Monday 04 August 2014 21:43:55

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Acquisizione al patrimonio comunale di abusi edilizi: la scelta di alienare gli immobili entrati nel patrimonio comunale impinge in valutazioni di merito degli enti locali, sindacabili in sede giurisdizionale solo per profili di abnormità, manifesta illogicità, irragionevolezza o palese travisamento

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV del 1.8.2014

Nel processo amministrativo l'interesse a ricorrere è caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato, così che il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all'interesse sostanziale del ricorrente (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 giugno 2009 n. 3440; id., sez. VI, 3 settembre 2009 n. 5191). Orbene, correttamente il giudice di prime cure ha evidenziato che “la ricorrente non vanta, invero, alcun interesse a contestare le attività con cui l’amministrazione comunale ha alienato le unità immobiliari essendosi, ormai, verificata l’acquisizione gratuita di tali beni al patrimonio del Comune ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001. Né a sorreggere il ricorso può valere l’affermazione della sussistenza di un generico interesse della società ricorrente in relazione alle sette unità immobiliari”. Invero, l’evanescente interesse che sembra lambire il gravame afferisce ad una diversa vicenda. L’iter logico-motivazionale posto a fondamento della sentenza gravata muove correttamente proprio dalla separazione delle due distinte vicende: da un lato quella demolitoria, dall’altro quella ope legis acquisitiva al patrimonio comunale ed i successivi atti di alienazione posti in essere dal Comune. L’interesse della ricorrente si radicava con tutta evidenza sulla prima vicenda e sugli atti che di questa costituivano esplicazione (gli ordini di demolizione). Tale vicenda si è però ormai esaurita. L’inerzia della ricorrente e il fattore tempo hanno consolidato e reso intangibili gli ordini di demolizioni, la cui legittimità è stata altresì giudizialmente accertata (sentenze del T.a.r. Lombardia, Milano sez. II, del 28 aprile 2010 n. 1841, e del 16 giugno 2010 n. 1842, non sospese a seguito delle ordinanze cautelari di questo Consiglio n. 2245 del 25 maggio 2011 e n. 2248 del 25 maggio 2011). Esaurita tale vicenda, rispetto agli atti di disposizione gravati la ricorrente non vanta più alcun interesse. Come affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 13 agosto 2007 n. 4441) “prive di pregio sono le censure che investono in radice gli atti di disposizione, sia per il profilo principale, stante la perdurante validità del provvedimento di acquisizione, sia per la mancanza di un interesse qualificato dell’originaria proprietaria a far valere una censura (quella relativa alla decisione di mettere in vendita i beni acquisiti), che la vede, rispetto alla generalità degli amministrati, in posizione non differenziata, a seguito della inoppugnabilità dell’ordinanza trascritta, che vede definitivamente e non più contestabilmente acquisiti al patrimonio dell’ente gli appartamenti in questione”. D’altronde ravvisare nella fattispecie de qua un qualsivoglia interesse a ricorrere condurrebbe ad una palmare violazione del ne bis in idem processuale e costituirebbe il grimaldello per aprire una breccia in questioni esaurite con sentenza. Anche a prescindere da questo rilievo, la carenza di interesse della ricorrente emerge plasticamente se solo si considera che gli atti gravati sono espressione di scelte di mera opportunità e di convenienza dell’amministrazione comunale. A differenza delle ordinanze di demolizione e di successiva automatica acquisizione al patrimonio comunale, che si configurano quali atti vincolati, privi di discrezionalità conseguenti all’accertamento alla natura abusiva delle opere edilizie e che pongono in essere un modus agendi tracciato in modo analitico dal legislatore (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 marzo 2013 n. 1268; id., sez. VI, 28 gennaio 2013 n. 496; id., sez. IV, 23 gennaio 2012 n. 282; id., sez. IV, 28 dicembre 2012 n. 6702), gli atti di alienazione impugnati involgono la sfera interna del Comune, che ben può alienare beni entrati nel suo patrimonio. La scelta di alienare gli immobili entrati nel patrimonio comunale impinge in valutazioni di merito degli enti locali interessati, sindacabili in sede giurisdizionale solo per profili di abnormità, manifesta illogicità, irragionevolezza o palese travisamento. Nella fattispecie de qua il Collegio non ravvisa tali macroscopici vizi e l’attività comunale censurata dalla ricorrente esula dunque dai limiti del sindacato giurisdizionale. La società ricorrente, poi, ricordando il consolidato orientamento giurisprudenziale alla stregua del quale la presentazione di una domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi determina la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, afferma che gli ordini di demolizione avrebbero perso la propria efficacia lesiva (di qui l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse). L’amministrazione comunale avrebbe dovuto, secondo la prospettazione della ricorrente, assumere e notificare altre nuove ordinanze di demolizione a seguito dei dinieghi opposti il 27 ottobre 2006 alle istanze di sanatoria del 1 luglio 2006. Orbene, priva di pregio è la doglianza prospettata, dal momento che l’interesse a ricorrere è ab origine assente. Non può venir meno in via sopravvenuta un quid (l’interesse a ricorrere) che non c’è mai stato, dal primo grado, come opportunamente ha rilevato il giudicante. Anche a prescindere da ciò, senz’altro la presentazione di una domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi determina la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, ma l’affermazione non è da intendersi come assoluta. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (Consiglio di Stato, sez. V, 31 marzo 2014 n. 1546; id., sez. V, 31 marzo 2010 n. 1875; id., sez. II, 12 maggio 2004, n. 1056), la richiesta di concessione in sanatoria di un'opera edilizia non inficia la legittimità dell'ordine di demolizione impartito in precedenza, quando la domanda di sanatoria sia stata poi respinta. La domanda presentata dalla società ricorrente è stata respinta il 27 ottobre 2006. L’ordine di demolizione risulta illegittimo soltanto se viene adottato all’indomani della domanda di sanatoria, ciò in ragione del fatto che l’istanza di sanatoria impedisce che l’amministrazione prima del suo esame si attivi per eliminare un abuso che potrebbe essere sanato. L’ordine di demolizione è, infatti, un atto vincolato che poggia sull’atto presupposto che accerta la presenza di un abuso edilizio, conseguentemente l’efficacia dell’ordine di demolizione resta sospesa all’indomani della presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l’ordine di demolizione torna a spiegare i suoi effetti, né appare necessario che l’amministrazione adotti un ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l’ordine di demolizione, ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall’adozione del diniego di sanatoria. Le considerazioni sin qui esposte conducono al rigetto del proposto appello, essendo del tutto corretta la ricostruzione operata dal primo giudice e rendendo altresì infondata se non improponibile la pretesa risarcitoria pure avanzata, non potendosi configurare a carico della P.A. procedente una condotta antigiuridica causativa di danno risarcibile. L’inammissibilità ab imis del ricorso in primo grado e del gravame solleva il Consiglio di Stato dall'esame delle altre ragioni proposte nell’appello.

