Monday 30 September 2013 14:42:44

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Se la concessione di suolo pubblico e' scaduta, la tollerata occupazione del bene non determina il rinnovo della concessione da parte dell'amministrazione

nota del Prof. Avv. Enrico Michetti a Consiglio di Stato

Nel giudizio in esame il Consiglio di Stato ha rilevato che anche allorquando una concessione di suolo pubblico sia scaduta, la tollerata occupazione del bene non radica alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante (anche ex concessionario), irrilevante a tal fine essendo anche il pagamento delle somme corrispondenti all’originario canone (anche maggiorato), in quanto tali somme valgono solo a compensare l’occupazione sine titulo (C.d.S., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6277), non essendo del resto ammissibile il rinnovo di una concessione per facta concludentia per l’impossibilità di desumere per implicito la volontà dell’amministrazione di vincolarsi (C.d.S., sez. V, 22 novembre 2005, n. 6489).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale **** del 2001, proposto da:

CORNOLDI LUCIANO, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Mina e Giovanna Angela Dettori Masala, con domicilio eletto presso Giovanna Angela Dettori Masala in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 19;

 

contro

COMUNE DI BRESCIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Paola Ramadori e Marco Ramadori, con domicilio eletto presso Paola Ramadori in Roma, via Marcello Prestinari, n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA, sez. staccata di Brescia, n. 460 del 22 maggio 2000, resa tra le parti, concernente diniego occupazione di suolo pubblico;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Paola Ramadori;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. Il sig. Luciano Cornoldi, titolare di autorizzazione sindacale in data 1° ottobre 1982 per l’esercizio del commercio ambulante (tabelle merceologiche I, VII, XIV per confezioni con dolciumi) ed al quale (in accoglimento della domanda di sanatoria dell’abuso edilizio presentata il 22 settembre 1986) il Comune di Brescia aveva rilasciato in data 2 marzo 1989 concessione in sanatoria per la installazione di un chiosco in viale Stazione, con ricorso giurisdizionale notificato il 12 gennaio 1998 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, l’annullamento del provvedimento sindacale prot. n. 35049 del 12 novembre 1997, con cui era stata respinta la sua richiesta di (rinnovo della) concessione dell’occupazione di suolo pubblico in viale Stazione, fronte civico 3, con roulotte per la vendita di generi alimentari e della ristorazione.

Ricordato che l’adito tribunale, con la sentenza n. 909 del 21 ottobre 1997, aveva già annullato per difetto di competenza la delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993, anch’essa recante il diniego di (rinnovo della) concessione di suolo pubblico per la stessa area, il ricorrente deduceva “violazione di legge (R.D. 14.09.31 n. 1775 di approvazione del T.U. sulla finanza locale; art. 3 co. VIII L. 28.03.91, n. 112); eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità e difetto di motivazione e per contrasto con precedenti atti amministrativi”; “Violazione di legge (art. 7 comma III e VIII L. n. 112/91)”; “Violazione di legge (art. 3 comma X L. n. 112/91)” e “Eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto di presupposti”, negando innanzitutto che l’occupazione di suolo pubblico fosse senza titolo e sostenendo poi che la titolarità dell’autorizzazione commerciale fondasse il suo diritto ad ottenere l’assegnazione del posteggio indicato nella domanda di rinnovo della concessione di suolo pubblico (posteggio coincidente con quello originario), tanto più che l’impugnato diniego era privo di motivazione.

Resisteva il Comune di Brescia.

Il ricorso era iscritto al NRG. 81 dell’anno 1998.

2. Con altro ricorso notificato il 10 settembre 1999 il predetto sig. Luciano Cornoldi, in virtù dell’acclarata illegittimità della delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993, giusta sentenza dello stesso adito tribunale n. 909 del 21 ottobre 1997, chiedeva il risarcimento dei danni subiti, ex artt. 34 e 35 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, atteso che per effetto di tale delibera era stata disposta la rimozione forzata del chiosco (roulotte).

Anche in questo giudizio, iscritto al NRG. 1070 dell’anno 1999, resisteva il Comune di Brescia.

