Tuesday 11 November 2014 21:32:05

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Opere pubbliche: il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 11.11.2014

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che (ex aliis T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 26-07-2013, n. 599) “il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà, anche se l'amministrazione è tenuta a dare conto, nella relativa determinazione, dell'avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti, e, segnatamente, di quelli sacrificati, e che, sotto il profilo dell'adeguato apprezzamento delle posizioni interessate dall' ubicazione dell' opera, le delibere che ne approvano il progetto risultano sicuramente sindacabili.”. Per scaricare la sentenza cliccare di "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale* del 2014, proposto da:

Sorain Cecchini S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Avilio Presutti, con domicilio eletto presso Avilio Presutti in Roma, piazza S.Salvatore in Lauro, 10;

 

contro

 

Ferrovie dello Stato Spa;

U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

Consorzio Iricav Uno, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Giuffre', con domicilio eletto presso Giuseppe Giuffre' in Roma, via degli Scipioni, 288;

 

nei confronti di

Treno Alta Velocità Tav Spa (oggi Rete Ferroviaria Italiana Spa), in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Diego Corapi, Vittorio Cappuccilli, con domicilio eletto presso Diego Corapi in Roma, via Flaminia, 318; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del LAZIO –Sede di ROMA- SEZIONE I TER n. 00848/2014, resa tra le parti, concernente proroga termine di occupazione temporanea e di urgenza terreni per esecuzione linea alta velocita' tratta Roma-Napoli - risarcimento danni

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Roma e di Consorzio Iricav Uno e di Treno Alta Velocità Tav Spa (oggi: Rete Ferroviaria Italiana Spa);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2014 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Presutti, Giulia Maria Argenti Pittaluga (su delega di Corapi), Strano (su delega di Giuffré) e l’Avvocato dello Stato Meloncelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – Sede di Roma - ha deciso, respingendolo, il ricorso di primo grado proposto dall’ odierna parte appellante Soc Sorain Cecchini Spa volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento concernente la proroga del termine di occupazione temporanea e di urgenza dei terreni della originaria ricorrente per esecuzione della linea alta velocita' tratta Roma-Napoli (provvedimento del Prefetto della Provincia di Roma, prot. n. 85/2000/137/94, Sett. 1b, in data 26 gennaio 2000, notificato l’8 maggio 2000, relativo alla tratta compresa tra il Km 12+000 ed il Km 25+126) e per il risarcimento dei danni asseritamente cagionati.

Essa era insorta, deducendo, in particolare, che gli atti impugnati sarebbero stati viziati per asserita violazione della regola di partecipazione sancita dalla L.n. 241/1990; che le proroghe adottate non sarebbero state giustificate in modo adeguato e sarebbero state illegittime per la asserita irrazionalità della localizzazione dell’opera.

Aveva altresì sottolineato che la proroga dei termini avrebbe dovuto essere accompagnata da una nuova valutazione di impatto ambientale e che il decreto di proroga del termine dell’occupazione d’urgenza sarebbe stato illegittimamente richiesto da un soggetto privato, privo di poteri pubblici, quale il Consorzio Iricav Uno.

Il Tar ha escluso la fondatezza delle doglianze, avendo in via preliminare rilevato che appariva del tutto condivisibile il principio, per cui i procedimenti di occupazione d’urgenza e di espropriazione della proprietà privata, sebbene non privi di aspetti di connessione e interferenza, dovevano considerarsi due procedimenti distinti e dotati di reciproca autonomia.

Nella fattispecie in esame, in particolare, l’impugnato decreto di proroga della occupazione d’urgenza era stato superato dal decreto di esproprio avvenuto in data 17 febbraio 2003 che aveva concluso la procedura ablatoria con il deposito della indennità non accettata presso la Cassa Depositi e Prestiti: ciò avrebbe condotto alla improcedibilità del ricorso.

Nel merito, comunque erano infondate le censure sollevate.

Quanto alla denunciata illegittimità dell’impugnato atto sotto il profilo della violazione delle regole di partecipazione procedimentale, le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non dovevano essere applicate meccanicamente e formalmente: nel caso di specie, la stessa Corte di Appello di Roma nella sentenza n. 949/2007 aveva evidenziato che il rilievo circa la necessità di notifica dell’avvio del procedimento “appare del tutto estraneo all’ipotesi in esame, dove l’avvio del procedimento amministrativo era evidentemente già noto alla società appellante quanto meno dalla notifica del primo decreto di occupazione d’urgenza del 30.01.1997, poi divenuto inefficace per mancata immissione in possesso nel termine di tre mesi dalla sua emanazione”.

