testo poi confermato in Assemblea, fu motivato dalla necessità di “tutelare i segretari comunali operanti nei comuni medio-piccoli, nei quali non sono presenti dipendenti con qualifica dirigenziale, riconoscendo loro i diritti di rogito, seppure in misura minore rispetto ad oggi”. Al contempo tale riconoscimento veniva escluso per i Segretari aventi qualifica dirigenziale in quanto per essi vale “il principio della onnicomprensività della retribuzione che vale per i dirigenti” (cfr. deliberazione n.49/2016/PAR della Sezione regionale di controllo per la Liguria)

Occorre tenere presente che, ai sensi dell’art. 31 del CCNL di categoria, i Segretari comunali e provinciali sono classificati in tre diverse fasce professionali(C, B e A) cui corrisponde l’idoneità degli stessi alla titolarità di sedi di comuni (e province) differenziate a seconda della consistenza della popolazione amministrata (rispettivamente comuni fino a 3mila abitanti; comuni fino a 65milaabitanti, purché non capoluoghi di provincia; comuni di oltre 65mila abitanti, o capoluoghi di provincia, e province). 

Anche il trattamento retributivo è differenziato secondo le fasce, ma i Segretari di fascia B sono equiparati a quelli di fascia A (e quindi ai dirigenti)quanto a stipendio tabellare e indennità di posizione, mentre i Segretari comunali di fascia C percepiscono stipendio e indennità di importo ridotto (artt. 3 e 37 CCNL).

Il quadro retributivo deve essere integrato con la previsione del principio del cosiddetto galleggiamento (art.41, comma 5, CCNL), in base al quale l’indennità di posizione del segretario comunale non deve essere “inferiore a quella stabilita per la posizione dirigenziale più elevata nell’ente in base al contratto collettivo dell’area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa”.

Così prospettato, il quadro normativo vigente, integrato dalle previsioni del CCNL, sembra offrire, a tutta evidenza, una particolare tutela per i Segretari comunali di fascia C, in quanto destinatari di un trattamento retributivo inferiore. 

Infatti, mentre ai segretari di fascia A e B spetta in ogni caso il trattamento economico equiparato a quello dei dirigenti (art. 3, CCNL), per i segretari di fascia C l’equiparazione si realizza soltanto se nella struttura organizzativa del Comune sono presenti dirigenti. In tale ultimo caso la disposizione contrattuale, che assicura al Segretario tale garanzia economica deve intendersi come un corollario dell’art.97, comma 4 TUEL che chiama il Segretario a sovrintendere “allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti” e a coordinarne l’attività.

Ne consegue che i Segretari di fascia C, che operano in comuni con presenza di dirigenti, finiscono per godere di retribuzione più elevata rispetto ai pari fascia titolari di sedi di comuni nei quali non vi siano dirigenti.

Pronunciandosi in sede nomofilattica sulla questione relativa alla corretta determinazione dei diritti di rogito da corrispondersi a seguito dell’entrata in vigore della legge n.114/2014, di conversione del decreto-legge n.90/2014, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione 24 giugno 2015, n.21/SEZAUT/2015/QMIG, condividendo la lettura propugnata dalla Sezione regionale di controllo per il Lazio (deliberazione n.21/2015/PAR) e successivamente da questa Sezione (deliberazione n.105/2015/PAR, citata), ha enunciato i seguenti principi di diritto:

Alla luce della previsione di cui all’art. 10 comma 2 bis del d.l.24 giugno 2014, n.90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n.114, i diritti di rogito competono ai soli segretari di fascia C.

In difetto di specifica regolamentazione nell’ambito del CCNL di categoria successivo alla novella normativa i predetti proventi sono attribuiti integralmente ai segretari comunali, laddove gli importi riscossi dal comune, nel corso dell’esercizio, non eccedano i limiti della quota del quinto della retribuzione in godimento del segretario. 

