Monday 21 July 2014 22:22:54

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Oneri di urbanizzazione: la determinazione del contributo di concessione in sanatoria deve effettuarsi con riferimento alle tariffe vigenti al momento della domanda, risultando irrilevante la verifica della regolare formazione del silenzio – assenso sulla relativa domanda

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 7.7.2014

Nel giudizio in esame il Comune appellante lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 37 della legge n. 47 del 1985 e del principio di corrispondenza tra oneri di urbanizzazione e carico urbanistico indotto dall’edificazione. Premesso che la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare che sulla questione della definizione del momento cui ancorare la determinazione degli oneri di concessione non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un principio fondamentale della legislazione statale secondo cui gli oneri stessi debbano essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria, il Comune evidenzia come rispetto alla pluralità di soluzioni possibili non può non tenersi in considerazione l'interesse pubblico all'adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, a esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso alla realizzazione dell’opera, facendo quindi prevalere la disciplina esistente in tale momento. La censura non può essere accolta. La posizione teorica espressa dal Comune ha sicuramente un suo fondamento, anche in relazione alla valutazione operata dal giudice delle leggi sulla situazione in esame. Infatti, la Corte costituzionale ha affermato (sentenza 17 marzo 2010 n. 105) “che, invero, gli oneri di concessione potrebbero, in teoria, essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l'abuso è iniziato, al momento in cui l'immobile abusivo è completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria” e “che, in tale contesto di pluralità di soluzioni, la scelta del legislatore regionale di privilegiare l'interesse pubblico all'adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, ad esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso - ugualmente meritevole di protezione - sembra essere il frutto di una scelta discrezionale implicante un bilanciamento di interessi che può solo essere effettuato dal legislatore”. Sulla scorta di tali parametri, è quindi del tutto coerente il richiamo a una giurisprudenza amministrativa che afferma (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 maggio 2011, n. 3116) che l’obbligazione di pagamento degli oneri concessori sorge con il rilascio della concessione edilizia e la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la determinazione del contributo dovuto per gli oneri in questione debba essere riferita al momento in cui sorge l’obbligazione, dove si prosegue affermando che “in tale contesto, il considerevole lasso di tempo decorso tra la presentazione della domanda di sanatoria ed il rilascio della concessione non può essere utilmente valorizzato nell’ottica della individuazione di decorrenze del termine per la formazione del silenzio-assenso (e, così, del decorso della prescrizione) diverse da quelle normativamente indicate né per sollecitare una non meglio specificata ‘giusta mediazione’ che tenga conto delle tariffe eventualmente più favorevoli esistenti all’epoca della presentazione della domanda di sanatoria (quanto a quelle vigenti al momento di realizzazione dell’opera abusiva, lo stesso ricorrente riconosce che sarebbe ingiusto agevolare il responsabile)”. Occorre peraltro evidenziare come appaia ardua l’omologazione tra l’obbligazione nascente dal rilascio del titolo abilitativo in via ordinaria e quella derivante dalla sua adozione in sanatoria, come espressamente notato dalla giurisprudenza. Si è così affermato (da ultimo, CGARS, 27 maggio 2008 n. 466) che “I contributi di cui all’articolo 11 della L. 10/1977, ed all’art. 1 della L.R. 71/78, a differenza di altre fattispecie normative, non vengono determinati in via dichiaratamente provvisoria al momento della domanda dell’interessato e quindi non sono necessariamente richiesti salvo conguaglio, come ad esempio nella fattispecie della domanda di concessione in sanatoria (art. 35 L. 47/1995). “La determinazione dei contributi de quibus è stato infatti collocato temporalmente dal legislatore al termine di un lungo e complesso procedimento che ha alla base una espressa dettagliata e circostanziale domanda del privato, cui fa seguito una complessa istruttoria da parte dell’Amministrazione nel corso della quale l’Amministrazione stessa può chiedere all’interessato tutti i chiarimenti e gli ulteriori elementi di cui abbia bisogno. “Il momento del rilascio della concessione non è quindi equiparabile sotto nessun profilo al momento della domanda di concessione in sanatoria. “In quest’ultimo caso l’Amministrazione si trova di fronte ad una attività già posta in essere dal richiedente e ad una richiesta di legittimazione a posteriori di tale attività e non può quindi che riservarsi ad un momento futuro il controllo sulla corrispondenza tra il fatto compiuto e la domanda. “Del tutto diversa è la situazione della concessione in via ordinaria in cui si tratta di legittimare una attività allo stato ancora inesistente ed in cui l’Amministrazione, prima di rimuovere l’ostacolo a tale attività, ha il potere ed il dovere di verifica e di accertamento sotto ogni profilo della legittimità della richiesta del privato.” Sulla scorta di tale ontologica differenza, la posizione più recente della Sezione è andata nel senso di escludere un automatismo nell’adeguamento temporale alle tariffe successive. Si è allora detto (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 5201) che la determinazione del contributo di concessione in sanatoria, in adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “ai sensi dell'art. 37 l. 28 febbraio 1985 n. 47 e dell'art. 3 l. 28 gennaio 1977 n. 10, la determinazione del contributo di concessione in sanatoria deve effettuarsi con riferimento alle tariffe vigenti al momento della domanda, risultando irrilevante la verifica della regolare formazione del silenzio – assenso sulla relativa domanda.” A tale impostazione si è attenuto il primo giudice, espressamente evidenziando come “nel caso di condono edilizio, gli oneri di concessione vanno rapportati al momento di ultimazione dell’opera e della presentazione della domanda di sanatoria, e non al momento del rilascio del titolo concessorio”. Le ragioni così espresse vanno anche in questa sede valorizzate, in quanto coerenti con le differenti funzioni delle obbligazioni collegate al rilascio, in via ordinaria o di sanatoria, del titolo abilitativo e legate alla posizione rispettiva delle parti, anche per valorizzare la prevedibilità degli oneri connessi all’edificazione.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello n. * del 2013, proposto dal

