Sunday 14 September 2014 18:32:19

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: l'epoca remota di realizzazione dell'abuso non determina la legittimità dell'opera colpita da sanzione edilizia

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 3.9.2014

Nel giudizio in esame l’appellante si duole che il primo giudice abbia rilevato l’inesistenza di una significativa risalenza dell’abuso; ma osserva il Collegio che l’epoca remota dell’abuso, quand’anche fosse affermata, non determinerebbe la legittimità dell’opera colpita dalla sanzione edilizia (inficiando quindi la sentenza sul punto) di cui si discute, atteso che in tali fattispecie il provvedimento edilizio repressivo emesso a seguito del diniego di condono, opera in stretta attuazione dei presupposti di legge e non necessita quindi (a differenza dell’ordinanza repressiva emessa in esercizio del potere generale di vigilanza dell’autorità) di un congruo apprezzamento del pubblico interesse in rapporto al lungo tempo trascorso rispetto all’abuso ed all’affidamento che si sia conseguentemente creato nel soggetto responsabile. Per scaricare la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 9605 del 2009, proposto da:

Fin Union S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano D'Acunti e Massimino Lo Conte, con domicilio eletto presso Stefano D'Acunti in Roma, viale delle Milizie, 9;

 

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso per legge dall'Avv. Nicola Sabato, domiciliato in Roma presso l’Avvocatura Comnunale. via del Tempio di Giove, 21; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA, n. 07271/2009, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE ABUSIVE – MCP;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per la parte appellata l’Avv. Nicola Sabato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso al TAR del Lazio, la Fin Union s.r.l. impugnava la determinazione dirigenziale n. 312 del 14 marzo 2006 con cui il Comune di Roma le aveva ordinato di demolire un soppalco metallico di mq. 20,00 circa realizzato nel locale commerciale sito in Roma, via G. Andreoli n. 3/5.

1.1.- Con la sentenza epigrafata il TAR adìto respingeva il ricorso rilevando :

- l’insussistenza del presupposto di fatto - ovvero l’inerzia colpevole dell’amministrazione – posto dalla ricorrente a fondamento della censura del difetto di motivazione; violazione del principio di affidamento, argomentata poiché perché l’atto impugnato avrebbe sanzionato un abuso realizzato circa venti anni prima senza tenere conto e, comunque, senza motivare adeguatamente in relazione alle ragioni di pubblico interesse prevalenti sull’affidamento del privato ingenerato dall’inerzia dell’amministrazione;

- l’infondatezza del secondo mezzo di gravame articolato, sostenente la violazione dell’art. 26 L. n. 47/85 in quanto l’opera realizzata (soppalco di mq. 20) non necessiterebbe di alcun titolo edilizio abilitativo, non comportando modifiche alla sagoma, ai prospetti e al numero delle unità immobiliari, aumento di volume e creazione di altri vani né pregiudizio alla statica e alla sagoma dell’immobile;

- l’infondatezza della terza ed ultima censura con cui la ricorrente ha prospettato la violazione dell’art. 7 l. n. 241/90 per non avere ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento culminato con l’adozione dell’atto impugnato.

2. – La società Fin Union ha impugnato la sentenza del TAR, innanzi a questo Consesso, con atto d’appello cui resiste il Comune di Roma, il quale precisa in memoria sottoscritta il 31.3.2014 le proprie difese. I motivi posti a base del ricorso risultano tuttavia destituiti di fondamento.

