Saturday 17 May 2014 17:35:16

Provvedimenti Regionali  Patto di Stabliità, Bilancio e Fiscalità

Danno erariale: la mancanza della funzione 'dirigenziale' non esclude la responsabilità per omessa comunicazione alla Funzione Pubblica degli incarichi di collaborazione o consulenza conferiti dal Comune

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza della Corte dei Conti

La sentenza in esame riguarda la violazione della normativa precedente al Dlgs. n. 33/2013 che prevede la pubblicazione on line degli atti delle P.A., in quanto afferisce al D.lgs n. 165/2001 in ordine al quale la Procura Regionale ha chiesto la condanna del dipendente di un Comune per il danno conseguente all’omesso adempimento di quanto previsto dall’art. 53, comma 15, D. Lgs. n. 165/2001 il quale prevede che “Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9”. In particolare, per quello che qui riguarda, il precedente comma 14, premesso che la norma ha la finalità di assoggettare a puntuale e costante verifica la corretta applicazione di quanto indicato nell’art. 1, commi 123 e 127 della legge 23.12.1996 n. 662, impone alle amministrazioni pubbliche di comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica, entro il 30 giugno di ogni anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti per incarichi esperiti anche nello svolgimento di compiti d’ufficio e, semestralmente, l’elenco dei collaboratori esterni. Il dipendente, ad avviso del Requirente, quale funzionario responsabile dell’U.O. “Sistemi Informativi” del Comune di Anagni (FR), non avrebbe ottemperato a tali obblighi sino a quando, sollecitato dall’apposito Ispettorato per la funzione pubblica dell’omonimo Dipartimento (con riferimento agli anni 2008/2009), non vi ha adempiuto inviando una specifica comunicazione e annessa tabella (nota n. 10928/gen del 3 giugno 2013). Nelle more l’Ente aveva affidato, nello stesso periodo e secondo la prospettazione accusatoria, incarichi rientranti nel novero di quello soggetti alla restrittiva disciplina ex art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001, per un totale di €. 57.738,40. La difesa del convenuto, in via preliminare, contesta la ritenuta legittimazione passiva opponendo che lo stesso non è mai stato in possesso né della qualifica dirigenziale né di quella di funzionario, ponendosi quindi al di fuori dell’ipotesi contenuta nell’ art. 1, comma 127 della legge n. 662/1996, come modificata dall’art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007, “Le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica”. La norma che precede, ancorché abrogata per effetto del D.Lgs. n. 33/2013, in quanto sostituita nella sua sostanza dall’art. 15 di quest’ultimo testo e malgrado la condivisione di quanto affermato dal P.M. in udienza - secondo il quale sarebbe stata auspicabile una sua migliore coordinazione con le norme prima evocate - appare sufficientemente chiara nello stabilire l’illegittimità degli incarichi conferiti in assenza della prescritta pubblicazione di quelli attribuiti nell’anno o nel semestre precedente. Appare altresì chiara nel prevedere che siffatto, illegittimo conferimento costituisce ipotesi di responsabilità erariale per il “dirigente” preposto che ha omesso – è evidente dal testo – la prescritta comunicazione. La difesa contesta, come detto, la mancanza della qualifica dirigenziale in capo al convenuto e, in tesi, la riconducibilità al medesimo della responsabilità che precede. Il Collegio non condivide l’assunto difensivo. Il richiamato art. 3, comma 54 del D. Lgs. n. 244/2007, testualmente prevede che l’omessa pubblicazione degli incarichi di consulenza e collaborazione (di cui all’art. 7, co. 6 del D. Lgs. n. 165/2001) configura ex se un illecito disciplinare e costituisce fonte di “responsabilità erariale del dirigente preposto”. La difesa del ricorrente, come detto, richiamando la lettera della norma, ne invoca l’inapplicabilità in ragione del mancato possesso di qualifica dirigenziale. Appare però sufficientemente chiaro al Collegio che la locuzione usata dal Legislatore non possa intendersi in stretta ed esclusiva aderenza al dato letterale, né vi è dimostrazione alcuna che lo stesso Legislatore abbia voluto ricondurre quella fattispecie di responsabilità ai soli soggetti in possesso della qualifica dirigenziale, limitandone così (e irragionevolmente) l’applicabilità. “ Dirigente preposto”, secondo la costruzione semantica che questo Collegio reputa corretta, ha riguardo a colui che è responsabile, in posizione apicale, di una struttura che, per l’appunto, dirige quale “preposto”. In questo senso la responsabilità attiene a tutti coloro che, per la propria posizione nel complesso organizzatorio