Sunday 22 February 2015 20:40:36

Giurisprudenza  Contratti, Servizi Pubblici e Concorrenza

Impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: i principi sanciti dal Consiglio di Stato

segnalazione del Prof. avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 12.2.2015

La giurisprudenza ha più volte sottolineato (cfr. Cons. Stato,sez. IV, 23 maggio 2012, nr. 3039, e 1 agosto 2012, nr. 4400) che il procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è regolato da una speciale disciplina legislativa: infatti, in questa materia il legislatore, nel dare attuazione alla direttiva comunitaria 2001/77/CE del 27 settembre 2001, finalizzata a disciplinare uniformemente e ad incentivare tali forme di produzione di energia anche a mezzo della semplificazione dei procedimenti autorizzatori, è intervenuto con una disciplina procedimentale ad hoc che culmina con il rilascio (o con il diniego) della cosiddetta autorizzazione unica regionale.Questa disciplina – incentrata sulla concentrazione procedimentale in ragione del confronto richiesto dall’approvvigionamento energetico mediante tecnologie che non immettono in atmosfera sostanze nocive, e sul valore aggiunto intrinseco allo stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate - presenta effettivamente, ratione materiae, carattere speciale, di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l’installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dal già citato art. 12 d.lgs. nr. 387 del 2003 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 2012, nr. 5994). Tanto premesso, non può non rilevarsi, relativamente alla fattispecie per cui è causa, che la suddetta specialità opera, senza dubbio, anche sul versante dell’accertamento della compatibilità con le norme urbanistiche ed edilizie (e, infatti, si è già rilevato come il comma 4 dell’art. 12 su citato qualifichi espressamente l’autorizzazione unica regionale, anche come “titolo a costruire” l’impianto): di modo che, al netto della possibile applicabilità dell’istituto della d.i.a. - del quale però la stessa odierna appellante principale ammette di non essersi avvalsa, con conseguente inconferenza dei problemi innescati dalla normativa regionale poi dichiarata illegittima –, a fronte di una istanza di permesso di costruire l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto semplicemente dichiarare la propria incompetenza a provvedere, spettando la competenza a rilasciare il titolo in questione unicamente alla Regione o alla Provincia da questa delegata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2012, nr. 2473; Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, nr. 2001).Per scaricare gratuitamente la sentenza cliccare su "Accedi al Provvedimento".

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. *del 2013, proposto da HELIO RUFFANO SOCIETÀ AGRICOLA a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Reggio d’Aci, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via F. Confalonieri, 5, 

contro

- ELVIA S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e signori Francesco FORNI e Mattia CELLI, rappresentati e difesi dall’avv. Valeria Pellegrino, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, corso Rinascimento, 11; 
- signor Giuseppe BENVENUTI, non costituito, 

nei confronti di

- COMUNE DI RUFFANO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;
- REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;
- AGENZIA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTE (A.R.P.A.) della Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita; 
- MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore,rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’esecutività,

della sentenza nr. 871 del 22 maggio 2012 del T.A.R. della Puglia, Sezione Prima di Lecce, non notificata, con la quale è stato accolto il ricorso nr. 1777/2010 proposto da Elvia S.r.l. ed altri avverso il permesso di costruire nr. 72/2008 rilasciato dal Comune di Ruffano per la realizzazione di una mini turbina eolica per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 1 MW.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elvia S.r.l. e dei signori Francesco Forni e Mattia Celli e del Ministero della Difesa, nonché l’appello incidentale proposto dai primi;

Viste le memorie prodotte dalla appellante principale (in date 6 giugno 2013 e 11 dicembre 2014) e dagli appellanti incidentali (in date 18 giugno 2013 e 20 novembre 2014) a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Reggio d’Aci per la appellante, l’avv. Gianluigi Pellegrino, su delega dell’avv. Valeria Pellegrino, per gli appellati e l’avv. dello Stato Fabio Tortora per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

La società Helio Ruffano Soc. Agr. a r.l. ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecutività, la sentenza del T.A.R. della Puglia con la quale, in accoglimento del ricorso proposto dalla società Elvia S.r.l. ed altri, è stato annullato il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Ruffano alla società appellante per la realizzazione di una mini turbina eolica per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 1 MW. 

