Sunday 23 August 2015 13:41:41

Giurisprudenza  Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa

Concorsi riservati al personale interno: la giurisdizione è del giudice amministrativo in caso di progressione verticale e cioè di novazione oggettiva del rapporto di lavoro

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. V del 20.8.2015 n. 3959

Il Consiglio di Stato Sez. V nella sentenza del 20.8.2015 n. 3959 ha affermato che: "La circostanza che trattasi di corso – concorso riservato al personale interno della regione e finalizzato alla riqualificazione del personale ai fini della progressione di carriera non è circostanza significativa ai fini del riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego tra giudice ordinario e giudice amministrativo. In base a giurisprudenza consolidata, infatti, va riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie relative a concorsi interni, quando il concorso, riservato al personale già dipendente dell’Amministrazione, comporti la progressione in senso verticale e cioè una novazione oggettiva del rapporto di lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2007, n. 4030; Cass., SS.UU., 23 marzo 2005, n. 6217). Invero, il quarto comma dell’art. 63 del D.Lgs. n. 165 del 2001, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore o qualifica superiore, dovendo il termine “assunzione” essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire, e non solo all’ingresso iniziale nella pianta organica del solo personale (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6942). I concorsi interni non si configurano, infatti, come ordinario sviluppo di carriera degli impiegati che vi partecipano, ma vanno intesi come procedimenti selettivi che, alla pari di quelli in cui sono ammessi candidati esterni, consentono l’accesso a posti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni diversi da quelli già occupati. I concorsi interni, quindi, non presentano connotati differenti dai concorsi denominati pubblici, e questa identità, di natura e di risultato, consente di ricondurli sotto la previsione normativa (ora, dell’art. 63, comma 4, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e, con riguardo all’epoca del provvedimento impugnato in prime cure, dell’art. 68 del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dai decreti legislativi n. 80 e n. 387 del 1998) che attribuisce al giudice amministrativo le controversie “sulle procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” (cfr. Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6560; Cass., SS. UU., 15 ottobre 2003, n. 15403, sulla scorta di C. cost. n. 41/99 e n. 2/2001; Cass., sez. un., 5 maggio 2011, n. 9844, 25 maggio 2010, n. 12764 e 89 aprile 2010, n. 8424). 1Ciò posto è indubbio che il concorso di cui trattasi, riservato ai dipendenti inquadrati nella quinta qualifica funzionale, per la copertura di 12 posti di “istruttore amministrativo”, figura professionale 6.01, integri una progressione verticale. Nel sistema articolato in livelli e qualifiche funzionali disciplinato dal d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347 e successive modifiche, al tempo vigente, il passaggio dal livello di inquadramento ad altro livello superiore costituisce progressione di carriera comportando l’attribuzione di mansioni superiori. Il sistema rimane sostanzialmente invariato anche con la introduzione della articolazione del sistema di classificazione in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D, previsto dal d.P.R. n. 333 del 1990 integrativo per gli enti locali del d. P.R. n. 347 del 1983. Le categorie sono individuate, infatti, mediante le declaratorie - riportate nell'allegato A - che descrivono l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse e il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. Sta di fatto che, ai sensi dell’articolo 4 del d.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal d.P.R. n. 333 del 1990, è considerata progressione verticale il passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore. Tale passaggio deve avvenire a mezzo procedure selettive nel limite dei posti vacanti della dotazione organica della categoria superiore. La citata disposizione consente anche che con le medesime procedure gli enti possano procedere alla copertura dei posti vacanti dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno degli stessi enti, quindi con concorso riservato al personale interno, così come avvenuto nel caso in esame. In conclusione, trattandosi di procedura selettiva finalizzata alla progressione verticale, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo.".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

N. 03959/2015REG.PROV.COLL.

N. 04074/2009 REG.RIC.

N. 05472/2009 REG.RIC.

N. 03970/2011 REG.RIC.

N. 07245/2011 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4074 del 2009, proposto dalla Regione Marche, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Galvani, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, via Salaria, n. 95; 

contro

Omissis



sul ricorso numero di registro generale 5472 del 2009, proposto da omissis contro

la Regione Marche, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Galvani, presso il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via Salaria, n. 95; 

nei confronti di

Omissis



sul ricorso numero di registro generale 3970 del 2011, proposto dalla Regione Marche, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gabriella De Berardinis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini, n. 41; 
controOmissis

nei confronti di

Omissis

 

sul ricorso numero di registro generale 7245 del 2011, proposto da *

contro

la Regione Marche, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Costanzi e Michele Romano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Romano in Roma, via Domenico Morichini, n. 41; 

nei confronti di

*

per la riforma,

quanto ai ricorsi n. 4074 del 2009 e n. 5472 del 2009:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 16/2009, resa tra le parti, concernente corso-concorso per istruttore amministrativo;

quanto al ricorso n. 3970 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 97/2011, resa tra le parti, concernente corso-concorso, riservato al personale regionale, per la copertura di n. 12 posti di "istruttore amministrativo";

quanto al ricorso n. 7245 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Marche, Sezione I, n. 114/2011, resa tra le parti, concernente corso-concorso, riservato al personale regionale, per la copertura di n. 12 posti di "istruttore amministrativo" - risarcimento danno.