della struttura, o plesso di essa, hanno il potere funzionale di assumere decisione e interagire con altri organi in posizione di autonomia, non conoscendo, al di sopra di loro e nello stesso ufficio, posizioni gerarchicamente sovraordinate. Che questa sia stata la posizione dell’ingegnere - dipendente comunale - nell’ufficio da lui diretto, ovvero Unità Operativa Sistemi Informatici del Comune di Anagni, non vi è dubbio perché è con atto a sua firma che l’Ente ha riscontrato la richiesta del Dipartimento della Funzione Pubblica; atto nel quale egli stesso si qualifica “Il Responsabile”. Il convincimento del Collegio è, allora, quello che – in disparte la qualificazione del livello contrattuale – l’ingegnere svolgeva una funzione pienamente riconducibile alla responsabilità attribuita dall’art. 3, comma 54 del D- Lgs. n. 244/2007. Affermato che il convenuto ha pieno titolo giuridico per rispondere di “responsabilità erariale”, la valutazione dev’essere allora compiuta sulla sussistenza di tutti gli elementi che concretizzano tale tipo di responsabilità, con particolare riguardo, nel caso di specie, sia alla concretizzazione di un danno alle pubbliche finanze dell’Ente sia alla condotta del soggetto attore (vista nel suo grado di riprovevolezza) sia all’esistenza di idoneo legame etiologico. Quanto al primo, non v’è dubbio che un danno si sia concretizzato, poiché la disposizione di cui all’art. 53, commi 14 e 15 del D. Lgs. n. 165/2001, nella parte in cui dispone che gli incarichi, senza il preventivo adempimento di pubblicità, non possono essere conferiti, ha natura di norma di ordine pubblico, posta a tutela della trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, oltreché presidio al legittimo impiego di somme di pertinenza pubblica. Come tale, gli incarichi conferiti (e i correlati contratti e impegni finanziari) per quello che qui rileva sono affetti da nullità, secondo il principio generale rappresentato dalla disposizione ex artt. 1343 e 1418 c.c. (v. Corte Cost. n. 290/2001). Non avrebbe ragione, volendo opinare in senso contrario, porre un preciso e radicale limite al conferimento da un lato e riconoscerne, dall’altro, una qualche validità. Semmai va scrutinata, secondo la regola generale della compensatio lucri cum danno, se gli incarichi illegittimamente conferiti abbiano prodotto una qualche utilità all’Ente danneggiato. In questo senso va premesso che, prendendo in esame gli incarichi che residuano dalla modifica della domanda del P.M., ossia quello conferito, per €. 340,00 (senza motivazione) e quello svolto per €. 2080,00, per la realizzazione di un regolamento comunale, ritiene il Collegio che detti incarichi avrebbero potuto essere svolti dagli uffici comunali, non essendoci prova alcuna dell’impossibilità di questi ad assolvere ai relativi oneri. Dubbio che invece, anche per l’assenza di adeguata prova contraria, può ravvisarsi per l’attività promozionale del vino cesanese non essendoci agli atti affermazione e dimostrazione che il Comune avrebbe potuto correntemente svolgere un’attività che, normalmente, non rientra tra i normali compiti amministrativi dell’Ente ma, semmai, di appositi uffici per il turismo o pro-loco. Quanto all’utilità prodotta, non essendoci in atti alcuna prova contraria, il Collegio, presuntivamente, ne ammette un parziale soddisfacimento, valutabile secondo criteri equitativi. Alla luce di quanto precede, pertanto, il danno addebitabile, di cui all’atto di citazione e alla modifica della domanda intervenuta in udienza, può essere individuato in €. 2.000,00 (euro duemila/00), addebitabile sicuramente alla mancanza di adeguata diligenza dell’ingegnere il quale, per grado di cultura, funzione svolta e professionalità acquisita, avrebbe dovuto essere pienamente consapevole degli obblighi a lui imposti dalla normativa. La mancata, puntuale ottemperanza a detti obblighi non può che essere valutata come colpa grave del medesimo e, per l’effetto, ritenere come addebitabile il danno che ne è conseguito, del quale la condotta del convenuto non rappresenta solo l’antecedente storico – come detto dalla difesa – ma assolutamente anche la premessa logico-giuridica della realizzazione. Danno che, tuttavia, il Collegio ritiene che debba anche ascriversi, in parte, agli organi comunali preposti al conferimento di detti incarichi e che avrebbero potuto preventivamente chiedere assicurazione all’ingegnere circa l’avvenuto adempimento dei presupposti legali per il loro conferimento, così come rientrante nella sua sfera di doverosa responsabilità. Non averlo fatto significa aver concorso, con l’odierno convenuto, alla realizzazione dell’evento dannoso. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