3. Con la sentenza n. 460 del 22 maggio 2000 l’adito tribunale, riuniti i ricorsi, li respingeva, rilevando che il provvedimento impugnato concerneva esclusivamente il diniego di rinnovo della concessione di suolo pubblico e non l’esercizio dell’attività commerciale e, per altro verso, che il predetto diniego risultava adeguatamente motivato con riferimento alle puntuali valutazioni dei competenti uffici comunali in ordine alla situazione di fatto della zona interessata all’occupazione; quanto poi alla domanda risarcitoria veniva evidenziata, oltre alla prescrizione del diritto azionato solo nel 1999 a fronte di un danno derivante dal comportamento materiale di rimozione del chiosco verificatosi nel 1993, la sua infondatezza, atteso che l’annullamento della delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993 era stato determinato dal vizio, meramente formale, dell’incompetenza dell’organo; il che lasciava intatta, com’era avvenuto, la possibilità di provvedere nuovamente e legittimamente all’emanazione dell’atto, emendandolo dal vizio riscontrato.

4. L’interessato, con atto di appello notificato il 28 giugno 2001, chiedeva la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e riproponendo pertanto sia tutti i motivi di censura sollevati col ricorso NRG. 81 del 1998, a suo avviso malamente apprezzati e superficialmente respinti con motivazione approssimativa e non condivisibile, sia la domanda risarcitoria di cui al ricorso NRG. 1070 dell’anno 1999, contestando decisamente sia la presunta intervenuta prescrizione del diritto azionato, sia la asserita irrilevanza dell’annullamento della delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993 perché fondato sul vizio di incompetenza.

Il Comune di Brescia si costituiva in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame.

5. Con decreto presidenziale n. 2765 del 18 ottobre 2012, previa revoca del precedente decreto di perenzione n. 1442 del 1° giugno 2012, è stata disposta la reiscrizione del ricorso sul ruolo di merito.

6. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione il Comune di Brescia ha illustrato con apposita, rituale e tempestiva memoria le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 9 luglio 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

7. L’appello è infondato.

7.1. Come puntualmente rilevato dai primi giudici, con l’impugnato provvedimento sindacale prot. n. 35049 del 12 novembre 1997 al sig. Luciano Cornoldi è stato negato non già il diritto all’esercizio dell’attività di cui all’autorizzazione sindacale del 1° ottobre 1982, bensì il rilascio della concessione di occupazione del suolo pubblico in viale Stazione, fronte civico 3.

Orbene è pacifico in punto di fatto che non esiste un valido ed efficace titolo concessorio, a tanto non potendo supplire il pagamento della tassa di occupazione.

Come ha precisato la giurisprudenza, anche allorquando una concessione di suolo pubblico sia scaduta, la tollerata occupazione del bene non radica alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante (anche ex concessionario), irrilevante a tal fine essendo anche il pagamento delle somme corrispondenti all’originario canone (anche maggiorato), in quanto tali somme valgono solo a compensare l’occupazione sine titulo (C.d.S., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6277), non essendo del resto ammissibile il rinnovo di una concessione per facta concludentia per l’impossibilità di desumere per implicito la volontà dell’amministrazione di vincolarsi (C.d.S., sez. V, 22 novembre 2005, n. 6489).

Sono pertanto inconferenti ed infondate le censure circa la asserita violazione degli artt. 3 e 7, comma 3, della legge n. 112 del 1991 oltre che del D.M. n. 248 del 1993, atteso che le predette norme riguardano l’esercizio dell’attività commerciale che, come si è detto, in quanto tale non risulta minimamente incisa dal provvedimento impugnato, non potendo condividersi la singolare e suggestiva ricostruzione dell’interessato, secondo cui il rilascio della licenza commerciale sarebbe l’unico presupposto per ottenere anche la concessione proprio dell’area pubblica richiesta, senza alcuna possibilità di altre valutazioni dell’amministrazione circa la ricorrenza o la sussistenza di altri interessi pubblici.

E’ appena il caso di rilevare che una simile pretesa commistione, tra licenza di commercio e occupazione di area pubblica, non si rinviene in alcuna disposizione normativa e sarebbe essa stessa illogica ed irragionevole, contrastando con la stessa disciplina dei beni pubblici che, per essere sottratti all’uso generale ed essere concessi a soggetti determinati per un uso particolare, necessitano evidentemente del provvedimento discrezionale dell’amministrazione che valuti i contrapposti interessi in gioco in funzione di quello pubblico generale; né d’altra parte la pretesa compenetrazione tra licenza di commercio e concessione di suolo pubblico (in viale Stazione) esisteva nel caso di specie, trattandosi di due atti autonomi e separati, fondati su presupposti e requisiti differenti, ancorché collegati funzionalmente (irrilevante essendo il rilascio della concessione edilizia in sanatoria proprio per quel chiosco – roulotte in via Stazione, il titolo edilizio non comprendendo anche la concessione del relativo suolo pubblico, né essendo stata fornita alcuna prova in tal senso).