 

 

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di * e della Regione Marche;

Visto l'appello incidentale di * nel ricorso n. 3970 del 2011;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avvocato Andrea Galvani, l’avvocato Fabio Caiaffa, su delega dell'avvocato Antonio Mastri, e l’avvocato Gabriella De Berardinis, su delega dell'avvocato Paolo Costanzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1.- Oggetto del giudizio è il corso - concorso riservato al personale regionale, finalizzato alla copertura di 12 posti di “istruttore amministrativo”, figura professionale 6.01, bandito dalla Regione Marche con decreto del dirigente del servizio personale n. 226 del 31 marzo 1998.

La procedura consisteva nell’effettuazione di un corso selettivo di reclutamento e formazione con prove finali scritta e orale, con soglia di sbarramento per l’ammissione alla prova orale.

2.- **dipendenti della Regione Marche, inquadrate al tempo nella quinta qualifica funzionale, partecipavano al corso e, superata la prova a test collocandosi tra i primi 24 candidati, venivano ammesse al corso di formazione di 140 ore, ma non superavano la prova teorico – pratica tenutasi il 18 novembre 1998, avendo riportato Camilloni Cristiana la votazione di 17/30 e Tarsi Nadia la votazione di 20,1/30, inferiore alla votazione minima di 21/30, sicché non venivano ammesse a sostenere la prova orale.

3.- Con ricorsi al TAR per le Marche iscritti ai numeri 204 del 1999 e 445 del 1999, ** impugnavano tutti gli atti della procedura selettiva concorsuale ed il provvedimento di approvazione degli atti della procedura concorsuale e di nomina dei dodici vincitori.

In particolare, con il ricorso n. 204 del 1999, esse ricorrenti impugnavano:

a) la delibera di giunta della Regione Marche n. 3314 del 29 dicembre 1998, di approvazione della graduatoria di merito, di tutti gli atti del corso - concorso e di nomina dei vincitori;

b) il provvedimento dirigenziale n. 226 del 31 marzo 1998, di indizione del corso – concorso;

c) la delibera di giunta n. 2579DO/prs del 26 ottobre 1998, di nomina della commissione esaminatrice del corso – concorso;

d) i verbali della commissione esaminatrice relativi alla valutazione delle prove teorico – pratiche ed ai giudizi espressi sulle suddette prove;

e) i provvedimenti con i quali esse ricorrenti conseguivano alla prova teorico – pratica un punteggio inferiore a quello minimo richiesto e non venivano ammesse a sostenere le prove orali.

Con il ricorso n. 445 del 1999, le ricorrenti impugnavano gli stessi atti dopo l’avvenuta pubblicazione sul bollettino ufficiale della Regione Marche della deliberazione della Giunta n. 3314 del 29 dicembre 1998.

I ricorsi erano affidati alle medesime censure di:

1) violazione dei principi generali in materia di pubblico impiego e dell’articolo 97 della Costituzione; violazione di legge; eccesso di potere; errata applicazione dell’articolo 4, comma 4, della legge regionale 8 agosto 1997, n. 54 e dell’articolo 9, comma 2, del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487;

2) violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell’articolo 5, comma 2, della legge regionale n. 54 del 1997;

3) violazione di legge ed eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni; violazione ed erronea applicazione degli articoli 1 e 12 del d.p.r. n. 487 del 1994; travisamento ed errato apprezzamento dei presupposti;

4) difetto assoluto di motivazione; violazione di legge ed errata applicazione degli articoli 1, comma 2, e 12, comma 1, del d.p.r. n. 487 del 1994; violazione dell’articolo 3, comma 1, della l. n. 241 del 1990;

5) eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione; violazione di legge; errata applicazione degli articoli 1, comma 2, e 12, comma 1, del d.p.r. n. 487 del 1994; violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990.

3.1- La Regione Marche si costituiva in giudizio ed eccepiva l’inammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario e l’infondatezza nel merito.

3.2- Nelle more del giudizio * dichiarava di non avere più interesse alla decisione e il TAR, con le sentenze n. 1062 del 2007 e 1063 del 2007, ne dava atto dichiarando di conseguenza l’improcedibilità dei ricorsi numeri 204 del 1999 e 445 del 1999, limitatamente alla ricorrente Tarsi Nadia.

3.3- Quanto al ricorso di * il TAR disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti idonei e classificati nella relativa graduatoria, quindi, con la sentenza n. 16 del 10 febbraio 2009, riuniti i ricorsi e respinte le eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Regione Marche, tra le quali il difetto di giurisdizione, li accoglieva limitatamente alla posizione della ricorrente * e annullava la deliberazione di giunta della Regione Marche n. 3314/PRS del 29 dicembre 1998, con condanna della Regione al pagamento di euro 2.000,00 in favore di  * per spese di giudizio.

