Sunday 19 January 2014 19:31:41

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Università: il Consiglio di Stato riconosce la computabilità, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, ai fini del punteggio per titoli di servizio dei precedenti periodi prestati dal dipendente presso amministrazioni diverse da quella che indice la singola procedura, salvo sussista una disposizione espressa escludente in tal senso

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI

Giunge alla decisione del Consiglio di Stato il ricorso in appello proposto dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca e dall’Università degli Studi di Firenze avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana con cui è stato accolto il ricorso proposto da una candidata a un concorso interno per progressione verticale (dalla categoria ‘C’ alla categoria ‘D’) e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti con cui l’Università degli studi di Firenze aveva deciso di non valutare in suo favore un periodo di circa tre anni (per un totale di sei punti aggiuntivi) per servizi che l’odierna appellata aveva in precedenza prestato presso un altro Ateneo. Il Collegio ha rigettato l'appello ritenendo in primo luogo meritevole di conferma la sentenza di primo grado laddove ha affermato che sia l’articolo 57 del C.C.N.L. del 9 agosto 2000 per il personale tecnico-amministrativo delle Università (si tratta della disposizione in base alla quale è stata indetta e svolta la procedura per cui è causa), sia l’articolo 11 del decreto del Rettore 29 ottobre 2003, n. 687 (‘Regolamento per la disciplina della progressione verticale del personale tecnico-amministrativo’) attribuiscono rilievo centrale, ai fini delle procedure per progressione verticale, all’esperienza professionale del dipendente. Nel primo caso (articolo 57 del contratto collettivo del 9 agosto 2000) si fa espresso riferimento alle “competenze professionali acquisite e conseguenti all’esperienza professionale risultante dal curriculum del dipendente”, mentre nel secondo caso si fa riferimento “[all’]esperienza professionale e [alle] specifiche attitudini richieste per lo svolgimento dei compiti propri del profilo della categoria superiore”. Ebbene, né nell’uno, né nell’altro caso si afferma il principio (su cui si fonda, a ben vedere, la parte principale delle tesi delle amministrazioni appellanti) secondo cui il riferimento al dato sostanziale dell’esperienza professionale acquisita dovrebbe essere rivolto ai soli pregressi rapporti lavorativi intercorsi con la medesima amministrazione che indice la singola procedura e non anche a ulteriori e diverse esperienze professionali maturate anche presso diverse amministrazioni (sempre che – scil. – tali esperienze siano davvero compatibili ed omogenee con il profilo e l’esperienza professionale richiesti nell’ambito della procedura di cui si discute). Al riguardo, i primi Giudici hanno condivisibilmente richiamato la previsione di cui al terzo comma dell’articolo 16 della l. 25 ottobre 1977, n. 808 (‘Norme sul decentramento amministrativo nel settore dell'istruzione universitaria e sul personale non docente, nonché disposizioni relative ad alcuni settori del personale docente delle università’), secondo cui “il servizio, di ruolo e non di ruolo, prestato anche presso altre amministrazioni dello Stato o presso le opere universitarie, dal personale non docente (…) è riconosciuto, ai fini economici e della progressione di carriera (…)”. Al riguardo, se – per un verso – alla disposizione in questione non può essere attribuito l’effetto di attribuire automatico riconoscimento al pregresso periodo di servizio presso amministrazioni diverse ai fini della progressione di carriera (ciò che era possibile solo nell’ambito del pregresso ‘sistema delle carriere’), per altro verso deve giungersi a conclusioni diverse per ciò che concerne la più limitata questione della computabilità del periodo in precedenza prestato ai fini dell’attribuzione del punteggio per titoli di servizio nell’ambito di un sistema di accesso – quello del ‘concorso riservato’ – comunque maggiormente compatibile con i dettami costituzionali (terzo comma dell’articolo 97, Cost.). Si intende con ciò dire che l’ammettere in favore del dipendente la computabilità ai fini del punteggio per titoli di servizio dei precedenti periodi prestati presso amministrazioni diverse da quella che indice la singola procedura (come invocato dalla ricorrente in primo grado) non solo non rappresenta in alcun modo una sorta di surrettizia reintroduzione di principi desumibili dal pregresso sistema delle carriere, ma – al contrario – sembra valorizzare in modo coerente e sistematicamente adeguato le richiamate previsioni di contratto e di regolamento (previsioni che, ai fini delle progressioni interne, impongono di enfatizzare l’effettiva coerenza e siginificatività delle pregresse esperienze professionali in relazione ai compiti e alle mansioni propri della qualifica oggetto della singola procedura selettiva). Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui esposte può giungersi in considerazione della circostanza (sottolineata dal parere del Comitato Consultivo Tecnico Amministrativo dell’Università degli Studi di Firenze) secondo cui le previsioni di cui all’articolo 18 (rectius: 16) della l. 808 del 1977 non sarebbero state espressamente richiamate né dal decreto dirigenziale con cui è stata indetta la procedura, né dallo stesso articolo 57 del pertinente C.C.N.L. che quella tipologia di procedure ha abilitato a indire. Al riguardo si osserva che la prospettiva logico-sistematica entro cui deve essere correttamente inquadrata la questione si presenta in termini invero opposti rispetto a quelli proposti dal richiamato parere del Comitato Consultivo Tecnico Amministrativo dell’Ateneo fiorentino. Ed infatti, la possibilità –rectius: l’obbligo – di ammettere a valutazione i pregressi periodi di servizio (laddove omologhi e pertinenti, come nel caso di specie) nell’ambito delle procedure per progressione verticale come quella all’origine dei fatti di causa, discende in modo diretto dalla previsione generale e onnicomprensiva di cui al pertinente Regolamento di Ateneo per la disciplina della progressione verticale del personale tecnico e amministrativo (che non reca alcuna limitazione nel senso ritenuto dalle amministrazioni appellanti). Sotto tale aspetto, pur dovendosi dare atto del mancato richiamo alla previsione di cui all’articolo 16, cit., non può in alcun modo ritenersi che tale mancata menzione implichi di per sé la non computabilità, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, del servizio reso dal candidato nella qualifica richiesta dal bando ma presso altro Ente (nel caso di specie: presso altra Università). Al contrario, stante la portata ampia ed inclusiva delle richiamate disposizioni di contratto e di regolamento (peraltro, espressamente richiamate in sede di bando concorsuale), in tanto si potrebbe pervenire alla soluzione – per così dire – ‘escludente’ propugnata dalle amministrazioni appellanti in quanto fosse possibile individuare una disposizione espressa in tal senso. Al più, l’eventuale menzione – che nel caso di specie manca – della previsione ‘inclusiva’ di cui all’articolo 16, cit., avrebbe potuto offrire un’ulteriore (e forse non necessaria) conferma della soluzione che si è fin qui indicata, ma non può in alcun modo ritenersi che la mancanza di tale menzione deponga ex se nel senso della non computabilità dei più volte richiamati periodi di servizio. Del resto, lo stesso bando di concorso (all’art. 6 – ‘Valutazione dei titoli’) prevedeva che “[verranno attribuiti] punti 2 per ogni anno di servizio o frazione superiore a sei mesi, nella categoria C o nelle ex qualifiche ivi confluite”, senza affermare in alcun modo - in maniera espressa o implicita - che sarebbero stati considerati valutabili soltanto i periodi di servizio prestati presso l’Università degli studi di Firenze. Si osserva, poi, che la sentenza in epigrafe risulta altresì meritevole di conferma per la parte in cui ha rilevato la contraddizione che si verificherebbe laddove si accedesse alla tesi proposta dalle amministrazioni appellanti. Ed infatti, il medesimo periodo di servizio prestato presso amministrazioni diverse da quella che indice la singola procedura potrebbe essere preso in considerazione come requisito per la partecipazione alle procedure concorsuali per l’accesso alle qualifiche superiori, ma non anche quale titolo valutabile nell’ambito della medesima procedura. E infatti, la ragione di fondo per cui un determinato periodo di servizio viene computato ai fini della partecipazione e ai fini della valutazione dei titoli di servizio nell’ambito di procedure selettive interne risulta – in ultima analisi – assimilabile: in entrambi i casi (sia pure, con diverse modulazioni e finalità) si intende in tal modo dare adeguato riconoscimento alla prestazione di un’attività certamente significativa della maturazione di un’adeguata esperienza professionale, tale da giustificare il passaggio alla qualifica superiore attraverso la particolare modalità del concorso riservato. Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui rassegnate può giungersi sulla base della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 854 del 2009, su cui si basano molti degli argomenti delle amministrazioni appellanti. E’ vero che la sentenza in questione ha affermato che l’integrale conservazione dell’anzianità nella qualifica già ricoperta dal dipendente pubblico è legislativamente limitata ad ipotesi tassative (e, segnatamente, all’ipotesi richiamata dall’articolo 200 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo cui la conservazione dell’anzianità pregressa compete agli impiegati trasferiti con il loro consenso da un ruolo a un altro della medesima amministrazione). Tuttavia, il caso deciso con la richiamata sentenza di questo Giudice di appello - e le disposizioni di cui in tale occasione si è fatta applicazione - non presentano effettivi tratti in comune con la questione oggetto della presente decisione. E infatti, mentre l’articolo 200 del Testo unico del 1957 disciplina(va) la conservazione dell’anzianità di carriera e di qualifica acquisita nel caso di passaggio diretto ad altro ruolo e altra carriera, nel caso che qui ricorre si fa questione della ben diversa ipotesi in cui il dipendente di una pubblica amministrazione invochi la valutazione ai fini concorsuali dell’esperienza professionale effettivamente acquisita presso un’altra amministrazione (e di cui egli affermi l’omogeneità rispetto all’esperienza richiesta ai fini concorsuali per l’accesso alla qualifica superiore). In tale secondo caso, è evidente che non si manifesti alcuno degli automatismi già propri del sistema normativo di cui al richiamato articolo 200, T.U. cit. Ora, la rilevata inapplicabilità al caso di specie della disposizione da ultimo richiamata non indebolisce, ma semmai rafforza la tesi della computabilità, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, del servizio reso dal candidato nella qualifica richiesta dal bando ma presso altro Ente.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale* del 2009, proposto dal Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e dall’Università degli Studi di Firenze, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12 

