Friday 24 February 2017 11:41:32

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Edilizia: i box realizzati per l'allenamento di cani

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.2.2017

Per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un'opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un'opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (fra le decisioni più recenti cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016). Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015). La “precarietà” dell'opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016 cit.). Facendo applicazione di tali principi, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza del 21 febbraio 2017 ha affermato che "i box, in parte coperti, realizzati per l’allevamento di cani e le altre opere accessorie che sono state realizzate, sul suolo agricolo di proprietà dell’appellante, non possono farsi rientrare fra le opere precarie, ai fini edilizi, e quindi fra le opere di edilizia libera. Peraltro, come ha evidenziato il T.A.R., i box per la custodia dei cani risultano anche ancorati stabilmente al suolo con pali di plastica riempiti di cemento che ne costituiscono il basamento. Correttamente pertanto il Comune ha ritenuto che le opere in questione erano state realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi e dovevano ritenersi quindi abusive.". Per approfondire scarica la sentenza.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)


Pubblicato il 21/02/2017

N. 00795/2017REG.PROV.COLL.

N. 00393/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 393 del 2016, proposto da: 
*  

contro

Comune di Bientina, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Vittorio Chierroni, con domicilio eletto presso lo Studio legale Lessona in Roma, Corso Vittorio Emanuele, n. 18;

nei confronti di

 *, non costituito in giudizio; 

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sede di Firenze, Sezione III, n. 826 del 27 maggio 2015, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere edilizie abusive e il diniego di accertamento di conformità.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bientina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2016 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avvocato Giacomo Cresci e l’avvocato Lia Belli, per delega dell'avvocato Vittorio Chierroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1- La signora *, proprietaria di un terreno a destinazione agricola sito nel Comune di Bientina, strada vicinale Lungo Poggio Superiore, concesso in comodato al sig. *, ha impugnato davanti al T.A.R. per la Toscana il provvedimento n. 6206 del 25 giugno 2013 con il quale il Comune ha ordinato la demolizione di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo consistenti in «lavori di pavimentazione, tramite la posa di materiale inerte riciclato, per realizzare un tratto di strada ed un piazzale sul quale sono stati collocati, con opere di fondazione, n. 3 multibox e recinti metallici da destinare all’allevamento/custodia di cani da caccia».

1.1- Con successivi motivi aggiunti la signora * ha impugnato il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accertamento di conformità da lei presentata il 24 settembre 2013, per le opere in questione, e poi il provvedimento, n. 208 del 9 gennaio 2014, con il quale il Comune ha respinto la domanda di accertamento di conformità, nonché il provvedimento, n. 2027 del 27 febbraio 2014, con il quale il Comune ha ingiunto nuovamente la demolizione delle opere.

1.2- Con ulteriori motivi aggiunti la signora * ha impugnato infine il provvedimento, n. 6773 del 18 luglio 2014, con il quale il Comune ha disposta l'acquisizione gratuita dell'area al patrimonio del Comune.

2- Il T.A.R. per la Toscana, Sede di Firenze, con sentenza della Sezione III, n. 826 del 27 maggio 2015, ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, ha respinto i primi e i secondi motivi aggiunti ed ha accolto i terzi motivi aggiunti (proposti avverso il provvedimento di acquisizione dell’area) annullando, per l’effetto, la nota del Comune di Bientina n. 6773 del 18 luglio 2014.

Il T.A.R. ha infine respinto la domanda di risarcimento del danno che era stata formulata con i terzi motivi aggiunti.

2.1- In particolare, il T.A.R., ha ritenuto le opere realizzate non compatibili con l’art. 35 delle NTA del Comune che «consente nelle “aree agricole della bonifica” solo interventi “rivolti alla manutenzione territoriale, alla ristrutturazione e alla valorizzazione delle attività agricola”, che presuppongono la predisposizione di programmi aziendali di miglioramento agricolo-ambientale ai sensi della legge regionale n. 1 del 2005» mentre, nella fattispecie «parte ricorrente non riferisce di aver predisposto un programma di miglioramento agricolo-ambientale (anche a sanatoria) e soprattutto non sembra certa la riconduzione delle opere realizzate allo svolgimento di attività agricola».

