Sunday 22 November 2015 10:24:17
Giurisprudenza Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza
segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 17.11.2015 n. 5260
"Se è vero che dal punto di vista urbanistico i Comuni possono incidere sulla localizzazione degli impianti di telefonia mobile a patto che la regolamentazione non abbia l’effetto di vietare indiscriminatamente l’istallazione degli stessi su tutto il territorio comunale, tenendo anche conto della minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, è altrettanto vero che i Comuni non possono introdurre nei piani regolatori e negli altri strumenti pianificatori –regolamento comunale per gli impianti – divieti o limitazioni generalizzate o, comunque, estese ad intere zone comunali con l’effetto di non assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale". È questo il principio sancito dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5260 del 17 novembre 2015 nella quale il Supremo Consesso ha evidenziato come tale affermazione derivi sia dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione che riserva nelle materie di legislazione concorrente, la potestà legislativa alle Regioni, salva la determinazione dei principi fondamentali, spettante alla legislazione dello Stato, sia delle normative statali, medio tempore introdotte dal legislatore - L.n. 36/2001 e D.lgs. n. 259/2003 sulla disciplina delle comunicazioni elettroniche. Nella specie, inoltre, precisa il Collegio "non appare violato, come deduce il Comune,l’art. 8 dellaL. n. 36/2001, in quanto l’impugnato regolamento aveva previsto l’esclusione di ogni impianto per le classi “0” e “1” e cioè per tutte le zone, rispettivamente: del centro storico ad elevata densità edilizia ed abitativa, aree residenziali e di completamento, aree destinate ad attrezzature e servizi d’interesse generale ed insediamenti produttivi ed inoltre aree destinate ad uso prevalentemente residenziale caratterizzate da significativa densità edilizia ed abitativa. Ora dal contenuto della predetta elencazione emerge in modo fin troppo evidente, oltre la genericità della descrizione dei siti esclusi, anche una generalizzazione degli stessi, con riferimento alla loro effettiva estensione, tali, come afferma la decisione del Tar, da rendere del tutto incerti ed immotivati i criteri di localizzazione degli impianti, circoscritti e si potrebbe dire “confinati” ad aree destinate ad insediamenti produttivi e terziari".
N. 05260/2015REG.PROV.COLL.
N. 09791/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9791 del 2009, proposto da:
Comune di Cavallino, rappresentato e difeso dall'avv. Lucio G. Longo, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, Via L. Mantegazza 24;
contro
Vodafone Ominitel Nv, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Manzi, Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;
e con l'intervento di
ad opponendum:
T.A.R. Puglia - Sez. Staccata di Lecce;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. 01833/2009, resa tra le parti, concernente installazione impianti di radiotelefonia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Vodafone Ominitel Nv;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il Cons. Sergio Fina e uditi per le parti gli avvocati Pafundi su delega di Longo e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’odierno atto di appello il Comune di Cavallino impugna la sentenza n.1833/2009 del Tar Puglia – Sezione di Lecce -con la quale, in accoglimento del ricorso proposto da Vodafone Omnitel, erano annullati il piano regolatore ed il regolamento comunale, disciplinanti l’installazione e l’esercizio dei sistemi di apparecchiature generatrici di campi elettromagnetici non ionizzanti.
In via preliminare l’appellante Comune ripropone l’eccezione, non accolta in primo grado, di irricevibilità per tardività, del ricorso introduttivo.
Erra la sentenza impugnata, sostiene in primo luogo il Comune, nel ritenere impugnabile il Regolamento soltanto dal momento dell’adozione dell’atto attuativo- in questo caso di diniego-, essendo il Regolamento medesimo non immediatamente lesivo per effetto della presenza al suo interno di una norma derogatoria delle disposizioni regolamentari, da applicarsi previa concertazione con l’Amministrazione comunale, in quanto, precisa il Comune, trattasi di norme urbanistiche attuative del P.R.G.e degli altri strumenti pinificatori per i quali il termine decadenziale d’impugnzione- 60 gioni- decorre dalla loro pubblicazione.
L’eccezione è infondata e va disattesa.
Infatti prevedendo il Regolamento comunale il potere di deroga, da parte del Comune,e cioè la possibilità di superare i limiti posti dalle relative disposizioni qualora fossero emerse difficoltà reali nella copertura del territorio, previo obbligo di concertazione con l’Autorità comunale, il medesimo non poneva norme restrittive immediatamente lesive della sfera giuridica dell’interessato, potendo emergere detta lesione e quindi il relativo interesse all’impugnazione soltanto all’esito dell’eventuale confronto e/o non accordo di quest’ultimo con l’Amministrazione.
Nel merito l’appello dell’Amministrazione comunale è infondato.
Va anzitutto sottolineato che se è vero, come afferma l’Amministrazione che dal punto di vista urbanistico, i Comuni possono incidere sulla localizzazione degli impianti di telefonia mobile a patto che la regolamentazione non abbia l’effetto di vietare indiscriminatamente l’istallazione degli stessi su tutto il territorio comunale, tenendo anche conto della minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, è altrettanto vero che i Comuni non possono introdurre nei piani regolatori e negli altri strumenti pianificatori –regolamento comunale per gli impianti – divieti o limitazioni generalizzate o, comunque, estese ad intere zone comunali con l’effetto di non assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che l’Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale.
Ciò in forza, sia dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione che riserva nelle materie di legislazione concorrente, la potestà legislativa alle Regioni, salva la determinazione dei principi fondamentali, spettante alla legislazione dello Stato, sia delle normative statali, medio tempore introdotte dal legislatore - L.n. 36/2001 e D.lgs. n. 259/2003 sulla disciplina delle comunicazioni elettroniche.
Nella specie non appare violato, come deduce il Comune,l’art. 8 dellaL. n. 36/2001, in quanto l’impugnato regolamento aveva previsto l’esclusione di ogni impianto per le classi “0” e “1” e cioè per tutte le zone, rispettivamente: del centro storico ad elevata densità edilizia ed abitativa, aree residenziali e di completamento, aree destinate ad attrezzature e servizi d’interesse generale ed insediamenti produttivi ed inoltre aree destinate ad uso prevalentemente residenziale caratterizzate da significativa densità edilizia ed abitativa.
Ora dal contenuto della predetta elencazione emerge in modo fin troppo evidente, oltre la genericità della descrizione dei siti esclusi, anche una generalizzazione degli stessi, con riferimento alla loro effettiva estensione, tali, come afferma la decisione del Tar, da rendere del tutto incerti ed immotivati i criteri di localizzazione degli impianti, circoscritti e si potrebbe dire “confinati” ad aree destinate ad insediamenti produttivi e terziari.
Quanto alla partecipazione del gestore al procedimento instaurato per l’emissione del Regolamento, si osserva anzitutto che la questione non si pone, contrariamente a ciò che rileva il Comune,al di fuori del perimetro del” thema decidendum”, rientrando detto profilo nei motivi dedotti da Vodafone nel ricorso introduttivo, sicché a pieno titolo la sentenza impugnata ne ha preso cognizione.
Infine appare del tutto irrilevante,poiché estranea al perimetro tracciato dalla decisione impugnata e quindi all’odierno giudizio, è la tardività del parere emesso da ARPA a corredo dell’istanza prodotta da Vodafone ai fini dell’invocata autorizzazione.
In conclusione l’appello è infondato e dunque deve essere respinto con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.
Le spese, tenuto conto della rilevanza e della specificità dei temi posti, possono compensarsi tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Sergio Fina, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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