3.4- Ad avviso del TAR il ricorso era fondato e meritava accoglimento sulle assorbenti censure di eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e contraddittorietà, atteso che su tutti gli elaborati scritti contrassegnati con i numeri da 1 a 21, tra i quali quello della ricorrente *, risultava attribuito un doppio punteggio, il primo cancellato e sostituito da altra e diversa valutazione, senza che dal verbale risultassero le ragioni di un siffatto modus procedendi, con conseguente illegittimità del punteggio trascritto, peraltro, inferiore a quello inizialmente attribuito.

4.- Con atto di appello rubricato al n. 4074 del 2009, la Regione Marche impugnava la suddetta sentenza n.16 del 2009, deducendone la erroneità per vizio in procedendo e in iudicando, riproponendo la eccezione di difetto di giurisdizione (1° motivo) e deducendo contraddittorietà, difetto di motivazione e violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 487 del 1994 (secondo motivo).

Si costituiva in giudizio *  che chiedeva il rigetto dell’appello.

5.- Con ricorso in appello notificato il 29 maggio 2009 e rubricato al n. 5472 del 2009, *  impugnava a sua volta la sentenza del TAR n. 16 del 2009, deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva assorbito e non esaminato le censure dirette alla demolizione dell’impianto concorsuale, e riproponeva di conseguenza le censure sub 1, 4 e 5 del ricorso introduttivo.

6.- La Regione Marche, al fine di dare esecuzione alla sentenza del TAR n. 16 del 1999, con la delibera di giunta regionale n. 622 del 14 aprile 2009, preso atto dell’annullamento parziale delle operazioni della commissione esaminatrice e della delibera n. 3314 del 1998 di approvazione della graduatoria, disponeva la rinnovazione della valutazione dell’elaborato scritto redatto da * , stabilendo che detta valutazione fosse nuovamente operata dalla stessa commissione esaminatrice alla quale conferiva incarico ad adottare le necessarie determinazioni.

Con nota del 24 aprile 2009 dava comunicazione a * Cristiana e ai vincitori del corso – concorso dell’avvio del procedimento di rinnovazione della suddetta fase valutativa in attuazione della sentenza n. 16 del 2009. 

7.- * Cristiana, con ricorso al TAR Marche iscritto al n. 631 del 2009, impugnava la deliberazione di giunta n. 622 del 2009, chiedendone l’annullamento e chiedendo contestualmente al TAR “di assumere tutte le misure ritenute opportune e necessarie per il corretto espletamento della rinnovazione”.

Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:

1) illegittimità dell’esecuzione della sentenza n. 16 del 2009, in quanto la rinnovazione della valutazione avrebbe dovuto riguardare tutti i candidati contrassegnati con i numeri da 1 a 21; 

2) illegittimità dell’affidamento della rinnovazione della valutazione alla stessa commissione esaminatrice. 

7.1- Il TAR Marche, con ordinanza n. 429 del 29 luglio 2009, accoglieva l’istanza di sospensione degli effetti della citata DGR n. 622 del 2009, precisando che la <<rinnovazione della procedura selettiva (dovesse) partire dalla fase di valutazione degli elaborati scritti redatti dai candidati contrassegnati dal n. 1 al n. 21, ferma restando (ove possibile) la composizione della commissione giudicatrice, che non è stata messa in discussione dalla sentenza sopra specificata>>.

L’ordinanza veniva parzialmente riformata in appello dal Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 5680 del 2009, circoscriveva l’ambito entro il quale doveva essere espletata l’attività di rinnovazione del procedimento intrapreso dall’amministrazione, individuando il limite soggettivo dell’attività nella sola posizione della ricorrente.

8.- Nella seduta del 29 gennaio 2010, la commissione giudicatrice, incaricata della rinnovazione della valutazione della prova teorico – pratica di * , assegnava il nuovo punteggio confermando il voto precedentemente assegnato.

Con il decreto n. 140/OGP -02 dell’11 marzo 2010, si prendeva atto dell’esito della parziale rinnovazione della valutazione e si stabiliva la non ammissione della ricorrente *  alla prova orale del corso – concorso.

9.- * , con ricorso al TAR Marche iscritto al n. 413 del 2010, impugnava il suddetto atto, deducendo i seguenti motivi:

1) illegittimità dell’esecuzione della sentenza n. 16 del 2009, in quanto la rinnovazione della valutazione avrebbe dovuto riguardare tutti i candidati contrassegnati con i numeri da 1 a 21; 

2) illegittimità dell’affidamento della rinnovazione della valutazione alla stessa commissione esaminatrice;

3) violazione di legge ed eccesso di potere, in quanto: a) la commissione esaminatrice si sarebbe limitata a confermare il voto già espresso di 17/30 senza fornire alcuna motivazione; b) l’espressione numerica del voto sarebbe inidonea a rappresentare le ragioni del voto; c) la genericità dei criteri di valutazione prestabiliti per la correzione dell’elaborato non consentirebbero di comprendere le ragioni del voto.

Chiedeva anche il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale ad essa riveniente dalla condotta colposa tenuta dall’amministrazione, sia quale perdita della progressione di carriera, sia quale perdita di change, sia per il mobbing subito ad opera dell’amministrazione. 