2.2- Inoltre, ha aggiunto il T.A.R., le opere per le quali è stata chiesta la sanatoria non possono considerarsi manufatti precari, che rientrano nell’attività edilizia libera, né annessi agricoli realizzabili ai sensi della normativa urbanistica locale. Infatti, nel caso di specie, «non risultano sussistere i presupposti normativi né per l’applicazione dell’art. 5 del DPGR n. 5 del 2007 (che presuppone la qualifica di imprenditore agricolo) né per l’applicazione dell’art. 7 del DPGR n. 5 del 2007 (che prevede la installazione di manufatti precari solo per durata massima di due anni); … si rientra semmai nella previsione di cui all’art. 41, comma 5, della legge n. 1 del 2005 (opere in area agricola di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli), il quale tuttavia rinvia alla disciplina regolamentare, che è stata posta dall’art. 6 del DPGR n. 6 del 2007, e che consente la sola realizzazione di “annessi necessari per l’agricoltura amatoriale o per le piccole produzioni agricole”, previsione nella quale non sembra rientrare il complesso delle opere poste in essere nella specie (multibox per la custodia di cani, container ad uso ambulatorio ecc.) ».

3- La signora * ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

All’appello si oppone il Comune di Bientina che ne ha chiesto il rigetto.

Il Comune di Bientina, in particolare, ha sostenuto l’inammissibilità del gravame, per la mancata tempestiva impugnazione dell’art. 35 delle NTA che inibisce la sanabilità dell’intervento attuato senza titolo in territorio agricolo ed ammette solo interventi rivolti alla «manutenzione territoriale, alla ristrutturazione e alla valorizzazione delle attività agricole da ottenere, mediante lo sviluppo di programmi aziendali di miglioramento agricolo ambientale». Il Comune ha poi aggiunto che nell’area sono realizzabili nuovi edifici ed annessi agricoli solo se inseriti nei programmi di miglioramento agricolo ambientale e che è ammessa, per le attività agricole delle aziende e dei privati, per la conduzione di orti singoli, l’installazione di manufatti precari della dimensione massima di mq. 12.

4- Questa Sezione ritiene di dover preliminarmente esaminare il secondo motivo di appello con il quale la signora * ha sostenuto che erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che le cucce e le altre opere realizzate per l’allevamento dei cani non potevano essere qualificate come manufatti precari essendo invece amovibili e ricollocabili facilmente in qualsiasi altro terreno. La signora * ha anche aggiunto che la pavimentazione parziale dell’area è costituita da mattonelle in graniglia semplicemente appoggiate al suolo e che quella che il Comune ha qualificato come strada altro non è che un mero viottolo di campo che rispetto alla preesistente conformazione ha visto soltanto l’appoggio di materiale inerte e del c.d. tessuto non tessuto finalizzato ad evitare la compenetrazione di inerti con il sottostante terreno e a creare un sistema di drenaggio per evitare la formazione di fanghiglia.

4.1- Il motivo non è fondato.

Per principio consolidato, per individuare la natura precaria di un'opera, si deve seguire «non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale», per cui un'opera se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (fra le decisioni più recenti cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016).

Non possono essere quindi considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo, di talché l'alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4116 del 4 settembre 2015).

Questa Sezione ha poi anche affermato che la “precarietà” dell'opera postula un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità che non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1291 del 1° aprile 2016 cit.).

4.2- Facendo applicazione di tali principi i box, in parte coperti, realizzati per l’allevamento di cani e le altre opere accessorie che sono state realizzate, sul suolo agricolo di proprietà dell’appellante, non possono farsi rientrare fra le opere precarie, ai fini edilizi, e quindi fra le opere di edilizia libera.

Peraltro, come ha evidenziato il T.A.R., i box per la custodia dei cani risultano anche ancorati stabilmente al suolo con pali di plastica riempiti di cemento che ne costituiscono il basamento.

Correttamente pertanto il Comune ha ritenuto che le opere in questione erano state realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi e dovevano ritenersi quindi abusive.

4.3- Del resto la stessa appellante ha presentato per tali opere, il 24 settembre 2013, domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005. Domanda che è stata poi respinta dal Comune di Bientina con il diniego di sanatoria pure impugnato.

4.4- Si deve anche aggiungere che, come giustamente ha evidenziato il T.A.R., l’art. 80, comma 2, lett. d-bis) della legge n. 1 del 2005, che ricomprende nell’attività libera la realizzazione di manufatti precari in zona agricola, rinvia all’art. 41, comma 8, della stessa legge n. 1 del 2005, che a sua volta rinvia all’art. 7 del DPGR n. 5 del 2007, con l’effetto che l’attività libera attiene solo ai manufatti precari che possono essere mantenuti per un massimo di un biennio, quindi in ipotesi diversa da quella in esame.

Né risulta che l’appellante, nella sua domanda di sanatoria, abbia fatto riferimento ad un uso limitato nel tempo dei manufatti in questione.