Sent. N/2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

composta dai seguenti magistrati:

dott. Ivan                          DE MUSSO        Presidente

dott. Andrea                      LUPI                   Consigliere

dott. Luigi                         IMPECIATI                   Consigliere   relatore 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 073451/R del registro di Segreteria promosso dal Procuratore Regionale nei confronti del signor *, rappresentato e difeso dall’avv. Mario ROSATI, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, viale Liegi n. 2;

 visto l’atto di citazione del Procuratore Regionale presso questa Corte depositato il 20 dicembre 2013;

esaminati gli atti ed i documenti di causa;

uditi, nella pubblica udienza del 10 aprile 2014, con l’assistenza del segretario dott.ssa Anna Sarina PONTURO, il relatore dott. Luigi IMPECIATI, il P.M. in persona del Vice Procuratore Generale dott. Lucio ALBERTI e l’avv. ROSATI  per il convenuto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Procura Regionale presso questa Sezione Giurisdizionale, con atto depositato il 20 dicembre 2013, ha evocato in giudizio l’ing.*, quale responsabile della “U.O. Sistemi Informativi” del Comune di Anagni per aver causato, a detto Ente, un danno erariale pari ad €. 57.738,40.

Ha esposto il Requirente che l’Ispettorato per la Funzione Pubblica, giusta quanto previsto dall’art. 60, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, aveva segnalato che, nel corso della propria attività di rilevamento delle modalità di conferimento degli incarichi pubblici, aveva constatato che talune Amministrazioni non avevano ottemperato alla prescritta comunicazione, all’Anagrafe delle prestazioni, degli incarichi conferiti e delle consulenze richieste nell’anno 2009.

Per tale motivo, lo stesso Ispettorato aveva richiesto al Comune di Anagni (FR) una scheda di sintesi degli incarichi e consulenze attivate nel triennio 2008/2010.

L’Ente aveva risposto con relazione a firma dell’odierno convenuto, nella quale si elencavano gli incarichi conferiti ad esterni nel triennio e in base ad essa il P.M., in conseguenza degli elementi di danno rilevati nella fattispecie, ha ritenuto di spedire invito a dedurre all’ing. *.

L’ing. *, nelle sue deduzioni, si era difeso affermando di essersi immediatamente attivato per ottemperare alla richiesta di informazioni, alla quale aveva dato tempestivo e puntuale riscontro.

La Procura Regionale, però, ha deciso di emettere l’atto di citazione sottoposto alla cognizione di questo Collegio in quanto l’ing. * sarebbe responsabile del danno derivante dal conferimento di incarichi di consulenza e collaborazione malgrado l’omessa comunicazione di quelli attribuiti nel corso del periodo in esame.

Comportamento dannoso che il Requirente fonda sulla violazione dell’art. 53, comma 15 del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui le Amministrazioni debbono comunicare, ogni anno, al Dipartimento della Funzione Pubblica, l’elenco degli incarichi retribuiti affidati nell’anno precedente ai propri dipendenti o, con cadenza semestrale, ad estranei.

La mancata comunicazione, questa è la tesi del P.M., comporta l’impossibilità di conferire nuovi incarichi sino all’adempimento e la possibilità di irrogare la sanzione di cui al comma 9 del medesimo articolo del D. Lgs. n. 165/2001.