10.- Il TAR Marche fissava i ricorsi numeri 631 del 2009 e 413 del 2010 alla pubblica udienza del 27 gennaio 2011 e venivano decisi rispettivamente con le sentenze n. 97 del 14 febbraio 2011 e n. 114 del 14 febbraio 2011.

11.- Con la sentenza n. 97/2011 il TAR accoglieva il ricorso n. 631/2009, ritenendo che illegittimamente fosse stata affidata alla stessa commissione la rinnovazione delle operazioni di valutazione della candidata * e annullava per queste ragioni ed entro questi limiti la delibera di giunta n. 622 del 2009.

12- Con la sentenza n. 114/2011, il TAR dichiarava inammissibili i primi due motivi di ricorso perché rivolti contro la delibera di giunta n. 622 del 2009, già oggetto del ricorso n. 631 del 2009, chiamato alla stessa udienza e deciso con separata sentenza, e lo respingeva per la restante parte.

Ad avviso del TAR il difetto di motivazione rilevato con la sentenza n. 16 del 2009 non riguardava la questione della sufficienza (o insufficienza) del voto numerico a rappresentare le ragioni del voto, ma la sovrapposizione di due diverse votazioni, la prima sufficiente e la seconda insufficiente; di conseguenza la commissione non era tenuta in base alla sentenza cui veniva data esecuzione a spiegare le ragioni del voto assegnato; i criteri prestabiliti per la valutazione erano sufficientemente dettagliati e consentivano di avanzare eventuali contestazioni di non corrispondenza tra i criteri e il voto assegnato.

13.- Con atto di appello rubricato al n. 3970 del 2011, la Regione Marche impugnava la sentenza del TAR n. 97 del 14 febbraio 2011, deducendone la erroneità per i seguenti motivi:

1) illegittimità per violazione e falsa applicazione dell’articolo 112, c.p.a., in quanto si sarebbe dovuto attivare il rito dell’ottemperanza e non il rito ordinario;

2) violazione di legge ed eccesso di potere; violazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di motivazione; contraddittorietà; illogicità; irrazionalità; sviamento, atteso che lo stesso TAR, nella sentenza n. 16 del 2009 e nella ordinanza n. 429 del 2009, aveva ribadito l’opportunità di mantenere la commissione esaminatrice nella medesima composizione.

13.1- *  notificava appello incidentale, riproponendo le censure respinte in sentenza e contestava le eccezioni e censure dedotte dalla Regione nell’atto di appello.

14.- Con atto di appello rubricato al n. 7245 del 2011, *  impugnava la sentenza n. 114 del 2011, chiedendone l’annullamento o la riforma per error in procedendo et in iudicando.

Si costituiva in giudizio la Regione Marche, chiedendo il rigetto dell’appello.

Le parti depositavano memorie difensive e di replica e, alla pubblica udienza del 5 maggio 2015, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

15.- Gli appelli vanno riuniti ai sensi dell’articolo 70 c.p.a. per essere decisi con un’unica sentenza attesa la connessione soggettiva e per materia e, quanto ai ricorsi numeri 4074 e 5472 del 2009, anche ai sensi dell’articolo 96 del c.p.a. essendo proposti contro la stessa sentenza.

16.- E’ infondato nel merito e va respinto l’appello n. 4074 del 2009 proposto dalla Regione Marche per la riforma o l’annullamento della sentenza n. 16 del 10 febbraio 2009, sicché si può prescindere dall’esame della eccezione in rito, sollevata da * , di improcedibilità dell’appello per mancata notifica agli altri candidati, in disparte la considerazione che ai fini dell’ammissibilità il ricorso in appello va notificato alle parti costituite in primo grado e che, nel giudizio di appello proposto dall’amministrazione soccombente in primo grado, i controinteressati, avendo una posizione coincidente con essa, sono privi di interesse a contraddire e non devono essere evocati in giudizio (Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2014, n. 5046; sez. V, 5 settembre 2014, n. 4521; sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 735).

16.1- Con il primo motivo di appello la Regione assume l’illegittimità ed erroneità della sentenza per aver respinto l’eccezione di difetto di giurisdizione.

La censura è infondata.

La circostanza che trattasi di corso – concorso riservato al personale interno della regione e finalizzato alla riqualificazione del personale ai fini della progressione di carriera non è circostanza significativa ai fini del riparto di giurisdizione in materia di pubblico impiego tra giudice ordinario e giudice amministrativo.

In base a giurisprudenza consolidata, infatti, va riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie relative a concorsi interni, quando il concorso, riservato al personale già dipendente dell’Amministrazione, comporti la progressione in senso verticale e cioè una novazione oggettiva del rapporto di lavoro (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 luglio 2007, n. 4030; Cass., SS.UU., 23 marzo 2005, n. 6217).

Invero, il quarto comma dell’art. 63 del D.Lgs. n. 165 del 2001, laddove riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni, fa riferimento non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore o qualifica superiore, dovendo il termine “assunzione” essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire, e non solo all’ingresso iniziale nella pianta organica del solo personale (cfr. Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6942).