A sostegno dell’appello la ricorrente ha articolato i seguenti motivi :

1) violazione dell’art. 20, comma 7, del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380, in combinato disposto con gli artt. 8, comma 3, della legge 7 agosto 1990, nr. 241, e 11, comma 2, del d.P.R. 8 giugno 2001, nr. 327, nonché con l’art. 12, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387, e l’art. 41 cod. proc. amm. (nella parte in cui il giudice di prime cure non ha riconosciuto la tardività del ricorso in primo grado, attesa la peculiarità sostanziale del provvedimento impugnato, che non poteva di certo essere confuso con qualsiasi altro permesso a costruire, essendo riferito ad opera di pubblica utilità indifferibile ed urgente, con la conseguenza che andava riconosciuta nel caso di specie la intervenuta presunzione di legale conoscenza derivante dalla duplice pubblicazione sull’albo pretorio del Comune di Ruffano del deposito del progetto e del relativo assenso; senza contare, poi, il fatto che uno dei soggetti ricorrenti in primo grado sarebbe stato titolare di una concessione edilizia il cui progetto risultava depositato presso gli uffici comunali proprio nel periodo di pubblicazione sopra indicato);

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 27 della legge regionale della Puglia 19 febbraio 2008, nr. 1, e dell’art. 20 del d.P.R. nr. 380 del 2001 (in considerazione dell’errata presupposizione del T.A.R. circa una pretesa indissolubile connessione tra il permesso di costruire impugnato e il citato art. 27 della l.r. nr. 1 del 2008, ancorché questa fosse una norma riferita alla assentibilità a mezzo d.i.a., e non permesso di costruire, dei cosiddetti impianti di microgenerazione di cui all’art. 2, comma 1, lettera e), del d.lgs. nr. 387 del 2003, senza considerare che nella specie era stato seguito il procedimento tipico di cui all’art. 20 del d.P.R. nr. 380 del 2001);

3) erroneo richiamo alla sentenza della Corte costituzionale nr. 119 del 26 marzo 2010, ingiustizia manifesta quanto alla pretesa applicabilità al caso di specie dell’art. 1-quater del decreto-legge 8 luglio 2010, nr. 105, convertito con modificazioni dalla legge 13 agosto 2010, nr. 129, difetto assoluto di motivazione sulla natura “esaurita” o meno del rapporto derivante dal permesso di costruire nr. 72 del 2008 in relazione alla sentenza della Corte costituzionale nr. 366 del 22 dicembre 2010 e istanza di rimessione della suddetta questione alla Corte costituzionale (laddove la sentenza impugnata risulta palesemente iniqua ed ingiusta, poiché la sanatoria di cui al citato d.l. nr. 105 del 2010 non avrebbe potuto in ogni caso essere applicata al caso di specie, tenuto conto, oltre che del mancato riferimento del dato testuale della norma agli impianti autorizzati con permesso di costruire ex art. 20 del d.P.R. nr. 380 del 2001 - da ritenersi necessario in ragione della natura eccezionale dell’intervento legislativo -, anche dell’avvenuta decorrenza, ed anzi dell’esaurimento, del termine ivi previsto al momento in cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 27 della l.r. nr. 1 del 2008 con la citata sentenza nr. 366 del 2010);

4) violazione e falsa applicazione della normativa comunitaria di cui alle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE, omessa disapplicazione della normativa nazionale in contrasto con l’art. 13, par. 1, della ridetta direttiva 2009/28/CE, richiesta di rimessione della questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’art. 267 T.F.U.E. (per avere il T.A.R. errato laddove non ha tenuto conto, pur in presenza di plurimi espliciti richiami in tal senso provenienti dalla esponente società, della normativa comunitaria, sovraordinata sia alla normativa regionale che a quella nazionale ed al di là dei conflitti di competenze tra queste sussistenti, la quale imponeva in modo preciso e determinato allo Stato ed alle Regioni di “assicurare”, proprio con riguardo ai cosiddetti impianti di microgenerazione, “procedure amministrative semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato, anche attraverso semplice notifica se consentito dal quadro regolamentare applicabile”, ossia procedure addirittura meno complesse di quella in concreto utilizzata nel caso qui in esame);

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 21-octies della legge nr. 241 del 1990, omessa motivazione sulla avvenuta ratifica della legittimità del permesso di costruire impugnato da parte della Regione Puglia (per non aver considerato che l’esito del procedimento autorizzatorio non avrebbe potuto essere diverso da quello contenuto nel provvedimento impugnato, dal momento che tutte le Amministrazioni a vario titolo competenti avevano dato il loro assenso e che parte ricorrente non aveva nemmeno dimostrato che nella sede unica regionale della Conferenza dei servizi tale assenso sarebbe venuto meno, omettendo al riguardo di fornire la prova di resistenza idonea a dimostrare la sussistenza di un’utilità attuale e concreta quale possibile effetto dell’ipotetico accoglimento dell’impugnativa).