contro

Cinzia Zannoni, rappresentata e difesa dagli avvocati Diletta Bocchini e Monica Scandaliato, con domicilio eletto presso Diletta Bocchini in Roma, piazza Nerazzini, n. 5 

per la riforma della sentenza del t.a.r. della toscana, sezione i, n. 545/2009

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora Cinzia Zannoni;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 novembre 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Paolo Marchini e l’avvocato Scandaliato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca e l’Università degli Studi di Firenze riferiscono che con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Toscana e recante il n. 1438/2005 la signora Zannoni, premesso di essere dipendente di quell’Ateneo e di prestare servizio in qualità di assistente di biblioteca, 6a q.f. (in seguito: posizione economica C2), aveva impugnato il provvedimento dell’Università del 6 luglio 2005 di rigetto del reclamo avverso il decreto dirigenziale del 4 aprile 2005 di approvazione della graduatoria di merito della procedura selettiva interna per n. 30 posti di categoria D dell’area delle biblioteche.

A tal fine, la ricorrente in primo grado aveva esposto:

- di essere stata assunta nel marzo 1998 tramite pubblico concorso dall’Università di Parma come operatrice di biblioteca, ex 5a q.f, poi confluita nell’area C;

- di essersi trasferita, a seguito di superamento di altro concorso pubblico, presso l’Università di Firenze dal 18 dicembre 2000 come assistente di biblioteca, 6a q.f., poi confluita nella posizione economica C2;

- di aver presentato domanda di partecipazione al concorso bandito con decreto dirigenziale n. 529/01 riservato al personale tecnico e amministrativo dell’Università di Firenze, poi non svolto, e quindi di aver presentato ulteriore domanda di partecipazione all’analogo concorso indetto con decreto dirigenziale del 10 dicembre 2003, n. 438;

- di aver rilevato che nella graduatoria redatta dall’Università non le era stato conteggiato il servizio svolto presso l’Università di Parma, con perdita di sei punti;

- di aver presentato reclamo al direttore amministrativo dell’Università di Firenze, che veniva respinto, conformemente al parere del Comitato consultivo tecnico amministrativo del 24 marzo 2005.

Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. della Toscana ha accolto il ricorso e ha annullato gli atti impugnati.

La sentenza in questione è stata impugnata in sede di appello dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca e dall’Università degli Studi di Firenze i quali ne hanno chiesto la riforma articolando un unico motivo.

In particolare, le amministrazioni appellanti hanno ribadito nella presente sede di appello la tesi (già disattesa dai primi Giudici) secondo cui non sarebbe possibile computare, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, il servizio reso dal candidato nella qualifica richiesta dal bando, ma presso altro Ente.

Al riguardo, le amministrazioni appellanti affermano (richiamando il precedente di questo Consiglio di Stato, VI, 16 febbraio 2009, n. 854) che sarebbe contraddittorio attribuire rilievo, nell’ambito di un concorso interno riservato al personale tecnico-amministrativo, all’anzianità di servizio maturata da un candidato alle dipendenze di altri Enti pubblici con i quali il rapporto di lavoro sia definitivamente cessato.

Dal richiamato precedente di questo Consiglio si desumerebbe il principio (invero opposto rispetto a quello posto a fondamento della decisione impugnata) secondo cui il diritto alla conservazione dell’anzianità maturata riguarderebbe il solo caso degli impiegati trasferiti presso altra amministrazione (ipotesi – questa – che non sarebbe in alcun modo assimilabile a quella – che qui rileva – degli impiegati che superano un nuovo concorso).

In conclusione, la sentenza in epigrafe dovrebbe essere riformata per non avere i primi Giudici adeguatamente rilevato che nel caso in esame ricorre un’ipotesi di nomina a seguito di pubblico concorso, con riferimento alla quale non esiste una disposizione generale la quale imponga – salvo che ai soli fini pensionistici – di tener conto del servizi prestati presso un altro Ente o amministrazione, per effetto delle dimissioni le quali sono idonee ad interrompere il rapporto di lavoro con l’amministrazione di provenienza.

Si è costituita in giudizio la signora Zannoni la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca e dall’Università degli Studi di Firenze avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana con cui è stato accolto il ricorso proposto da una candidata a un concorso interno per progressione verticale (dalla categoria ‘C’ alla categoria ‘D’) e, per l’effetto, sono stati annullati gli atti con cui l’Università degli studi di Firenze aveva deciso di non valutare in suo favore un periodo di circa tre anni (per un totale di sei punti aggiuntivi) per servizi che l’odierna appellata aveva in precedenza prestato presso un altro Ateneo.

2. L’appello è infondato.

2.1. Il Collegio ritiene, in particolare, che la sentenza appellata sia meritevole di conferma sia per ragioni desumibili dal pertinente quadro normativo e contrattuale, sia per ragioni di ordine sistematico.

Quanto al primo aspetto, la sentenza appare meritevole di conferma laddove ha affermato che sia l’articolo 57 del C.C.N.L. del 9 agosto 2000 per il personale tecnico-amministrativo delle Università (si tratta della disposizione in base alla quale è stata indetta e svolta la procedura per cui è causa), sia l’articolo 11 del decreto del Rettore 29 ottobre 2003, n. 687 (‘Regolamento per la disciplina della progressione verticale del personale tecnico-amministrativo’) attribuiscono rilievo centrale, ai fini delle procedure per progressione verticale, all’esperienza professionale del dipendente.

Nel primo caso (articolo 57 del contratto collettivo del 9 agosto 2000) si fa espresso riferimento alle “competenze professionali acquisite e conseguenti all’esperienza professionale risultante dal curriculum del dipendente”, mentre nel secondo caso si fa riferimento “[all’]esperienza professionale e [alle] specifiche attitudini richieste per lo svolgimento dei compiti propri del profilo della categoria superiore”.

Ebbene, né nell’uno, né nell’altro caso si afferma il principio (su cui si fonda, a ben vedere, la parte principale delle tesi delle amministrazioni appellanti) secondo cui il riferimento al dato sostanziale dell’esperienza professionale acquisita dovrebbe essere rivolto ai soli pregressi rapporti lavorativi intercorsi con la medesima amministrazione che indice la singola procedura e non anche a ulteriori e diverse esperienze professionali maturate anche presso diverse amministrazioni (sempre che – scil. – tali esperienze siano davvero compatibili ed omogenee con il profilo e l’esperienza professionale richiesti nell’ambito della procedura di cui si discute).

