Saturday 11 March 2017 10:12:32

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Procedure di gara: le "idonee referenze bancarie" richieste nei bandi di gara ed il soccorso istruttorio processuale

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 2.3.2017

Si segnala la sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato depositata in data 2 marzo 2017 nella quale si precisa che "L’art. 41 del Codice dei contratti pubblici n. 163/2006, applicabile alla vicenda in esame, dispone che “negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti: a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”. Correttamente, il primo giudice ha rilevato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza <> (Cons. Stato Sez. III, 17-12-2015, n. 5704; nello stesso senso, Cons. Stato, sez. V, 23/2/2015 n. 858; id., sez. V, 27/05/2014 n. 2728; id., sez. V, 23/06/2008); e che tali referenze, “con i contenuti fissati dalla lex specialis, hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l'aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili, per cui è ragionevole che un'Amministrazione aggiudicatrice, nell'esercizio della propria discrezionalità in sede di fissazione della legge di gara, ne richieda la produzione in tale sede" (Cons. Stato, sez. V, 07/07/2015 n. 3346; analogamente Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2012, n. 2959; Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2728)”. Nel caso di specie, il disciplinare di gara prevedeva, all’art. 5, punto 3, l’obbligo per le concorrenti di produrre dichiarazioni di almeno due istituti bancari o intermediari finanziari “attestanti che l’impresa è solida e ha sempre fatto fronte ai propri impegni con regolarità e puntualità”, mentre nella dichiarazione prodotta in gara dalla cooperativa. La Banca si è limitata ad affermare di “intrattenere rapporti” con la ditta aggiudicataria, senza alcuna ulteriore precisazione, il che con ogni evidenza non fornisce, per la neutralità dell’asserzione, nessuna utile ed idonea informazione sulla natura e la qualità di tali rapporti e, ancor meno, sulla capacità economica e finanziaria dell’impresa di farsi carico delle obbligazioni conseguenti all'eventuale aggiudicazione del servizio posto a gara”. Tenuto conto dello specifico tenore della clausola, il riferimento contenuto all’oggetto del contratto non soddisfa di per sé il requisito ivi previsto, in quanto anche se l’istituto di credito è stato reso edotto dell’oggetto della procedura di gara e del suo valore economico, non ha reso alcuna dichiarazione riferita alla solidità economica dell’impresa e alla sua correttezza e puntualità nel far fronte agli impegni nei suoi confronti, essendosi limitato a dichiarare di “intrattenere rapporti” con la cooperativa. In sostanza, la dichiarazione dell’istituto di credito non soddisfa l’esigenza manifestata dalla stazione appaltante con l’inserimento della specifica clausola. Il documento prodotto dall’appellante in sede di gara è stato dunque correttamente ritenuto dal primo giudice inidoneo a dimostrare il possesso del prescritto requisito di capacità economica e finanziaria. Ne consegue che, pur volendo qualificare la referenza bancaria come semplice dichiarazione di scienza, assegnandole valenza meramente indiziaria circa il possesso del requisito, la sua incompletezza la rende inidonea, da sola, a provare la solidità della cooperativa e ad attestare un requisito assolutamente cruciale per l’affidabilità del soggetto chiamato a svolgere il servizio. Sulla base di tali presupposti, il TAR ha dichiarato, senz’altro, l’illegittimità dell’ammissione alla gara della società aggiudicataria. La pronuncia ha determinato effetti giuridici sostanzialmente assimilabili a quelli di un provvedimento di “automatica” esclusione dalla gara, disposta dalla stazione appaltante e non preceduta dalla fase procedimentale del “soccorso istruttorio”. Il primo giudice, infatti, ha ritenuto che “la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all’esclusione dell’aggiudicataria dalla gara essendo del tutto incontestato che, in materia di partecipazione ad appalti pubblici, l'art. 46, comma 1 bis, d.lgs. n. 163/2006 sulla tassatività delle cause di esclusione alla gara, giusta il rinvio operato ad altre disposizioni del medesimo Codice, tra cui anche all'art. 41, consente alla stazione appaltante di specificare nella legge di gara i requisiti di capacità economica finanziaria richiesti a pena di esclusione (Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4869; T.A.R. Lazio, sez. I, 8 aprile 2015 n. 5106; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 12 luglio 2012, n. 1430)”: il TAR, quindi, non ha valutato l’applicabilità – nell’ambito del procedimento di gara, o, eventualmente, nel corso del giudizio, della previsione recata dall’art. 46, comma 1 ter, del D.Lgs 163/06, che impone alla stazione appaltante di consentire al concorrente di integrare e regolarizzare la documentazione allegata alla domanda di partecipazione. Sia l’appellante che l’Amministrazione sostengono, invece, che il TAR, una volta appurata la carenza (ma non la totale mancanza) della idonea documentazione probatoria del requisito di partecipazione, non potesse adottare una pronuncia destinata a provocare gli effetti di una automatica esclusione dalla gara della concorrente aggiudicataria, poiché, in tal modo, aveva precluso lo svolgimento del doveroso subprocedimento del soccorso istruttorio. La difesa dell’appellata, però, ha replicato che il ricorso al soccorso istruttorio, riguardante la carenza della documentazione attestante il possesso dei requisiti economici di partecipazione, sarebbe stato possibile solo in corso di gara, prima dell’apertura delle offerte tecniche ed economiche: sicché non sarebbe possibile applicare in sede giurisdizionale l’art. 46 comma 1-ter citato. A supporto della propria tesi, si sostiene che il potere di integrazione documentale trova il limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta, della certezza della sua provenienza, del principio di segretezza che presiede alla presentazione della medesima e di inalterabilità delle condizioni in cui versano i concorrenti al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla gara. (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 16/2014) e che quindi non potrebbe applicarsi in sede giurisdizionale. Il complesso tema sottoposto all’attenzione del Collegio riguarda la questione del cosiddetto “soccorso istruttorio processuale”. In particolare, si tratta di stabilire, in assenza di puntuali regole legislative, la disciplina sostanziale e processuale delle vicende nelle quali, come nel caso in esame, risulta accertato in giudizio che: a) la stazione appaltante abbia illegittimamente ammesso alla gara un’offerta carente, sotto il profilo meramente formale, del prescritto supporto documentale, idoneo a dimostrare in modo adeguato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione del concorrente; b) la riscontrata carenza documentale e probatoria, se accertata tempestivamente nel corso dello svolgimento della procedura di gara, non avrebbe consentito l’immediata esclusione dell’offerta, ma avrebbe imposto alla stazione appaltante l’attivazione del procedimento del soccorso istruttorio, disciplinato dal codice dei contratti pubblici. La Sezione richiama, preliminarmente, l’ampia giurisprudenza di questo Consiglio, la quale ha delineato la portata oggettiva della disciplina del soccorso istruttorio, la quale, attuando nell’ordinamento nazionale un istituto del diritto europeo dei contratti pubblici a recepimento facoltativo, ha enfatizzato l’impostazione sostanzialistica delle procedure di affidamento. La disciplina della procedura di gara non deve essere concepita come una sorta di corsa ad ostacoli fra