Quanto alla supposta illegittimità del decreto di proroga sotto il profilo della assenza di congrua motivazione, ad avviso del Tar il provvedimento impugnato risultava adeguatamente motivato anche per relationem con riferimento ai presupposti di fatto e di diritto contenuti nelle precedenti delibere sia di autorizzazione alla occupazione d’urgenza che di proroga della stessa (provvedimenti, questi, già in passato sottoposti al vaglio giurisdizionale e valutati pienamente legittimi dal TAR Lazio con le sentenze nn. 224/1998 e 1405/1999).

Del pari inaccoglibile è apparsa, al Tar, la doglianza incentrata sulla asserita irrazionalità della localizzazione dell’opera e la assenza di una nuova valutazione di impatto ambientale: sulle medesime questioni oggetto di censura si era già pronunciato il TAR Lazio con sentenza n. 224/1998, che, respingendo i ricorsi avverso gli atti della conferenza di servizi conclusasi nel maggio 1996, aveva espressamente accertato e dichiarato la legittimità dei provvedimenti concernenti la definizione, localizzazione ed approvazione della parte del tracciato ferroviario che aveva interessato l’area in cui sono situati i terreni di proprietà della società appellante, anche sotto il profilo del rispetto delle prescrizioni formulate dall’apposita commissione VIA.

In ultimo, non sussisteva la denunciata illegittimità dell’impugnato decreto sotto il profilo della avvenuta presentazione dell’istanza di proroga ad opera di un soggetto privato: appariva infatti pienamente legittimo, ad opera del privato esecutore dell’opera pubblica, l’espletamento dell’attività di impulso volta alla emanazione di atti relativi alle procedure espropriative, che, in ogni caso, rimanevano, sotto il profilo sostanziale, nella piena disponibilità decisionale della P.A.

Disattese le censure sostanziali, il Tar ha conseguentemente dichiarato infondato il petitum risarcitorio.

Avverso tale decisione la parte originaria ricorrente, rimasta integralmente soccombente, ha proposto un articolato appello, prospettando quattro censure e chiedendone la riforma.

Ad avviso dell’appellante (prima e seconda censura) il Tar aveva obliato il principio per cui tra decreto di esproprio ed occupazione d’urgenza vi era un legame di stretta presupposizione e connessione: conseguentemente, i vizi del secondo si riverberavano sul primo.

La omessa comunicazione del provvedimento di proroga viziava ex art. 7 della legge n. 241/1990 il detto decreto di proroga e, conseguentemente, riverberava i propri effetti sul decreto di esproprio.

Con la terza censura, l’appellante ha riproposto la tesi per cui, in ogni caso, ed a tutto concedere, il provvedimento di proroga era anche intrinsecamente illegittimo: del tutto privo di motivazione, non evidenziava né chiariva perché mai lo stato di occupazione fosse stato protratto; inoltre ha reiterato la tesi per cui il tracciato Tav era stato in parte qua illogicamente progettato: esso in origine correva parallelo alla proprietà di parte appellante, senza smembrarla.

La modifica illogicamente disposta non soddisfaceva alcuna esigenza pubblica

In ultimo (quarta censura) ha reiterato la tesi per cui il tracciato Tav attraversava centri abitati, producendo un impatto invasivo, per cui la proroga avrebbe dovuto farsi carico di rivalutare la necessarietà dell’opera.

Parte appellata RTI Spa ha riproposto tutte le eccezioni preliminari di inammissibilità ed improcedibilità già prospettate (ed accolte dal Tar) in primo grado e nel merito ha chiesto la reiezione del mezzo perché palesemente infondato.

Il consorzio Iricav Uno ha depositato una memoria chiedendo di dichiarare l’appello inammissibile od improcedibile e comunque infondato.

Tutte le parti processuali, in vista della odierna udienza pubblica, hanno depositato scritti difensivi tesi a puntualizzare le rispettive censure ed eccezioni.

Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2014 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e va disatteso nei termini di cui alla motivazione che segue: e ciò anche a non volere tenere conto della palese fondatezza delle eccezioni preliminari articolate dall’appellata amministrazione e dal Consorzio Iricav Uno .

Da un canto, infatti, è rimasto incontestato che successivamente al decreto di proroga gravato nel procedimento oggetto dell’odierna impugnazione ne venne reso un altro, giammai gravato dall’appellante (il che condurrebbe alla improcedibilità delle censure n. 1 e 2 dell’appello); parimenti è rimasto incontroverso che l’appellante gravò il decreto di esproprio, ma il procedimento si estinse per perenzione (il che condurrebbe alla inammissibilità della censura n. 3 dell’appello); in ultimo le doglianze di cui al terzo motivo relative al quomodo della progettazione del tracciato (oltre che, come si vedrà di seguito, generiche ed inaccoglibili) sono coperte dal giudicato (sentenza TAR Lazio n. 224/1998) ed anche quelle di cui al quarto motivo sarebbero inammissibili per bis in idem.