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso in appello n. * del 2011 proposto da

Costruire s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziano Giovannelli ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso l’avv. Manfredi Bettoni in Roma, via Barberini n. 29, come da mandato in calce al ricorso introduttivo;

 

contro

Comune di Torrevecchia Pia, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Franco Ferrari, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via di Ripetta n. 142, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

nei confronti di

Davide Turetta e Gabriele Vitali, non costituiti in giudizio

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Lombardia, sezione seconda, n. 267 del 28 gennaio 2011, redatta in forma semplificata, resa tra le parti e concernente l’alienazione di immobili acquisiti al patrimonio comunale a seguito di inadempimento dell’ordine di demolizione;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torrevecchia Pia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Giulio Pojaghi Bettoni, su delega dell'avvocato Tiziano Giovannelli, e Giuseppe Franco Ferrari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2894 del 2010 la società ricorrente impugna gli atti con cui il Comune di Torrevecchia Pia ha alienato sette unità immobiliari ivi ubicate. Le unità immobiliari de quibus erano entrate nel patrimonio comunale a seguito dell’inottemperanza delle ordinanze di demolizione n. 5 del 20 dicembre 2005 e n. 6 del 20 dicembre 2005 da parte della ricorrente. All’esito dei sopralluoghi effettuati in data 28 luglio 2006 e 10 ottobre 2006, l’amministrazione comunale accertava l’inottemperanza alle ordinanze e provvedeva a notificare l’esito dell’accertamento alla ricorrente in data 9 novembre 2006.