adempimenti formali imposti agli operatori economici e all’amministrazione aggiudicatrice, ma deve mirare ad appurare, in modo efficiente, quale sia l’offerta migliore, nel rispetto delle regole di concorrenza, verificando la sussistenza dei requisiti tecnici, economici, morali e professionali dell’aggiudicatario. In questo senso, dunque, l’istituto del soccorso istruttorio tende ad evitare che irregolarità e inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili. Ciò chiarito, occorre affrontare l’obiezione pregiudiziale svolta dall’appellante, secondo cui un problema di soccorso istruttorio riferito ai requisiti di partecipazione non si potrebbe porre una volta intervenuta l’aggiudicazione, perché sarebbe violato il principio della “par condicio” tra i concorrenti. Tale tesi non convince, in quanto essa comporterebbe la sostanziale “disapplicazione” della disciplina introdotta dal legislatore, al fine di evitare le esclusioni dalle gare di appalto per ragioni meramente formali, quando sussiste in concreto, e fin dal momento del rilascio della dichiarazione irregolare, il requisito soggettivo richiesto in sede di gara. Ritiene infatti il Collegio che la scelta sostanzialistica del legislatore, diretta ad impedire l’esclusione per vizi formali nella dichiarazione, quando vi è prova del possesso del requisito, deve applicarsi anche quando l’incompletezza della dichiarazione viene dedotta come motivo di impugnazione dell’aggiudicazione da parte di altra impresa partecipante alla selezione (non essendone avveduta la stazione appaltante in sede di gara), ma è provato che la concorrente fosse effettivamente in possesso del prescritto requisito soggettivo, fin dall’inizio della procedura di gara e per tutto il suo svolgimento. In tale caso, infatti, l’irregolarità della dichiarazione si configura come vizio solo formale e non sostanziale, emendabile secondo l’obbligatoria procedura di soccorso istruttorio. La successiva correzione, o integrazione documentale, della dichiarazione non viola affatto il principio della par condicio tra i concorrenti, in quanto essa mira ad attestare, correttamente, l’esistenza di circostanze preesistenti, riparando una incompletezza o irregolarità che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato, avrebbe dovuto comunicare alla concorrente, attivando l’obbligatorio procedimento di soccorso istruttorio. Né possono sussistere problematiche connesse alla segretezza delle offerte, in quanto la dichiarazione integrativa non attiene all’offerta, al suo contenuto tecnico ed economico, in relazione ad elementi oggetto di valutazione comparativa tra i concorrenti, ma al concreto possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, i quali possono essere verificati anche in un momento successivo, fermo restando l’onere, per i partecipanti, di rispettare i vincoli minimi, di carattere formale, necessari per essere ammessi alla procedura selettiva. Inoltre, la tesi dell’impossibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, con conseguente esclusione dell’aggiudicataria per omessa attivazione del soccorso istruttorio in sede di gara da parte della stazione appaltante, comporterebbe effetti eccessivamente gravosi sia per la P.A. che per l’impresa: quest’ultima sarebbe privata della possibilità di stipulare il contratto, pur disponendo, in via sostanziale, dei necessari requisiti. Né va trascurato il rischio che l’impresa aggiudicataria, privata del contratto e della possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, potrebbe azionare una domanda risarcitoria nei confronti della stazione appaltante. Gli effetti sarebbero quindi del tutto irragionevoli e sproporzionati. Si tratta di stabilire, allora, in quale modo la disciplina sostanziale del soccorso istruttorio possa in concreto rilevare nel giudizio promosso dalla concorrente che contesti l’illegittima ammissione dell’aggiudicataria, che abbia omesso di presentare la prescritta documentazione. In linea astratta, una possibile soluzione interpretativa potrebbe essere individuata mediante la delimitazione della portata della pronuncia di eventuale annullamento dell’aggiudicazione e dei conseguenti effetti conformativi. In tale prospettiva, si potrebbe ritenere che il giudice, accertata l’illegittimità dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria e annullati i provvedimenti della stazione appaltante, dovrebbe far salvo il potere e il dovere di attivare il procedimento di soccorso istruttorio, anche al fine di applicare la disciplina concernente il pagamento della sanzione imposta al concorrente che procede alla regolarizzazione della domanda di partecipazione. All’esito del procedimento, alla luce della documentazione eventualmente prodotta dall’interessata, la stazione appaltante assumerà le determinazioni definitive, concernenti l’esclusione o l’ammissione della concorrente. Questa possibile ricostruzione, tuttavia, sebbene astrattamente coerente con lo sviluppo procedimentale della gara, non appare compatibile con il principio di concentrazione delle tutele e con la naturale proiezione del processo verso la rapida definizione del contenuto sostanziale del rapporto controverso. Ritiene, pertanto, il collegio che la questione riguardante l’emendabilità della riscontrata carenza documentale e la sostanziale titolarità dei requisiti di partecipazione alla gara debba essere sempre dedotta nell’ambito del giudizio proposto contro l’ammissione dell’aggiudicataria e non possa essere sempre rinviata alla rinnovazione, totale o parziale, del procedimento selettivo, in tutti i casi in cui, come nella vicenda per cui è controversia, la stazione appaltante debba limitarsi al riscontro oggettivo della sussistenza dei requisiti di partecipazione, senza alcun margine di apprezzamento discrezionale. Quanto alle modalità strettamente processuali attraverso cui il tema del soccorso istruttorio possa essere esaminato in giudizio, il collegio ritiene, in primo luogo, che la questione non possa essere rilevata d’ufficio del giudice, ma presuppone sempre un’iniziativa della parte aggiudicataria, interessata alla affermazione della legittimità (sostanziale) della propria ammissione alla gara, correlata alla concreta dimostrazione della sussistenza dei requisiti di partecipazione. Secondo una possibile tesi interpretativa, peraltro, l’aggiudicatario illegittimamente ammesso alla gara per carenza della prescritta documentazione, dovrebbe articolare un ricorso incidentale, teso ad evidenziare l’ulteriore illegittimità commessa dalla stazione appaltante, consistente nella omessa attivazione del procedimento di soccorso istruttorio. La Sezione ritiene, però, che l’aggiudicataria, per poter validamente invocare in sede processuale il principio del soccorso istruttorio, al fine di paralizzare la doglianza diretta ad ottenere la sua esclusione dalla gara, possa limitarsi ad una deduzione difensiva, volta a dimostrare che, in ogni caso, la mancata produzione della prescritta documentazione non avrebbe condotto alla esclusione della procedura. A tal fine, però, la parte è gravata dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore contenuto nella dichiarazione: può validamente spendere tale argomento difensivo solo dimostrando in giudizio di disporre del necessario requisito di partecipazione fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare. In sostanza, secondo il Collegio, deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio, l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione. In caso contrario, non soltanto sarebbe violato il principio dell’onere della prova, che è immanente nel processo, ma verrebbe frustrata finanche la finalità di accelerazione che permea le controversie in materia di contratti pubblici." Per approfondire scarica il testo integrale della sentenza