I concorsi interni non si configurano, infatti, come ordinario sviluppo di carriera degli impiegati che vi partecipano, ma vanno intesi come procedimenti selettivi che, alla pari di quelli in cui sono ammessi candidati esterni, consentono l’accesso a posti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni diversi da quelli già occupati.

I concorsi interni, quindi, non presentano connotati differenti dai concorsi denominati pubblici, e questa identità, di natura e di risultato, consente di ricondurli sotto la previsione normativa (ora, dell’art. 63, comma 4, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e, con riguardo all’epoca del provvedimento impugnato in prime cure, dell’art. 68 del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dai decreti legislativi n. 80 e n. 387 del 1998) che attribuisce al giudice amministrativo le controversie “sulle procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni” (cfr. Cons. St., sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6560; Cass., SS. UU., 15 ottobre 2003, n. 15403, sulla scorta di C. cost. n. 41/99 e n. 2/2001; Cass., sez. un., 5 maggio 2011, n. 9844, 25 maggio 2010, n. 12764 e 89 aprile 2010, n. 8424).

16.2- Ciò posto è indubbio che il concorso di cui trattasi, riservato ai dipendenti inquadrati nella quinta qualifica funzionale, per la copertura di 12 posti di “istruttore amministrativo”, figura professionale 6.01, integri una progressione verticale.

Nel sistema articolato in livelli e qualifiche funzionali disciplinato dal d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347 e successive modifiche, al tempo vigente, il passaggio dal livello di inquadramento ad altro livello superiore costituisce progressione di carriera comportando l’attribuzione di mansioni superiori.

Il sistema rimane sostanzialmente invariato anche con la introduzione della articolazione del sistema di classificazione in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D, previsto dal d.P.R. n. 333 del 1990 integrativo per gli enti locali del d. P.R. n. 347 del 1983.

Le categorie sono individuate, infatti, mediante le declaratorie - riportate nell'allegato A - che descrivono l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse e il contenuto professionale delle attribuzioni proprie della categoria. 

Sta di fatto che, ai sensi dell’articolo 4 del d.P.R. n. 347 del 1983, come integrato dal d.P.R. n. 333 del 1990, è considerata progressione verticale il passaggio dei dipendenti alla categoria immediatamente superiore.

Tale passaggio deve avvenire a mezzo procedure selettive nel limite dei posti vacanti della dotazione organica della categoria superiore.

La citata disposizione consente anche che con le medesime procedure gli enti possano procedere alla copertura dei posti vacanti dei profili caratterizzati da una professionalità acquisibile esclusivamente dall'interno degli stessi enti, quindi con concorso riservato al personale interno, così come avvenuto nel caso in esame.

In conclusione, trattandosi di procedura selettiva finalizzata alla progressione verticale, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo. 

16.3- Nel merito l’appello, come si è detto, è infondato.

Il TAR ha rilevato la presenza su tutti gli elaborati contrassegnati con i numeri da 1 a 21, tra i quali è compreso quello della ricorrente * Cristiana, di un doppio punteggio, il primo successivamente cancellato e sostituito da altra e diversa valutazione, senza che dal verbale risultino le ragioni di tale procedura.

Pur potendosi presumere che la commissione abbia effettuato una prima comparazione degli elaborati, modificando successivamente i punteggi attribuiti con nuove valutazioni diverse dalle precedenti, trascrivendo tale ultimo punteggio sulle tabelle allegate al verbale, elementari esigenze di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa imponevano che di tali operazioni fosse data adeguata motivazione nel verbale della commissione, dandosi conto delle ragioni per cui il primo metro di valutazione era stato rivisto con un metro più restrittivo, tanto più che tale rivisitazione dei punteggi non ha riguardato tutti i candidati e che il punteggio assegnato dapprima alla ricorrente * Cristiana era più che sufficiente (24,9) e consentiva l’ammissione alla prova orale, al contrario di quello di 17/30 attribuito successivamente.

Ne consegue la correttezza del percorso motivazionale del giudice di primo grado, in quanto seppure è vero che la commissione di un concorso possa procedere all’assegnazione di giudizi provvisori e suscettibili di revisione a seguito della correzione degli altri elaborati per consentire un unico metro di valutazione, è anche vero che di tali operazioni va data motivazione nei verbali della commissione, essendo in tale ottica irrilevante la circostanza che, con riferimento ai criteri prestabiliti per la correzione degli elaborati, si potrebbe pervenire alle ragioni della rettifica del punteggio.

L’appello è, in conclusione, infondato e va respinto.

17.- Ugualmente infondato è l’appello n. 5472 del 2009 proposto da *  avverso la suddetta sentenza n. 16 del 10 febbraio 2009, sicché si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione perché l’appello sarebbe proposto da soggetto non soccombente.

* ha impugnato la sentenza al fine di riproporre le censure da essa dedotte con i ricorsi introduttivi e non esaminate dalla sentenza impugnata, in particolare le censure sub 1, 3 e 4 del ricorso introduttivo, volte alla demolizione dell’intera procedura concorsuale e, quindi, secondo la ricorrente, maggiormente satisfattive dell’interesse azionato.