Comune di Melendugno, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Distante e dall’avv. Alberto Maria Durante, ed elettivamente domiciliato, unitamente ai difensori, presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

 

contro

Tonia Gigante e Paola Rosa Gigante, in qualità di eredi di Giuseppe Gigante, rappresentate e difese dall’avv. Tonia Gigante, ed elettivamente domiciliate, unitamente al difensore, presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 1803 del 27 agosto 2013, resa tra le parti e concernente l’accertamento dei costi di costruzione e degli oneri di urbanizzazione.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Tonia Gigante e Paola Rosa Gigante;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il Cons. Diego Sabatino e udito per le parti l’avvocato Francesco Paoletti, su delega dell'avvocato Tonia Gigante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 8016 del 2013, il Comune di Melendugno propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione terza, n. 1803 del 27 agosto 2013 con la quale è stato accolto in parte il ricorso proposto da Giuseppe Gigante, dante causa degli odierni appellati, per l'accertamento dell’esatto ammontare degli importi contributivi effettivamente dovuti al Comune di Melendugno in relazione alle quattro domande di condono edilizio, ex artt. 31 e ss. Legge 28 Febbraio 1985 n° 47, presentate dal ricorrente in data 1° Aprile 1986, aventi ad oggetto alcuni edifici abusivamente realizzati in Melendugno, località Torre Specchia, Villaggio Nettuno, (ove necessario) previo annullamento della determinazione definitiva dei medesimi importi contributivi da parte del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Melendugno e delle eventuali deliberazioni comunali di approvazione di tabelle parametriche sulla base di criteri di calcolo contrastanti con la legislazione statale e regionale di settore, nonché per l’accertamento dell’illegittimità della pretesa comunale di cessione a titolo gratuito dell’area destinata a sede stradale.

Il giudice di prime cure, previa declaratoria di inammissibilità per carenza di interesse della domanda di accertamento della illegittimità della pretesa comunale di cessione a titolo gratuito dell’area del ricorrente destinata a sede stradale, aveva ritenuto fondata la pretesa del privato nella parte in cui lamentava l’erroneità dei conteggi effettuati dal Comune resistente nel calcolo dei contributi concessori (riferimento alle tariffe per il calcolo degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione fissate con sopravvenute deliberazioni consiliari vigenti nel 2008, anziché a quelle vigenti il 1° Aprile 1986 al momento della presentazione delle domande di condono).

Contestando la statuizione di merito del primo giudice, la parte appellante lamenta, con unico ed articolato motivo di gravame, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37 Legge 47/1985 in uno alla violazione del principio di corrispondenza tra oneri di urbanizzazione e carico urbanistico indotto dalla edificazione.

Nel giudizio di appello, si sono costituiti con controricorso gli eredi di Giuseppe Gigante, chiedendo di rigettare il ricorso in appello perché – inter alia - comunque i fabbricati per cui è stata la sanatoria erano (a dire degli appellati) ultimati alla data del 1° ottobre 1983.

Alla pubblica udienza del 25 marzo 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - Con un unico motivo di diritto, il Comune appellante lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 37 della legge n. 47 del 1985 e del principio di corrispondenza tra oneri di urbanizzazione e carico urbanistico indotto dall’edificazione.

Premesso che la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di evidenziare che sulla questione della definizione del momento cui ancorare la determinazione degli oneri di concessione non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un principio fondamentale della legislazione statale secondo cui gli oneri stessi debbano essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria, il Comune evidenzia come rispetto alla pluralità di soluzioni possibili non può non tenersi in considerazione l'interesse pubblico all'adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, a esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso alla realizzazione dell’opera, facendo quindi prevalere la disciplina esistente in tale momento.

2.1. - La censura non può essere accolta.