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 02/03/2017

N. 00976/2017REG.PROV.COLL.

N. 06941/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6941 del 2016, proposto da: 
L'Agorà d'Italia Cooperativa Sociale Consortile Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Giuseppe Gitto, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Novella, n. 22; 

contro

Coop. Sociale Proges - Servizi Integrati alla Persona a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati Francesca Giuffré, Penelope Vecli, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Francesca Giuffré, in Roma, via dei Gracchi, n. 39; 

nei confronti di

Comune di Lucca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. Elisa Burlamacchi, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32; 

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. Toscana, Sezione Prima, n. 1274 del 2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento in concessione del servizio di gestione globale per le comunità residenziali Pia Casa e Centro Anziani e strutture collegate.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Coop. Sociale Proges - Servizi Integrati alla Persona a r.l. e del Comune di Lucca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Gitto, Francesca Giuffrè e Elisa Burlamacchi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. - Il Comune di Lucca ha indetto una procedura aperta per l'affidamento in concessione, ai sensi dell'art. 30 del D.lgs. n. 163/06, del servizio di gestione globale per le comunità residenziali Pia Casa e Centro Anziani e strutture collegate, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

All’esito della gara è risultata aggiudicataria la Cooperativa Sociale Consortile Onlus L’Agorà d’Italia (in seguito L’Agorà d’Italia) e si è classificata al secondo posto della graduatoria la Cooperativa Sociale Pro.ges – Servizi Integrati alla Persona a r.l. (in seguito Pro.ges).

2. - Tale società cooperativa ha provveduto all’impugnazione, dinanzi al TAR per la Toscana, del provvedimento di aggiudicazione (determinazione dirigenziale n. 645 del 14 aprile 2016) e di tutti gli atti del procedimento di gara, ivi compresi il bando ed il disciplinare, nonché degli atti con i quali la stazione appaltante non ha disposto l’esclusione della cooperativa L’Agorà d’Italia dalla gara, chiedendo anche la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, ed il proprio subentro nella sua esecuzione per l’intera durata prevista.