2. Nel merito, e senza recesso dalle superiori considerazioni, l’appello è del tutto infondato.

2.1. Quanto all’omesso inoltro dell’avviso dell’avvio del procedimento volto alla emanazione del decreto di proroga, oltre alla nodale circostanza che successivamente al decreto di proroga dell’occupazione di urgenza gravato nel procedimento oggetto dell’odierna impugnazione ne venne reso un altro, giammai gravato dall’appellante, non possono non ritenersi pienamente condivisibili le argomentazioni già contenute nella sentenza della Corte di Appello di Roma citata dal Tar (l’appellante era stata resa pienamente edotta della procedura espropriativa, era ben consapevole di quale fosse lo stato di avanzamento degli importanti e strategici lavori cui la procedura espropriativa era preordinata).

Nessuna lesione alla sfera giuridica di parte appellante è stata arrecata, il che milita per la reiezione della censura.

Nella seconda censura, non a proposito, l’appellante trasla alla proroga della occupazione di urgenza la (radicalmente diversa) questione della proroga del termine dell’espropriazione.

Senonché la giurisprudenza ha già da tempo chiarito che (ex aliis Cons. Stato Sez. IV, 04-12-2013, n. 5765), se è vero che la notizia relativa alla espropriazione deve precedere la fase della occupazione d’urgenza, non è vero il contrario.

Si è ivi rilevato, infatti, che “Quando l'amministrazione attivi una nuova procedura ablatoria (rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità e vincoli decaduti), deve indefettibilmente comunicare l'avviso di inizio del procedimento, per stimolare l'eventuale apporto collaborativo del privato. La comunicazione di avvio del procedimento deve avvenire non al momento dell'adozione del decreto di occupazione di urgenza, ma in relazione ai precedenti atti di approvazione del progetto e di dichiarazione della pubblica utilità dell'opera. Quando ciò non avviene, anche il decreto di occupazione di urgenza è viziato per illegittimità derivata, essendo necessario che la partecipazione degli interessati sia garantita già nell'ambito del pregresso procedimento autorizzatorio, in cui vengono assunte le determinazioni discrezionali in ordine all'approvazione del progetto dell'opera e alla localizzazione della stessa” .

Nel caso di specie:

a) l’appellante era stato ben reso edotto della procedura espropriativa (tanto da gravarla);

b) era stato ben reso edotto della fase di occupazione d’urgenza;

c) non gravò un successivo provvedimento di proroga di quest’ultima fase.

In conclusione, la censura è per tabulas infondata.

2.2. Eguale sorte merita la doglianza incentrata sul difetto di motivazione della disposta proroga, in armonia con il radicato convincimento giurisprudenziale (ex aliis T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, 08-02-2006, n. 44), secondo cui, essendo il decreto di occupazione d' urgenza un atto meramente attuativo rispetto al provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dei lavori, l'urgenza e l'indifferibilità degli stessi sono qualità conseguenti all'approvazione del progetto definitivo (ed alla conseguente dichiarazione di pubblica utilità dell'opera) e non vengono meno neppure nell'ipotesi in cui intercorra un elevato lasso di tempo fra l'approvazione del progetto e l'emanazione del decreto di occupazione d' urgenza . Inoltre non sussiste un obbligo di particolare motivazione in ordine ai provvedimenti di proroga della occupazione d' urgenza , essendo sufficiente la prospettazione della necessità di avere a disposizione un maggiore tempo per il perfezionamento della procedura espropriativa, coerentemente del resto con il principio secondo cui il carattere latamente discrezionale della fissazione del termine massimo di occupazione del bene soggetto ad esproprio esonera l'Amministrazione procedente dal dovere di una specifica motivazione.”.

2.3. E posto che il gravame avverso il provvedimento “madre” (il decreto di esproprio) si estinse per perenzione, anche le doglianze di cui al terzo motivo di censura, peraltro generiche ed inaccoglibili, vanno dichiarate a monte infondate.

2.4. La giurisprudenza (sia antecedente alla introduzione del TU Espropriazione che successiva a quest’ultimo) è sempre stata concorde nel ritenere che “affinché sia possibile l' occupazione anticipata è sufficiente che in concreto vi siano oggettive esigenze di celerità connesse alla natura delle opere.” (ex aliis, ancora di recente T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 29-01-2014, n. 214, ma si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 09-12-2011, n. 6468:”in tema di espropriazione per p.u., anche in seguito all'entrata in vigore dell'art. 22 bis, d.P.R. n. 327 del 2001 (T.U. Espropriazione per p.u.), l'ordinanza di occupazione d' urgenza riguarda una fase puramente attuativa di quella riguardante la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori, con la conseguenza che è sufficiente la motivazione dell'ordinanza di occupazione che si limiti a richiamare espressamente tale dichiarazione, costituente l'unico presupposto della stessa, e che consenta di rilevare l' urgenza della realizzazione delle opere previste nella dichiarazione di pubblica utilità”).