2.1.- Il primo ordine di rilievi muove contrastando la pronunzia gravata ove, a ragione del rigetto della tesi che argomentava la colpevole inerzia del Comune nel reprimere l’abuso in questione, ha giustificato il ritardo nel sanzionare l’abuso in ragione della pendenza di domanda di condono edilizio sul medesimo, presentata nel 1995 (ex art 39, comma 4 della Legge n.724/1994); in tal modo, secondo l’appellante, il primo giudice avrebbe avallato un comportamento illegittimo del Comune, atteso che la definizione del procedimento di condono è avvenuta a notevole distanza temporale (nove anni) dalla domanda ed inoltre con un provvedimento illegittimo, oggetto di altro ricorso al TAR. La tesi è priva di ogni fondamento giuridico. E’ noto che la presentazione della istanza di condono sospende il potere repressivo dell’amministrazione (art. 44 legge n. 47/1985) sino alla definizione del giudizio, sicchè tale effetto, in quanto previsto dalla legge, non può nel contempo logicamente rappresentare un motivo di illegittimità a carico del provvedimento che, dopo la definizione dell’istanza, ha doverosamente definito il procedimento di condono. Quanto alla sostenuta illegittimità di quest’ultimo, si tratta di una mera illazione poiché, al contrario, il ricorso contro di esso (nrg. TAR Lazio n.1579/05), e nel quale si sosteneva anche la formazione del silenzio-assenso, è stato respinto con pronunzia (sentenza n. 11295/2010) che non risulta impugnata. Pertanto il ragionamento svolto dal TAR, al fine di rigettare la tesi del difetto di motivazione in rapporto al lungo lasso di tempo trascorso, deve essere confermato.

2.1.1.- Ad analoga conclusione deve pervenirsi trattando la secondo censura, che critica la decisione per aver omesso di valutare quanto osservato dallo stesso TAR in sede di trattazione della domanda incidentale di sospensione del provvedimento gravato. E’ altrettanto noto che il provvedimento cautelare emesso nel corso del giudizio amministrativo non ha efficacia vincolante ai fini della decisione della controversia nel merito, anzi in tale sede perde ogni efficacia, sicchè non può costituire parametro in qualche modo considerabile dal giudice chiamato a definire la controversia nel merito.

2.1.2.- Si duole poi l’appellante che il primo giudice abbia rilevato l’inesistenza di una significativa risalenza dell’abuso; ma osserva il Collegio che l’epoca remota dell’abuso, quand’anche fosse affermata, non determinerebbe la legittimità dell’opera colpita dalla sanzione edilizia (inficiando quindi la sentenza sul punto) di cui si discute, atteso che in tali fattispecie il provvedimento edilizio repressivo emesso a seguito del diniego di condono, opera in stretta attuazione dei presupposti di legge e non necessita quindi (a differenza dell’ordinanza repressiva emessa in esercizio del potere generale di vigilanza dell’autorità) di un congruo apprezzamento del pubblico interesse in rapporto al lungo tempo trascorso rispetto all’abuso ed all’affidamento che si sia conseguentemente creato nel soggetto responsabile.

2.2.- Il secondo gruppo di doglianze torna sulla questione centrale della controversia ed inerente la violazione dell’art. 26 della legge n. 47/1985, in base al quale “non sono soggette a concessione né ad autorizzazione le opere interne alle costruzioni che non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con i regolamenti edilizi vigenti, non comportino modifiche della sagoma della costruzione, dei prospetti, né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e, per quanto riguarda gli immobili compresi nelle zone indicate alla lettera A dell'art. 2 del decreto ministeriale 2-4-1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, rispettino le originarie caratteristiche costruttive”. Al riguardo il TAR ha osservato che:

“il soppalco realizzato, avente superficie di 20 mq. e posto a mt. 1,98 dal soffitto, amplia in maniera significativa la superficie calpestabile dell’immobile destinato ad attività commerciale di proprietà della ricorrente” e, creando una ulteriore superficie calpestabile ed autonomi spazi, “ rientra nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma primo dell'articolo 10 D.P.R. n. 380/01, dal momento che determina una modifica della superficie utile dell'appartamento con conseguente aggravio del carico urbanistico e, pertanto, necessita del permesso di costruire”.

In contrario l’appellante si limita a sottolineare come il soppalco possa essere utilizzato all’archivio di materiale e documenti, il che tuttavia, ad avviso del Collegio, non intacca il dato oggettivo dell’aumento della superficie utilizzabile (espressamente citato dalla norma come ostacolo al regime delle opere interne) e quindi non inficia la tesi seguita dal TAR.

3.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.

3.1.- Restano assorbiti ulteriori motivi ed eccezioni, che il Collegio non ritiene rilevanti ai fini della presente decisione.

4.- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,

respinge l’appello.

Condanna la parte appellante al pagamento, in favore del Comune di Roma, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in Euro 2.000 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Goffredo Zaccardi, Presidente

Marzio Branca, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere

Michele Corradino, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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