2.1 - Nel ricorso di primo grado la cooperativa ricorrente ha dedotto, in estrema sintesi:

- l’insostenibilità dell’offerta economica dell’aggiudicataria, in quanto comportante una gestione in perdita ed una non corretta allocazione dei rischi in fase di esecuzione;

- l’incompletezza dell’offerta da essa presentata ed il suo contrasto con le previsioni della lex specialis di gara;

- l’omessa motivazione sul giudizio di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria,

- la violazione dell’art. 86 comma 3 del D.Lgs. 163/06;

- l’illegittimità della mancata esclusione della cooperativa L’Agorà d’Italia per aver prodotto una referenza bancaria non rispondente alla  lex specialisdi gara.

2.2 - La cooperativa aggiudicataria si è difesa nel giudizio di primo grado replicando alle doglianze proposte.

2.3 - Anche il Comune di Lucca si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto dell’impugnativa.

3. - Con la sentenza impugnata il primo giudice ha accolto l’ultimo motivo di impugnazione (provvedendo all’assorbimento delle precedenti doglianze), ritenendo illegittima la mancata esclusione della cooperativa L'Agorà d'Italia, per avere quest’ultima, in violazione dell’art. 41 d.lgs. n. 163/2006 e del disciplinare di gara, prodotto una dichiarazione incompleta, e comunque insufficiente ad attestare una capacità economica finanziaria adeguata all’esecuzione delle prestazioni oggetto della concessione.

4. - Avverso tale decisione ha proposto appello la cooperativa L’Agorà d’Italia, deducendo l’erroneità e l’illogicità della sentenza appellata sotto diversi profili, provvedendo – nel contempo – a riproporre le proprie precedenti difese, con riferimenti alle doglianze assorbite dal primo giudice.

4.1 - Si sono costituiti in giudizio sia la società Pro.ges ricorrente in primo grado che il Comune di Lucca, i quali hanno insistito nelle proprie tesi difensive chiedendo la riforma della sentenza di primo grado.

4.2 - Con ordinanza n. 4510, pubblicata il 7 ottobre 2016, la domanda cautelare è stata respinta.

4.3 - Il Comune di Lucca ha quindi adottato la determina dirigenziale n. 1843 del 2/11/2016, con la quale ha disposto l’aggiudicazione del servizio in favore della cooperativa Pro.ges.

4.3.1 - Sulla base di tale presupposto, detta cooperativa ha eccepito l’improcedibilità del ricorso in appello, in quanto l’adozione di tale atto – non impugnato – impedirebbe, a suo dire, alla cooperativa L’Agorà d’Italia di ottenere l’aggiudicazione.

Su tale eccezione, e sugli altri aspetti della controversia, le parti hanno controdedotto con memorie

e memorie di replica.

5. - All’udienza pubblica del 12 gennaio 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.

6. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

Può prescindersi, quindi, dalla disamina dell’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dalla cooperativa Pro.ges.

6.1 - Va preventivamente esaminato il primo motivo di appello, con il quale la cooperativa L’Agorà d’Italia ha censurato la sentenza di primo grado.

A sostegno della propria impugnativa l’appellante ha dedotto il difetto di istruttoria e di motivazione e la violazione e falsa applicazione dell’art. 41 del D.Lgs. 163/06 e dell’art. 5, punto 3, del disciplinare di gara, nonché la violazione dell’art. 46, commi 1-bis e 1-ter del D.Lgs. 163/06.

In estrema sintesi, l’appellante ha dedotto che il primo giudice:

- avrebbe preso in considerazione una sola delle due referenze bancarie, e cioè quella rilasciata dalla Unipol Banca, senza considerare l’altra referenza rilasciata dalla Banca Etruria, la cui regolarità non sarebbe stata mai contestata, circostanza che comporterebbe il vizio di difetto di istruttoria della sentenza;

- avrebbe interpretato la disposizione recata dall’art. 41 del codice dei contratti in modo formalistico, senza tener conto del principio di tassatività delle cause di esclusione ex art. 46, comma 1-bis del D.Lgs. 163/06, applicabile anche agli appalti di servizi di cui all’All. II B, e senza considerare che i requisiti di capacità economica e finanziaria erano costituiti non solo dalle due referenze bancarie, ma anche dal fatturato dell’ultimo triennio per l’importo di € 12.000.000,00, elemento il cui possesso - da parte dell’aggiudicataria - non sarebbe stato mai posto in contestazione;

- avrebbe mal qualificato le referenze bancarie, omettendo di considerare che si tratterebbe di mere dichiarazioni di scienza, aventi mero valore indiziario in ordine alla capacità economico-finanziaria del concorrente, e non requisiti di capacità economico-finanziaria;

- avrebbe mal interpretato la clausola del disciplinare, che imponeva l’attestazione secondo cui “l’impresa è solida e ha sempre fatto fronte ai propri impegni con regolarità e puntualità” ritenendo necessaria la ripetizione di tale formula nella referenza bancaria, non considerando che in questo modo sarebbero stati violati i principi di proporzionalità, adeguatezza e favor partecipationis;