La posizione teorica espressa dal Comune ha sicuramente un suo fondamento, anche in relazione alla valutazione operata dal giudice delle leggi sulla situazione in esame. Infatti, la Corte costituzionale ha affermato (sentenza 17 marzo 2010 n. 105) “che, invero, gli oneri di concessione potrebbero, in teoria, essere ancorati alle tariffe vigenti, alternativamente, al momento in cui l'abuso è iniziato, al momento in cui l'immobile abusivo è completato, al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono, al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono, al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o, infine, al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria” e “che, in tale contesto di pluralità di soluzioni, la scelta del legislatore regionale di privilegiare l'interesse pubblico all'adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere rispetto a quello, ad esso antitetico, del cittadino alla sua piena previsione dei costi al momento della formazione del consenso - ugualmente meritevole di protezione - sembra essere il frutto di una scelta discrezionale implicante un bilanciamento di interessi che può solo essere effettuato dal legislatore”.

Sulla scorta di tali parametri, è quindi del tutto coerente il richiamo a una giurisprudenza amministrativa che afferma (Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 maggio 2011, n. 3116) che l’obbligazione di pagamento degli oneri concessori sorge con il rilascio della concessione edilizia e la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la determinazione del contributo dovuto per gli oneri in questione debba essere riferita al momento in cui sorge l’obbligazione, dove si prosegue affermando che “in tale contesto, il considerevole lasso di tempo decorso tra la presentazione della domanda di sanatoria ed il rilascio della concessione non può essere utilmente valorizzato nell’ottica della individuazione di decorrenze del termine per la formazione del silenzio-assenso (e, così, del decorso della prescrizione) diverse da quelle normativamente indicate né per sollecitare una non meglio specificata ‘giusta mediazione’ che tenga conto delle tariffe eventualmente più favorevoli esistenti all’epoca della presentazione della domanda di sanatoria (quanto a quelle vigenti al momento di realizzazione dell’opera abusiva, lo stesso ricorrente riconosce che sarebbe ingiusto agevolare il responsabile)”.

Occorre peraltro evidenziare come appaia ardua l’omologazione tra l’obbligazione nascente dal rilascio del titolo abilitativo in via ordinaria e quella derivante dalla sua adozione in sanatoria, come espressamente notato dalla giurisprudenza. Si è così affermato (da ultimo, CGARS, 27 maggio 2008 n. 466) che “I contributi di cui all’articolo 11 della L. 10/1977, ed all’art. 1 della L.R. 71/78, a differenza di altre fattispecie normative, non vengono determinati in via dichiaratamente provvisoria al momento della domanda dell’interessato e quindi non sono necessariamente richiesti salvo conguaglio, come ad esempio nella fattispecie della domanda di concessione in sanatoria (art. 35 L. 47/1995).

“La determinazione dei contributi de quibus è stato infatti collocato temporalmente dal legislatore al termine di un lungo e complesso procedimento che ha alla base una espressa dettagliata e circostanziale domanda del privato, cui fa seguito una complessa istruttoria da parte dell’Amministrazione nel corso della quale l’Amministrazione stessa può chiedere all’interessato tutti i chiarimenti e gli ulteriori elementi di cui abbia bisogno.

“Il momento del rilascio della concessione non è quindi equiparabile sotto nessun profilo al momento della domanda di concessione in sanatoria.

“In quest’ultimo caso l’Amministrazione si trova di fronte ad una attività già posta in essere dal richiedente e ad una richiesta di legittimazione a posteriori di tale attività e non può quindi che riservarsi ad un momento futuro il controllo sulla corrispondenza tra il fatto compiuto e la domanda.

“Del tutto diversa è la situazione della concessione in via ordinaria in cui si tratta di legittimare una attività allo stato ancora inesistente ed in cui l’Amministrazione, prima di rimuovere l’ostacolo a tale attività, ha il potere ed il dovere di verifica e di accertamento sotto ogni profilo della legittimità della richiesta del privato.”

Sulla scorta di tale ontologica differenza, la posizione più recente della Sezione è andata nel senso di escludere un automatismo nell’adeguamento temporale alle tariffe successive. Si è allora detto (Consiglio di Stato, sez. IV, 3 ottobre 2012 n. 5201) che la determinazione del contributo di concessione in sanatoria, in adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “ai sensi dell'art. 37 l. 28 febbraio 1985 n. 47 e dell'art. 3 l. 28 gennaio 1977 n. 10, la determinazione del contributo di concessione in sanatoria deve effettuarsi con riferimento alle tariffe vigenti al momento della domanda, risultando irrilevante la verifica della regolare formazione del silenzio – assenso sulla relativa domanda.”

A tale impostazione si è attenuto il primo giudice, espressamente evidenziando come “nel caso di condono edilizio, gli oneri di concessione vanno rapportati al momento di ultimazione dell’opera e della presentazione della domanda di sanatoria, e non al momento del rilascio del titolo concessorio”.

Le ragioni così espresse vanno anche in questa sede valorizzate, in quanto coerenti con le differenti funzioni delle obbligazioni collegate al rilascio, in via ordinaria o di sanatoria, del titolo abilitativo e legate alla posizione rispettiva delle parti, anche per valorizzare la prevedibilità degli oneri connessi all’edificazione.

3. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 8016 del 2013;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 marzo 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

 

 

Riccardo Virgilio, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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