La disposizione che precede, infatti, in una con quella ex art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007 (norma ora abrogata per effetto del D. Lgs. n. 33/2013), sarebbe stata posta a tutela del contenimento della spesa pubblica e della trasparenza della P.A.; la violazione della comunicazione, tra l’altro, costituisce illecito disciplinare e fattispecie di danno erariale nei confronti del dirigente preposto a tale adempimento.

Ad avviso della Procura, pertanto, la omessa comunicazione relativa agli incarichi conferiti nel 2008 a dipendenti e privati, rende illeciti quelli conferiti negli anni successivi, anche in virtù del fatto che l’omissione non avrebbe reso possibili i necessari controlli.

 Ne conseguirebbe, pertanto, un danno al Comune di Anagni, costituito dagli incarichi di studio, di ricerca e consulenza, di cui all’art. 7 delD.Lgs. n. 165/2001, conferiti negli anni esaminati, per un ammontare, come specificato in citazione, di €.57.738,40 e la cui responsabilità il Requirente ritiene di poter addebitare all’ing. *, quale autore della omissione descritta, concretizzante una palese violazione dei precetti normativi imposti dal Legislatore e, comunque, degli obblighi di servizio impostigli.

Violazione ed omissione che il P.M. contesta con l’elemento soggettivo della colpa grave, quale condotta arbitraria caratterizzata dalla mancanza della pur minima diligenza e, per tale motivo, ne chiede la condanna nell’importo di €. 57.738,40, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, nonché condanna alle spese di giudizio.

Con il patrocinio dell’avv. Rosati si è costituito il convenuto il cui difensore, nella comparsa depositata il 21 marzo 2014, dopo aver ricostruito quanto dedotto in citazione ha contestato, in primo luogo, il difetto di legittimazione passiva dell’ing. * in quanto dipendente pubblico non in possesso della prevista qualifica dirigenziale né di quella di funzionario.

Come tale, allo stesso non potrebbe essere addebitata una funzione a lui non demandata in base alla normativa richiamata dallo stesso P.M..

Nel merito è stata negata la sussistenza del nesso di causalità tra condotta del convenuto e il presunto danno erariale.

Ad avviso della difesa all’ing. * non potrebbe attribuirsi alcuna responsabilità nel preteso danno derivante da incarichi illegittimamente conferiti da altro soggetto che, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 241/90 avrebbe dovuto, quale responsabile del procedimento, accertare l’esistenza di tutte le condizioni legittimanti prima di procedere al conferimento degli incarichi.

L’omessa comunicazione di cui sarebbe responsabile l’ing. * costituirebbe, quindi, il mero antecedente storico al comportamento dannoso di altri, come ritenuto, in fattispecie analoghe, da altre Sezioni Giurisdizionali regionali di questa Corte.

Né l’omissione, ad avviso della difesa, potrebbe essere considerata fattispecie direttamente sanzionata come affermato, seppur incidentalmente,  dalle SS.RR. nella sentenza n. 12/2011.

In ogni caso difetterebbe la prova del danno poiché la responsabilità di cui all’art. 3, comma 53, della legge n. 244/2007 (ora abrogato) non integrerebbe una responsabilità di tipo sanzionatorio ma una responsabilità erariale tout court, per cui andrebbe compiutamente dimostrato dall’attore il danno asseritamente patìto dall’Ente.

Quanto al contenuto della stessa responsabilità, la difesa osserva come l’ing. *, al di là della ritenuta nullità dell’atto di preposizione operato dal Segretario Comunale ai sensi dell’art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001, sia stato incaricato di svolgere la funzione in esame con atto del 22 ottobre 2009, quindi oltre il termine del 30 giugno 2009 entro cui le comunicazioni degli incarichi conferiti nel 2008 avrebbero dovuto essere effettuate.

Peraltro, ad avviso della stessa difesa, contrariamente a quanto dedotto dal P.M., il conferimento degli incarichi indicati quale fonte di danno non sarebbe subordinato alla condicio iuris di cui all’art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007.

Deduce, al riguardo, che si sarebbe anche incorsi in un errore di comunicazione in quanto l’incarico all’ing. Stazi, conferito con delibera di Giunta Municipale n. 224 del 14 giugno 2010, avrebbe riguardato la direzione lavori di bonifica di una frana (per un importo di €. 50.918,40) e non la realizzazione del regolamento comunale per il servizio di noleggio auto, conferito invece al dott. Mattaroccia per un importo di €. 2.080,00.