- non avrebbe considerato che nell’oggetto della referenza sarebbe stato puntualmente indicato l’oggetto dell’appalto (rectius concessione di servizi) e la sua consistenza economica, e che quindi la banca sarebbe stata in grado di valutare – in considerazione dei rapporti esistenti con l’impresa – la possibilità o meno di rilasciare la referenza favorevole;

- non avrebbe preso in considerazione l’applicabilità al caso di specie del soccorso istruttorio di cui all’art. 46 comma 1 ter del D.Lgs. 163/06, che ha consentito di estendere anche ai casi di incompletezza o irregolarità delle dichiarazioni rese da terzi da prodursi in gara, la disposizione recata dall’art. 38 comma 2 bis del decreto citato, al fine di evitare esclusioni formalistiche e consentire le più complete acquisizioni istruttorie;

- non avrebbe considerato che tale norma sarebbe applicabile alla gara in questione (appalto di servizi di cui all’All. II B) come specificazione dei principi fondamentali ex art. 27 del Codice degli Appalti di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità;

- avrebbe erroneamente ritenuto di dover decretare l’esclusione dell’aggiudicataria senza valutare la previa attivazione del soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 46, comma 1 ter del codice dei contratti, acquisendo in modo postumo uno dei documenti a comprova della capacità economico-finanziaria, peraltro attestata dal fatturato specifico in suo possesso.

6.2 - Nel costituirsi in giudizio, il Comune di Lucca ha avallato le tesi proposte dall’appellante, precisando che la clausola del disciplinare di gara (art. 5 punto 3) avrebbe dovuto essere intesa come avente un’efficacia probatoria minima, e non come richiedente un’attestazione di solvibilità e sostenibilità degli impegni in rapporto alla peculiarità e alla consistenza economica dell’appalto (pagg. 8 e 9 della memoria del 23 dicembre 2016).

Ha poi sostenuto che la referenza fornita dalla Banca Etruria sarebbe stata idonea ad assicurare l’efficacia probatoria sul possesso dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione del contratto.

Infine, ha rilevato che la referenza bancaria non costituirebbe un elemento essenziale dell’offerta, e quindi, potrebbe essere acquisita successivamente. 

Inoltre, trattandosi di acquisizione postuma di un requisito di partecipazione già posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, non sussisterebbero preclusioni al ricorso al soccorso istruttorio, il cui scopo sarebbe quello di evitare l’esclusione dalla gara a causa del mancato rispetto di adempimenti solo formali in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi di partecipazione (cfr. pag. 12 della memoria citata).

6.3 - L’appellata Pro.ges si è costituita in giudizio replicando alle tesi difensive proposte dalle controparti. Nella memoria di replica ha ribadito la propria tesi in merito all’inapplicabilità del soccorso istruttorio in sede giurisdizionale, ed infine ha rilevato che, anche nel corso del giudizio, l’appellante non avrebbe provveduto a depositare un documento integrativo da parte della stessa Banca Unipol, idoneo a sanare l’incompletezza del documento presentato in sede di gara.

Tale mancanza avrebbe oltretutto una valenza indiziaria, tenuto conto di quanto dimostrato in giudizio in merito alla asserita carenza di solidità finanziaria della cooperativa L’Agorà d’Italia (cfr. pag. 3 e 4 della memoria di replica della Pro.ges che rimanda alla documentazione da essa prodotta, doc. n. 16).

7. - Ritiene il Collegio che la sentenza di primo grado meriti conferma, sebbene con parziale diversa motivazione.

7.1 - Occorre innanzitutto rilevare che non assumono rilievo ai fini della definizione della controversia l’omessa valutazione da parte del primo giudice del fatturato triennale e della seconda referenza bancaria rilasciata dalla Banca Etruria: infatti, il disciplinare di gara prevedeva – ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità economica e finanziaria – la produzione di referenze da parte di due istituti di credito e la prova del possesso del fatturato specifico.

L’allegazione della prova sul possesso del fatturato, e la produzione di una sola referenza bancaria rispondente alle prescrizioni recate dalla lex specialis, in luogo delle due richieste, si appalesano del tutto ininfluenti permanendo, comunque, l’incompletezza documentale rilevata dal primo giudice.

Correttamente, quindi, il TAR non si è pronunciato su tali aspetti, in quanto del tutto irrilevanti ai fini della definizione della controversia.

7.2 - Per quanto riguarda, invece, l’interpretazione della clausola del disciplinare di gara e della dichiarazione resa dall’istituto di credito Unipol, condivide pienamente il Collegio le statuizioni rese dal primo giudice.

L’art. 41 del Codice dei contratti pubblici n. 163/2006, applicabile alla vicenda in esame, dispone che “negli appalti di forniture o servizi, la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più dei seguenti documenti: 

a) dichiarazione di almeno due istituti bancari o intermediari autorizzati ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.

Correttamente, il primo giudice ha rilevato che secondo il costante orientamento della giurisprudenza <<l'espressione "idonee referenze bancarie", ove riportata nei bandi di gara pubblica senza ulteriori precisazioni, deve essere interpretata dagli istituti bancari nel senso, anche lessicalmente corretto, che essi debbano riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell'adempimento degli impegni assunti con l'istituto, l'assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti”>> (Cons. Stato Sez. III, 17-12-2015, n. 5704; nello stesso senso, Cons. Stato, sez. V, 23/2/2015 n. 858; id., sez. V, 27/05/2014 n. 2728; id., sez. V, 23/06/2008); e che tali referenze, “con i contenuti fissati dalla lex specialis, hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l'aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili, per cui è ragionevole che un'Amministrazione aggiudicatrice, nell'esercizio della propria discrezionalità in sede di fissazione della legge di gara, ne richieda la produzione in tale sede" (Cons. Stato, sez. V, 07/07/2015 n. 3346; analogamente Cons. Stato, sez. V, 22 maggio 2012, n. 2959; Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014, n. 2728)”.