Le ordinanze di demolizione sono state dalla ricorrente impugnate con i ricorsi 583/2006 e 584/2006 innanzi al T.A.R. della Lombardia che, con le sentenze del 28 aprile 2010 n. 1841 e del 16 giugno 2010 n. 1842, confermate dalle ordinanze cautelari di questo Consiglio n. 2245 del 25 maggio 2011 e n. 2248 del 25 maggio 2011, sono stati dichiarati improcedibili, dal momento che “il ricorso principale avverso l’ordine di demolizione di opere per le quali, dopo la notifica del ricorso, è stata presentata domanda di sanatoria, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse” e rigettava perché infondati i motivi aggiunti dalla ricorrente presentati, riconfermando la piena legittimità degli atti impugnati con cui l’amministrazione comunale aveva sanzionato gli abusi edilizi commessi dalla ricorrente.

A seguito delle citate sentenze l’amministrazione comunale procedeva dunque alla vendita delle unità immobiliari. Avverso gli atti di alienazione la società Costruire presentava l’epigrafato ricorso, chiedendone l’annullamento e la condanna al risarcimento del danno.

L’adito Tar, con sentenza appellata, redatta in forma semplificata, dichiarava inammissibile il ricorso, sussistendo, ad avviso del giudicante, carenza d’interesse in quanto “la ricorrente non vanta, invero, alcun interesse a contestare le attività con cui l’amministrazione comunale ha alienato le unità immobiliari essendosi, ormai, verificata l’acquisizione gratuita di tali beni al patrimonio del Comune ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2 001; né a sorreggere il ricorso può valere l’affermazione della sussistenza di un generico interesse della società ricorrente in relazione alle sette unità immobiliari”.

Con ricorso n. 2373/2011 la società interessata è insorta avverso tale decisum, ritenuto errato e ingiusto, deducendo con l’appello all’esame, in primo luogo, con un primo gruppo di censure la erroneità della sentenza gravata nella parte in cui la inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia che il richiesto annullamento giurisdizionale, con la caducazione della vendita, avrebbe arrecato un innegabile “vantaggio all’interesse sostanziale della ricorrente”.

La ricorrente reitera poi le domande formulate in primo grado con i motivi per i quali era stato richiesto all’adito T.A.R. di annullare gli atti del Comune di Torrevecchia Pia ed affida il gravame ai seguenti profili di diritto: violazione degli artt. 31 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, eccesso di potere per carenza di istruttoria; violazione dell’art 58 d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni in legge 6 agosto 2008, n. 133; violazione dell’ art 97 Cost. e della L. 241/90 ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento e sviamento.

Si è costituita l’amministrazione comunale, chiedendo di rigettare il ricorso in quanto inammissibile, improcedibile e comunque infondato nel merito.

All’udienza in camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 2233/2011, dal momento che “pare fondata la ricostruzione operata dal giudice di prime cure, in relazione alla carenza di interesse della parte ricorrente sulle vicende dei beni una volta intervenuta l’acquisizione al patrimonio comunale”.

All’udienza pubblica del 5 giugno 2014 la causa è stata discussa e introitata per la decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto.

2. - La Sezione ritiene di poter scrutinare preliminarmente la questione della sussistenza in capo alla ricorrente dell’interesse a ricorrere.

Nel processo amministrativo tale interesse è, difatti, caratterizzato dalla presenza degli stessi requisiti che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., vale a dire dalla prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato, così che il ricorso deve essere considerato inammissibile per carenza di interesse in tutte le ipotesi in cui l'annullamento giurisdizionale di un atto amministrativo non sia in grado di arrecare alcun vantaggio all'interesse sostanziale del ricorrente (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 giugno 2009 n. 3440; id., sez. VI, 3 settembre 2009 n. 5191). Orbene, correttamente il giudice di prime cure ha evidenziato che “la ricorrente non vanta, invero, alcun interesse a contestare le attività con cui l’amministrazione comunale ha alienato le unità immobiliari essendosi, ormai, verificata l’acquisizione gratuita di tali beni al patrimonio del Comune ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001. Né a sorreggere il ricorso può valere l’affermazione della sussistenza di un generico interesse della società ricorrente in relazione alle sette unità immobiliari”. Invero, l’evanescente interesse che sembra lambire il gravame afferisce ad una diversa vicenda.

