Sunday 28 September 2014 16:21:28

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Revoca contratto d'appalto per provvedimento interdittivo antimafia: la giurisprudenza indica nella ‘attualità’ ‘obiettiva congruità’ e ‘concretezza’ i caratteri che debbono manifestare gli elementi assunti dai provvedimenti interdittivi come base per giustificare la loro adozione da parte dell’autorità prefettizia

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. III del 26.9.2014

Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l'informativa antimafia prescinde dall'accertamento della rilevanza penale dei fatti, e neppure occorre che il pericolo di condizionamento delle scelte dell’impresa sia concretamente provato, in quanto la finalità perseguita si concretizza nella massima anticipazione dell'azione di prevenzione, inerente alla funzione di polizia e di sicurezza, rispetto alla quale assumono rilievo fatti e vicende solo “sintomatici ed indiziari”. Sebbene il pericolo dell'infiltrazione mafiosa non deve essere immaginario, ma fondato su elementi presuntivi e indiziari concretamente individuati, la relativa valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del Prefetto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità ( C.d.S., III, 27.9.2012, n.5117). Tuttavia, la valutazione discrezionale, per non sconfinare in mero arbitrio, può dirsi ragionevole e attendibile se sorretta almeno da presunzioni semplici, ovvero da una pluralità di “indizi seri, precisi e concordanti”, oggettivamente riscontrabili, che secondo l’esperienza comune assumono un significato univoco. Anche di recente, si è sottolineata l’importanza che, seppure in ragione della speciale pervasività e pericolosità sociale riconosciuti al fenomeno mafioso sia giustificato il carattere preventivo/repressivo di provvedimenti di limitazione e contenimento della libertà di iniziativa economica, la deroga non può spingersi fino al punto da giustificare provvedimenti interdittivi basati su un “semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, pena, altrimenti lo stravolgimento dei principi di legalità e di certezza del diritto del nostro ordinamento democratico”. Pertanto, la giurisprudenza indica nella ‘attualità’ ‘obiettiva congruità’ e ‘concretezza’ i caratteri che debbono manifestare gli elementi assunti dai provvedimenti interdittivi come base per giustificare la loro adozione da parte dell’autorità prefettizia competente, in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa (C.G.A. 10 luglio 2014, n. 397). Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale* del 2013, proposto da:

Martino Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, e Pietro Martino, rappresentati e difesi dall'avv. Fabrizio Perla, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina, n. 121;

 

contro

 

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro-tempore;

U.T.G. - Prefettura di Caserta e U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

 

nei confronti di

Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Messina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gennaro Terracciano in Roma, Largo Arenula, n. 34; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 3963/2013, resa tra le parti, concernente revoca contratto d'appalto per provvedimento interdittivo antimafia.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Caserta, di U.T.G. - Prefettura di Napoli e del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Perla, Pennacchio su delega di Messina, e l’avvocato dello Stato Palatiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. - La società appellante, con ricorso al TAR Campania, ha impugnato il provvedimento interdittivo antimafia prot. n. 31059/Area 1 ter OSP/PL del 23 ottobre 2012 adottato dal Prefetto di Napoli, nonché la determina dirigenziale n. 182 del 13.11.2012 del Comune di Casalnuovo, che sulla base dello stesso, ha disposto la risoluzione del contratto rep. n. 47384 del 6.9.2006 relativo ai lavori di ampliamento di Via San Marco – Piazzale Cimitero.

Sono stati anche impugnati, con i motivi aggiunti, una serie di atti di indagine alla base dell’informativa prefettizia gravata.

Venivano dedotti motivi di violazione di legge e di eccesso di potere (presupposto erroneo, travisamento dei fatti, sviamento di potere, violazione del giusto procedimento, motivazione errata, perplessità, contraddittorietà, illogicità, atipicità dell'atto, falsità della causa).

2.- La sentenza in epigrafe, dopo aver ricostruito il sistema normativo che regola la materia ed i principi enunciati dalla giurisprudenza, ha ritenuto che l’interdittiva fosse giustificata sulla base degli elementi indiziari richiamati nel provvedimento del Prefetto.