Entrambi gli incarichi non rientrerebbero, quindi, nell’ipotesi di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001 e pertanto, sempre ad avviso della difesa, non soggetti alla comunicazione di cui all’art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007.

Si chiede, in conclusione, che l’ing. * venga mandato assolto da ogni contestazione rivoltagli dal Requirente e, in via subordinata, si chiede che questo Collegio, in caso di condanna, voglia ridurre l’addebito nei confronti del convenuto per le ragioni esposte.

All’odierna udienza il P.M., dopo aver sottolineato che la normativa evocata richiede uno sforzo ermeneutico per un rilevato difetto di coordinamento, ha però confermato l’impianto accusatorio fondato sullo svolgimento di funzioni dirigenziali dello *, quale preposto e responsabile ad un ufficio comunale.

Al riguardo ha però ammesso che con lo IACHETTA probabilmente hanno concorso altre responsabilità nell’illegittima attribuzione di incarichi e ha preso atto che l’incarico conferito all’ing. Stazi non costituisce danno, nel senso indicato in citazione, ovvero in violazione del precetto di cui all’art. 7, comma 6 del D.Lgs. n. 165/2001, modificando perciò la domanda attrice sul punto.

L’avv. Rosati, da parte sua, ha insistito sulla mancata qualifica dirigenziale del proprio assistito; carenza che comporterebbe la nonattribuibilità di determinate responsabilità proprie del dirigente per cui il sig. * non potrebbe essere riconosciuto responsabile del conferimento di incarichi asseritamente illegittimi allorché la relativa responsabilità spetterebbe ad altri funzionari del Comune.

Ribadito che, come riconosciuto anche dal P.M.,  la contestazione relativa all’asserito danno rappresentato dall’incarico conferito all’ing. Stazisi è fondata su un mero errore di comunicazione, per i restanti addebiti ha chiesto l’assoluzione del proprio assistito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

            La Procura Regionale chiede che questo Collegio condanni il sig. * per il danno allo stesso addebitato e relativo, quanto al profilo funzionale, all’omesso adempimento di quanto previsto dall’art. 53, comma 15, D. Lgs. n. 165/2001 il quale prevede che “Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9”.

            In particolare, per quello che qui riguarda, il precedente comma 14, premesso che la norma ha la finalità di assoggettare a puntuale e costante verifica la corretta applicazione di quanto indicato nell’art. 1, commi 123 e 127 della legge  23.12.1996 n. 662, impone alle amministrazioni pubbliche di comunicare al Dipartimento della Funzione Pubblica, entro il 30 giugno di ogni anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti per incarichi esperiti anche nello svolgimento di compiti d’ufficio e, semestralmente, l’elenco dei collaboratori esterni.

            L’ing. *, ad avviso del Requirente, quale funzionario responsabile dell’U.O. “Sistemi Informativi” del Comune di Anagni (FR), non avrebbe ottemperato a tali obblighi sino a quando, sollecitato dall’apposito Ispettorato per la funzione pubblica dell’omonimo Dipartimento (con riferimento agli anni 2008/2009), non vi ha adempiuto inviando una specifica comunicazione e annessa tabella (nota n. 10928/gen del 3 giugno 2013).

            Nelle more l’Ente aveva affidato, nello stesso periodo e secondo la prospettazione accusatoria, incarichi rientranti nel novero di quello soggetti alla restrittiva disciplina ex art. 7 del D.Lgs. n. 165/2001, per un totale di €. 57.738,40, così specificati:

1)      €. 340,00 a tal Roberto Pecci (senza alcuna, indicata motivazione);

2)      €. 4.400,00 alla società cooperativa Planet Service a r.l. per l’organizzazione e la promozione del vino cesanese del Piglio;

3)      €. 2.080,00 al dott. Antonio Mattaroccia ed €.50.918,40 all’ing. Antonino Stazi per la realizzazione di un regolamento comunale in materia di servizio di noleggio auto con conducente.

La difesa del convenuto, in via preliminare, contesta la ritenuta legittimazione passiva dell’ing. * opponendo che lo stesso non è mai stato in possesso né della qualifica dirigenziale né di quella di funzionario, ponendosi quindi al di fuori dell’ipotesi contenuta nell’ art. 1, comma 127 della legge n. 662/1996, come modificata dall’art. 3, comma 54 della legge n. 244/2007, “Le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica”.