Ciò rende in ogni caso inapplicabile la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 7 della legge n. 112 del 1991, invocata dall’appellante, secondo cui “i soggetti che alla data di entrata in vigore della presente legge siano titolari dell’autorizzazione prevista dalla legge 19 maggio 1976, n. 398, hanno diritto a continuare l’attività commerciale nei posteggi indicati nell’autorizzazione stessa…”, proprio perché, per un verso, nell’autorizzazione commerciale non era indicato alcun posteggio e, per altro verso, non vi è alcuna prova dell’esistenza di un titolo valido ed efficace di concessione di suolo pubblico al momento dell’entrata in vigore dell’invocata legge.

Alla stregua di tali osservazioni sono destituiti di fondamento i primi due motivi di gravame (relativi all’originario ricorso NRG. 81/98).

7.2. Ad identiche conclusioni deve giungersi anche per gli altri due motivi di gravame, non meritando critiche la sentenza impugnata che ha ritenuto il contestato provvedimento sindacale esente dal dedotto vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria, anche con riferimento alla precedente sentenza dello stesso tribunale amministrativo regionale n. 909 del 21 ottobre 1997.

Sotto un primo profilo è sufficiente osservare al riguardo che con l’impugnato provvedimento n. 35049 del 12 novembre 1997, nel denegare il rinnovo della concessione di suolo pubblico, il sindaco non si è limitato alla mera conferma della precedente delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993, emendandola dal vizio di incompetenza (che ne aveva determinato l’annullamento giurisdizionale), ma ha adottato un “nuovo” provvedimento, motivandolo puntualmente, ancorché in modo stringato, sulla attuale persistenza dei motivi per i quali era stato opposto il diniego di rinnovo della concessione: esso contiene una rivalutazione della precedente istruttoria, in relazione alla quale, peraltro, nessuna adeguata e puntuale contestazione è stata svolta dall’appellante.

D’altra parte occorre aggiungere per un verso che la sinteticità e la stringatezza della motivazione non costituisce un (autonomo) vizio del provvedimento e per altro verso che la motivazione del nuovo provvedimento rinvia per relationem alla motivazione ed all’istruttoria della precedente delibera della giunta comunale, che l’appellante ben conosceva; così che anche sotto tale ulteriore profilo non è apprezzabile alcun vulnus alla posizione giuridica del sig. Luciano Cornoldi.

D’altra parte quest’ultimo, lungi dal rilevare l’illogicità, l’arbitrarietà, l’irragionevolezza del provvedimento ovvero l’inesistenza dei fatti (o il loro travisamento) posti a fondamento dello stesso, si è limitato ad una generica contestazione, esprimendo un mero inammissibile dissenso dalle valutazioni e conclusioni dell’amministrazione, correttamente ritenute congrue ed adeguate dai primi giudici.

7.3. Quanto alla domanda risarcitoria, la riscontrata legittimità dell’impugnato provvedimento sindacale n. 35049 del 12 novembre 1997 esclude che l’avvenuto annullamento, ad opera della sentenza n. 909 del 21 ottobre 1997, della delibera della giunta comunale n. 2311 del 26 maggio 1993 per difetto di competenza possa di per sé sola configurare una fattispecie di danno ingiusto, anche con riferimento all’avvenuta rimozione forzosa del chiosco posizionato in viale Stazione, tanto più che il ricorrente non solo non poteva vantare alcuna pretesa qualificata al rilascio della concessione, per quanto avrebbe dovuto egli stesso spontaneamente a rimuoverla.

8. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Luciano Cornoldi avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 460 del 22 maggio 2000, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento in favore del Comune di Brescia delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano complessivamente in €. 2.000,00 (euro duemila), oltre I.V.A. e C.P.A., se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Carmine Volpe, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il **/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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