Si sono costituiti in giudizio, con atto formale, il Ministero della Difesa, ed i ricorrenti in primo grado, società Elvia S.r.l. e signori Mattia Celli e Francesco Forni, i quali, nell’opporsi all’accoglimento dell’appello, hanno controdedotto analiticamente a ogni motivo sollevato dall’odierno appellante, e hanno proposto, a loro volta, appello incidentale avverso la sentenza in epigrafe.

Con quest’ultimo, è stata lamentata in particolare l’erroneità della motivazione resa dal T.A.R., pur a sostegno dell’accoglimento del ricorso: al riguardo, parte appellata ha richiamato la normativa statale vigente al momento della presentazione della domanda, la quale non contemplava (e non contempla) il permesso di costruire tra i titoli abilitativi all’installazione di un impianto eolico che superi la potenza dei 60 KW; infatti, l’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. nr. 387 del 2003, in attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, prevede che gli impianti di generazione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili superiori ai 60 KW di potenza siano soggetti “ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate”, attraverso un procedimento unitario al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate. 

Ciò premesso, secondo le appellanti incidentali l’evidente non assimilabilità del permesso di costruire alla d.i.a. avrebbe dovuto portare il giudice di primo grado ad annullare tout court il permesso di costruire nr. 72 del 2008, perché rilasciato in violazione del principio di tipicità degli atti autorizzatori declinati dall’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. nr. 387 del 2003.

Inoltre, è stata denunciata l’erroneità della sentenza anche nella parte in cui, prospettando l’assimilazione del permesso di costruire alla d.i.a., non ha dichiarato comunque l’intervenuta decadenza del titolo ad aedificandum per intervenuta scadenza del termine di inizio lavori di cui all’art. 15 del d.P.R. nr. 380 del 2001.

Infine, sono stati riproposti come segue i motivi di ricorso non esaminati dal T.A.R.:

I) eccesso di potere; sviamento; carenza istruttoria; contraddittorietà con la precedente delibera del Consiglio Comunale 4 giugno 2010, nr. 28; violazione dell’art. 12, commi 7 e 10, del d.lgs. nr. 387 del 2003; violazione degli artt. 2.01, 4.01, 4.03, 5.01 e 5.04 del P.U.T.T./p della Regione Puglia; difetto di istruttoria;

II) violazione dell’art. 2.2.2 delle Linee guida regionali approvate con deliberazione di Giunta Regionale nr. 131 del 2004; difetto di istruttoria; eccesso di potere;

III) eccesso di potere; violazione dell’art. 2 della legge nr. 241 del 1990; violazione degli artt. 27 e segg. del d.P.R. nr. 380 del 2001; violazione dell’art. 31 cod. proc. amm.

Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2013, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, questo è stato differito sull’accordo delle parti, per essere abbinato alla trattazione del merito.

Con successive memorie, le parti hanno ulteriormente sviluppato le rispettive tesi e, in particolare, la appellante principale ha reiterato l’eccezione di difetto di legittimazione al ricorso in capo alle parti istanti in primo grado.

Da ultimo, le parti appellanti incidentali hanno eccepito il sopravvenuto difetto di interesse della appellante principale alla definizione del giudizio, avendo la società istante venduto il terreno ed il progetto di impianto eolico per cui è causa ad uno dei ricorrenti in primo grado; sul punto, parte appellante principale ha replicato in dissenso.

All’udienza pubblica del 20 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La società Elvia S.r.l., unitamente ai signori Francesco Forni, Giuseppe Benvenuti e Mattia Celli, ha impugnato dinanzi al T.A.R. della Puglia il permesso di costruire (nr. 78 del 2008) rilasciato dal Comune di Ruffano alla Helio Ruffano Soc. Agr. a r.l. per la realizzazione di una mini turbina eolica per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza prevista inferiore a 1 MW (c.d. impianto di microgenerazione ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387).