La norma che precede, ancorché abrogata per effetto del D.Lgs. n. 33/2013, in quanto sostituita nella sua sostanza dall’art. 15 di quest’ultimo testo e  malgrado la condivisione di quanto affermato dal P.M. in udienza - secondo il quale sarebbe stata auspicabile una sua migliore coordinazione con le norme prima evocate - appare sufficientemente chiara nello stabilire l’illegittimità degli incarichi conferiti in assenza della prescritta pubblicazione di quelli attribuiti nell’anno o nel semestre precedente.

Appare altresì chiara nel prevedere che siffatto, illegittimo conferimento costituisce ipotesi di responsabilità erariale per il “dirigente” preposto che ha omesso – è evidente dal testo – la prescritta comunicazione.

La difesa dell’ing. * contesta, come detto, la mancanza della qualifica dirigenziale in capo al convenuto e, in tesi, la riconducibilità al medesimo della responsabilità che precede.

Il Collegio non condivide l’assunto difensivo. 

Il richiamato art. 3, comma 54 del D. Lgs. n. 244/2007, testualmente prevede che l’omessa pubblicazione degli incarichi di consulenza e collaborazione (di cui all’art. 7, co. 6 del D. Lgs. n. 165/2001) configura ex se un illecito disciplinare e costituisce fonte di “responsabilità erariale del dirigente preposto”.

La difesa del ricorrente, come detto, richiamando la lettera della norma, ne invoca l’inapplicabilità in ragione del mancato possesso di qualifica dirigenziale da parte dell’ing. *.

Appare però sufficientemente chiaro al Collegio che la locuzione usata dal Legislatore non possa intendersi in stretta ed esclusiva aderenza al dato letterale, né vi è dimostrazione alcuna che lo stesso Legislatore abbia voluto ricondurre quella fattispecie di responsabilità ai soli soggetti in possesso della qualifica dirigenziale, limitandone così (e irragionevolmente) l’applicabilità.

“ Dirigente preposto”, secondo la costruzione semantica che questo Collegio reputa corretta, ha riguardo a colui che è responsabile, in posizione apicale, di una struttura che, per l’appunto, dirige quale “preposto”.

In questo senso la responsabilità attiene a tutti coloro che, per la propria posizione nel complesso organizzatorio della struttura, o plesso di essa, hanno il potere funzionale di assumere decisione e interagire con altri organi in posizione di autonomia, non conoscendo, al di sopra di loro e nello stesso ufficio, posizioni gerarchicamente sovraordinate.

Che questa sia stata la posizione dell’ing. *- dipendente comunale - nell’ufficio da lui diretto, ovvero Unità Operativa Sistemi Informatici del Comune di Anagni, non vi è dubbio perché è con atto a sua firma che l’Ente ha riscontrato la richiesta del Dipartimento della Funzione Pubblica; atto nel quale egli stesso si qualifica “Il Responsabile”.

Il convincimento del Collegio è, allora, quello che – in disparte la qualificazione del livello contrattuale – l’ing. * svolgeva una funzione pienamente riconducibile alla responsabilità attribuita dall’art. 3, comma 54 del D- Lgs. n. 244/2007.

Affermato che il convenuto ha pieno titolo giuridico per rispondere di “responsabilità erariale”, la valutazione dev’essere allora compiuta sulla sussistenza di tutti gli elementi che concretizzano tale tipo di responsabilità, con particolare riguardo, nel caso di specie, sia alla concretizzazione di un danno alle pubbliche finanze dell’Ente sia alla condotta del soggetto attore (vista nel suo grado di riprovevolezza) sia all’esistenza di idoneo legame etiologico.

Quanto al primo, non v’è dubbio che un danno si sia concretizzato, poiché la disposizione di cui all’art. 53, commi 14 e 15 del D. Lgs. n. 165/2001, nella parte in cui dispone che gli incarichi, senza il preventivo adempimento di pubblicità, non possono essere conferiti, ha natura di norma di ordine pubblico, posta a tutela della trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa, oltreché presidio al legittimo impiego di somme di pertinenza pubblica.