Al riguardo, i primi Giudici hanno condivisibilmente richiamato la previsione di cui al terzo comma dell’articolo 16 della l. 25 ottobre 1977, n. 808 (‘Norme sul decentramento amministrativo nel settore dell'istruzione universitaria e sul personale non docente, nonché disposizioni relative ad alcuni settori del personale docente delle università’), secondo cui “il servizio, di ruolo e non di ruolo, prestato anche presso altre amministrazioni dello Stato o presso le opere universitarie, dal personale non docente (…) è riconosciuto, ai fini economici e della progressione di carriera (…)”.

Al riguardo, se – per un verso – alla disposizione in questione non può essere attribuito l’effetto di attribuire automatico riconoscimento al pregresso periodo di servizio presso amministrazioni diverse ai fini della progressione di carriera (ciò che era possibile solo nell’ambito del pregresso ‘sistema delle carriere’), per altro verso deve giungersi a conclusioni diverse per ciò che concerne la più limitata questione della computabilità del periodo in precedenza prestato ai fini dell’attribuzione del punteggio per titoli di servizio nell’ambito di un sistema di accesso – quello del ‘concorso riservato’ – comunque maggiormente compatibile con i dettami costituzionali (terzo comma dell’articolo 97, Cost.).

Si intende con ciò dire che l’ammettere in favore del dipendente la computabilità ai fini del punteggio per titoli di servizio dei precedenti periodi prestati presso amministrazioni diverse da quella che indice la singola procedura (come invocato dalla ricorrente in primo grado) non solo non rappresenta in alcun modo una sorta di surrettizia reintroduzione di principi desumibili dal pregresso sistema delle carriere, ma – al contrario – sembra valorizzare in modo coerente e sistematicamente adeguato le richiamate previsioni di contratto e di regolamento (previsioni che, ai fini delle progressioni interne, impongono di enfatizzare l’effettiva coerenza e siginificatività delle pregresse esperienze professionali in relazione ai compiti e alle mansioni propri della qualifica oggetto della singola procedura selettiva).

Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui esposte può giungersi in considerazione della circostanza (sottolineata dal parere del Comitato Consultivo Tecnico Amministrativo dell’Università degli Studi di Firenze) secondo cui le previsioni di cui all’articolo 18 (rectius: 16) della l. 808 del 1977 non sarebbero state espressamente richiamate né dal decreto dirigenziale con cui è stata indetta la procedura, né dallo stesso articolo 57 del pertinente C.C.N.L. che quella tipologia di procedure ha abilitato a indire.

Al riguardo si osserva che la prospettiva logico-sistematica entro cui deve essere correttamente inquadrata la questione si presenta in termini invero opposti rispetto a quelli proposti dal richiamato parere del Comitato Consultivo Tecnico Amministrativo dell’Ateneo fiorentino.

Ed infatti, la possibilità –rectius: l’obbligo – di ammettere a valutazione i pregressi periodi di servizio (laddove omologhi e pertinenti, come nel caso di specie) nell’ambito delle procedure per progressione verticale come quella all’origine dei fatti di causa, discende in modo diretto dalla previsione generale e onnicomprensiva di cui al pertinente Regolamento di Ateneo per la disciplina della progressione verticale del personale tecnico e amministrativo (che non reca alcuna limitazione nel senso ritenuto dalle amministrazioni appellanti).

Sotto tale aspetto, pur dovendosi dare atto del mancato richiamo alla previsione di cui all’articolo 16, cit., non può in alcun modo ritenersi che tale mancata menzione implichi di per sé la non computabilità, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, del servizio reso dal candidato nella qualifica richiesta dal bando ma presso altro Ente (nel caso di specie: presso altra Università).

Al contrario, stante la portata ampia ed inclusiva delle richiamate disposizioni di contratto e di regolamento (peraltro, espressamente richiamate in sede di bando concorsuale), in tanto si potrebbe pervenire alla soluzione – per così dire – ‘escludente’ propugnata dalle amministrazioni appellanti in quanto fosse possibile individuare una disposizione espressa in tal senso.