5.- Con il primo motivo di appello la sig.ra *, ha lamentato il difetto di motivazione in relazione a tutti i motivi di ricorso che erano stati proposti in primo grado, la contraddittorietà e il travisamento dei fatti, anche in relazione all’erroneo inquadramento della figura dell’allevatore amatoriale e all’erronea interpretazione delle attività a vocazione agricola, con la conseguente erronea valutazione dell’art. 35 delle NTA, e l’omessa e insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia.

In particolare, l’appellante ha sostenuto che erroneamente il T.A.R. non ha ritenuto fondato il motivo con il quale aveva lamentato che l’allevamento condotto dal signor * non era di dimensioni tali da poter rientrare nel parametro dell’attività cinotecnica professionale, che è assimilata a quella agricola, e quindi non poteva rientrare fra le previsioni dell’art. 35 delle NTA del Comune di Bientina che disciplina la realizzazione delle opere necessarie per l’esercizio dell’attività agricola.

La sig.ra * ha, in proposito, anche sostenuto che i requisiti che sono indicati dalla normativa speciale per la figura di allevatore cinotecnico professionale hanno finalità eminentemente fiscali, utili a disciplinare per tale profilo l’attività svolta in modo prevalente da un soggetto che fa allevamento e commercio di razze canine, e che è illogico ritenere che l’allevatore che resta amatoriale non può svolgere la sua attività sul suolo agricolo, perché non può assumere la qualifica di imprenditore agricolo, non essendo il reddito che trae dall’attività cinotecnica prevalente rispetto ai redditi derivanti da ulteriori eventuali attività economiche non agricole. Mentre nell’attività agricola generale si deve far rientrare anche l’allevamento amatoriale e deve ritenersi sufficiente una obiettiva connessione funzionale dell’opera da realizzare con la zona interessata.

Del resto il regolamento comunale, ha aggiunto l’appellante, vieta la possibilità di allevare cani nei centri abitati, con la conseguenza che, in mancanza di previsioni urbanistiche specifiche, tale attività non può essere esercitata che in una zona a destinazione agricola. 

6.- Al riguardo, la Sezione deve ricordare che, a seguito della presentazione da parte dell’appellante, in data 24 settembre 2013, della domanda di accertamento di conformità per le opere che erano state realizzate su suolo agricolo, il Comune di Bientina ha trasmesso all’interessata, in data 16 dicembre 2013, il preavviso di reiezione, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.

In tale atto, il Comune, dopo aver richiamato la disciplina urbanistica di riferimento e specificato che, ai sensi dell’art 35 del Regolamento Urbanistico, «nuovi edifici, annessi agricoli e costruzioni di servizio alla produzione agricola sono ammessi, solo se inseriti nei programmi aziendali di miglioramento agricolo-ambientale», ha sostenuto che nessuna delle opere realizzate senza titolo, descritte in dettaglio nello stesso atto, era «compatibile con quelle ammesse dall’art. 35 del R.U. per cui non sussiste il requisito della doppia conformità richiesta dall’art. 140 della L.R. n° 1/2005 per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria».

6.1- A seguito del preavviso di diniego, la signora *, con l’assistenza dell’avvocato *, ha presentato, in data 23 dicembre 2013, una articolata memoria nella quale ha evidenziato che il preavviso di diniego costituiva una risposta solo parziale all’istanza presentata perché non teneva conto della connessione fra le questioni urbanistiche e la normativa specifica di settore relativa all’attività cinotecnica svolta dal conduttore  *.

In tale nota, in particolare, la signora * ha sostenuto che doveva considerarsi pacifico che l’attività cinotecnica è ricompresa fra le attività agricole, con la conseguenza che la presenza di una normativa specifica di settore sostituisce i necessari programmi aziendali di miglioramento agricolo.

Nella stessa nota l’interessata ha poi insistito nel sostenere che le opere sono state realizzate con modalità che non alterano morfologicamente lo stato dei luoghi e che attività di questo tipo non possono che essere collocate in zona agricola.

La signora * ha poi precisato che, contrariamente a quanto affermato nel preavviso di diniego, la complessiva superficie coperta dei box per i cani era di mq. 36 (e non di 90 mq.) e che 90 mq risultava la superficie complessiva dei tre recinti.

La signora * ha infine aggiunto che la richiesta di sanatoria non includeva il container metallico (di 14.40 mq.) che era stato collocato successivamente sull’area in questione ad uso ambulatorio e di servizio dell’attività cinotecnica, oggetto di separata comunicazione al Comune da parte del signor * in data 16 luglio 2013.

6.2.- Dopo aver ricevuto la memoria della signora *, il Comune di Bientina, con l’impugnato provvedimento n. 208 del 9 gennaio 2014, ha respinto la domanda dell’interessata, limitandosi ad affermare che le opere realizzate, per le quali era stata chiesta la sanatoria, non erano conformi allo strumento urbanistico generale e al regolamento edilizio.