1.1. I ricorrenti hanno affermato di essere proprietari di immobili recuperati ed adibiti a residenza estiva nel territorio del Comune di Ruffano e hanno aggiunto di essersi avveduti, in occasione delle ferie estive, della presenza nel fondo limitrofo, censito in catasto al fg. 40, p.lla 146, in località Acquadolce, di un cartello con cui si dava atto dell’avvenuto rilascio del suddetto titolo edilizio avente ad oggetto una turbina eolica di potenza nominale inferiore a 1 MW; hanno altresì riferito di aver avuto accesso agli atti relativi al procedimento di rilascio del permesso di costruire, e di aver quindi invitato il Comune, a mezzo di apposite diffide, a inibire l’installazione della mini turbina eolica in quanto illegittima sotto plurimi profili.

1.2. Con la sentenza in epigrafe, il T.A.R. adito ha statuito che il permesso di costruire impugnato aveva perso efficacia successivamente al suo rilascio a causa della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità dell’art. 27 della legge regionale della Puglia 19 febbraio 2008, nr. 1.

Più specificamente, secondo il primo giudice il titolo edilizio in questione, ancorché emesso attraverso il procedimento tipico di cui all’art. 20 del d.P.R. 6 giugno 2001, nr. 380, sarebbe stato in realtà rilasciato dal Comune di Ruffano sulla base del citato art. 27 della l.r. nr. 1 del 2008 (poi sostituito dall’art. 6 della l.r. 21 ottobre 2008, nr. 31) ed all’esito “…di un procedimento avviato sulla base di disposizioni regionali dirette ad introdurre una semplificazione in materia e, più in dettaglio, la possibilità di un assenso tramite D.I.A.”; conseguentemente, il giudice di primo grado ha ritenuto che “la stessa previsione legislativa regionale di realizzabilità di impianti eolici cd di microgenerazione attraverso una mera denuncia di inizio di attività racchiudesse in sé un possibile esito procedimentale nelle forme del permesso di costruire, data la superiore valenza di quest’ultimo titolo abilitativo rispetto allo strumento di semplificazione contemplato dal legislatore regionale”.

Per questi motivi il T.A.R. ha ritenuto che avrebbe irrimediabilmente inciso sulla efficacia del permesso impugnato il sopravvenuto intervento della Corte costituzionale, la quale con sentenza nr. 119 del 26 maggio 2010 ha ritenuto la normativa regionale di cui alla l.r. nr. 31 del 2008 illegittima per contrasto con l’art. 117 Cost., in quanto invasiva della competenza statale in materia di aumento delle soglie previste dall’art. 12, comma 5, del d.lgs. nr. 387 del 2003 (eolico 60 KW) ai fini della autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile a mezzo di semplice d.i.a. in deroga al procedimento di autorizzazione unica regionale di cui al precedente comma 1 del medesimo articolo.

1.3. Con l’odierno appello, l’originaria ricorrente insorge avverso tale decisione, ritenendola erronea e meritevole di riforma per i motivi esposti nella narrativa in fatto; del pari, la medesima sentenza forma oggetto di impugnazione incidentale da parte degli originari ricorrenti, che ne evidenziano l’erroneità per altre e diverse ragioni, assumendo che diverso avrebbe dovuto essere il percorso motivazionale da seguire per pervenire alla declaratoria di illegittimità del permesso di costruire impugnato.

2. Tutto ciò premesso, occorre preliminarmente esaminare la domanda di declaratoria di improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, formulata dalle parti appellate (e appellanti incidentali) con la propria ultima memoria, la quale non può in alcun modo essere condivisa.

Ed invero, rilevato che con tale domanda si pretende far valere, da parte degli originari ricorrenti vittoriosi, il sopravvenuto difetto di interesse all’appello in capo alla originaria controinteressata, e tenuto conto del rigore con cui deve notoriamente verificarsi da parte del giudice, in difetto di esplicita dichiarazione dell’interessato, il sopravvenire di mutamenti della situazione di fatto e di diritto tali da privare di ogni utilità l’esame nel merito della domanda (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013, nr. 5996; id., sez. V, 7 ottobre 2013, nr. 4919; id., 27 marzo 2013, nr. 1808; id., sez. IV, 24 ottobre 2012, nr. 5450), risulta del tutto condivisibile la posizione della appellante principale, la quale, nel negare recisamente di aver perso interesse alla decisione, sottolinea che la vendita a terzi del terreno interessato dal permesso di costruire per cui è causa non ha fatto venir meno l’interesse ad accertare la legittimità o meno di tale titolo ad aedificandum, potendo residuare comunque un rilievo della questione a fini risarcitori, ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. 