Nel caso di specie, il disciplinare di gara prevedeva, all’art. 5, punto 3, l’obbligo per le concorrenti di produrre dichiarazioni di almeno due istituti bancari o intermediari finanziari “attestanti che l’impresa è solida e ha sempre fatto fronte ai propri impegni con regolarità e puntualità”, mentre nella dichiarazione prodotta in gara dalla cooperativa L’Agorà d’Italia, la Banca Unipol si è limitata ad affermare di “intrattenere rapporti” con la ditta aggiudicataria, senza alcuna ulteriore precisazione, il che con ogni evidenza non fornisce, per la neutralità dell’asserzione, nessuna utile ed idonea informazione sulla natura e la qualità di tali rapporti e, ancor meno, sulla capacità economica e finanziaria dell’impresa di farsi carico delle obbligazioni conseguenti all'eventuale aggiudicazione del servizio posto a gara”.

Tenuto conto dello specifico tenore della clausola, il riferimento contenuto all’oggetto del contratto non soddisfa di per sé il requisito ivi previsto, in quanto anche se l’istituto di credito è stato reso edotto dell’oggetto della procedura di gara e del suo valore economico, non ha reso alcuna dichiarazione riferita alla solidità economica dell’impresa e alla sua correttezza e puntualità nel far fronte agli impegni nei suoi confronti, essendosi limitato a dichiarare di “intrattenere rapporti” con la cooperativa.

In sostanza, la dichiarazione dell’istituto di credito non soddisfa l’esigenza manifestata dalla stazione appaltante con l’inserimento della specifica clausola.

Il documento prodotto dall’appellante in sede di gara è stato dunque correttamente ritenuto dal primo giudice inidoneo a dimostrare il possesso del prescritto requisito di capacità economica e finanziaria.

Ne consegue che, pur volendo qualificare la referenza bancaria come semplice dichiarazione di scienza, assegnandole valenza meramente indiziaria circa il possesso del requisito, la sua incompletezza la rende inidonea, da sola, a provare la solidità della cooperativa e ad attestare un requisito assolutamente cruciale per l’affidabilità del soggetto chiamato a svolgere il servizio.

7.3 - Sulla base di tali presupposti, il TAR ha dichiarato, senz’altro, l’illegittimità dell’ammissione alla gara della società aggiudicataria. La pronuncia ha determinato effetti giuridici sostanzialmente assimilabili a quelli di un provvedimento di “automatica” esclusione dalla gara, disposta dalla stazione appaltante e non preceduta dalla fase procedimentale del “soccorso istruttorio”.

Il primo giudice, infatti, ha ritenuto che “la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all’esclusione dell’aggiudicataria dalla gara essendo del tutto incontestato che, in materia di partecipazione ad appalti pubblici, l'art. 46, comma 1 bis, d.lgs. n. 163/2006 sulla tassatività delle cause di esclusione alla gara, giusta il rinvio operato ad altre disposizioni del medesimo Codice, tra cui anche all'art. 41, consente alla stazione appaltante di specificare nella legge di gara i requisiti di capacità economica finanziaria richiesti a pena di esclusione (Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4869; T.A.R. Lazio, sez. I, 8 aprile 2015 n. 5106; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 12 luglio 2012, n. 1430)”: il TAR, quindi, non ha valutato l’applicabilità – nell’ambito del procedimento di gara, o, eventualmente, nel corso del giudizio, della previsione recata dall’art. 46, comma 1 ter, del D.Lgs 163/06, che impone alla stazione appaltante di consentire al concorrente di integrare e regolarizzare la documentazione allegata alla domanda di partecipazione.

7.4 - Sia l’appellante che l’Amministrazione sostengono, invece, che il TAR, una volta appurata la carenza (ma non la totale mancanza) della idonea documentazione probatoria del requisito di partecipazione, non potesse adottare una pronuncia destinata a provocare gli effetti di una automatica esclusione dalla gara della concorrente aggiudicataria, poiché, in tal modo, aveva precluso lo svolgimento del doveroso subprocedimento del soccorso istruttorio.

7.4.1 - La difesa dell’appellata, però, ha replicato che il ricorso al soccorso istruttorio, riguardante la carenza della documentazione attestante il possesso dei requisiti economici di partecipazione, sarebbe stato possibile solo in corso di gara, prima dell’apertura delle offerte tecniche ed economiche: sicché non sarebbe possibile applicare in sede giurisdizionale l’art. 46 comma 1-ter citato.

A supporto della propria tesi, la cooperativa Pro.ges sostiene che il potere di integrazione documentale trova il limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta, della certezza della sua provenienza, del principio di segretezza che presiede alla presentazione della medesima e di inalterabilità delle condizioni in cui versano i concorrenti al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla gara. (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 16/2014) e che quindi non potrebbe applicarsi in sede giurisdizionale.