17.1- Con il primo articolato motivo è dedotta la violazione dei principi generali in materia di pubblico impiego e dell’articolo 97 della Costituzione, nonché la violazione ed errata applicazione dell’articolo 4, comma 4, della legge regionale 8 agosto 1997, n. 54 e dell’articolo 9, comma 2, del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487.

Le censure sono prive di pregio.

Il bando di concorso di cui trattasi ha regolato la disciplina concorsuale ed ha richiamato le disposizioni di cui al d.p.r. n. 487 del 1994 e successive modifiche solo per quanto non previsto dal bando e dalla normativa regionale di riferimento.

Ne consegue che la fonte della disciplina concorsuale è dettata innanzi tutto dal bando, quindi dalle disposizioni della l. regionale n. 54 del 1997 e, solamente per quanto non previsto da esse fonti, dal d.p.r. n. 487 del 1994, le cui disposizioni non sono vincolanti nei concorsi regolati dalle leggi regionali.

17.2- Ciò posto, il bando del concorso qui in questione, con riferimento alla composizione della commissione giudicatrice, all’articolo 5 disponeva che essa dovesse essere costituita da 3 o 5 membri esterni alla Regione Marche scelti tra tecnici esperti nelle materie di esame, di cui almeno uno, docente del corso di formazione, e che non poteva far parte della commissione chi fosse dipendente anche con rapporto a tempo determinato con la Regione.

Tale previsione del bando è stata ulteriormente specificata con delibera di giunta regionale n. 2303 del 28 settembre 1998.

Ne consegue la mancanza di profili di illegittimità nella decisione di creare una commissione per area professionale omogenea composta da 5 membri in considerazione dell’elevato numero degli esaminandi superiore alle 50 unità, e per garantire uniformità di valutazione, nonché di consentire la suddivisione in 2 subcommissioni durante lo svolgimento delle prove finali d’esame coordinate da un unico presidente estraneo all’amministrazione, nonché di nominare il presidente della commissione in persona estranea all’amministrazione.

17.3- Neppure sono fondate le censure riferite al mancato rispetto della disposizione dell’articolo 9, comma 2, del d.p.r. n. 487 del 1994 e dell’art. 29 del d.lgs. n. 546 del 1993, relativo alla riserva di almeno un terzo dei posti nelle commissioni alle donne.

La mera circostanza che una commissione non rispetti tale proporzione di genere nella composizione della commissione di un concorso non esplica effetti vizianti delle operazioni concorsuali, salvo non denoti una condotta discriminatoria in danno dei concorrenti di sesso femminile, che nella fattispecie non è stata rilevata e comunque non è ravvisabile (cfr. sulla questione, Cons. Stato, VI, 18 aprile 2012, n. 2217; V, 13 maggio 2011, n. 2892; IV, 27 dicembre 2006, n. 7962).

Risulta, infatti, che la maggioranza dei corsisti ammessi all’attività formativa erano donne e, ugualmente, la maggioranza dei vincitori sono state donne, sicché non appare configurabile alcuna condotta discriminatoria a danno dei concorrenti di sesso femminile.

Non ha fondamento, di conseguenza, né l’asserita illegittimità della composizione della commissione quanto al numero dei componenti, che in base all’articolo 9 del citato d.p.r. deve essere costituita da 3 membri, né l’asserita violazione della proporzione di genere dei componenti.

17.4- Con il secondo motivo di appello è dedotta la violazione dell’articolo 5, comma 2, della legge regionale n. 54 del 1997, in quanto le previsioni del bando, contrariamente a quanto dispone la legge citata, sarebbero del tutto generiche.

La censura è infondata, atteso che la norma regionale stabilisce solamente che per ciascuna qualifica il bando debba prevedere “il numero dei posti da ricoprire e dei candidati ammissibili, le prove di selezione basate su test, nonché la durata, i programmi, le prove finali dei corsi – concorso e quant’altro attiene allo svolgimento dei corsi – concorso”.

Tutti questi elementi sono specificati dal bando in modo preciso e dettagliato.

Per il resto, quanto alla specificazione in concreto delle prove, trattasi di materia rimessa alla discrezionalità della commissione giudicatrice, alla quale spetta anche la fissazione dei criteri per lo svolgimento e la valutazione delle prove di esame.

Va da sé che la commissione esaminatrice gode di un’ampia discrezionalità che, salvi i vizi di irragionevolezza o illogicità, non è suscettibile di sindacato giurisdizionale, impingendo nel merito dell’azione amministrativa.

17.5- Con riguardo alla contestazione dei criteri di valutazione delle prove finali e dei punteggi attribuiti, nonché dell’utilizzo della valutazione numerica, va rilevato che i criteri fissati dalla commissione di concorso erano coerenti con le previsioni del bando e le specificazioni contenute nella delibera di giunta regionale n. 2303 del 28 settembre 1998, e consentivano di comprendere il voto numerico attribuito.

In particolare, la commissione, secondo quanto risulta dai verbali nn. 1 e 2, ha deciso di articolare la prova scritta in due quesiti di natura teorica ed un quesito di natura pratica, attribuendo il massimo di punti trenta, suddivisi in quindici punti tra i due quesiti teorici (nove punti per l’uno e sei punti per l’altro) e in altri quindici punti per il quesito pratico.