3. Ancora in via preliminare, non può essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione al ricorso di primo grado, che la appellante principale ha sollevato con propria memoria illustrativa.

Infatti, poiché tale eccezione era stata sollevata già dinanzi al T.A.R. e da questo espressamente respinta, la questione avrebbe dovuto essere riproposta con apposito motivo di appello, in mancanza del quale, sul punto risulta essersi formato il giudicato.

4. Passando all’esame degli appelli in epigrafe, in ordine logico va prioritariamente delibato il primo motivo dell’impugnazione principale, con il quale è riproposta l’eccezione di tardività del ricorso introduttivo, che già in prime cure è stata articolata sulla base di una ricostruzione intesa a far decorrere il termine di impugnazione dalla pubblicazione del permesso di costruire sull’albo pretorio ai sensi dell’art. 20, comma 7, del d.P.R. nr. 380 del 2001.

Il motivo è infondato, dovendo confermarsi la reiezione della detta eccezione.

Al riguardo, va innanzi tutto osservato che il richiamo alla natura di “opera di pubblica utilità, indifferibile ed urgente” dell’intervento per cui è causa, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. nr. 387 del 2003, appare del tutto inidoneo a modificare i comuni principi e indirizzi in materia di individuazione del dies a quo del termine di impugnazione dei titoli ad aedificandum, alla stregua dei quali, fatta eccezione per la sola ipotesi in cui si contesti in radice la possibilità di edificare, la decorrenza va fissata con riferimento alla piena conoscenza dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistiche o del contenuto specifico del permesso di costruire o del progetto edilizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2014, nr. 2995; id., 29 maggio 2014, nr. 2781).

In particolare, la giurisprudenza richiamata dalla appellante in ordine alle presunzioni legali di conoscenza in capo a terzi che impugnano gli atti localizzativi e i progetti di opere pubbliche si applica alle ipotesi in cui i ricorrenti sollevino doglianze avverso tali atti nell’ambito di procedure espropriative, o comunque di variante urbanistica, laddove nel caso di specie è pacifico che nessuna di tali procedure è stata adottata dal Comune.

Pertanto, essendosi optato per il permesso di costruire a norma dell’art. 20 del d.P.R. nr. 380 del 2001, valgono i principi per cui il decorso del termine di impugnazione si àncora all’effettiva conoscenza del titolo che i terzi abbiano attraverso l’avanzamento dei lavori, salva la prova contraria di una piena conoscenza del titolo abilitativo in data anteriore che, secondo i comuni principi, incombe a chi eccepisce la tardività (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2014, nr. 3647).

Tali conclusioni non mutano qualora, anziché il titolo in concreto rilasciato dal Comune, si voglia prendere in considerazione quello che correttamente avrebbe dovuto essere rilasciato, ossia l’autorizzazione unica ex art. 12, comma 3, d.lgs. nr. 387 del 2003, che come il legislatore si premura di precisare al comma 4 dello stesso articolo “costituisce titolo a costruire”: con la conseguenza che il relativo regime in materia di impugnabilità è esattamente lo stesso del permesso di costruire.

Tutto ciò premesso e precisato, è evidente che nel caso di specie la parte odierna appellante non ha fornito alcuna prova di una piena conoscenza del titolo in epoca anteriore a quella affermata dai ricorrenti in primo grado, non essendo certo all’uopo sufficiente nemmeno la circostanza che taluno di costoro potesse presumersi aver preso conoscenza del permesso de quoper aver avuto accesso agli uffici comunali, per altre questioni, durante il periodo in cui ne era in corso la pubblicazione sull’albo pretorio.

5. Venendo ora all’esame delle ulteriori doglianze afferenti al merito del provvedimento censurato in prime cure, può rilevarsi che le censure formulate dalle parti appellanti principale e incidentale sono sovrapponibili laddove criticano la motivazione della sentenza appellata nella parte in cui ha preteso far derivare la illegittimità del permesso di costruire nr. 78 del 2008 dalla sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma regionale sulla cui base il T.A.R. ha ritenuto che il titolo in questione fosse stato rilasciato.

Infatti, col proprio secondo motivo di impugnazione l’appellante principale lamenta l’erroneità dell’essersi ritenuta rilevante nella specie la sentenza della Corte costituzionale nr. 119 del 2010, con le quali sono state dichiarate costituzionalmente illegittime, per violazione del riparto di competenze tra Stato e Regioni ex art. 117 Cost., le norme di legge regionali pugliesi che consentivano la realizzazione degli impianti eolici del tipo di quello che qui occupa con semplice d.i.a.; secondo l’appellante, in tal modo il primo giudice avrebbe pretermesso che nella specie era stato seguito l’iter procedimentale del permesso di costruire di cui all’art. 20 del d.P.R. nr. 380 del 2001, con la conseguenza che la sua efficacia doveva restare del tutto insensibile alle conseguenze della predetta declaratoria di incostituzionalità.