L’iter logico-motivazionale posto a fondamento della sentenza gravata muove correttamente proprio dalla separazione delle due distinte vicende: da un lato quella demolitoria, dall’altro quella ope legis acquisitiva al patrimonio comunale ed i successivi atti di alienazione posti in essere dal Comune. L’interesse della ricorrente si radicava con tutta evidenza sulla prima vicenda e sugli atti che di questa costituivano esplicazione (gli ordini di demolizione). Tale vicenda si è però ormai esaurita. L’inerzia della ricorrente e il fattore tempo hanno consolidato e reso intangibili gli ordini di demolizioni, la cui legittimità è stata altresì giudizialmente accertata (sentenze del T.a.r. Lombardia, Milano sez. II, del 28 aprile 2010 n. 1841, e del 16 giugno 2010 n. 1842, non sospese a seguito delle ordinanze cautelari di questo Consiglio n. 2245 del 25 maggio 2011 e n. 2248 del 25 maggio 2011).

Esaurita tale vicenda, rispetto agli atti di disposizione gravati la ricorrente non vanta più alcun interesse. Come affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. V, 13 agosto 2007 n. 4441) “prive di pregio sono le censure che investono in radice gli atti di disposizione, sia per il profilo principale, stante la perdurante validità del provvedimento di acquisizione, sia per la mancanza di un interesse qualificato dell’originaria proprietaria a far valere una censura (quella relativa alla decisione di mettere in vendita i beni acquisiti), che la vede, rispetto alla generalità degli amministrati, in posizione non differenziata, a seguito della inoppugnabilità dell’ordinanza trascritta, che vede definitivamente e non più contestabilmente acquisiti al patrimonio dell’ente gli appartamenti in questione”. D’altronde ravvisare nella fattispecie de qua un qualsivoglia interesse a ricorrere condurrebbe ad una palmare violazione del ne bis in idem processuale e costituirebbe il grimaldello per aprire una breccia in questioni esaurite con sentenza.

Anche a prescindere da questo rilievo, la carenza di interesse della ricorrente emerge plasticamente se solo si considera che gli atti gravati sono espressione di scelte di mera opportunità e di convenienza dell’amministrazione comunale. A differenza delle ordinanze di demolizione e di successiva automatica acquisizione al patrimonio comunale, che si configurano quali atti vincolati, privi di discrezionalità conseguenti all’accertamento alla natura abusiva delle opere edilizie e che pongono in essere un modus agendi tracciato in modo analitico dal legislatore (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 marzo 2013 n. 1268; id., sez. VI, 28 gennaio 2013 n. 496; id., sez. IV, 23 gennaio 2012 n. 282; id., sez. IV, 28 dicembre 2012 n. 6702), gli atti di alienazione impugnati involgono la sfera interna del Comune, che ben può alienare beni entrati nel suo patrimonio.

La scelta di alienare gli immobili entrati nel patrimonio comunale impinge in valutazioni di merito degli enti locali interessati, sindacabili in sede giurisdizionale solo per profili di abnormità, manifesta illogicità, irragionevolezza o palese travisamento. Nella fattispecie de qua il Collegio non ravvisa tali macroscopici vizi e l’attività comunale censurata dalla ricorrente esula dunque dai limiti del sindacato giurisdizionale.

La società ricorrente, poi, ricordando il consolidato orientamento giurisprudenziale alla stregua del quale la presentazione di una domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi determina la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, afferma che gli ordini di demolizione avrebbero perso la propria efficacia lesiva (di qui l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse). L’amministrazione comunale avrebbe dovuto, secondo la prospettazione della ricorrente, assumere e notificare altre nuove ordinanze di demolizione a seguito dei dinieghi opposti il 27 ottobre 2006 alle istanze di sanatoria del 1 luglio 2006.

