Wednesday 24 July 2013 19:15:40

Giurisprudenza  Uso del Territorio: Urbanistica, Ambiente e Paesaggio

Abusi edilizi: con la presentazione della richiesta di concessione in sanatoria perde efficacia l'ordinanza di demolizione precedentemente adottata dal Comune con sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio

a cura del Prof. Avv. Enrico Michetti

Dalla domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi ai sensi della legge n. 47 del 1985 (fonte richiamata dalle successive leggi di condono), nasce per il Comune competente l’obbligo di esaminarla in vista dei provvedimenti conseguenti. Segue da ciò che gli atti repressivi dell'abuso in precedenza adottati perdono efficacia, salva la necessità di una loro rinnovata adozione nell’eventualità di un successivo rigetto dell'istanza di sanatoria. Si danno, in definitiva, due alternative: o l'Amministrazione accoglie la domanda e rilascia la concessione in sanatoria, con il superamento per questa via degli atti sanzionatori impugnati; oppure il Comune disattende l'istanza, respingendola. In tale secondo caso, il Comune è tenuto - in base all'art. 40, comma 1, della legge n. 47 del 1985 (richiamato dall’art. 32, comma 25, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, che fa rinvio a tutte le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n. 47) - a procedere al completo riesame della fattispecie, assumendo se del caso nuovi, e questa volta conclusivi, provvedimenti sanzionatori. Questi, a loro volta, troveranno esecuzione oppure saranno oggetto di autonoma impugnativa, con conseguente cessazione immediata, anche in caso di diniego di sanatoria, di ogni efficacia lesiva da parte della primitiva ordinanza impugnata. Discende da ciò che, in presenza della richiesta di una concessione in sanatoria, si deve registrare la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, con la traslazione dell’interesse a ricorrere sul futuro provvedimento che, eventualmente, respinga la domanda medesima e disponga nuovamente la demolizione dell’opera abusiva (cfr. in termini Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2007, n. 3659; Id., sez. IV, 15 luglio 2008, n. 3546; Id., sez. V, 28 giugno 2012, n. 3821; Id., sez. V, 19 aprile 2013, n. 2221).

 

Testo del Provvedimento (Apri il link)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 4436 del 2005, proposto da:

Miraglia Francesca, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Calculli, con domicilio eletto presso Paolo Botzios in Roma, via Cicerone 49;

 

contro

Comune di Matera, Prefetto della Provincia di Matera, non costituiti;

nei confronti di

Impresa Edile Costruzioni Falcicchio Donato, Lotito Rosa, non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA n. 00103/2005, resa tra le parti, concernente sospensione lavori realizzazione fabbricato, ordine di demolizione, diniego di concessione edilizia in sanatoria

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e udito per la parte appellante l’avvocato Giulio Cerceo su delega di Francesco Calculli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

Le signore Francesca Miraglia e Rosa Lotito sono rispettivamente affittuaria e comproprietaria di un fondo nel comune di Matera. Su di esso è stato costruito un fabbricato destinato ad abitazione, con riguardo al quale il Comune ha contestato un abuso edilizio.

Le signore Miraglia e Lotito hanno quindi impugnato – con separati ricorsi – l’ordine di demolizione, l’accertamento di inottemperanza, il diniego di concessione in sanatoria, gli atti relativi alla gara per la demolizione coattiva.

Riuniti i ricorsi, il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata – con sentenza 19 febbraio 2005, n. 103, li ha dichiarati entrambi in parte irricevibili, in parte improcedibili e in parte inammissibili.

Contro la sentenza la signora Miraglia ha interposto appello, criticando sotto diversi profili:

1. mancata considerazione della documentazione relativa a una nuova richiesta di condono, ritenuta depositata tardivamente, mentre il T.A.R. avrebbe dovuto ammetterla perché formata in epoca successiva alla scadenza del termine processuale di venti giorni liberi prima dell’udienza;

2. mancata concessione della rimessione in termini con riguardo agli atti notificati alla ricorrente (in particolare dal diniego di condono del 4 novembre 1999) e privi dell’indicazione di autorità e termine per la proposizione del ricorso, laddove sussisterebbe l’errore scusabile per l’appellante, casalinga e priva di adeguato corredo culturale;

3. per effetto della rimessione in termini, andrebbero valutate le censure proposte contro il diniego di condono, illegittimo per non essere stato comunicato a Giuseppe Mazzone, comproprietario dell’immobile (e, al pari della nuora Miraglia, presentatore dell’istanza), e all’altra comproprietaria Rosa Lotito, nonché viziato da eccesso di potere, carenza di motivazione e di istruttoria (l’immobile sarebbe condonabile perché ultimato prima del 31 dicembre 1993);

4. sulla domanda di condono si sarebbe formato il silenzio-assenso per decorso del termine di legge, non interrotto dalle richieste, formulate dal Comune, di integrazione della documentazione;