In particolare, osserva il primo giudice che l’informativa è basata su una nota della Questura di Napoli e sul verbale del Nucleo Investigativo Interforze presso la Prefettura di Caserta, in cui è evidenziato che l’impresa ricorrente è significativamente connessa con Sergio Schiavone, in virtù di rapporti di frequentazione e per relazioni sul luogo di lavoro (si tratta del ragioniere della società). Peraltro, tale soggetto è dipendente della società prevenuta e sarebbe stato solo formalmente estromesso proprio per impedire una reale valutazione della permeabilità camorristica dell’impresa.

Sul conto di Sergio Schiavone, poi, risulta una presumibile attività di riciclaggio di soldi provenienti dal clan dei casalesi, per il tramite di Sebastiano Ferraro, sia in virtù del rapporto di cognatela, sia perché destinatario di una misura di sequestro quale intestatario fittizio di beni, sia perché socio accomandante nella società Tecno SMA s.a.s., a sua volta colpita da interdizione antimafia.

Ed allora la legittimità del provvedimento prefettizio discende dalla razionalità dell’inferenza relativa a cointeressenze economiche fra i due soggetti, tali da far sospettare che il condizionamento mafioso possa estendersi entro il più ampio raggio perimetrato dai collegamenti societari.

In questa prospettiva, secondo la sentenza, è stato conferito decisivo rilievo alla pluralità dei collegamenti personali ed affaristici ben suscettibile di velare un controllo ab externo sulla gestione societaria.

3. L’appellante denuncia l’erroneità della sentenza impugnata che avrebbe enfatizzato i fatti.

Né l’amministratore della Società, né i familiari e affini avrebbero avuto rapporti con persone condannate per reati di mafia; mentre alla società sono stati rilasciati nel 2005 e 2011 certificati antimafia liberatori. A fronte di accertamenti negativi della DIA e dei Carabinieri, unica circostanza posta a base dell’interdittiva è la frequentazione con Sergio Schiavone.

Tuttavia, vi è a carico di Sergio Schiavone l’unico elemento del rapporto di cognatela con Ferraro Sebastiano, i cui beni, oggetto di sequestro giudiziario, risultano intestati allo stesso Schiavone, ma, in realtà, sono provenienti dall’eredità del padre e non dai proventi di attività illecite.

L’altro elemento indiziante, che emerge dal verbale del Nucleo Interforze del 21.9.2012, non terrebbe conto del fatto che Sergio Schiavone, socio accomandante insieme a Martino Pietro della ex Società Tecno Sma s.a.s., oggetto di interdittiva nel dicembre 2002, era stato però estromesso dalla società ancora prima, nell’ottobre 2002, allorché non era intervenuto alcun provvedimento interdittivo, né sussisteva a suo carico alcun precedente penale.

La sentenza si baserebbe, pertanto, su enunciati astratti e teorici.

3. - Resiste in giudizio l’Amministrazione intimata.

4. - All’udienza del 15 maggio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato.

2. - Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l'informativa antimafia prescinde dall'accertamento della rilevanza penale dei fatti, e neppure occorre che il pericolo di condizionamento delle scelte dell’impresa sia concretamente provato, in quanto la finalità perseguita si concretizza nella massima anticipazione dell'azione di prevenzione, inerente alla funzione di polizia e di sicurezza, rispetto alla quale assumono rilievo fatti e vicende solo “sintomatici ed indiziari”.

Sebbene il pericolo dell'infiltrazione mafiosa non deve essere immaginario, ma fondato su elementi presuntivi e indiziari concretamente individuati, la relativa valutazione è rimessa alla lata discrezionalità del Prefetto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità ( C.d.S., III, 27.9.2012, n.5117).

Tuttavia, la valutazione discrezionale, per non sconfinare in mero arbitrio, può dirsi ragionevole e attendibile se sorretta almeno da presunzioni semplici, ovvero da una pluralità di “indizi seri, precisi e concordanti”, oggettivamente riscontrabili, che secondo l’esperienza comune assumono un significato univoco.

Anche di recente, si è sottolineata l’importanza che, seppure in ragione della speciale pervasività e pericolosità sociale riconosciuti al fenomeno mafioso sia giustificato il carattere preventivo/repressivo di provvedimenti di limitazione e contenimento della libertà di iniziativa economica, la deroga non può spingersi fino al punto da giustificare provvedimenti interdittivi basati su un “semplice sospetto o su mere congetture prive di riscontro fattuale, pena, altrimenti lo stravolgimento dei principi di legalità e di certezza del diritto del nostro ordinamento democratico”.