Al più, l’eventuale menzione – che nel caso di specie manca – della previsione ‘inclusiva’ di cui all’articolo 16, cit., avrebbe potuto offrire un’ulteriore (e forse non necessaria) conferma della soluzione che si è fin qui indicata, ma non può in alcun modo ritenersi che la mancanza di tale menzione deponga ex se nel senso della non computabilità dei più volte richiamati periodi di servizio.

Del resto, lo stesso bando di concorso (all’art. 6 – ‘Valutazione dei titoli’) prevedeva che “[verranno attribuiti] punti 2 per ogni anno di servizio o frazione superiore a sei mesi, nella categoria C o nelle ex qualifiche ivi confluite”, senza affermare in alcun modo - in maniera espressa o implicita - che sarebbero stati considerati valutabili soltanto i periodi di servizio prestati presso l’Università degli studi di Firenze.

2.2. Si osserva, poi, che la sentenza in epigrafe risulta altresì meritevole di conferma per la parte in cui ha rilevato la contraddizione che si verificherebbe laddove si accedesse alla tesi proposta dalle amministrazioni appellanti. Ed infatti, il medesimo periodo di servizio prestato presso amministrazioni diverse da quella che indice la singola procedura potrebbe essere preso in considerazione come requisito per la partecipazione alle procedure concorsuali per l’accesso alle qualifiche superiori, ma non anche quale titolo valutabile nell’ambito della medesima procedura.

E infatti, la ragione di fondo per cui un determinato periodo di servizio viene computato ai fini della partecipazione e ai fini della valutazione dei titoli di servizio nell’ambito di procedure selettive interne risulta – in ultima analisi – assimilabile: in entrambi i casi (sia pure, con diverse modulazioni e finalità) si intende in tal modo dare adeguato riconoscimento alla prestazione di un’attività certamente significativa della maturazione di un’adeguata esperienza professionale, tale da giustificare il passaggio alla qualifica superiore attraverso la particolare modalità del concorso riservato.

2.3. Né a conclusioni diverse rispetto a quelle sin qui rassegnate può giungersi sulla base della sentenza di questo Consiglio di Stato n. 854 del 2009, su cui si basano molti degli argomenti delle amministrazioni appellanti.

E’ vero che la sentenza in questione ha affermato che l’integrale conservazione dell’anzianità nella qualifica già ricoperta dal dipendente pubblico è legislativamente limitata ad ipotesi tassative (e, segnatamente, all’ipotesi richiamata dall’articolo 200 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo cui la conservazione dell’anzianità pregressa compete agli impiegati trasferiti con il loro consenso da un ruolo a un altro della medesima amministrazione).

Tuttavia, il caso deciso con la richiamata sentenza di questo Giudice di appello - e le disposizioni di cui in tale occasione si è fatta applicazione - non presentano effettivi tratti in comune con la questione oggetto della presente decisione.

E infatti, mentre l’articolo 200 del Testo unico del 1957 disciplina(va) la conservazione dell’anzianità di carriera e di qualifica acquisita nel caso di passaggio diretto ad altro ruolo e altra carriera, nel caso che qui ricorre si fa questione della ben diversa ipotesi in cui il dipendente di una pubblica amministrazione invochi la valutazione ai fini concorsuali dell’esperienza professionale effettivamente acquisita presso un’altra amministrazione (e di cui egli affermi l’omogeneità rispetto all’esperienza richiesta ai fini concorsuali per l’accesso alla qualifica superiore).

In tale secondo caso, è evidente che non si manifesti alcuno degli automatismi già propri del sistema normativo di cui al richiamato articolo 200, T.U. cit.

Ora, la rilevata inapplicabilità al caso di specie della disposizione da ultimo richiamata non indebolisce, ma semmai rafforza la tesi della computabilità, in sede di procedure concorsuali per le progressioni verticali, del servizio reso dal candidato nella qualifica richiesta dal bando ma presso altro Ente.

3. Per le ragioni sin qui esaminate l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna le amministrazioni appellanti alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.000 (tremila), oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Stefano Baccarini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

Claudio Boccia, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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