E’ evidente che simile distribuzione di punteggio è equilibrata e rispondente alla necessità di valutare le conoscenze teoriche e le abilità pratiche.

17.6- Quanto riportato nel verbale del “Gruppo di Lavoro Regione Marche – Formez” a proposito della valutazione delle prove finali del corso – concorso non integra, diversamente da quanto afferma la ricorrente, una predeterminazione dei criteri che, invece, sono stati predeterminati dalla commissione esaminatrice come risulta in maniera chiara dai verbali.

Quanto emerso nella riunione del suddetto gruppo di lavoro poteva costituire una indicazione, peraltro, non vincolante per la commissione esaminatrice.

Di conseguenza la circostanza che non siano stati comunicati ai candidati i criteri di massima individuati dal gruppo di lavoro è del tutto irrilevante e, quanto ai criteri fissati dalla commissione per la correzione degli elaborati, non vi è obbligo di comunicarli ai candidati.

Sono poi prive di pregio le censure inerenti la presunta illegittimità della sola valutazione numerica e la presunta necessità di motivare il voto, come da giurisprudenza pacifica in presenza di criteri di valutazione previamente fissati.

17.7- Risulta, poi, che la prova teorico – pratica, volta alla dimostrazione delle conoscenze professionali acquisite dai corsisti, è per contenuto analoga a quelle svolte nel corso formativo.

In conclusione, attesa la specificità dei criteri di giudizio prestabiliti dalla commissione, riportati nei verbali 1 e 2 della commissione, nonché la coerenza con le finalità del corso – concorso, le censure articolate nel ricorso introduttivo e riproposte con l’atto di appello, volte alla demolizione dell’intero concorso, risultano destituite di fondamento e vanno respinte, con conseguente rigetto dell’atto di appello.

18.- E’ fondato e va accolto l’atto di appello n. 3970 del 2011 proposto dalla Regione Marche per l’annullamento o la riforma della sentenza n. 97 del 14 febbraio 2011, con la quale il TAR Marche ha accolto il ricorso proposto da * ed ha annullato la delibera della giunta della Regione Marche n. 662 del 14 aprile 2009 con la quale era stato disposto l’avvio del procedimento di esecuzione della sentenza del TAR n. 16 del 2009.

18.1- La fondatezza nel merito dell’appello consente di prescindere dall’esame della eccezione di violazione dell’articolo 112 c.p.a., incentrato sulla sostanziale natura di giudizio di ottemperanza e non di giudizio impugnatorio del ricorso n. 631/2009 deciso con la sentenza n. 97/2011, perché relativo agli atti adottati dall’amministrazione per dare esecuzione alla sentenza n. 16 del 2009.

Comunque, con il ricorso n. 631 del 2009 sono dedotte censure di illegittimità della deliberazione di giunta regionale n. 662 del 2009 di avvio di esecuzione della sentenza n. 16 del 2009 che non hanno quale parametro esclusivo la sentenza da eseguire, sicché per tali profili si giustifica il ricorso di tipo impugnatorio.

Peraltro, la diversità di rito rispetto a quello proprio dell’ottemperanza non ha inciso sul contraddittorio, né sul rispetto dei termini.

18.2- Con la sentenza n. 97 del 14 febbraio 2011, il TAR annullava la delibera di giunta n. 622 del 2009, ritenendo che illegittimamente fosse stata affidata la rinnovazione delle operazioni di valutazione alla stessa commissione che aveva provveduto alla valutazione annullata, anziché provvedere attraverso una commissione in diversa composizione.

Osservava il TAR che <<la medesima composizione sarebbe stata giustificata solo nell’ipotesi in cui l’esecuzione si fosse limitata ad esternare le ragioni per le quali, da una prima valutazione favorevole (ancorché provvisoria), si era passati ad una seconda valutazione sfavorevole (e definitiva)…Essendo invece stata rinnovata anche la valutazione, risultava doveroso provvedere attraverso una diversa composizione della commissione (del tutto estranea alla composizione originaria, e ciò per assicurare che il giudizio fosse espresso serenamente e libero da ogni sospetto di imparzialità, ancorché i nuovi componenti sarebbero stati chiamati ad applicare criteri predefiniti, trattandosi di indirizzi obiettivi e compatibili con la rilettura dell’elaborato (anche comparandolo con gli elaborati di cui restava comunque ferma la valutazione originaria) e l’espressione di un nuovo giudizio>>.

Il percorso motivazionale contenuto in sentenza, come rilevato dall’amministrazione regionale, non è condivisibile.

L’opportunità di mantenere la stessa composizione della commissione, peraltro affermata nelle ordinanze cautelari del TAR e del Consiglio di Stato, non solo è coerente con la sentenza n. 16 del 2009, ma è doverosa stante l’assenza di contestazioni e deduzioni legate a specifici e concreti elementi fattuali e giuridici idonei a far ritenere quantomeno probabile la negativa incidenza della illegittima composizione della commissione esaminatrice sull’esito sfavorevole della prova della candidata.