Il complesso tema sottoposto all’attenzione del Collegio riguarda la questione del cosiddetto “soccorso istruttorio processuale”.

In particolare, si tratta di stabilire, in assenza di puntuali regole legislative, la disciplina sostanziale e processuale delle vicende nelle quali, come nel caso in esame, risulta accertato in giudizio che:

a) la stazione appaltante abbia illegittimamente ammesso alla gara un’offerta carente, sotto il profilo meramente formale, del prescritto supporto documentale, idoneo a dimostrare in modo adeguato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione del concorrente;

b) la riscontrata carenza documentale e probatoria, se accertata tempestivamente nel corso dello svolgimento della procedura di gara, non avrebbe consentito l’immediata esclusione dell’offerta, ma avrebbe imposto alla stazione appaltante l’attivazione del procedimento del soccorso istruttorio, disciplinato dal codice dei contratti pubblici.

La Sezione richiama, preliminarmente, l’ampia giurisprudenza di questo Consiglio, la quale ha delineato la portata oggettiva della disciplina del soccorso istruttorio, la quale, attuando nell’ordinamento nazionale un istituto del diritto europeo dei contratti pubblici a recepimento facoltativo, ha enfatizzato l’impostazione sostanzialistica delle procedure di affidamento.

La disciplina della procedura di gara non deve essere concepita come una sorta di corsa ad ostacoli fra adempimenti formali imposti agli operatori economici e all’amministrazione aggiudicatrice, ma deve mirare ad appurare, in modo efficiente, quale sia l’offerta migliore, nel rispetto delle regole di concorrenza, verificando la sussistenza dei requisiti tecnici, economici, morali e professionali dell’aggiudicatario.

In questo senso, dunque, l’istituto del soccorso istruttorio tende ad evitare che irregolarità e inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili.

Ciò chiarito, occorre affrontare l’obiezione pregiudiziale svolta dall’appellante, secondo cui un problema di soccorso istruttorio riferito ai requisiti di partecipazione non si potrebbe porre una volta intervenuta l’aggiudicazione, perché sarebbe violato il principio della “par condicio”tra i concorrenti.

7.5 - Tale tesi non convince, in quanto essa comporterebbe la sostanziale “disapplicazione” della disciplina introdotta dal legislatore, al fine di evitare le esclusioni dalle gare di appalto per ragioni meramente formali, quando sussiste in concreto, e fin dal momento del rilascio della dichiarazione irregolare, il requisito soggettivo richiesto in sede di gara.

7.5.1 - Ritiene infatti il Collegio che la scelta sostanzialistica del legislatore, diretta ad impedire l’esclusione per vizi formali nella dichiarazione, quando vi è prova del possesso del requisito, deve applicarsi anche quando l’incompletezza della dichiarazione viene dedotta come motivo di impugnazione dell’aggiudicazione da parte di altra impresa partecipante alla selezione (non essendone avveduta la stazione appaltante in sede di gara), ma è provato che la concorrente fosse effettivamente in possesso del prescritto requisito soggettivo, fin dall’inizio della procedura di gara e per tutto il suo svolgimento.

7.5.2 - In tale caso, infatti, l’irregolarità della dichiarazione si configura come vizio solo formale e non sostanziale, emendabile secondo l’obbligatoria procedura di soccorso istruttorio.

La successiva correzione, o integrazione documentale, della dichiarazione non viola affatto il principio della par condicio tra i concorrenti, in quanto essa mira ad attestare, correttamente, l’esistenza di circostanze preesistenti, riparando una incompletezza o irregolarità che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato, avrebbe dovuto comunicare alla concorrente, attivando l’obbligatorio procedimento di soccorso istruttorio.

7.5.3 - Né possono sussistere problematiche connesse alla segretezza delle offerte, in quanto la dichiarazione integrativa non attiene all’offerta, al suo contenuto tecnico ed economico, in relazione ad elementi oggetto di valutazione comparativa tra i concorrenti, ma al concreto possesso dei requisiti di partecipazione alla gara, i quali possono essere verificati anche in un momento successivo, fermo restando l’onere, per i partecipanti, di rispettare i vincoli minimi, di carattere formale, necessari per essere ammessi alla procedura selettiva.

7.5.4 - Inoltre, la tesi dell’impossibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, con conseguente esclusione dell’aggiudicataria per omessa attivazione del soccorso istruttorio in sede di gara da parte della stazione appaltante, comporterebbe effetti eccessivamente gravosi sia per la P.A. che per l’impresa: quest’ultima sarebbe privata della possibilità di stipulare il contratto, pur disponendo, in via sostanziale, dei necessari requisiti. Né va trascurato il rischio che l’impresa aggiudicataria, privata del contratto e della possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio, potrebbe azionare una domanda risarcitoria nei confronti della stazione appaltante.

Gli effetti sarebbero quindi del tutto irragionevoli e sproporzionati.

Si tratta di stabilire, allora, in quale modo la disciplina sostanziale del soccorso istruttorio possa in concreto rilevare nel giudizio promosso dalla concorrente che contesti l’illegittima ammissione dell’aggiudicataria, che abbia omesso di presentare la prescritta documentazione.

In linea astratta, una possibile soluzione interpretativa potrebbe essere individuata mediante la delimitazione della portata della pronuncia di eventuale annullamento dell’aggiudicazione e dei conseguenti effetti conformativi.