Pertanto, la giurisprudenza indica nella ‘attualità’ ‘obiettiva congruità’ e ‘concretezza’ i caratteri che debbono manifestare gli elementi assunti dai provvedimenti interdittivi come base per giustificare la loro adozione da parte dell’autorità prefettizia competente, in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa (C.G.A. 10 luglio 2014, n. 397).

3. - Orbene, ritiene il Collegio, alla luce di tali consolidati enunciati, che le contestazioni mosse dall’appellante alla sentenza impugnata non siano condivisibili e che gli elementi posti a base dell’interdittiva presentino quei caratteri di concretezza, attualità e cogruità che rendono non arbitraria la valutazione discrezionale compiuta.

3.1. - Correttamente il primo giudice ha ritenuto che dal Verbale Nucleo Interforze del 21.9.2012 siano stati legittimamente desunti gli elementi indiziari che il Prefetto ha posto a base del ragionamento che ha condotto alla valutazione sfavorevole.

Si tratta di elementi concreti e attuali riferiti alla persona del ragioniere Schiavone Sergio, attualmente dipendente della Società appellante.

3.2. - Per un verso, la circostanza che Schiavone, dipendente della società appellante, fosse in precedenza socio della Tecno Sma S.a.s. insieme a Martino Pietro (società da cui, in definitiva, deriva l’attuale, con altra denominazione, e raggiunta da informativa interdittiva nel dicembre 2002), non è sminuita per il fatto che lo stesso Schiavone sia stato estromesso nell’ottobre dello stesso anno, prima che intervenisse il provvedimento negativo.

Come ha rilevato condivisibilmente la sentenza appellata, “la necessità di emendare la società dai sospetti di mafiosità può, secondo l’id quod plerumque accidit, realizzarsi proprio attraverso l’estromissione apparente del soggetto inquinante e l’affidamento della formale gestione societaria a persone estranee, ma comunque strettamente collegate ai veri domini della società da vincoli di parentela ovvero di altra natura.”

3.3. - Sotto altro profilo, la circostanza del sequestro di beni del Ferraro Sebastiano, condannato per riciclaggio, cognato di Schiavone, intestatario fiduciario dei medesimi beni, non è intaccata nella sua potenzialità indiziante, come vorrebbe l’appellante, per il fatto che i beni sarebbero provenienti dalla eredità del padre di Schiavone.

L’intervenuto sequestro ed il sodalizio economico tra i due soggetti, letti nel contesto dei precedenti penali a carico del Ferraro e dei sospetti di riciclaggio a carico di Schiavone, nonché delle vicende della precedente società Tecno Sma s.a.s., di cui Schiavone era socio, raggiunta da informativa antimafia proprio a causa delle relazioni e interessenze di Schiavone col cognato Ferraro, ben possono assumere rilevanza per le finalità di prevenzione antimafia perseguite col provvedimento impugnato, che sono largamente anticipatorie della soglia di pericolo, non potendosi ritenere assicurata in caso di persistenti legami economici e familiari tra i due soggetti, nonostante il nuovo contesto societario, l’assoluta impermeabilità circa possibili pressioni malavitose, come correttamente ritenuto dal primo giudice (cfr. C.d.S. 5753/06; 1039/05 e 2783/04).

Vero è che il ruolo rivestito attualmente dallo Schiavone nella società appellante è quello di mero dipendente e non di amministratore; ma non può ignorarsi che anche un’influenza di fatto sulla gestione societaria può assumere rilevanza (Cd.S., III Sez., n. 3873 del 21 luglio 2014).

3.4. - Infine, non può valutarsi favorevolmente all’appellante Società il fatto che la stessa sia stata destinataria in passato di certificazioni antimafia liberatorie.

La legittimità dei provvedimenti va valutata singolarmente, caso per caso, sulla base del contenuto dei singoli atti, senza che possano ritenersi consolidate situazioni discendenti da precedenti provvedimenti, che potrebbero anche essere eventualmente illegittimi, ancorchè divenuti definitivi.

In questa materia, peraltro, le informazioni assunte a base dei provvedimenti sono soggette a continuo aggiornamento.

4. - In conclusione, l’appello va rigettato.

5. - Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione della peculiarità della materia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Romeo, Presidente

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



 

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