Le somme destinate al pagamento dell’emolumento in parola devono intendersi al lordo di tutti gli oneri accessori connessi all’erogazione, ivi compresi quelli a carico degli enti”.

La Corte costituzionale, in sede di giudizio di legittimità costituzionale in via principale, si è pronunciata con sentenza in data 23 febbraio 2014, in merito al ricorso presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, avverso due articoli della legge regionale Trentino Alto Adige 9 dicembre 2014, n.11.

In particolare, per quanto ci occupa in questa sede, ha stabilito che l’art.11 della legge regionale citata, che estende il diritto di rogito a tutti i segretari comunali, siano essi dirigenti o non dirigenti, in misura pari al settantacinque per cento del provento e fino al massimo di un quinto dello stipendio in godimento, non è in contrasto con l’art.10, comma 2-bis del decreto legge n.90/2014, come convertito dalla legge n.114/2014che il Presidente del Consiglio dei ministri intende quale principio fondamentale di finanza pubblica, e pertanto non viola l’art.117, terzo comma della Costituzione.

La censura relativa alla violazione di tale norma costituzionale non è fondata, in quanto “lo Stato, non concorrendo al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, non può neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che infatti compete alla Provincia, ai sensi del …art. 79, comma 3 dello statuto”.

Del pari non fondata – aggiunge la Corte- è la censura relativa alla violazione dell’art.117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale, senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva”.

La Corte costituzionale dunque interviene a ribadire l’autonomia normativa della regione a statuto speciale, non potendosi invocare il principio del coordinamento della finanza pubblica, atteso che lo Stato non concorre al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione. Se tale è la ratio della pronuncia della Corte, appare dubbio che essa possa essere utilizzata come parametro di riferimento per la questione in esame relativa ad un comune soggetto al coordinamento statale della finanza pubblica.

Tuttavia, successivamente, il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice del Lavoro, è intervenuto nella questione dell’attribuzione dei diritti di rogito ai segretari comunali con la propria sentenza del 18 maggio 2016. In essa viene contestata l’interpretazione della Sezione Autonomie della Corte dei conti e si addiviene ad una diversa lettura della norma che estenderebbe “i diritti di segreteria a due categorie di segretari: sicuramente a quelli che non hanno qualifica dirigenziale (dovendosi intendere in essi quelli di fascia C che più che qualifica non hanno equiparazione retributiva con i dirigenti), ma anche a quelli che operano in enti che non hanno dipendenti con qualifica dirigenziale. In tale secondo gruppo, il legislatore non ha inteso fare distinzioni di fascia, ma solo subordinare la titolarità dei diritti ai segretari operanti in enti privi di dipendenti dirigenziali”.

Per le ragioni esposte nella parte di merito, l’interpretazione della norma data dal Tribunale di Milano nella sentenza di primo grado non appare convincente e la Sezione ritiene di confermare l’orientamento esplicitato secondo i principi stabiliti in sede nomofilattica dalla Sezione delle autonomie

P.Q.M.

La Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti per l’Emilia Romagna esprime il proprio parere sul quesito riportato in epigrafe nei termini di cui in motivazione.

DISPONE

Che, a cura della Segreteria di questa Sezione regionale di controllo, copia della presente deliberazione sia trasmessa – mediante posta elettronica certificata – al Sindaco del Comune di Torrile ed al Presidente del Consiglio delle autonomie locali della Regione Emilia Romagna;

che l’originale della presente pronuncia resti depositato presso la suddetta segreteria.

Così deliberato in Bologna, nell’adunanza del 15 settembre 2016.

 

 

     Il presidente 

 

   f.to (Carlo Greco)

Il relatore

 

       f.to (Italo Scotti)

 

 

Depositata in segreteria il 15 settembre 2016.2014.

        Il direttore di segreteria

 

        f.to (Rossella Broccoli)

 

 

 

 
 
 
 
 

 

 

 

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