Come tale, gli incarichi conferiti (e i correlati contratti e impegni finanziari) per quello che qui rileva sono affetti da nullità, secondo il principio generale rappresentato dalla disposizione ex artt. 1343 e 1418 c.c. (v. Corte Cost. n. 290/2001).

Non avrebbe ragione, volendo opinare in senso contrario, porre un preciso e radicale limite al conferimento da un lato e riconoscerne, dall’altro, una qualche validità.

Semmai va scrutinata, secondo la regola generale della compensatio lucri cum danno, se gli incarichi illegittimamente conferiti abbiano prodotto una qualche utilità all’Ente danneggiato.

In questo senso va premesso che, prendendo in esame gli incarichi che residuano dalla modifica della domanda del P.M., ossia quello conferito al sig. Pecci, per €. 340,00 (senza motivazione) e quello svolto dal dott. Mattaroccia, per €. 2080,00, per la realizzazione di un regolamento comunale, ritiene il Collegio che detti incarichi avrebbero potuto essere svolti dagli uffici comunali, non essendoci prova alcuna dell’impossibilità di questi ad assolvere ai relativi oneri.

Dubbio che invece, anche per l’assenza di adeguata prova contraria, può ravvisarsi per l’attività promozionale del vino cesanese non essendoci agli atti affermazione e dimostrazione che il Comune avrebbe potuto correntemente svolgere un’attività che, normalmente, non rientra tra i normali compiti amministrativi dell’Ente ma, semmai, di appositi uffici per il turismo o pro-loco.

Quanto all’utilità prodotta, non essendoci in atti alcuna prova contraria, il Collegio, presuntivamente, ne ammette un parziale soddisfacimento, valutabile secondo criteri equitativi.

Alla luce di quanto precede, pertanto, il danno addebitabile, di cui all’atto di citazione e alla modifica della domanda intervenuta in udienza, può essere individuato in €. 2.000,00 (euro duemila/00), addebitabile sicuramente alla mancanza di adeguata diligenza dell’ing. * il quale, per grado di cultura, funzione svolta e professionalità acquisita, avrebbe dovuto essere pienamente consapevole degli obblighi a lui imposti dalla normativa.

La mancata, puntuale ottemperanza a detti obblighi non può che essere valutata come colpa grave del medesimo e, per l’effetto, ritenere come addebitabile il danno che ne è conseguito, del quale la condotta del convenuto non rappresenta solo l’antecedente storico – come detto dalla difesa – ma assolutamente anche la premessa logico-giuridica della  realizzazione.

Danno che, tuttavia, il Collegio ritiene che debba anche ascriversi,  in parte, agli organi comunali preposti al conferimento di detti incarichi e che avrebbero potuto preventivamente chiedere assicurazione all’ing. * circa l’avvenuto adempimento dei presupposti legali per il loro conferimento, così come rientrante nella sua sfera di doverosa responsabilità.

Non averlo fatto significa aver concorso, con l’odierno convenuto, alla realizzazione dell’evento dannoso.

Per questo, all’ing. *, in conclusione, deve essere addebitata una quota parte del danno, pari ad €. 1.000,00 (euro mille/00), rivalutabile a decorrere dalla data di mancata pubblicazione dell’ultimo incarico, ai sensi dell’ art. 53 comma 14 del D. Lgs. n. 165/2001) e sino alla data di deposito della presente sentenza, dalla quale decorreranno interessi legali sino all’effettivo soddisfo.

P.Q.M.

la Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando

CONDANNA

  il sig. * a risarcire al Comune di Anagni la somma di euro 1000,00 (euro mille/00), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come specificato in parte motiva.

Condanna altresì il sig. IACHETTA al pagamento delle spese processuali che si liquidano in euro 236,32 (duecentotrentasei/32).

Manda alla Segreteria per le comunicazioni e le notificazioni di rito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 aprile 2014.

          L’ESTENSORE                                              IL PRESIDENTE

F.to dott. Luigi IMPECIATI                              F.to dott. Ivan DE MUSSO

Depositato in Segreteria il 15/05/2014

                                                                       P. IL DIRIGENTE

                                                        IL RESPONSABILE DEL SETTORE

                                                          GIUDIZI DI RESPONSABILITÀ

                                                                   F.to Luigi DE MAIO

 

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