Orbene, priva di pregio è la doglianza prospettata, dal momento che l’interesse a ricorrere è ab origine assente. Non può venir meno in via sopravvenuta un quid (l’interesse a ricorrere) che non c’è mai stato, dal primo grado, come opportunamente ha rilevato il giudicante. Anche a prescindere da ciò, senz’altro la presentazione di una domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi determina la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, ma l’affermazione non è da intendersi come assoluta. Secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (Consiglio di Stato, sez. V, 31 marzo 2014 n. 1546; id., sez. V, 31 marzo 2010 n. 1875; id., sez. II, 12 maggio 2004, n. 1056), la richiesta di concessione in sanatoria di un'opera edilizia non inficia la legittimità dell'ordine di demolizione impartito in precedenza, quando la domanda di sanatoria sia stata poi respinta. La domanda presentata dalla società ricorrente è stata respinta il 27 ottobre 2006. L’ordine di demolizione risulta illegittimo soltanto se viene adottato all’indomani della domanda di sanatoria, ciò in ragione del fatto che l’istanza di sanatoria impedisce che l’amministrazione prima del suo esame si attivi per eliminare un abuso che potrebbe essere sanato. L’ordine di demolizione è, infatti, un atto vincolato che poggia sull’atto presupposto che accerta la presenza di un abuso edilizio, conseguentemente l’efficacia dell’ordine di demolizione resta sospesa all’indomani della presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l’ordine di demolizione torna a spiegare i suoi effetti, né appare necessario che l’amministrazione adotti un ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l’ordine di demolizione, ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall’adozione del diniego di sanatoria.

3. - Le considerazioni sin qui esposte conducono al rigetto del proposto appello, essendo del tutto corretta la ricostruzione operata dal primo giudice e rendendo altresì infondata se non improponibile la pretesa risarcitoria pure avanzata, non potendosi configurare a carico della P.A. procedente una condotta antigiuridica causativa di danno risarcibile. L’inammissibilità ab imis del ricorso in primo grado e del gravame solleva il Consiglio di Stato dall'esame delle altre ragioni proposte nell’appello. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 2373 del 2011;

2. Condanna Costruire s.r.l. a rifondere al Comune di Torrevecchia Pia le spese del presente grado di giudizio che liquida in €. 3.000,00 (euro tremila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore

Raffaele Potenza, Consigliere

 

 

 

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Ultime Notizie

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 12 April 2024 10:23:54

COMPARTO FUNZIONI CENTRALI - Quesito su conteggio dei giorni retribuiti di congedo parentale spettanti a entrambi i genitori

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 12 April 2024 10:21:12

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su modalità di fruizione del congedo matrimoniale

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:47:19

Esposizione ai campi elettromagnetici: divieto di collocare antenne su ospedali, case di cure ecc..

In linea di diritto, come ancora di recente ribadito dalla sezione, la legge n. 36 del 22 febbraio 2001 («Legge quadro sulla protezione dalle...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 6.2.2024, n. 1200

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:23:59

Reti di comunicazione elettronica: illegittimo il regolamento comunale che subordinare il rilascio dell’autorizzazione al preventivo deposito di una cauzione

Il Consiglio di Stato con la sentenza in trattazione ha affermato che “Le doglianze dell’appellante sono già state valutate posi...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 16.2.2024, n. 1574

Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio - Monday 25 March 2024 09:10:58

Impianti di telefonia mobile: per l’installazione la situazione di fatto può far superare il vincolo paesaggistico

“l’esistenza di un vincolo paesaggistico non è sufficiente di per sé a determinare l’incompatibilità di qual...

segnalazione del Prof. Avv. Enrico Michetti della sentenza del Consiglio di Stato Sez. VI del 21.3.2024, n. 2747

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:08:35

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su modalità di fruizione del periodo di congedo matrimoniale

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Friday 01 March 2024 12:07:30

COMPARTO ISTUZIONE E RICERCA - Quesito su diritto alle ferie e modalità di fruizione delle stesse

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:52:49

COMPARTO ISTRUZIONE E RICERCA- Quesito su fruizione ferie e assenze per malattia

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:51:39

COMPARTO SANITA’ 2019-2021 - Quesito su prestazioni di lavoro straordinario in caso di adesione alla “banca delle ore”. Modalità di fruizione del riposo compensativo e/o pagamento delle ore accantonate.

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Pubblico Impiego e Responsabilità Amministrativa - Monday 12 February 2024 09:50:24

AREA FUNZIONI LOCALI - Quesito su possibili cause di sospensione delle ferie

ARAN Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni

Copyright © 2016 Gazzetta Amministrativa | All Rights Reserved | Privacy - Note Legali
Via Giovanni Nicotera, 29 - 00195 - Roma - Contatti
Partita Iva: 14140491003 - Codice Fiscale: 97910230586
Top