Per converso, con il primo motivo di appello incidentale, muovendo dalla medesima premessa, si assume però la violazione del già citato art. 12 del d.lgs. nr. 387 del 2003 per avere il Comune assentito la realizzazione dell’impianto eolico col permesso di costruire, laddove la legge per detti impianti non prevedeva tale titolo, ma l’autorizzazione unica regionale.

Pertanto, ad avviso della Sezione è quest’ultima doglianza che va logicamente esaminata con priorità, atteso che la sua eventuale fondatezza avrebbe effetti “paralizzanti” sulla pretesa articolata dall’appellante principale, comportando l’annullamento del permesso di costruire impugnato per motivi altri e diversi da quelli individuati dal primo giudice.

6. In effetti, il motivo d’impugnazione incidentale si appalesa fondato e assorbente.

7. Al riguardo, giova rammentare che, come questa Sezione ha più volte sottolineato (cfr. Cons. Stato,sez. IV, 23 maggio 2012, nr. 3039, e 1 agosto 2012, nr. 4400), il procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è regolato da una speciale disciplina legislativa: infatti, in questa materia il legislatore, nel dare attuazione alla direttiva comunitaria 2001/77/CE del 27 settembre 2001, finalizzata a disciplinare uniformemente e ad incentivare tali forme di produzione di energia anche a mezzo della semplificazione dei procedimenti autorizzatori, è intervenuto con una disciplina procedimentale ad hoc che culmina con il rilascio (o con il diniego) della cosiddetta autorizzazione unica regionale.

Questa disciplina – incentrata sulla concentrazione procedimentale in ragione del confronto richiesto dall’approvvigionamento energetico mediante tecnologie che non immettono in atmosfera sostanze nocive, e sul valore aggiunto intrinseco allo stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate - presenta effettivamente, ratione materiae, carattere speciale, di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l’installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dal già citato art. 12 d.lgs. nr. 387 del 2003 (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 2012, nr. 5994).

Tanto premesso, non può non rilevarsi, relativamente alla fattispecie per cui è causa, che la suddetta specialità opera, senza dubbio, anche sul versante dell’accertamento della compatibilità con le norme urbanistiche ed edilizie (e, infatti, si è già rilevato come il comma 4 dell’art. 12 su citato qualifichi espressamente l’autorizzazione unica regionale, anche come “titolo a costruire” l’impianto): di modo che, al netto della possibile applicabilità dell’istituto della d.i.a. - del quale però la stessa odierna appellante principale ammette di non essersi avvalsa, con conseguente inconferenza dei problemi innescati dalla normativa regionale poi dichiarata illegittima –, a fronte di una istanza di permesso di costruire l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto semplicemente dichiarare la propria incompetenza a provvedere, spettando la competenza a rilasciare il titolo in questione unicamente alla Regione o alla Provincia da questa delegata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2012, nr. 2473; Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, nr. 2001).

8. I rilievi sopra svolti risultano assorbenti di ogni altra questione o doglianza, risolvendosi nell’accertamento di un vizio di incompetenza assoluta al rilascio del provvedimento impugnato, tale da imporne l’annullamento e rendere recessivo ogni approfondimento improntato a criteri “sostanzialistici” (come quelli sollecitati dalla parte odierna appellante principale, laddove assume che in ogni caso sarebbero stati acquisiti tutti i pareri e assensi richiesti ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. nr. 387 del 2003).

Ne discende che, superfluo essendo l’esame degli ulteriori motivi di impugnazione incidentale (come pure dei motivi ulteriori di ricorso in primo grado qui riproposti dalle parti appellate), si impone una decisione di accoglimento dell’appello incidentale, con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello principale per mancanza di interesse e conferma, con diversa motivazione, della sentenza impugnata. 

9. In considerazione della peculiarità della vicenda esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

- accoglie l’appello incidentale;

- dichiara inammissibile l’appello principale;

- per l’effetto, conferma con diversa motivazione la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 18 dicembre 2014 e 20 gennaio 2015, con l’intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Nicola Russo, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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