La doglianza è del tutto priva di spessore

3. Non miglior sorte meritano le ulteriori doglianze laddove si ipotizza che a soltanto cagione di modifiche progettuali i tempi della procedura si siano dilatati, e si censurano nel merito dette scelte progettuali.

Ivi ci si duole - congiuntamente ed a volte in modo confuso - sia alla proroga della fase dell’occupazione di urgenza che della proroga dei termini di compimento dei lavori e delle espropriazioni.

3.1. Delle censure attingenti la fase alla proroga della fase dell’occupazione di urgenza si è già detto, e non mette conto ripetersi.

Quanto alla questione della proroga dei termini di compimento dei lavori e delle espropriazioni, la giurisprudenza (ex aliis T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Bolzano, 14-03-2005, n. 98 ) ha costantemente affermato che “la disposizione dell'art. 13 della Legge 25 giugno 1865 n. 2359 prevede sì la possibilità di prorogare i termini per il compimento dei lavori e delle espropriazioni per causa di forza maggiore o per altre cause indipendenti dalla volontà degli esproprianti. Tale proroga deve, però, risultare da un provvedimento dell'Autorità competente e deve contenere anche l'indicazione delle ragioni che rendono necessario il ricorso alla proroga.”.

Nel caso di specie l’Autorità procedente ha rispettato detti precetti, e la complessità dell’opera (trattavasi del tracciato TAV) neppure è messa seriamente in dubbio da parte appellante, che semmai contesta inammissibilmente (sollecitando un indebito ed impossibile sindacato di merito) le modifiche progettuali che la resero necessaria.

In contrario senso milita, oltre alla intrinseca genericità delle doglianze, la circostanza che il diritto dominicale era presidiato (si fa riferimento alla norma applicabile ratione temporis) dalla prescrizione di cui al secondo comma della norma citata (ex aliis Cass. Civ. Sez. Un Sez. sent. n. 3407 del 25-05-1981: “in tema di espropriazione per pubblica utilità, il potere dell'autorità amministrativa, ai sensi dell'art. 13, secondo comma, della legge 25 giugno 1865 n. 2359, di prorogare i termini fissati nella dichiarazione di pubblica utilità per l'inizio ed il compimento dell'espropriazione medesima e dei lavori è limitato alla concessione di un'unica proroga, con esclusione di ogni facoltà di reiterazione di essa.”); inoltre pare al Collegio potersi affermare che l’Amministrazione ha diffusamente chiarito le ragioni che resero necessarie le modifiche progettuali, comunque desumibili dallo stato di avanzamento della procedura.

Tutte le altre considerazioni critiche contenute nel quarto motivo dell’appello investono la localizzazione dell’opera (anche in virtù delle modifiche introdotte).

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che (ex aliis T.A.R. Marche Ancona Sez. I, 26-07-2013, n. 599) “il merito della scelta relativa alla localizzazione di un' opera pubblica resta, in linea di massima, sottratto al sindacato del Giudice Amministrativo, con le sole eccezioni della illogicità, del travisamento e della contraddittorietà, anche se l'amministrazione è tenuta a dare conto, nella relativa determinazione, dell'avvenuta valutazione e considerazione di tutti gli interessi coinvolti, e, segnatamente, di quelli sacrificati, e che, sotto il profilo dell'adeguato apprezzamento delle posizioni interessate dall' ubicazione dell' opera, le delibere che ne approvano il progetto risultano sicuramente sindacabili.”.

Nessuna abnormità/illogicità è stata nel caso di specie provata e/o dimostrata: tale sindacato di merito è inammissibile, anche se sollevato per il tramite della impugnazione della disposta proroga.

4. Conclusivamente, l’appello è del tutto infondato e va disatteso, il che rende inaccoglibile la (parimenti generica) istanza risarcitoria mentre tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5. Quanto alle spese, processuali, esse seguono la soccombenza, e pertanto l’appellante deve essere condannata al pagamento delle stesse in favore delle parti appellate costituite nella misura che appare equo quantificare in Euro tremila (€ 3000//00) complessivi (Euro mille per ciascuna) oltre oneri accessori, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle parti appellate costituite nella misura di Euro tremila (€ 3000//00) complessivi (Euro mille per ciascuna) oltre oneri accessori, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Giuseppe Castiglia, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 11/11/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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