Nelle sintetiche premesse dell’atto il Comune ha fatto riferimento al contributo istruttorio inviato dalla signora *, con l’assistenza dell’avvocato *, ed ha sostenuto che «con il succitato contributo non viene dimostrata la conformità delle opere realizzate con quanto permesso dall’art. 35 del R.U. del Comune di Bientina».

7.- Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che il diniego di sanatoria impugnato sia carente di una adeguata motivazione sulle ragioni del diniego opposto alla signora *.

Ed invero il Comune, pur facendo riferimento alla disciplina che regola l’attività edilizia nell’area interessata, non ha indicato in alcun modo i motivi per i quali non potevano essere prese in considerazione le diverse questioni che erano state sollevate dalla signora * (che si sono prima evidenziate) circa la possibile compatibilità delle opere realizzate (destinate ad allevamento di cani) con la strumentazione urbanistica locale.

Su tali questioni il Comune avrebbe dovuto invece esprimersi motivatamente in quanto ponevano all’attenzione dello stesso Comune alcune problematiche che non potevano essere risolte con il semplice richiamo alla disciplina urbanistica dettata per l’area in questione dall’art. 35 del Regolamento Edilizio che è evidentemente destinato a regolare la possibile attività edilizia di chi esercita l’attività agricola intesa come coltivazione del fondo.

7.1.- Il diniego di sanatoria, formulato nei termini indicati, deve ritenersi quindi illegittimo, per difetto di motivazione, con la conseguente caducazione degli atti sanzionatori successivi riguardanti le opere oggetto della domanda di accertamento di conformità.

8.- Si deve, peraltro, aggiungere, anche ai fini del successivo riesercizio del potere, che su alcune delle questioni sollevate dalla signora * il Comune deve procedere ad un necessario approfondimento.

8.1- Considerato che l’attività cinotecnica, come ha correttamente affermato la signora *, trova la sua naturale collocazione in una zona agricola (e ciò vale sia per l’attività svolta in modo professionale che per quella svolta in modo amatoriale), e non può essere quindi esercitata nelle aree abitate, il Comune deve chiarire se tale attività potrebbe essere consentita, e in che limiti, nell’area interessata (e più in generale all’interno del territorio del Comune).

Si deve, infatti, ricordare che, ai sensi della legge 23 agosto 1993, n. 349, l’attività cinotecnica, intesa come attività volta all’allevamento, alla selezione e all’addestramento delle razze canine, è considerata a tutti gli effetti attività imprenditoriale agricola quando i redditi che ne derivano sono prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole svolte dallo stesso soggetto, mentre non sono considerati imprenditori agricoli gli allevatori che producono nell’arco di un anno un numero di cani inferiori a quello determinato, per tipi o per razze, con decreto del Ministro dell’agricoltura (e quindi, come da D.M. del 28/1/1994, non sono considerati imprenditori agricoli gli allevatori che tengono in allevamento un numero inferiore a cinque fattrici e che annualmente producono un numero di cuccioli inferiori alle trenta unità).

Quindi il legislatore ha regolamentato l’attività cinotecnica svolta in forma professionale, ponendo alcuni requisiti minimi (afferenti al reddito e al numero di capi), in difetto dei quali il soggetto interessato non assume la qualifica di imprenditore agricolo, ma non ha imposto a colui che esercita l’attività cinotecnica di assumere necessariamente anche lo status di imprenditore agricolo.

Ciò posto, il Comune di Bientina, tenuto conto che l’attività cinotecnica non può essere esercitata che in zona agricola, deve chiarire se tale attività può essere esercitata nell’area oggetto dell’intervento (ovvero in altre aree agricole del Comune).

8.2- E’ poi vero che, nell’area oggetto dell’intervento, l’art. 35 delle NTA prevede solo interventi di manutenzione territoriale, di ristrutturazione e di valorizzazione delle attività agricole da ottenere previa redazione di un programma di miglioramento agricolo ambientale ma è anche vero che tale norma si riferisce, come si è accennato, all’attività agricola tradizionale e deve essere quindi valutata la compatibilità (e in quali limiti anche dimensionali) di opere poste al servizio di una attività, come quella cinotecnica, che pur non essendo un’attività agricola in senso stretto può essere svolta (solo) in zona agricola.

9- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto, e la sentenza appellata, nei limiti indicati, deve essere riformata.

Sono ovviamente fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

10- Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in parziale riforma della appellata sentenza del T.A.R. per la Toscana, Sede di Firenze, Sezione III, n. 826 del 27 maggio 2015, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il ricorso di primo grado.

Dispone la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Sergio Santoro, Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Dante D'Alessio   Sergio Santoro
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

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