Tale convincimento era, peraltro, stato espresso dallo stesso TAR Marche, con l’ordinanza cautelare n. 429 del 29 luglio 2009, che, accogliendo l’istanza di sospensione degli effetti della citata DGR n. 622 del 2009, precisava che la <<rinnovazione della procedura selettiva (dovesse) partire dalla fase di valutazione degli elaborati scritti redatti dai candidati contrassegnati dal n. 1 al n. 21, ferma restando (ove possibile) la composizione della commissione giudicatrice, che non è stata messa in discussione dalla sentenza sopra specificata>>.

Nello stesso senso si è espresso il Consiglio di Stato che, con ordinanza n. 5680 del 2009, circoscriveva l’ambito entro il quale doveva essere espletata l’attività di rinnovazione del procedimento intrapreso dall’amministrazione, individuandone il limite soggettivo nella esclusiva posizione della ricorrente, ferma la commissione di concorso.

Sarebbe, inoltre, contrario ai principi di conservazione delle procedure e di economicità dell’azione amministrativa, ove fosse consentito travolgere atti non oggetto di annullamento giurisdizionale per eliminare qualunque sospetto di imparzialità, mai dedotto dall’interessato.

Ciò posto, non trova fondamento giuridico sostanziale e processuale l’assunto del TAR secondo cui la rinnovazione della valutazione dovesse essere affidata ad una commissione diversa.

L’appello della Regione deve essere, quindi, accolto.

19.- L’appello incidentale proposto da * per la riforma della stessa sentenza del TAR n. 97 del 2011 è infondato e deve essere respinto.

19.1- Assume l’appellante incidentale che erroneamente il TAR avrebbe respinto gli altri motivi dedotti con il ricorso n. 631 del 2009 e, segnatamente, la censura di illegittimità della delibera di giunta regionale n. 622 del 2009 per errata esecuzione della sentenza n. 16 del 2009.

In sostanza, secondo la ricorrente, in base alla sentenza n. 16 del 2009, la rinnovazione doveva riguardare tutti gli elaborati contrassegnati con i numeri da 1 a 21 ai quali risultava attribuito il doppio punteggio.

La censura è infondata, atteso che l’illegittimità riscontrata non inficia la intera procedura ma solamente la posizione dell’interessata che ha fatto valere tale illegittimità.

Ne consegue che correttamente l’amministrazione ha riesercitato il potere valutativo solamente con riguardo alla posizione della ricorrente.

20.- Con atto di appello rubricato al n. 7245 del 2011 * ha impugnato la sentenza n. 114 del 14 febbraio 2011, con la quale il TAR Marche respingeva il ricorso da essa * proposto per l’annullamento del decreto n. 140/OGP -02 dell’11 marzo 2010 con il quale, nel prendere atto dell’esito della parziale rinnovazione del corso – concorso, si stabiliva la non ammissione alla prova orale.

L’appello è infondato e va respinto.

L’asserita necessità che la rinnovazione della valutazione avrebbe dovuto riguardare tutti i candidati contrassegnati con i numeri da 1 a 21 è infondata come detto sopra, così come l’asserita necessità di affidare la rinnovazione della valutazione a commissione esaminatrice in diversa composizione.

Quanto all’onere di motivazione della nuova valutazione espressa con voto numerico, non può che confermarsi quanto rilevato dal TAR con la sentenza impugnata.

Il difetto di motivazione rilevato con la sentenza n. 16 del 2009 non riguardava, infatti, la questione della sufficienza (o insufficienza) del voto numerico a rappresentare le ragioni del voto, ma la sovrapposizione di due diverse votazioni, la prima sufficiente e la seconda insufficiente, sicché la commissione non era tenuta in base alla sentenza cui veniva data esecuzione a spiegare le ragioni del voto assegnato.

Quanto ai criteri prestabiliti per la valutazione delle prove, come già detto sopra, erano sufficientemente dettagliati e consentivano di avanzare eventuali contestazioni di non corrispondenza tra i criteri e il voto assegnato.

L’appello va di conseguenza respinto.

21.- Quanto sin qui esposto comporta il rigetto anche della domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente, non sussistendone i presupposti.

22.- In conclusione, quanto agli appelli n. 4074 del 2009 e n. 5472 del 2009 vanno respinti.

Quanto all’appello n. 3970 del 2011, va accolto l’appello principale, va respinto l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, va respinto del tutto il ricorso di 1°grado.

L’appello n. 7245 del 2011 va respinto.

La peculiarità della controversia consente di disporre in via eccezionale la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sugli appelli numeri 4074 del 2009, 5472 del 2009, 3970 del 2011 e 7245 del 2011, come in epigrafe proposti, così provvede:

1) riunisce gli appelli;

2) respinge l’appello n. 4074 del 2009;

3) respinge l’appello n. 5472 del 2009;

4) quanto all’appello n. 3970 del 2011, accoglie l’appello principale e respinge l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, respinge del tutto il ricorso di 1°grado;

5) respinge l’appello n. 7245 del 2011;

6) compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/08/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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