5. richiesta la concessione in sanatoria, l’Amministrazione avrebbe dovuto astenersi da qualunque iniziativa sanzionatoria, che sarebbe stata invece avviata sia dal Comune (esperimento di gara per la demolizione coattiva; approvazione di perizie tecniche; invio alla Prefettura) che dalla Prefettura stessa (individuazione dell’impresa deputata alla demolizione coattiva); la lesione della progressione procedimentale inficerebbe gli atti successivi di invalidità derivata, facendo venire meno la legittimazione della ditta Falcecchio Costruzioni, individuata allo scopo; al rigetto della concessione in sanatoria avrebbe dovuto fare seguito l’emanazione di una nuova ordinanza di demolizione, posto che la precedente ordinanza dovrebbe intendersi caducata per effetto del diniego di condono;

6. il decorso del tempo dalla contestazione dell’abuso avrebbe richiesto una congrua motivazione della sanzione;

7. l’ordine di demolizione non sarebbe stato preceduto dall’ingiunzione a demolire, avrebbe dovuto essere adottato dal dirigente comunale, non avrebbe rispettato il termine di 90 giorni per l’esecuzione, non sarebbe stato preceduto dall’avviso di avvio del procedimento e non sarebbe stato notificato alla comproprietaria Rosa Lotito,

8. in via gradata, non sarebbe stato assolto l’onere di individuare singole porzioni del bene, autonomamente condonabili;

9. sussisterebbe l’interesse a contestare l’affidamento dei lavori di demolizione all’impresa Falcicchio, sprovvista dei requisiti di legge,

10. i provvedimenti impugnati sarebbero in contrasto con la legge n. 241 del 1990, nella parte in cui non sarebbero preceduti dalla comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento e non indicherebbero il termine e l’autorità previsti per i conseguenti rimedi;

11. ogni atto della catena procedimentale, oltre a essere affetto da vizi propri, sarebbe connotato da invalidità derivata.

Nell’imminenza dell’udienza di discussione, l’appellante ha quindi depositato documentazione attestante l’avvenuta presentazione di nuove domande di definizione dell’illecito edilizio, inoltrate separatamente da Rossella Mazzone e Rocco Mazzone.

Con ordinanza 18 aprile 2013, n. 2189, il Collegio ha disposto istruttoria.

Il Comune ha risposto alla richiesta istruttoria con nota del 22 maggio 2013.

All’udienza pubblica del 18 giorno 2013, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il Comune di Matera ha informato che i signori Rossella e Rocco Mazzone, quali figli e legittimi eredi dei precedenti proprietari, sono stati considerati legittimati a presentare domanda di sanatoria per il fabbricato in contestazione.

Quanto alla relativa pratica, essa risulta ancora aperta su esplicita richiesta dell’Ente di gestione del Parco archeologico storico naturale delle chiese rupestri del materano, nel territorio del quale il bene si trova.

Sulla base di tali chiarimenti, il Collegio deve richiamare la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo la quale la presentazione delle istanze di condono e il relativo procedimento determinano l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Infatti, una volta depositate le nuove istanze, i procedimenti sanzionatori sono sospesi - ai sensi degli artt. 38 e 40 della legge n. 47 del 1985 - e non possono essere portati a esecuzione, fino alla definizione delle istanze medesime.

Dalla domanda di concessione in sanatoria per abusi edilizi ai sensi della legge n. 47 del 1985 (fonte richiamata dalle successive leggi di condono), nasce per il Comune competente l’obbligo di esaminarla in vista dei provvedimenti conseguenti. Segue da ciò che gli atti repressivi dell'abuso in precedenza adottati perdono efficacia, salva la necessità di una loro rinnovata adozione nell’eventualità di un successivo rigetto dell'istanza di sanatoria.

Si danno, in definitiva, due alternative: o l'Amministrazione accoglie la domanda e rilascia la concessione in sanatoria, con il superamento per questa via degli atti sanzionatori impugnati; oppure il Comune disattende l'istanza, respingendola.

In tale secondo caso, il Comune è tenuto - in base all'art. 40, comma 1, della legge n. 47 del 1985 (richiamato dall’art. 32, comma 25, del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269, che fa rinvio a tutte le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge n. 47) - a procedere al completo riesame della fattispecie, assumendo se del caso nuovi, e questa volta conclusivi, provvedimenti sanzionatori. Questi, a loro volta, troveranno esecuzione oppure saranno oggetto di autonoma impugnativa, con conseguente cessazione immediata, anche in caso di diniego di sanatoria, di ogni efficacia lesiva da parte della primitiva ordinanza impugnata.

Discende da ciò che, in presenza della richiesta di una concessione in sanatoria, si deve registrare la sopravvenuta carenza d’interesse all’annullamento dell’atto sanzionatorio in relazione al quale tale domanda è stata presentata, con la traslazione dell’interesse a ricorrere sul futuro provvedimento che, eventualmente, respinga la domanda medesima e disponga nuovamente la demolizione dell’opera abusiva (cfr. in termini Cons. Stato, sez. V, 26 giugno 2007, n. 3659; Id., sez. IV, 15 luglio 2008, n. 3546; Id., sez. V, 28 giugno 2012, n. 3821; Id., sez. V, 19 aprile 2013, n. 2221).

Per quanto precede, nella fattispecie l'interesse all'appello è venuto è meno e il Collegio deve dichiararne l’improcedibilità.

Nulla deve disporsi quanto alle spese, non essendo costituite in giudizio le parti appellate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Nulla quanto alle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Potenza, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

 

 

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