In tale prospettiva, si potrebbe ritenere che il giudice, accertata l’illegittimità dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria e annullati i provvedimenti della stazione appaltante, dovrebbe far salvo il potere e il dovere di attivare il procedimento di soccorso istruttorio, anche al fine di applicare la disciplina concernente il pagamento della sanzione imposta al concorrente che procede alla regolarizzazione della domanda di partecipazione.

All’esito del procedimento, alla luce della documentazione eventualmente prodotta dall’interessata, la stazione appaltante assumerà le determinazioni definitive, concernenti l’esclusione o l’ammissione della concorrente.

Questa possibile ricostruzione, tuttavia, sebbene astrattamente coerente con lo sviluppo procedimentale della gara, non appare compatibile con il principio di concentrazione delle tutele e con la naturale proiezione del processo verso la rapida definizione del contenuto sostanziale del rapporto controverso.

Ritiene, pertanto, il collegio che la questione riguardante l’emendabilità della riscontrata carenza documentale e la sostanziale titolarità dei requisiti di partecipazione alla gara debba essere sempre dedotta nell’ambito del giudizio proposto contro l’ammissione dell’aggiudicataria e non possa essere sempre rinviata alla rinnovazione, totale o parziale, del procedimento selettivo, in tutti i casi in cui, come nella vicenda per cui è controversia, la stazione appaltante debba limitarsi al riscontro oggettivo della sussistenza dei requisiti di partecipazione, senza alcun margine di apprezzamento discrezionale.

Quanto alle modalità strettamente processuali attraverso cui il tema del soccorso istruttorio possa essere esaminato in giudizio, il collegio ritiene, in primo luogo, che la questione non possa essere rilevata d’ufficio del giudice, ma presuppone sempre un’iniziativa della parte aggiudicataria, interessata alla affermazione della legittimità (sostanziale) della propria ammissione alla gara, correlata alla concreta dimostrazione della sussistenza dei requisiti di partecipazione.

Secondo una possibile tesi interpretativa, peraltro, l’aggiudicatario illegittimamente ammesso alla gara per carenza della prescritta documentazione, dovrebbe articolare un ricorso incidentale, teso ad evidenziare l’ulteriore illegittimità commessa dalla stazione appaltante, consistente nella omessa attivazione del procedimento di soccorso istruttorio.

7.6 – La Sezione ritiene, però, che l’aggiudicataria, per poter validamente invocare in sede processuale il principio del soccorso istruttorio, al fine di paralizzare la doglianza diretta ad ottenere la sua esclusione dalla gara, possa limitarsi ad una deduzione difensiva, volta a dimostrare che, in ogni caso, la mancata produzione della prescritta documentazione non avrebbe condotto alla esclusione della procedura.

A tal fine, però, la parte è gravata dall’onere, ex art. 2697 c.c., della dimostrazione della natura meramente formale dell’errore contenuto nella dichiarazione: può validamente spendere tale argomento difensivo solo dimostrando in giudizio di disporre del necessario requisito di partecipazione fin dal primo momento, e cioè da quando ha reso la dichiarazione irregolare.

In sostanza, secondo il Collegio, deve superare la prova di resistenza, non potendo pretendere di paralizzare l’azione di annullamento, adducendo, solo in via ipotetica, la violazione del principio del soccorso istruttorio, ma deve dimostrare in giudizio che, ove fosse stato attivato, correttamente, tale rimedio, l’esito sarebbe stato ad essa favorevole, disponendo del requisito in contestazione.

In caso contrario, non soltanto sarebbe violato il principio dell’onere della prova, che è immanente nel processo, ma verrebbe frustrata finanche la finalità di accelerazione che permea le controversie in materia di contratti pubblici.

7.7. - Nel caso di specie, come ha correttamente rilevato la difesa dell’appellata Pro.ges, tuttavia, l’appellante non ha mai fornito, né in primo, né in secondo grado, alcuna adeguata prova in merito all’effettivo possesso del requisito, in quanto non ha provveduto a depositare in giudizio alcuna dichiarazione integrativa da parte della banca Unipol conforme alla clausola di cui all’art. 5, punto 3 del disciplinare, e ciò sebbene fosse stata depositata in giudizio da parte della Pro.ges la documentazione diretta a dimostrare la sussistenza di difficoltà finanziarie in cui versava, tanto da non riuscire a pagare da alcuni mesi neppure i salari dei propri dipendenti.

Ciò porta a ritenere, presuntivamente, che, anche nel caso di eventuale attivazione del procedimento istruttorio, sarebbe rimasto indimostrato l’effettivo possesso dei requisiti necessari per l’ammissione alla gara; in ogni caso, il mancato rispetto del principio dell’onere della prova comporta, come naturale conseguenza, la mancata valutazione da parte del giudice dei fatti posti a fondamento della pretesa, con conseguente imputabilità all’appellante della mancata attivazione del soccorso istruttorio in sede processuale. 

8. - L’appello va dunque respinto e va quindi confermata, anche se con argomenti parzialmente diversi, la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso di primo grado.

9. - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

respinge l'appello e, per l'effetto, conferma, anche se con argomenti parzialmente diversi, la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso di primo grado.

Condanna l’appellante a rifondere alle parti appellate le spese di lite che liquida in complessivi € 3.000,00 ciascuna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Marco Lipari, Presidente

Francesco Bellomo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Stefania Santoleri   Marco Lipari
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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